un po' di storia ...
Le campagne moralizzatrici contro la prostituzione che ottennero il maggior sostegno e il maggior successo si ebbero forse negli Stati Uniti. L'Inghilterra aprì la strada alla repressione con i Contagious diseases acts del 1864, del 1866 e del 1869, in base ai quali la polizia era autorizzata a trattenere e a sottoporre forzosamente a controlli medici qualunque donna sospettata di essere affetta da malattie veneree. Come spiega Susan M. Edwards (v., 1993, p. 109), "bastava che la polizia riferisse a un magistrato di avere buoni motivi per credere che una prostituta fosse infetta, perché questa fosse tratta in arresto, esaminata con la forza e violentata strumentalmente". In tutti i casi gli uomini erano considerati parti innocenti.Negli Stati Uniti le crociate moralizzatrici erano dirette contro quella che veniva percepita come una crescente immoralità, specialmente tra le 'classi a rischio' delle aree urbane. Vietare la prostituzione, l'omosessualità e la letteratura pornografica divenne l'obiettivo dei riformatori morali.
Nel primo ventennio del Novecento la crescita dell'urbanizzazione, dell'industrializzazione, della commercializzazione e dell'immigrazione creò nella popolazione ansie e paure che alimentarono la campagna contro la prostituzione (v. Hobson, 1987). In diversi Stati essa venne proibita e considerata un reato. Tuttavia la repressione non eliminò la prostituzione, ma ebbe solo l'effetto di trasformarla e di istituzionalizzarla. Come osserva Ruth Rosen (v., 1982, p. 87), "il controllo della prostituzione passò dalle tenutarie dei bordelli e dalle prostitute stesse ai protettori e alle organizzazioni criminali [...]. Oltre a ciò le prostitute si trovarono esposte a una crescente brutalità, non solo da parte della polizia, ma anche da parte dei nuovi 'datori di lavoro"'. La creazione di tribunali speciali, di squadre del buon costume, di operatori sociali e di carceri per risolvere il problema della prostituzione ebbe l'effetto paradossale di istituzionalizzare e di burocratizzare il 'male sociale' (v. Connelly, 1980).Nel XIX secolo la prostituzione e la tratta delle bianche divennero temi accesamente dibattuti in Europa, nel Nordamerica e in Argentina. Secondo Donna Guy (v., 1991), tali discussioni avevano una particolare valenza simbolica e contenevano importanti messaggi per la società in via di modernizzazione. Il pericolo percepito era quello che le fanciulle, una volta sottratte all'autorità dei genitori, cadessero preda di malintenzionati e delle autorità. Più che una realtà verificabile, la tratta delle bianche era la costruzione di "un complesso di discorsi sulla riforma della famiglia, sul ruolo del lavoro femminile nelle società in via di modernizzazione e su una politica strutturata in termini maschilisti" (ibid., p. 35).
L'atteggiamento verso la prostituzione risente tuttora del retaggio dei pregiudizi contro le donne, che vennero espressi per la prima volta dalle culture antiche, furono ripresi nel cristianesimo e si sono conservati sino all'epoca industriale (v. Peradotto e Sullivan, 1984). Sulla prostituzione e sulla figura della prostituta continua a pesare quella concezione dell'amore come potere distruttivo e delle donne come creature sottomesse associate alle "forze distruttive dell'universo" (v. Arthur, 1984, p. 49) che emerge nella letteratura e nella legislazione dell'antica Grecia, nonché dell'Europa medievale e preindustriale.