B.Mps: chi ha sbagliato? (Milano Finanza)
Oggi 09:01 - MF-DJ
ROMA (MF-DJ)--Preparatevi a riscrivere la vostra memoria, se vi accingete a leggere la cronaca della sentenza di appello su Mps appena rilasciate dai giudici di Milano: perche'' tutto quello negli ultimi dieci che avete letto sui giornali, visto in tv, sentito nei commenti di politici esperti professori investitori eccetera sul Montepaschi, semplicemente non era vero. Mps, scrive MF-Milano Finanza, non e'' saltata per aria per colpa delle operazioni nei cosiddetti ''derivati'' Santorini e Alexandria, che tali non erano. La banca senese non stava neppure perdendo con quei contratti di prestito e pegno costruiti su miliardi di Btp; anzi ci stava guadagnando fino a che non sono state chiuse. Non ci sono stati falsi contabili ne'' manipolazioni del mercato ne'' ostacoli alla vigilanza. Ricordate di aver sentito di un documento segreto ritrovato dentro una cassaforte nella sede centrale di Rocca Salimbeni a Siena? Non era vero, non c''era alcun contratto segreto. Quel contratto era noto a tutti, anche ai revisori. Errori contabili? No, dicono i giudici milanesi di appello: era legittima la scelta di contabilizzare in un modo o in un altro quelle operazioni, cosi'' come il valore che gli era stato dato. I mali di Siena: i crediti deteriorati Un osservatore esterno potrebbe chiedersi: ma allora il Montepaschi e'' morto di freddo? No, naturalmente. Intanto non e'' morto anzi e'' sopravvissuto fino ad oggi grazie alla forza della rete commerciale resistendo a quasi dieci anni di esposizione mediatica da incubo. Ma non sono state Santorini e Alexandria - cosi'' come le altre operazioni sotto la lente dei magistrati come i prestiti ''Fresh'' e ''Chianti classico'' usati per finanziare parte dell''acquisto di Antonveneta - a portare la banca senese in quel cono d''ombra dal quale ancora non riesce a tirarsi fuori, dopo 22 miliardi di aumenti di capitali bruciati e un salvataggio da parte dello Stato. Ancora oggi si affanna per lanciare l''ennesima ricapitalizzazione da 2,5 miliardi, operazione pero'' in bilico. L''istituto e'' stato trascinato a fondo dalla massa enorme di crediti deteriorati, oltre 42 miliardi a valore lordo, maturati anche a causa di una stretta regolatoria che a Siena ha fatto piu'' male che al resto del sistema bancario italiano. Anche sui crediti deteriorati e'' pendente un''inchiesta a Milano per presunti ritardi nella loro esposizione a bilancio; una decisione su una possibile richiesta di rinvio a giudizio dovrebbe arrivare a breve. Ma quello che e'' stato sancito dal giudizio di secondo grado sui cosiddetti ''derivati'' riscrive davvero la storia di cio'' che e'' accaduto a Siena, dal punto di vista giudiziario ma anche finanziario. Tutti assolti perche'' il fatto non sussiste, dagli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni all''ex capo dell''area finanza Gianluca Baldassarri fino agli altri manager senesi e ai banker di Deutsche Bank e Nomura, con le quali quelle operazioni furono realizzate. Una decisione che cancella le pesanti condanne inflitte in primo grado. Che smonta alla radice l''intera inchiesta condotta dalla procura di Siena e poi da quella di Milano. Che muove pesanti critiche agli ispettori della Banca d''Italia dell''epoca per ''grossolanita'' e approssimazione'' delle valutazioni. E svela risvolti inediti che sembrano tratti da un thriller finanziario. Nelle pieghe dei principi contabili: un lavoro da entomologi dei principi contabili internazionali, quello svolto dalle giudici Angela Scsalise, Libera Fortunati e Raffaella Zappatini della seconda sezione penale. Hanno sviscerato ogni singolo passaggio delle complicatissime operazioni messe in piedi con le banche estere. I giudici hanno sposato le tesi difensive che lo scopo di Mps era quello di diminuire i rischi in una fase di crisi globale di mercato - tra il 2008 e il 2009 - molto delicata in seguito al fallimento di Lehman Brothers, in cui molte banche si trovarono sull''orlo del crack. Mps ''per sopravvivere'' aveva deciso di sostituire con dei Btp (dunque con un rischio nei confronti dello Stato italiano) i rischi contenuti in Santorini (che aveva in pancia titoli Intesa Sanpaolo) e in Alexandria (che contenevano una mina vagante, i ''cdo squared'', derivati esotici molto in voga all''epoca). Il restatement del bilancio nel 2013. Con Mps travolta da una grave crisi di liquidita'' a fine 2011 in parallelo alla crisi del debito sovrano italiano che fece cadere anche il governo Berlusconi, a Siena arrivarono Fabrizio Viola come amministratore delegato e, pochi mesi dopo, Alessandro Profumo come presidente. Furono loro a rivelare nell''autunno 2012 la scoperta di un contratto nascosto in cassaforte, il ''mandate agreement'' che dava senso all''intera operazione Alexandria. Poi nel febbraio 2013 corressero il bilancio facendo emergere 730 milioni di perdite lorde iscrivendo fin dall''inizio un fair value negativo per Santorini e Alexandria. Per i giudici di appello, una decisione opinabile, ''non oggetto di alcuna autonoma e indipendente valutazione'', ne'' dei consulenti della banca Pwc ne'' della Consob. Saldi aperti, saldi chiusi. Profumo e Viola, sulla base delle indicazioni di Bankitalia-Consob-Ivass decisero di mantenere a bilancio quelle operazioni ''a saldi aperti'', come prestiti, pur spiegando che avrebbe potuto trattarsi di derivati (''a saldi chiusi''). Una minuzia contabile. Ma da qui nascera'' tutto lo scandalo Mps. L''ipotesi dell''accusa, accolta in primo grado, era che Mps aveva bisogno di coprire il buco legato all''acquisto di Antonveneta del 2008 per 9 miliardi e per questo invento'' quelle operazioni segrete. Per i giudici di ap pello si tratta di affermazioni non provate, anzi Bankitalia le conosceva fin dall''ispezione del 2010 e aveva avallato la contabilizzazione iniziale adottata da Mussari e Vigni: ''Le passivita'' finanziarie scaturite dall''operazione Alexandria e Santorini ''sono state rilevate al costo anziche'' al fair value, sfruttando facolta'' concesse dalla normativa contabile'', scrivono i giudici. Insomma, si poteva fare. Ma c''e'' di piu''. ''Puo'', allora e in definitiva, affermarsi che la contabilizzazione a saldi aperti. non ha violato alcun ''criterio di valutazione normativamente fissato ma, all''opposto, si e'' uniformata ai ''criteri tecnici generalmente accettati" ed applicati dagli operatori del mercato dell''epoca, nonche'' validati dalle autorita'' in materia di vigilanza e contabili. Nazionali e sovrannazionali''. Quest''ultimo passaggio potrebbe tornare utile anche nel processo di appello agli stessi Profumo e Viola, condannati in primo grado sempre a Milano per avere cambiato nel 2015 quella contabilizzazione da ''saldi aperti'' a ''saldi chiusi''. Operazioni vantaggiose. Per i giudici - che accolgono le tesi dei consulenti della difesa di Deutsche Bank - non solo Santorini era un prodotto ordinario, venduto dalla banca tedesca sul mercato e non ritagliato su misura per far nascondere perdite a Mps; ''in verita'' Santorini, lungi dall''avere contribuito ad aggravare la posizione di Mps, ha prodotto risultati economici positivi interrotti solo dalla transazione del 2013 stipulata da Mps con Deutsche Bank, sulla base di una riclassificazione del prodotto come derivato effettuato dalla banca tedesca sulla base dei dati falsati dell''audit''. Quali dati falsati? L''operazione Santorini si riverbero'' sulla stessa DB che a sua volta a fine 2013 riscrisse a bilancio l''operazione come ''derivato'', a saldi chiusi. Quel restatement sara'' il grimaldello che la Consob usera'' nel 2015 per chiedere a Mps una nuova correzione del bilancio. Proprio quella per la quale ora sono a processo appunto Profumo e Viola. E che verra'' usato anche per condannare Mussari e Vigni. Un processo avviato anche su impulso della Consob, fortemente criticata dai magistrati d''appello: ''Perplessita'' - rectius, preoccupazioni - ... desta il fatto che Consob, quale autorita'' amministrativa indipendente, impieghi le medesime parole utilizzate dai consulenti del pubblico ministero nel contesto di un procedimento penale per spiegare le ragioni del repentino cambio di passo attuato pochi mesi dopo avere affermato in altre note l''esatto contrario", circa la contabilizzazione dei due contratti. Dietro quella decisione di Deutsche Bank, secondo i giudici di appello, ci sono ragioni ''opache'' e l''ombra di un clamoroso falso. Il giallo dell''audit tedesco. Nel dibattimento di secondo grado sono entrati documenti nuovi, scoperti dagli imputati ex banker della banca tedesca solo nel 2021. Sono mail e altre carte risalenti anche a otto anni prima, nonche'' le carte complete dell''audit che DB ordino'' su Santorini e su altre operazioni simili. I giudici riesaminano il contesto storico: ''Nel marzo 2013, la Fed aveva iniziato a svolgere approfondimenti sulle procedure adottate da Deutsche Bank per contabilizzare un''operazione di finanziamento quale era il "repo"''. (Santorini). Gli americani insomma avevano cominciato a guardare in profondita'' dentro il bilancio di DB, che in quel momento era una banca d''investimento nella sua massima espansione globale, molto forte anche negli Stati Uniti. Secondo i giudici, che accolgono l''osservazione degli stessi ex banker tedeschi, ''Deutsche Bank sceglieva deliberatamente di riqualificare Santorini e altre 36 operazioni come derivati per consentire alle funzioni contabili di aggirare le possibili ripercussioni sul bilancio di Deutsche Bank derivanti dalle problematiche interpretative sollevate dalla Fed, che stava attenzionando l''attivita'' di Deutsche Bank in tutti i campi''. Alla base c''e'' un''audit su quelle operazioni. Secondo i giudici quel report - che ha influenzato anche la procura di Milano - era ''opaco''. ''L''audit nel 2013 aveva finto di scoprire tardivamente il ruolo di Abax (un terzo istituto coinvolto in Santorini, ndr) per neutralizzare un''altra problematica interpretativa sorta dopo che la banca era stata oggetto delle attenzioni della Fed, ovvero il ricorso al cosiddetto "netting", che avrebbe costretto a rilevanti variazioni di bilancio la banca tedesca che - vale la pena di ricordare - nel solo 2008 aveva perso dieci miliardi di euro, come ricordato nel corso del suo esame da Michele Faissola''. Iscriverli come derivati avrebbe comportato un allentamento delle indagini della vigilanza americana. Dentro l''istituto tedesco, e'' il quadro delineato dalla sentenza, deve essere esplosa una guerra senza esclusione di colpi: "Il restatement di Deutsche Bank proveniva dalla stessa funzione che avrebbe dovuto effettuare rilievi nel 2008; che, anziche'' accusare di scarsa trasparenza i propri colleghi, alcuni dei quali avevano gia'' lasciato la banca, avrebbe dovuto assumersi la responsabilita'' delle proprie valutazioni dell''epoca''. C''e'' materiale per uno storico della finanza. E anche per uno scrittore di legal thriller. red fine
MF-DJ NEWS