Parmalat (PLT) Parmalat (a) III cosa sarà da grande ?

Mah, cosa dirti?

Per me Terna e' come Vladimir Luxuria, non mi ispira niente.

Cambia cavallo, trova una Nicole Minetti e vedrai come mi applico.:D

La bravura in borsa sta nello scovare quale potrebbe essere l'Apple- Minetti del futuro e non perdere tempo a studiare l'evoluzione di Luxuria -Terna.:D

Ragazzo fai uno sforzo e trovami in giro per il mondo una bella bimba, che poi ci penso io, che potrebbe diventare una Minetti e non farmi perdere tempo in discussioni sterili sul sesso di Luxuria.


Sintesi:

Con Terna si ammoscia tutto anche l'analisi fondamentale.
 
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Mah, cosa dirti?

Per me Terna e' come Vladimir Luxuria, non mi ispira niente.

Cambia cavallo, trova una Nicole Minetti e vedrai come mi applico.:D

La bravura in borsa sta nello scovare quale potrebbe essere l'Apple- Minetti del futuro e non perdere tempo a studiare l'evoluzione di Luxuria -Terna.:D


:D:D no, ma anche a me piace poco, ero solo per avere un bastone in più nella mia discussione con un amico
.. se dovessi già riuscire a camminare da solo senza barcollare, potrei sempre usarlo per tirarglielo in testa hihi

il mio amico sostiene che avere terna in portafoglio è come avere un obbligazione :down:

ps. io ti ho presentato la mia bambina ma te dici che ha il vaiolo (holding) , l'aids (colaninno) ecc ecc
 
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:D:D no, ma anche a me piace poco, ero solo per avere un bastone in più nella mia discussione con un amico
.. se dovessi già riuscire a camminare da solo senza barcollare, potrei sempre usarlo per tirarglielo in testa hihi

il mio amico sostiene che avere terna in portafoglio è come avere un obbligazione :down:

ps. io ti ho presentato la mia bambina ma te dici che ha il vaiolo (holding) , l'aids (colaninno) ecc ecc

E se tu mi presenti la figlia di Fantozzi io cosa ti devo dire?:wall::wall:
:D
 
Dal mio punto di vista Danieli e' un titolo da inserire in portafoglio solo a condizione che le sue quotazioni raggiungano livelli tali da garantire un rendimento del dividendo pari al:

10% per le risparmio;
5% per le ordinarie.

Volendo rischiare si può entrare anche all'8 e al 4, essendo temerari al 6 e al 3.

ma parli del dividendo di 0,333 o uno futuro? no perchè sennò devi aspettare 6,66 :down:
 
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ma parli del dividendo di 0,333 o uno futuro? no perchè sennò devi aspettare 6,66 :down:

Esattamente.

Per tutta una serie di considerazioni legate soprattutto al flottante 10 e' il prezzo ideale per iniziare un accumulo su Danieli ordinarie.

Cioè per consegnare il destino dei propri soldi alle decisioni di chi indirizza il corso del titolo.

Ora stanno distribuendo a piene mani.

Certo volendo si può anche spizzicare qualcosa su qualche rimbalzo, ma ne vale la pena e il rischio sapendo che il destino finale del titolo e':down:
 
:wall::wall:

Non è possibile.

Ennesimo articolo su Parmalat di Dario Di Vico sul Corsera.

Titolo:

Parmalat, un piattaforma a difesa del made in Italy.:specchio::specchio::specchio:

Ma stavolta non ho resistito e gli ho scritto le seguenti mie considerazioni.

Temo che finirò per abbandonare questo titolo azionario, praticamente l'unico titolo italiano che ho sempre costantemente avuto.

Gentile Dott. Di Vico,

sono ....omissis ... e le scrivo in qualità di azionista Parmalat fin dall’Ottobre 2008, quando cioè il valore del titolo era sprofondato nell’indifferenza di tutti a 1,2.

Epoca in cui probabilmente i fondi hanno accumulato gran parte delle azioni in loro possesso, scorgendo l'enorme sottovalutazione del titolo.

Non è la prima volta che Lei interviene, sul maggior quotidiano italiano, scrivendo articoli che, non me ne voglia, non hanno né capo né coda, o di cui comunque io non riesco a capire qual è il capo e qual è la coda.

Ciò detto Le ricordo che:

a) Parmalat è una società privata quotata in Borsa e con azionariato diffuso, elemento per me imprescindibile per acquistare un’azione, tanto è vero che è l’unico titolo azionario presente nel mio portafoglio;

b) Il Governo italiano già è intervenuto gravemente, nel silenzio assordante della pseudo-liberale stampa economica italiana, nella maniera più maldestra possibile, sia nel merito che nella forma, riuscendo nel magistrale risultato di confezionare nello stesso tempo una norma tanto sbagliata nelle finalità (entrare in questioni interne di una società privata) quanto inutile da un punto di vista giuridico (in quanto non produce gli effetti voluti per una serie di motivi che ora sarebbe lungo elencare).

Ciò detto Le sarei grato se Lei spiegasse a me e agli altri lettori interessati cose che per quanti sforzi possa fare, mi risultano tanto oscure quanto preoccupanti .

E precisamente:

a) Cosa significa in termini concreti che la Parmalat dovrebbe essere la “portaerei” di tutto ciò che è fresco ?

b) E’ evidente (per me non lo è per niente) che concepire una nuova politica industriale esige una discontinuità (e una fantasia) alla quale non siamo preparati, ma proprio per questo Parmalat rappresenta un caso di interesse nazionale.


Leggendo i suoi articoli, mi perdoni, per me è evidente una sola cosa, e cioè che non si capisce assolutamente dove Lei voglia andare a parare con i suoi ragionamenti lasciati a mezz’aria.

Lei occupa intere mezze pagine del principale quotidiano italiano disquisendo sul destino di un’azienda che Lei considera evidentemente “strategica” per il Bel Paese, con il rischio concreto di risuscitare i vecchi arnesi delle Partecipazioni Statali (mi sembra di capire che per Lei Parmalat è strategica, esattamente come furono ritenute sul finire degli anni 60’ la Motta, l’Alemagna, la Cirio ecc. ecc., cioè quando entrarono nell’IRI).

Rischio grosso perché Lei risveglia brutti istinti in un paese la cui economia Cossiga definiva, non a torto, più socialista reale dei paesi del socialismo reale.


Per ultimo.

1) Reputo a dir poco discutibile consentire, nell’ambito di un articolo sempre a sua firma, al Presidente di Granarolo di pronunciare una evidente falsità, quale quella che già abbiamo dovuto fare una Legge Nazionale per pagare i debiti di Tanzi;

2) I brand Parmalat, Barilla e Ferrero sono di proprietà degli azionisti delle rispettive società e chi volesse utilizzarli, a meno di pensare a una qualche forma di esproprio, dovrebbe essere disposto a pagare le royalties di mercato.

Sinceramente mi sfuggono, per mia incapacità, aspetti essenziali del suo ragionamento.


Quello che non mi sfugge, in qualità di azionista Parmalat, è il rischio di questa campagna politica e mediatica.

Che è quello che i Fondi stranieri, in qualche modo, si ritirino dalla partita, il titolo subisca un forte deprezzamento, spianando la strada alla soluzione italiana (recte all’italiana perchè fatta con i soldi delle banche, cioè dei risparmiatori italiani) da Lei tanto auspicata.

Soluzione che finirebbe per sfociare inevitabilmente, tra qualche anno, nella cessione della Parmalat a qualche grossa multinazionale.

Con l’inevitabile corollario di una lauta plusvalenza “salva protafogli componenti cordata italiana”, ovviamente rigorosamente da assoggettare a tassazione in base al diritto tributario Lussemburghese.

La ringrazio dell’eventuale attenzione scusandomi per qualche ruvidezza.

Cordialmente

Omissis
 
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Non è possibile.

Ennesimo articolo su Parmalat di Dario Di Vico sul Corsera.

Titolo:

Parmalat, un piattaforma a difesa del made in Italy.:specchio::specchio::specchio:

Ma stavolta non ho resistito e gli ho scritto le seguenti mie considerazioni.

Temo che finirò per abbandonare questo titolo azionario, praticamente l'unico titolo italiano che ho sempre costantemente avuto.

Gentile Dott. Di Vico,

sono ....omissis ... e le scrivo in qualità di azionista Parmalat fin dall’Ottobre 2008, quando cioè il valore del titolo era sprofondato nell’indifferenza di tutti a 1,2.

Epoca in cui probabilmente i fondi hanno accumulato gran parte delle azioni in loro possesso, scorgendo l'enorme sottovalutazione del titolo.

Non è la prima volta che Lei interviene, sul maggior quotidiano italiano, scrivendo articoli che, non me ne voglia, non hanno né capo né coda, o di cui comunque io non riesco a capire qual è il capo e qual è la coda.

Ciò detto Le ricordo che:

a) Parmalat è una società privata quotata in Borsa e con azionariato diffuso, elemento per me imprescindibile per acquistare un’azione, tanto è vero che è l’unico titolo azionario presente nel mio portafoglio;

b) Il Governo italiano già è intervenuto gravemente, nel silenzio assordante della pseudo-liberale stampa economica italiana, nella maniera più maldestra possibile, sia nel merito che nella forma, riuscendo nel magistrale risultato di confezionare nello stesso tempo una norma tanto sbagliata nelle finalità (entrare in questioni interne di una società privata) quanto inutile da un punto di vista giuridico (in quanto non produce gli effetti voluti per una serie di motivi che ora sarebbe lungo elencare).

Ciò detto Le sarei grato se Lei spiegasse a me e agli altri lettori interessati cose che per quanti sforzi possa fare, mi risultano tanto oscure quanto preoccupanti .

E precisamente:

a) Cosa significa in termini concreti che la Parmalat dovrebbe essere la “portaerei” di tutto ciò che è fresco ?

b) E’ evidente (per me non lo è per niente) che concepire una nuova politica industriale esige una discontinuità (e una fantasia) alla quale non siamo preparati, ma proprio per questo Parmalat rappresenta un caso di interesse nazionale.


Leggendo i suoi articoli, mi perdoni, per me è evidente una sola cosa, e cioè che non si capisce assolutamente dove Lei voglia andare a parare con i suoi ragionamenti lasciati a mezz’aria.

Lei occupa intere mezze pagine del principale quotidiano italiano disquisendo sul destino di un’azienda che Lei considera evidentemente “strategica” per il Bel Paese, con il rischio concreto di risuscitare i vecchi arnesi delle Partecipazioni Statali (mi sembra di capire che per Lei Parmalat è strategica, esattamente come furono ritenute sul finire degli anni 60’ la Motta, l’Alemagna, la Cirio ecc. ecc., cioè quando entrarono nell’IRI).

Rischio grosso perché Lei risveglia brutti istinti in un paese la cui economia Cossiga definiva, non a torto, più socialista reale dei paesi del socialismo reale.


Per ultimo.

1) Reputo a dir poco discutibile consentire, nell’ambito di un articolo sempre a sua firma, al Presidente di Granarolo di pronunciare una evidente falsità, quale quella che già abbiamo dovuto fare una Legge Nazionale per pagare i debiti di Tanzi;

2) I brand Parmalat, Barilla e Ferrero sono di proprietà degli azionisti delle rispettive società e chi volesse utilizzarli, a meno di pensare a una qualche forma di esproprio, dovrebbe essere disposto a pagare le royalties di mercato.

Sinceramente mi sfuggono, per mia incapacità, aspetti essenziali del suo ragionamento.


Quello che non mi sfugge, in qualità di azionista Parmalat, è il rischio di questa campagna politica e mediatica.

Che è quello che i Fondi stranieri, in qualche modo, si ritirino dalla partita, il titolo subisca un forte deprezzamento, spianando la strada alla soluzione italiana (recte all’italiana perchè fatta con i soldi delle banche, cioè dei risparmiatori italiani) da Lei tanto auspicata.

Soluzione che finirebbe per sfociare inevitabilmente, tra qualche anno, nella cessione della Parmalat a qualche grossa multinazionale.

Con l’inevitabile corollario di una lauta plusvalenza “salva protafogli componenti cordata italiana”, ovviamente rigorosamente da assoggettare a tassazione in base al diritto tributario Lussemburghese.

La ringrazio dell’eventuale attenzione scusandomi per qualche ruvidezza.

Cordialmente

Omissis

:D:D

ben fatto, ci sono certi ignoranti e certi venduti nel giornalismo italiano anche tra quelli che dovrebbero essere di "alto livello"..

saranno mica della Valle e Montezemolo che hanno trovato il nuovo giochino mediatico crea consenso e vogliono perfezionarlo scalando RCS :mmmm:
 
Parmalat, all’ultimo minuto Granarolo apre alla cordata tricolore
Legacoop muove contro i fondi esteri che vogliono guidare il gruppo alimentare di Collecchio
300
Sul filo di lana il gruppo cooperativo bolognese Granarolo si è candidato a sorpresa a far parte di una cordata italiana per Parmalat, solo una settimana dopo il dietro front del fondo Charme per un intervento tricolore su Collecchio.
I fondi esteri che intendono prendere il controllo della società alimentare emiliana hanno intanto completato la lista per il rinnovo del consiglio di amministrazione, ufficializzando di voler coinvolgere l’ex amministratore delegato di Swedish Match, Massimo Rossi, come numero uno ad interim, incaricato di individuare il manager che dovrà quindi portare avanti lo sviluppo del piano di impresa dopo Enrico Bondi.
L’ex commissario ha infatti svolto un lavoro egregio nel risanamento della società, che nel 2004 era a un passo dalla sparizione dopo il crac firmato Calisto Tanzi; ora, anzi, Parmalat è di nuovo un gioiellino, e inevitabilmente attira l’interesse di diversi operatori che intendono dare il benservito a Bondi.
E il rischio è che questo gioiellino, pure questo, finisca in mano straniera, pochi giorni dopo il passaggio di Bulgari a Lvmh e mentre la politica si interroga sul caso-Edison.
Le liste per il rinnovo del consiglio Parmalat vanno depositate entro il 18 marzo; l’attesa è ora che solo altri due nomi vengano indicati nella lista di Assogestioni, salvo nuove svolte.
Intanto si è concluso a Milano il primo sondaggio dei brasiliani di Lacteos, che affiancati dalla Banca Leonardo di Gerardo Braggiotti hanno stabilito un primo contatto con gli advisor dei fondi stranieri: Lazard e, per la parte legale, Bruno Colombo.
L’obiettivo era far presente l’interesse, in prospettiva, a un’ipotetica aggregazione industriale.
Sinora i fondi Zenit, McKenzie e Skagen sono legati con un patto sul 15,3% di Parmalat: oltre a Rossi, uno spezzino con un lungo passato lavorativo in Scandinavia, intendono puntare sull’ex ministro Rainer Masera come candidato alla presidenza.
I rappresentanti della Lacteos, realtà nuova, nata nel dicembre 2010, grande metà della Parmalat e concessionaria tra l’altro dei suoi marchi in Brasile, dopo gli incontri di giovedì sarebbero già ritornati in patria.
E così ieri, a una settimana dalla chiusura dei giochi, il presidente Granarolo Giampiero Calzolari, oltre che presidente provinciale di Legacoop, ha sparigliato le carte: se ci fossero le condizioni per la nascita di una cordata italiana per Parmalat, ha fatto sapere il principale concorrente di Collecchio, «Granarolo può essere un pezzo di quella cordata».
Dopo essersi detto dispiaciuto per il fatto che un’azienda salvata in gran parte con soldi italiani «oggi rischia di andare in mani altrui», ha quindi aggiunto di sapere che i tempi son molto ridotti.
Il dossier Granarolo, partecipata con il 19% da Intesa Sanpaolo, banca al contempo azionista con il 2,4% della stessa Parmalat, è riapparso a più riprese in passato.
Già a metà dello scorso decennio si era ipotizzato di creare un campione emiliano, pardon italiano, del latte.
Questa volta però Calzolari, parlando al congresso regionale della centrale cooperativa, è parso segnare una discontinuità candidandosi a un ruolo in un’operazione di sistema: «Il problema non è risolvibile con l’incontro di due sole aziende», ha detto.
Il 4 marzo il fondo Charme guidato da Matteo Cordero di Montezemolo, dopo un fugace sondaggio, aveva abbandonato il dossier per i tempi estremamente ristretti a disposizione.
Si tratterà ora di vedere se risponderà all’appello di Granarolo e soprattutto se si accoderanno altri investitori.
Piuttosto che Bulgari, il cui ad Francesco Trapani si è lamentato della scarsa coesione degli operatori italiani, il modello sembra essere Alitalia.
In cui una cordata tricolore ha sbarrato la strada ai francesi.
Per ora.
 
.....
E così ieri, a una settimana dalla chiusura dei giochi, il presidente Granarolo Giampiero Calzolari, oltre che presidente provinciale di Legacoop, ha sparigliato le carte: se ci fossero le condizioni per la nascita di una cordata italiana per Parmalat, ha fatto sapere il principale concorrente di Collecchio, «Granarolo può essere un pezzo di quella cordata».
Dopo essersi detto dispiaciuto per il fatto che un’azienda salvata in gran parte con soldi italiani «oggi rischia di andare in mani altrui», ha quindi aggiunto di sapere che i tempi son molto ridotti.

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Cosa dire ?

Due cose

1) Chissà se qualche Giornalista (la G maiuscola è puramente voluta) avrà mai la bontà, tra un incontro con player del settore e studiosi ed esperti e l'altro, di chiedere al Sig. calzolari cosa vuol dire quando afferma che la Parmalat è "un'azienda salvata in gran parte con soldi italiani".

Che poi dovrebbe essere, a quanto ho capito, il motivo aggregante di questa cordata italiana.

Io non lo capisco. Per me è un'affermazione senza nè capo nè coda e pazienza se anche calzolari si offenderà;

2) E' pensabile che il Sig. calzolari (Fatturato al 30.09.2010 663 milioni - 2,7%, EBITDA 55 milioni - 28,8%, EBIT di appena 22 milioni - 44%) invece che interrogarsi sulle cause del deterioramento dei risultati economici dell'azienda da lui guidata, stia a pensare a rilevare un'azienda di 4/5 volte più grande?


PS Il Dott. Di Vico non ha gradito le mie ruvide carezze e mi ha risposto tanto prontamente quanto seccamente, senza tuttavia entrare nel merito delle questioni da me sollevate.
Risposta che, ovviamente, non posso pubblicare.


Quello che è certo è che suona strano che improvvisamente (sono 6 anni che Parmalat è in Borsa) in occasione di un appuntamento del tutto ordinario per una Società, quale è l'approvazione del bilancio e il rinnovo degli organi sociali, si scateni questo can can mediatico.

Ci si accorga solo ora che Parmalat è strategica, che potrebbe diventare una portaerei dell'italianità ed altre amenità del genere, che offendono l'intelligenza di chi legge.

Fa riflettere il fatto che i principali quotidiani, e la politica italiana, si accorgano improvvisamente di quanto sia grave per la "politica industriale italiana" (cosa vorrà poi dire questa politica industriale) il fatto che Parmalat è una società con azionariato diffuso, per lo più tra fondi di investimento stranieri.


A me sembra strano.

Vien da chiedersi.

Ma se i fondi avessero confermato Bondi, siamo sicuri che tutto questo can can sarebbe mai nato ?
 
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Ovviamente la mia non è una questione ideologica, ma solo il timore, fondato che:

1) Non avendo i soldi per rilevare Parmalat con un'OPA stiano studiando un'operazione carta buona contro carta pessima;

2) Queste manovre non facciano arrivare il titolo al suo approdo naturale da me indicato in € 3;

3) Per effetto di quanto indicato ai punti 1 e 2 io sia costretto a restare Salcasella vita natural durante;:D:D:D:D
 

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