«È incominciata che studiare non mi piaceva, ho finito ragioneria alla bell’e meglio e poi sono andata a lavorare.
Mio padre aveva un grande magazzino di intimo e merceria e per lui non esisteva che stessi in casa a non fare niente.
Il risultato è che lavoro da sessant’anni, in barba alle leggi Fornero o Salvini.
Ho cominciato in una ditta di spedizioni internazionali senza sapere una sola parola di un’altra lingua,
poi sono passata a una di prodotti antiparassitari, poi a una di impianti antiincendio; infine ho scovato sul Corriere
— bei tempi quando si trovava lavoro leggendo un giornale — un annuncio della casa discografica Ariston
che cercava una persona per l’ufficio stampa. Mi sono candidata e mi hanno preso.
Il perché ancora me lo domando. Forse è stato grazie alle tante diverse esperienze che avevo fatto».
«Sono entrata in un altro mondo, quello della canzone e non ne sono più uscita.
Un mondo che alla mia famiglia era del tutto estraneo, del quale né io né alcuno dei miei sapeva nulla di nulla.
Dopo la Ariston sono venute la Numero Uno, la Ricordi, la Fonit Cetra.
E poi sono venute le due case discografiche fondate assieme a mio marito, che, invece, al contrario di me,
era del ramo, la Nisa del 1983 e la Non ho l’età del 2006.
In quegli anni ho seguito e partecipato al lancio di tanti nostri cantanti, da Mia Martini a Lucio Battisti, ad Anna Identici,
a Ornella Vanoni, a Umberto Tozzi, a Fabrizio De André, a Gianna Nannini, a Eduardo De Crescenzo, a Tiziano Ferro,
artisti che, se non fossero penalizzati dal fatto di cantare in italiano non avrebbero niente da invidiare a quelli inglesi oppure americani che dominano il mercato».
«Sicuramente Tiziano Ferro. L’ho conosciuto all’Accademia di Sanremo, ho sentito che aveva una voce particolare, direi speciale,
mentre i suoi testi, pur non essendo male, avevano bisogno di essere migliorati.
Abbiano lavorato per tre anni, lui è stato bravissimo, per provare con noi canzoni e parole faceva regolarmente su e giù da Latina dove abitava;
capiva, era intelligente, ha aggiustato la linea dei suoi testi. Nell’insieme Ferro rappresentava un’assoluta novità.
Oggi è uno dei più grandi italiani. Peccato che non capiti più di vederci così spesso.
Ma sapere che hai contribuito ad aiutare un artista a trovare la sua strada è una bella sensazione».
«Anastasio è forte, scrive da Dio, è rivoluzionario, ma se non si è rivoluzionari a vent’anni, quando mai lo si può essere?
Per lui mi sono entusiasmata come se fossi stata di nuovo giovane.
E il bello del mio lavoro è proprio quello di poter stare con i giovani, parlare con loro, ascoltarli, guardarli, vedere come cambiano, come si evolvono».
«In verità mi trovo molto bene in questa Italia’s got talent, prima di tutto perché non è ansiogena come X Factor
(sono vecchia e l’ansia mi fa male) e in secondo luogo perché c’è un’ottima intesa con gli altri giudici.
Federica Pellegrini è una vera forza della natura, una combattente come ne ho conosciute poche, disciplinata e instancabile.
Si fa alcune ore di piscina prima di venire in trasmissione, per lei una passeggiata, io sarei morta dopo venti minuti.
Anche con Claudio Bisio e Frank Matano è un piacere lavorare, insieme ci divertiamo.
Comunque devo grande gratitudine a X Factor perché è lì che è cominciata, dieci anni fa, la mia seconda vita.
Ero con Simona Ventura, l’unica faccia nota della giuria, e con Morgan che mi colpì per come parlava bene.
Pensavo ovviamente a una esperienza a termine, una volta nella vita. Mai avrei immaginato tutto quello che è venuto dopo».
«Mio marito per sfottermi ormai mi chiama soltanto “la starlette”, però mi pare contento,
e una delle figlie cerca di incanalare in modo ragionevole i miei troppi impegni: in altre parole mi fa da agente,
cioè da babysitter, da badante e da controllore. I nipoti? Sì, ovvio che li amo moltissimo,
ma in verità non sono una gran nonna, non so più cosa si fa con i bambini piccoli».
«Il tumore che ho avuto ne ho parlato apposta, su suggerimento se non proprio preghiera del professor Veronesi.
Voleva che mostrassi come si può convivere con la malattia, continuando a lavorare e mostrandosi fiduciosi.
L’ho raccontato, insomma, per fare coraggio ad altre ammalate.
Quanto ai privati fatti matrimoniali, sarebbe più giusto dire le corna che mi ha fatto mio marito:
non ricordo più quando ne ho parlato, ma anche con questa confessione volevo dare una mano a chi si è trovata o si trova nella stessa situazione».
«Cosa vuole che sia un corno? E un po’ è stata anche colpa mia, guardavo le bambine più di lui.
Certo, se fosse stata una storia lunga magari due anni sarebbe stato diverso, ma così per fortuna non è stato.
Ho perdonato naturalmente e non mi sono sognata di vendicarmi».
«Ci vuole pazienza, ragionevolezza e consapevolezza che il matrimonio è davvero un po’ come ho scritto nei cartigli dei Baci.
Il momento più difficile è quando se ne vanno i figli, quando si resta soli, ma ce l’abbiamo fatta; io lavoro tutto il giorno, lui è un nullafacente felice».
La notorietà all’età della pensione. Mara Maionchi, 78 anni, bolognese di nascita e milanese di adozione,
un marito (più giovane di lei di dieci, ma sempre lo stesso da quarantasette), due figlie e tre nipotini,
giudice star di X Factor e ora di Italia’s got talent, ancora si dà i pizzicotti per rendersi conto che è tutto vero, che non sta sognando.