Parmalat, all’ultimo minuto Granarolo apre alla cordata tricolore
Legacoop muove contro i fondi esteri che vogliono guidare il gruppo alimentare di Collecchio
Sul filo di lana il gruppo cooperativo bolognese Granarolo si è candidato a sorpresa a far parte di una cordata italiana per Parmalat, solo una settimana dopo il dietro front del fondo Charme per un intervento tricolore su Collecchio.
I fondi esteri che intendono prendere il controllo della società alimentare emiliana hanno intanto completato la lista per il rinnovo del consiglio di amministrazione, ufficializzando di voler coinvolgere l’ex amministratore delegato di Swedish Match, Massimo Rossi, come numero uno ad interim, incaricato di individuare il manager che dovrà quindi portare avanti lo sviluppo del piano di impresa dopo Enrico Bondi.
L’ex commissario ha infatti svolto un lavoro egregio nel risanamento della società, che nel 2004 era a un passo dalla sparizione dopo il crac firmato Calisto Tanzi; ora, anzi, Parmalat è di nuovo un gioiellino, e inevitabilmente attira l’interesse di diversi operatori che intendono dare il benservito a Bondi.
E il rischio è che questo gioiellino, pure questo, finisca in mano straniera, pochi giorni dopo il passaggio di Bulgari a Lvmh e mentre la politica si interroga sul caso-Edison.
Le liste per il rinnovo del consiglio Parmalat vanno depositate entro il 18 marzo; l’attesa è ora che solo altri due nomi vengano indicati nella lista di Assogestioni, salvo nuove svolte.
Intanto si è concluso a Milano il primo sondaggio dei brasiliani di Lacteos, che affiancati dalla Banca Leonardo di Gerardo Braggiotti hanno stabilito un primo contatto con gli advisor dei fondi stranieri: Lazard e, per la parte legale, Bruno Colombo.
L’obiettivo era far presente l’interesse, in prospettiva, a un’ipotetica aggregazione industriale.
Sinora i fondi Zenit, McKenzie e Skagen sono legati con un patto sul 15,3% di Parmalat: oltre a Rossi, uno spezzino con un lungo passato lavorativo in Scandinavia, intendono puntare sull’ex ministro Rainer Masera come candidato alla presidenza.
I rappresentanti della Lacteos, realtà nuova, nata nel dicembre 2010, grande metà della Parmalat e concessionaria tra l’altro dei suoi marchi in Brasile, dopo gli incontri di giovedì sarebbero già ritornati in patria.
E così ieri, a una settimana dalla chiusura dei giochi, il presidente Granarolo Giampiero Calzolari, oltre che presidente provinciale di Legacoop, ha sparigliato le carte: se ci fossero le condizioni per la nascita di una cordata italiana per Parmalat, ha fatto sapere il principale concorrente di Collecchio, «Granarolo può essere un pezzo di quella cordata».
Dopo essersi detto dispiaciuto per il fatto che un’azienda salvata in gran parte con soldi italiani «oggi rischia di andare in mani altrui», ha quindi aggiunto di sapere che i tempi son molto ridotti.
Il dossier Granarolo, partecipata con il 19% da Intesa Sanpaolo, banca al contempo azionista con il 2,4% della stessa Parmalat, è riapparso a più riprese in passato.
Già a metà dello scorso decennio si era ipotizzato di creare un campione emiliano, pardon italiano, del latte.
Questa volta però Calzolari, parlando al congresso regionale della centrale cooperativa, è parso segnare una discontinuità candidandosi a un ruolo in un’operazione di sistema: «Il problema non è risolvibile con l’incontro di due sole aziende», ha detto.
Il 4 marzo il fondo Charme guidato da Matteo Cordero di Montezemolo, dopo un fugace sondaggio, aveva abbandonato il dossier per i tempi estremamente ristretti a disposizione.
Si tratterà ora di vedere se risponderà all’appello di Granarolo e soprattutto se si accoderanno altri investitori.
Piuttosto che Bulgari, il cui ad Francesco Trapani si è lamentato della scarsa coesione degli operatori italiani, il modello sembra essere Alitalia.
In cui una cordata tricolore ha sbarrato la strada ai francesi.
Per ora.