PREFERIREI MORIRE DI PASSIONE CHE DI NOIA.

10 volte Trump.


“Ti consiglio di non venire. Non la riconosceresti”.

New York come Gotham City.

La città delle luci, quella che non dorme mai, trasformata in accampamenti per sbandati e homeless.

A parlare è una voce familiare che in diretta WhatsApp ti racconta periodicamente (spesso a tarda notte, ora italiana)
la vita di quelle strade che hanno segnato la tua vita da ragazzo.

Ci hai studiato, sgobbato, amato e mangiato pepperoni pizza da asporto fino a svenire.

Ci hai consumato almeno un paio di sneakers appena comprate su quei marciapiedi per il gusto di scoprire lassù, oltre il Bronx, cosa diavolo c’è.

È vero, Nyc non è come te la ricordavi.

La statua della libertà sta ancora lì che veglia sulla baia dell’Hudson (per ora) e se non fosse che per quei disgraziati,
violenti e oscurantisti malati di caos non te lo saresti mai chiesto.


Qual è il destino di quella statua?

Semplice: stare immobile e ricordare a tutti cos’è l’America.

Anche il National September 11 Memorial & Museum è aperto, ma non ci va ormai quasi nessuno.

Il virus cinese e George Floyd (suo malgrado) hanno ridotto i simboli di questa metropoli a una salma.

Restano le vene aperte degli incroci deserti e tanto dolore.

Per ricordare le vittime dell’attacco terroristico dell’11 settembre è stato realizzato un monumento commemorativo che prende il nome di Ground Zero.

E questo è ciò che conta. Non avranno mai la forza per abbatterlo.


Ma andiamo avanti.

Ci sono, infatti, gli altri simboli.

L’Ago di Cleopatra, di fatto il monumento più antico di New York con i suoi 3500 anni.
Si trova a Central Park, a pochi passi dal Metropolitan Museum.
È alto circa 21 metri e le sue pareti sono adornate da bellissimi geroglifici.
Che come uno Stargate riferisce di un tempo lontano fatto di civiltà sotterrate nella sabbia dalla loro debolezza.

Poi c’è ancora il Charging Bull (Wall Street bull).

Lo Strawberry fields John Lennon Memorial.

Washington Square Arch. Columbus Circle.

L’Empire State Building
che risollevò le sorti di questo Paese negli anni della Grande Depressione.

Nell’epoca dei muri (da una parte) e della furia iconoclasta (dall’altra), il Ponte di Brooklyn fa sognare.

A un tiro di schioppo da un quartiere tesoro dell’umanità.

Per chi non ci fosse ancora stato, si tratta del ponte sospeso più lungo del mondo, con i suoi 2 km,
ed è uno dei simboli e delle attrazioni principali della Grande Mela.

Fino ad oggi.

New York esce con le ossa rotte da mesi di problemi.

Dal coronavirus ai picchetti dei violenti che un sindaco fantoccio non sa come affrontare.

Il cuore di Ny pompa ancora.

Non a caso la Borsa pare reggere botta a tutte le turbolenze che invadono l’isola.

Ma senza il cervello, quella pompa che drena denaro nel mondo, può poco.

E il cervello viene direttamente dai piani alti del municipio cittadino.
Bill de Blasio, all’anagrafe Warren Wilhelm Jr, che di italiano ha ben poco,
dal 2014 a oggi ha avuto la capacità di distruggere tutto ciò che toccava.
Certo, il destino ci ha messo del suo, ma se oggi passeggi in centro città,
ti accorgi di un raccapricciante senso di distopia.


“Se vieni, non si può andare giù a Manhattan. È così sporco. E tutti homeless per strada.

Tante dimostrazioni violente, la situazione è brutta e questo sindaco è un cretino”
,

ti dice sempre la stessa voce.


Ti avverte, quasi ti fa la radiografia di quelle strade che hai imparato a conoscere.

È tutta colpa della politica.

E qui, nell’Empire State, i dem sono dannatamente imbattibili.

E lo saranno ancora una volta il prossimo novembre.

Tuttavia, se ti allontani dal centro e ti inoltri verso i territori a nord, verso l’Upper State,
ti rendi conto di una enclave che non voterà per Joe Biden alle prossime elezioni.


Votano l’odiato Donald Trump perché serve ordine e disciplina.



Quella voce che ti accompagna con le sue notizie è cresciuta nel Bronx.

Per poi trasferirsi nel Queens, tra Astoria e Corona.

Si è mossa poco dopo a White Stone a un tiro di schioppo da lì.

Lì, dove prima c’erano gli italiani, oggi si moltiplicano le famiglie con gli occhi a mandorla e latinos.

Sono gli anni Cinquanta e New York è bellissima.

Oggi non è più così ed i suoi figli si sono trasferiti più a nord.


“Degli interi quartieri sono autogestiti dai fanatici del Black Lives Matter.

Fanno casino tutto il giorno.

E, se passi in auto per andare al lavoro, ti immobilizzano.

Ti costringono a suonare il clacson in segno di rispetto”.

“Altrimenti?”, chiedo io.

“Altrimenti ti coprono di sputi il cofano e sei fortunato se non ti tirano qualche sassata”.



È la musica che accompagna la follia del Joker di Todd Phillips.

Film culto dello scorso anno.

È una colonna sonora che recupera alcuni tra i brani più noti della grande musica americana.

Una musica atonale che unisce voce e violoncello, capace di rendere anche la colonna sonora
protagonista del film con assoluta originalità, ma anche con una forte capacità evocativa.

Toni bassi.

Melodie che tendono a rispecchiare il sopraggiungere della pazzia.

La natura del buon Arthur Fleck, trasformato in Joker dal male di vivere, si è impossessata di questa metropoli.

E il cancro rischia di diffondersi in tutti i centri degli Stati Uniti.

Le canzoni della pellicola di Phillips sembrano ribaltare i tamburi di guerra dei supereroi per rendere,
quella del protagonista, una marcia segnata dalla morte.

Frequenze che risuonano tempestose nelle orecchie dello spettatore.


Mentre la protesta dei pagliacci va avanti.


Avanza senza fine, rischiando di conquistare Washington e la Casa Bianca il prossimo 3 novembre.
 
Si è conclusa la prima giornata di voto.

Per quanto riguarda le elezioni amministrative alle 23 di domenica hanno ritirato la scheda il 56.52% degli aventi diritto a Ballabio,
il 51.09% a Lecco e il 50.38% a Mandello.

Sotto quota "metà" Calco con il 48.38% e Esino con il 46.44%.

In quest'ultimo comune, dove per il Referendum la percentuale di votanti sale al 59.20%,
occorrerà superare il 50%+1 per evitare il commissariamento, essendoci una sola lista in campo
come pure a La Valletta Brianza dove al momento per le amministrative si è espresso il 44.60%
imentre per il taglio dei parlamentari la percentuale è di poco superiore.

Fanalino di coda, in quanto ad affluenza, al momento, è Suegliocon il 30.31%.
affluenza23com.jpg

Per quanto attiene invece il Referendum costituzionale incentrato sul taglio del numero dei parlamentari l'affluenza alle 23, in provincia di Lecco,
è stata del 42% valore più alto rispetto alla media nazionale.

Questi i dati comune per comune:
AFFLUENZA23refe.jpg

I seggi apriranno di nuovo questa mattina.
Sarà possibile votare fino alle 15.

Si procederà poi allo spoglio delle schede del Referendum.

Per le comunali l'appuntamento per l'avvio delle operazioni di scrutinio è per le 9 di martedì.
 
Come fanno gli americani a votare uno simile ? ........oddio, non è che a noi sta andando meglio.
Il popolo è proprio bue.


Il candidato democratico Usa Joe Biden ha deciso di entrare a gamba tesa nella disputa della Brexit tra Regno Unito e Ue.

Non è un caso se lo ha fatto, ovvio.

È bastato un semplice tweet per far capire tutto.

Biden ha infatti scritto:

“Non possiamo accettare che gli accordi di pace del Venerdì Santo per l’Irlanda del Nord ora vengano messi a rischio dalla Brexit.
Ogni eventuale accordo commerciale di libero scambio tra Uk e Usa deve rispettare quel patto
ed evitare un ritorno a un confine duro tra Irlanda e Irlanda del Nord. Punto”.


Ora, Biden lo ha scritto perché gli sta davvero così a cuore la questione irlandese o c’è altro?


La questione è un’altra: siccome Farage e Johnson hanno detto Brexit sfidando il mainstream,
ecco che Biden ha bisogno di far capire da che parte si deve stare.


Il suo era un messaggio diretto sì al premier britannico, ma anche e soprattutto altrove.


Il tweet di Biden serve a dettare anche la linea in caso di vittoria dei dem alle elezioni.

L’intenzione è quella di rinsaldare quel legame Usa-Ue che Trump ha sfilacciato in questi quattro anni.

E tutto questo potrebbe andare a scapito del Regno Unito in procinto della realizzazione definitiva della Brexit.


I democratici americani, così come quelli europei, non tollerano Brexit, perché non tollerano gli Stati liberi da certi vincoli.
 
Tutto quello che non torna nel caso Navalny

La risposta di Mosca alle accuse non si fa attendere e nei giorni scorsi la «Missione permanente della Federazione russa presso l’Unione europea»
ha presentato ufficialmente un elenco di dieci domande sul caso Navalny che riportiamo di seguito.

1) Perché avremmo dovuto avvelenare Navalny con un agente nervino militare, che è bandito dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw),
in una città russa di mezzo milione di persone e quindi fare tutto il possibile per salvargli la vita e per lasciarlo andare in Germania dove si può identificare il Novichok?


2) Qual è il motivo per cui le autorità russe starebbero perseguitando Alexei Navalny, dato che il suo effettivo livello di popolarità è del 2%,
secondo un recente sondaggio condotto nel luglio 2020 dall’istituto indipendente Levada Center?


3) Perché il governo tedesco è così riluttante nel fornire alle autorità russe (o a rendere pubblici) i risultati delle analisi tossicologiche
di un laboratorio specializzato delle forze armate tedesche, se Berlino è convinta che il signor Navalny è stato avvelenato?


4) Si chiede al governo russo di trovare da solo prove e testimoni «da qualche parte in Siberia».
È una coincidenza che alcune delle persone che hanno accompagnato il signor Navalny nel suo viaggio hanno lasciato la Russia per la Germania subito dopo l’incidente?


5) Perché i medici tedeschi dell’ospedale Charite evitano il dialogo professionale con i colleghi russi,
nonostante le evidenti incongruenze dei sintomi, sull’analisi tossicologica e la diagnosi del signor Navalny?


6) Perché viene annunciato che l’agente Novichok è stato sviluppato dall’Unione Sovietica e poi dalla Russia,
ignorando il fatto che nel corso degli anni esperti dei Paesi occidentali e dei centri Nato hanno sviluppato a loro volta prodotti chimici associati allo stesso gruppo?


7) Perché Navalny è stato accompagnato all’ospedale di Charite dalla polizia e da agenti dell’intelligence al suo arrivo a Berlino?
Perché sono state adottate misure di sicurezza straordinarie molto prima della «scoperta» del Novichok?


8) Cosa c’è dietro la storia della bottiglia d’acqua con tracce di veleno?
Né le telecamere a circuito chiuso né le fotografie mostrano che il signor Navalny l’abbia usata prima di decollare all’aeroporto di Tomsk.
Come è arrivata questa bottiglia a Berlino?


9) Perché non un solo tossicologo, civile o militare, e nemmeno un medico della Charite,
hanno espresso un parere qualificato sul caso
, come invece hanno fatto i medici russi?


10) Perché esponenti politici tedeschi non hanno mai detto che il trasferimento delle prove era subordinato al consenso di Navalny prima del risveglio dal coma?

L’ennesima sconfitta dell’Europa

Tutti interrogativi ai quali difficilmente l’Ue fornirà una risposta.

È sempre più evidente infatti come il caso Navalny non sia che un pretesto per la solita propaganda politica anti-russa.

Il paradosso è che ad uscire sconfitta da questa vicenda è in primis l’Europa stessa.

La decisione, sempre più probabile, di bloccare il gasdotto North Stream 2 non è che l’ennesima dimostrazione
di come questa Ue non faccia che eseguire gli ordini americani anche quando questi sono palesemente in contrasto con l’interesse delle nazioni europee.
 
strizza strizza strizza

Gli osservatori scommettono sul 4-2.

“È il risultato più probabile, ma non è detto che a cadere sia necessariamente la Puglia”,
si è sussurrato in questi giorni negli ambienti piddini che temono l’arrivo di una sconfitta bruciante nella terra di Matteo Renzi.

E, se dovesse realmente concretizzarsi il sorpasso della leghista Susanna Ceccardi sul candidato del Pd,
il principale capro espiatorio sarebbe il leader di Italia Viva.

“Eugenio Giani è un ex socialista molto vicino a Renzi che lo aveva proposto prima di uscire dal Pd”, ci dicono dal Nazareno.

E aggiungono: “Abbiamo completamente sbagliato il candidato”.


I renziani, invece, difendono la loro scelta:

"Giani è un politico esperto e non c'erano molte alternative. Oggi non ci sono più persone che studiano e si formano dentro i partiti...".


La spigliata eurodeputata Ceccardi, la prima leghista ad aver conquistato un comune toscano, Cascina, dove è stata sindaco dal 2016 al 2019,
sembra avere quel carisma che manca totalmente al suo avversario.

Giani, ex presidente del consiglio regionale, è in politica da oltre 30 anni e, nel giro di pochi mesi,
stando agli ultimi sondaggi disponibili, è stato capace di dissipare un notevole vantaggio.

La vittoria si deciderà al fotofinish.


In casa Pd, però, sono sicuri:

“Vinciamo di poco, ma vinciamo”, ripetono come se fosse un mantra religioso.

“Mentre in Emilia-Romagna abbiamo ripresentato Bonaccini, il presidente uscente che ha sempre goduto di un buon gradimento personale,
in Toscana schieriamo un uomo molto noto nel territorio ma che non può rivendicare come suo ciò che di buono abbiamo fatto negli ultimi 5 anni”,
ci spiega un militante del Pd.
 
Se lo avesse fatto uno del centro-destra ??????? Fulmini a gogò. Magistratura in campo. Giornalai con titoli cubitali.

Anche la Puglia, dunque, è una Regione decisiva e la vittoria sarà stabilita all’ultimo voto.

Emiliano che, nel corso del suo mandato ha commesso vari errori e non è riuscito a capitalizzare il consenso che aveva durante il lockdown,


negli ultimi giorni di campagna elettorale ha cercato di colmare lo svantaggio ricorrendo a numerose assunzioni last-minute.


Una sua sconfitta aprirebbe uno scontro tra giallorossi.

Il Pd incolperebbe il M5S di essere stato determinante nell’eventuale 5-1 finale che probabilmente darebbe luogo a una crisi di governo dagli effetti imprevedibili.

Infine va ricordato il dato dell'affluenza: nel voto regionale si è recato alle urne il 40 per cento degli aventi diritto.
 
Ma anche finisse 3 a 3 ci sarebbe l'immenso regalo :


Nelle Marche si attende soltanto l’ufficialità di una svolta storica per una Regione che, fino ad oggi,

rientrava tra le “Regioni rosse” e che passerebbe per la prima volta al centrodestra.
 
Fausto Leali di nuovo nella bufera al Grande Fratello vip.

Il cantante stavolta ha usato la parola tabù “negro”.

E poi, rimbrottato da tutti gli altri partecipanti, non ha fatto marcia indietro ma ha difeso la sua scelta lessicale.


Sui social i devoti del politicamente corretto invocano a gran voce la sua cacciata.

Ma ecco che cosa è accaduto: parlando con gli altri inquilini della casa Leali ha appunto usato il termine “negro”
e alle proteste di Enock Barwuah, fratello minore di Mario Balotelli, ha replicato:

“Ma dai smettila… nero è il colore, negro è la razza“.

Enock Barwuah ha espresso il suo disappunto: “Però da casa ci guardano. Non deve passare ‘sta cosa del negro, sennò diventa una cosa comune“.


E che faccio con la canzone Angeli negri? La cancello?

A quel punto Leali fa l’ironico:

“Assolutamente, gli uomini di colore sono i bianchi, perché noi cambiamo sempre colore”.

Dunque rincara:

Allora cosa devo fare con la canzone Angeli negri, la cancello?”, chiede.

Così si inserisce Patrizia De Blanck:

“Neri devi dire. Ora ti fanno la stessa cosa di Mussolini, mo so cazz***”,
ha chiosato come sempre in modo piuttosto genuino.

Ma Fausto Leali non arretra:

“La canzone è nata anni fa, che colpa ne ho io?”.
 

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