Dopo l’opas di Intesa su Ubi il prossimo dossier caldo del banking italiano sarà la privatizzazione del Montepaschi. Se l’advisor Mediobanca è stato attivato nel mese di luglio, il cantiere intorno al gruppo senese diretto da Guido Bastianini e presieduto da Patrizia Grieco dovrebbe aprirsi subito dopo la pausa estiva. L’obiettivo del Tesoro è infatti definire il futuro della controllata (oggi detiene il 68%) non appena si concluderà la delicata operazione di de-risking annunciata a giugno. Nell’ambito di quel deal da Mps usciranno oltre 8 miliardi tra non performing loan e unlikely to pay che passeranno sotto il controllo di Amco, la ex Sga. La pulizia (assistita da Lazard e da Equita, mentre sul bridge loan sono attive JpMorgan e Ubs) sarà utile per migliorare l’asset quality, visto che il gross npe ratio passerà dal 12,4% al 4,3%, e aumenterà l’appetibilità della banca senese sul mercato. Bce avrebbe però chiesto di accompagnare il deal a un rafforzamento patrimoniale, previsto per il momento tra 700 milioni e il miliardo, che servirà a ristabilire i coefficienti di capitale.
L’idea di iniettare nuove risorse nel Monte senza una strategia definita dopo i 7 miliardi versati nel salvataggio del 2017 non sembra molto gradita a Roma e rischia peraltro di aprire una nuova faticosa trattativa con la Direzione Concorrenza di Bruxelles. Ecco perché il Tesoro punterebbe a definire il percorso di exit prima dell’aumento, atteso tra la fine dell’anno e l’inizio del 2021. Scartate le strade di un break-up e di un accelerated bookbuilding (troppo penalizzante agli attuali valori di borsa) la strada maestra sarà l’individuazione di un partner con cui costruire una fusione. Con Intesa e Bper concentrati sull’operazione Ubi, i candidati a un deal di questo genere non sono molti. Nelle merchant bank gli occhi sono puntati soprattutto su Unicredit che, per più di una ragione, potrebbe essere spinta ad aprire il dossier. Dopo aver inseguito per un certo tempo un merger transfrontaliero analizzando con attenzione Société Générale e Commerzbank, il ceo Jean Pierre Mustier ha rivolto da qualche mese la propria attenzione all’Italia. Una progettualità che potrebbe ben sposarsi con l’imminente riorganizzazione della struttura societaria di gruppo e la separazione degli asset esteri da quelli nazionali. Come riportato da MF-Milano Finanza sabato 1° giugno il banchiere avrebbe ragionato per diverse settimane tra aprile e maggio sul dossier Ubi Banca con l’obiettivo di costruire un deal alternativo a quello di Intesa e rafforzarsi così in Lombardia. Il progetto però non è andato in porto ed è possibile che oggi il vertice della banca sia alla ricerca di un altro asset tricolore.
Ai suoi più stretti collaboratori Mustier non avrebbe ancora svelato le proprie intenzioni, ma Mps è un’opzione possibile. Un partner alternativo per Siena potrebbe essere una delle due grandi banche francesi storicamente attive in Italia, Crédit Agricole e Bnp Paribas, che però si muoverebbero soltanto dopo una stabilizzazione del quadro economico e sanitario. Appare invece più impegnativa l’ipotesi di un intervento di Banco Bpm sia per il significativo impatto patrimoniale del merger (le stime parlano di 2-3 miliardi di shortfall da colmare), sia per il peso specifico che il Tesoro verrebbe ad assumere nel nuova combined entity. Per il gruppo guidato da Giuseppe Castagna, che pure scruta da tempo con attenzione il mercato, sembrano più plausibili altri target, come per esempio una delle banche valtellinesi o la Bper. Tornando a Mps, al 31 luglio la banca ha erogato oltre 2 miliardi di euro di finanziamenti relativi alle misure del decreto liquidità alle imprese, di cui oltre un miliardo riferibile ai finanziamenti fino a 25 mila euro, estendibili a 30 mila.