SI VIVE UNA VOLTA SOLA? FALSO! SI VIVE TUTTI I GIORNI. SI MUORE UNA VOLTA SOLA.

Questa, non è una favola. E' realtà. Qui però non si è mosso nessuno........

I conti in tasca all’ex premier, titolare di tre finanziamenti.

Uno è del 2004: 300mila euro restituibili in vent’anni a 1.600 euro al mese per la villa comprata dall’allora presidente della provincia di Firenze a Pontassieve e mai venduta.

Un altro è del 2009, da 160mila euro – 800 euro ogni trenta giorni – sempre per lo stesso immobile.

Il terzo era arrivato nel 2012 quando il padre e la madre di Renzi avevano venduto la loro casa a Rignano sull’Arno ai quattro figli.
Che per comprarla avevano dovuto accendere un mutuo da 1,3 milioni di euro: all’allora primo cittadino del capoluogo toscano era toccata una rata da 325mila euro, cioè 1.850 euro al mese.

In totale sono 4.250 euro di mutui che dal 2012 escono ogni trenta giorni dal conto corrente di Renzi per estinguere i vari finanziamenti.
 
Matteo Salvini difende il sottosegretario della Lega, Armano Siri che si trova al centro di una bufera giudiziaria
che dopo il caso Arata vede l'apertura di un fascicolo, per il momento senza indagati, nè ipotesi di reato,
per una palazzina acquistata a Bresso con un mutuo acceso a San Marino.

Questa nuova vicenda di fatto ha nuovamente dato fiato alle richieste da parte dei pentastellati
che da settimane chiedono le dimissioni del sottosegretario del Carroccio.

E anche questa volta, il leader della Lega, Matteo Salvini si è schierato dalla parte di Siri:

"Possono aprire tutte le inchieste che vogliono. Io sono assolutamente tranquillo.
Se a Siri è contestato di avere un mutuo, è un reato che stanno compiendo milioni di italiani che pagano la rata del mutuo".

Parole chiare quelle del ministro degli Interni che di fatto respinge l'assalto dei grillini.

Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, dopo aver revocato le deleghe al suo sottosegretario,
ha nuovamente chiesto un passo indietro da parte dell'esponente del Carroccio:
"Le dimissioni del sottosegretario Siri dovevano arrivare certamente prima del Consiglio dei ministri".

Infatti nel prossimo Cdm è previsto un voto proprio sulle dimissioni di Siri.
Un passaggio molto delicato che potrebbe mettere a repentaglio la stessa tenuta del governo.

Il ministro Toninelli ha poi rincarato la dose:
"Siri ha bisogno di tempo per difendersi ma, purtroppo per lui, non lo può fare all’interno di questo governo.
Spero che per mercoledì ci sarà un suo passo di lato, chiamiamolo passo indietro, per evitare che ci sia un’inutile conta in consiglio dei ministri.
In Consiglio dei ministri si voterà e tutti i ministri del movimento Cinque Stelle voteranno compatti non per far cadere il governo, ma per la tutela del governo".
 
«È incominciata che studiare non mi piaceva, ho finito ragioneria alla bell’e meglio e poi sono andata a lavorare.
Mio padre aveva un grande magazzino di intimo e merceria e per lui non esisteva che stessi in casa a non fare niente.
Il risultato è che lavoro da sessant’anni, in barba alle leggi Fornero o Salvini.
Ho cominciato in una ditta di spedizioni internazionali senza sapere una sola parola di un’altra lingua,
poi sono passata a una di prodotti antiparassitari, poi a una di impianti antiincendio; infine ho scovato sul Corriere
— bei tempi quando si trovava lavoro leggendo un giornale — un annuncio della casa discografica Ariston
che cercava una persona per l’ufficio stampa. Mi sono candidata e mi hanno preso.
Il perché ancora me lo domando. Forse è stato grazie alle tante diverse esperienze che avevo fatto».

«Sono entrata in un altro mondo, quello della canzone e non ne sono più uscita.
Un mondo che alla mia famiglia era del tutto estraneo, del quale né io né alcuno dei miei sapeva nulla di nulla.
Dopo la Ariston sono venute la Numero Uno, la Ricordi, la Fonit Cetra.
E poi sono venute le due case discografiche fondate assieme a mio marito, che, invece, al contrario di me,
era del ramo, la Nisa del 1983 e la Non ho l’età del 2006.
In quegli anni ho seguito e partecipato al lancio di tanti nostri cantanti, da Mia Martini a Lucio Battisti, ad Anna Identici,
a Ornella Vanoni, a Umberto Tozzi, a Fabrizio De André, a Gianna Nannini, a Eduardo De Crescenzo, a Tiziano Ferro,
artisti che, se non fossero penalizzati dal fatto di cantare in italiano non avrebbero niente da invidiare a quelli inglesi oppure americani che dominano il mercato».

«Sicuramente Tiziano Ferro. L’ho conosciuto all’Accademia di Sanremo, ho sentito che aveva una voce particolare, direi speciale,
mentre i suoi testi, pur non essendo male, avevano bisogno di essere migliorati.
Abbiano lavorato per tre anni, lui è stato bravissimo, per provare con noi canzoni e parole faceva regolarmente su e giù da Latina dove abitava;
capiva, era intelligente, ha aggiustato la linea dei suoi testi. Nell’insieme Ferro rappresentava un’assoluta novità.
Oggi è uno dei più grandi italiani. Peccato che non capiti più di vederci così spesso.
Ma sapere che hai contribuito ad aiutare un artista a trovare la sua strada è una bella sensazione».

«Anastasio è forte, scrive da Dio, è rivoluzionario, ma se non si è rivoluzionari a vent’anni, quando mai lo si può essere?
Per lui mi sono entusiasmata come se fossi stata di nuovo giovane.
E il bello del mio lavoro è proprio quello di poter stare con i giovani, parlare con loro, ascoltarli, guardarli, vedere come cambiano, come si evolvono».

«In verità mi trovo molto bene in questa Italia’s got talent, prima di tutto perché non è ansiogena come X Factor
(sono vecchia e l’ansia mi fa male) e in secondo luogo perché c’è un’ottima intesa con gli altri giudici.
Federica Pellegrini è una vera forza della natura, una combattente come ne ho conosciute poche, disciplinata e instancabile.
Si fa alcune ore di piscina prima di venire in trasmissione, per lei una passeggiata, io sarei morta dopo venti minuti.
Anche con Claudio Bisio e Frank Matano è un piacere lavorare, insieme ci divertiamo.
Comunque devo grande gratitudine a X Factor perché è lì che è cominciata, dieci anni fa, la mia seconda vita.
Ero con Simona Ventura, l’unica faccia nota della giuria, e con Morgan che mi colpì per come parlava bene.
Pensavo ovviamente a una esperienza a termine, una volta nella vita. Mai avrei immaginato tutto quello che è venuto dopo».

«Mio marito per sfottermi ormai mi chiama soltanto “la starlette”, però mi pare contento,
e una delle figlie cerca di incanalare in modo ragionevole i miei troppi impegni: in altre parole mi fa da agente,
cioè da babysitter, da badante e da controllore. I nipoti? Sì, ovvio che li amo moltissimo,
ma in verità non sono una gran nonna, non so più cosa si fa con i bambini piccoli».

«Il tumore che ho avuto ne ho parlato apposta, su suggerimento se non proprio preghiera del professor Veronesi.
Voleva che mostrassi come si può convivere con la malattia, continuando a lavorare e mostrandosi fiduciosi.
L’ho raccontato, insomma, per fare coraggio ad altre ammalate.
Quanto ai privati fatti matrimoniali, sarebbe più giusto dire le corna che mi ha fatto mio marito:
non ricordo più quando ne ho parlato, ma anche con questa confessione volevo dare una mano a chi si è trovata o si trova nella stessa situazione».

«Cosa vuole che sia un corno? E un po’ è stata anche colpa mia, guardavo le bambine più di lui.
Certo, se fosse stata una storia lunga magari due anni sarebbe stato diverso, ma così per fortuna non è stato.
Ho perdonato naturalmente e non mi sono sognata di vendicarmi».

«Ci vuole pazienza, ragionevolezza e consapevolezza che il matrimonio è davvero un po’ come ho scritto nei cartigli dei Baci.
Il momento più difficile è quando se ne vanno i figli, quando si resta soli, ma ce l’abbiamo fatta; io lavoro tutto il giorno, lui è un nullafacente felice».

La notorietà all’età della pensione. Mara Maionchi, 78 anni, bolognese di nascita e milanese di adozione,
un marito (più giovane di lei di dieci, ma sempre lo stesso da quarantasette), due figlie e tre nipotini,
giudice star di X Factor e ora di Italia’s got talent, ancora si dà i pizzicotti per rendersi conto che è tutto vero, che non sta sognando.
 
Tutti furbi alla loro maniera......e le multe in Svizzera sono più salate.

Sembrava una polemica ormai derubricata a semplice (si fa per dire) incidente diplomatico
e invece la vicenda relativa alle multe rimediate, e spesso non pagate, sui due lati del confine tiene ancora banco.

A riaccendere i riflettori sull’argomento ci ha pensato Chris Laway, trapper ticinese .
In un video postato (e poi rimosso) sul proprio canale Youtube, Chris Laway non ha usato mezze misure,
mostrando le multe rimediate durante un viaggio in Emilia e sentenziando quanto segue: «Tanto non le pagherò mai».
Non contento, il manager ha anche aggiunto che le multe «servono solo per pulire i vetri».
E via con i tergicristalli a ridurre in pezzi le incolpevoli contravvenzioni.

La notizia è stata riportata con grande enfasi dal sito ticinonews.ch ed ha portato in dote una lunga serie di commenti.
Tutti hanno puntato il dito contro questo gesto gratuito, sentenziando che «le regole basilari vanno rispettate»
e che comunque «prima o poi le multe dovranno essere pagate eccome».

Detto che, al di qua del confine, è stato depositato un progetto di legge ad hoc alla Camera
per far sì che ad una multa non pagata da un conducente straniero corrisponda il fermo amministrativo del veicolo,
bisogna anche far notare il fatto che il Ticino di recente ha messo nero su bianco i numeri relativi ai “furbetti” italiani:
sono 5.412 gli automobilisti del Belpaese che non hanno saldato il dovuto.

Questione di numeri, ma anche di bilanci.
E se a Palazzo Cernezzi mancano all’appello 300 mila euro (tanto dovrebbero versare gli automobilisti svizzeri multati),
a Bellinzona il mancato introito raggiunge gli 800 mila franchi, più di 700 mila euro.
 
Ahahahahah questi Svizzeri ......

Madesimo
Nuovamente chiuso da ieri all’alba il passo Spluga. Italia e Svizzera.
L’avviso è stato diramato dalle autorità svizzere quando da poco erano passate le 6.

Non ci sono spiegazioni ufficiali, ma a quanto sembra la decisione è stata presa in considerazione dello stato della strada che risale da Splugen verso il passo.

C’è neve e non è dato sapere se si riuscirà a ripristinare il collegamento (riaperto lo scorso primo maggio) nella giornata di oggi.
Il pasticcio è soprattutto sul lato italiano.

Durante la giornata di ieri il cartello che indica a Chiavenna l’imbocco della Statale 36 per lo Spluga segnalava come il passo fosse aperto e transitabile
con l’unica indicazione della necessità di mettere le catene per chi fosse sprovvisto di gomme invernali.

Il risultato è che alcuni automobilisti hanno percorso gli oltre 30 chilometri necessari ad arrivare in Svizzera
e poi hanno trovato tutto chiuso e sono stati costretti a fare dietrofront.
Accumulando un ritardo sulla propria tabella di marcia di almeno un paio di ore.

Mancanza di coordinamento tra Italia e Svizzera, insomma, con buona pace degli automobilisti.

La comunicazione della chiusura da parte di Anas è arrivata quando ormai erano passate le 15,30.
 
Viene criticata. Secondo me non c'è nulla di male in quello che dice. Anzi.
Ognuno è libero di fare come crede, perchè la "salute" è la sua.
Gli altri, guardano il dito e non vedono a luna...........erba a volontà. Ma si fa finta di nulla.

“I principi alla base del mio impegno di governo sono molto semplici.
Non mi comporterò come una polizia morale e non dirò alle persone come devono vivere.
Mi limiterò a fornire ai Norvegesi delle informazioni essenziali, in base alle quali costoro faranno le loro scelte di vita.”

“Le persone devono sentirsi completamente libere di bere, fumare e mangiare carne a sazietà.
Le autorità possono solo informare, ma, alla fine, sono soltanto i singoli individui a sapere cosa li fa stare bene e cosa no”.

“Deve cessare il terrorismo di Stato contro i fumatori. Costoro non devono essere più trattati come dei paria, ma devono essere liberi di attuare le loro opzioni esistenziali” . La Listhaug ha comunque ribadito l’impegno del suo ministero e dell’intero esecutivo di Oslo, capeggiato dalla premier Erna Solberg, nel sensibilizzare i giovani sui rischi connessi al consumo di sigarette, fermo restando però il diritto di questi ultimi di “vivere come meglio credono”.

Le parole della rappresentante del Progress Party hanno immediatamente indignato le associazioni nazionali
dei medici e quelle impegnate nella ricerca contro il cancro.

Ad esempio, la Norwegian Cancer Society, tramite il suo segretario generale Anne Lise Ryel,
ha etichettato come “estremamente pericolosi” i principi libertari esternati dall’esponente sovranista e ha quindi dichiarato:
“Molti Norvegesi, per colpa delle parole del ministro, si sentiranno autorizzati a rovinarsi mediante stili di vita scorretti e dannosi.
Le dichiarazioni della Listhaug rischiano di riportare indietro di decenni lo stato della salute pubblica nazionale.”
 
A sinistra ci si sbatte da ogni parte......ma non regge. Kaput.

“Non è la prima volta che gli capita, ma i selfie continuano a 'gabbare' il Matteo Salvini. Qual è il 'finto selfie' che avreste voluto fare voi?".

Ma a lasciare senza parole sono soprattutto le risposte suggerite dalla redazione ai lettori.
Per evitare il dubbio di ricevere eventuali opinioni sensate e moderate (se non addirittura di solidarietà nei confronti del ministro dell’Interno),
il quotidiano ha fornito ai suoi lettori anche cinque sentenza preconfezionate da selezionare solamente con un clic nella casella preferita.

Ma, a sorpresa di Repubblica, i commenti di sdegno e di disgusto a questo stupido sondaggio non si sono fatti attendere.
Sono stati numerosi, infatti, gli utenti (iscritti o meno al canale del quotidiano) che hanno risposto a tono a questa provocazione
o che hanno scritto sbigottiti con un profondo rammarico per l’inutilità e la violenza di queste risposte.

"Il mio selfie: La Repubblica ha anche dei giornalisti?", scrive un utente sotto al post.
E ancora: "Giornale utile per la lettiera del gatto",
"Ma che c***o di testata giornalistica di m***a può essere una testata che pubblica sondaggi del genere? Mah"
, "Quanto vi rosica che ha consensi? Avete perso un lettore",
"Mi imbarazzo al posto vostro",
"Ma che post sarebbe? Non avete vergogna??? Siete imbarazzanti".

I commenti contro il sondaggio del quotidiano di sinistra continuano e non sembrano per l’appunto condividere il post pubblicato su Youtube.
Post che voleva cavalcare la moda delle richieste di finti selfie con il ministro Matteo Salvini da parte di qualche ragazzo o ragazza
che si sente un piccolo e contemporaneo "Che Guevara de noantri". Ma rischia di rivelarsi un boomerang.
 
A Montecitorio, il giorno dell'ennesima incursione della giustizia nella politica, il sottosegretario leghista Claudio Durigon, lo ammette senza remore.
«Io confida ho paura su tutto. Se vado in bagno ho paura pure di fare la pipì fuori dal vaso, perché mi becco un avviso di garanzia.

Mi hanno messo in mezzo alla storia dei rom a Latina, quando all'epoca dei fatti non ero neppure leghista.
Mi hanno dato del fascista, ma vengo da una famiglia democristiana, con tanto di zio prete e tre zie suore.
Con questa storia del traffico di influenze mi occupo solo delle cose che mi riguardano,
quando invece mi piacerebbe tanto sbloccare i cantieri per l'ampliamento della Pontina che è fermo da dieci anni anche se tutti lo vogliono.
Ma come faccio? Ogni campagna elettorale si gioca sulle inchieste giudiziarie: l'atmosfera è terribile».

Poco più in là, altro uomo del Carroccio, Paolo Tiramani, si lascia andare alla stessa confessione.
«Dopo gli arresti di oggi, con quei capi d'imputazione racconta come fai a non aver paura!?».

E seduto, accanto a lui, un altro leghista, Alessandro Giglio Vigna, rispolvera un vecchio adagio:
«È la solita inchiesta ad orologeria, ma alla fine vinceremo lo stesso».

Appunto.
Un altro giorno di campagna elettorale, un'altra inchiesta giudiziaria, altri arresti, altri avvisi di garanzia.
In questi trent'anni il copione si è ripetuto tante volte che non si contano, con obiettivi diversi,
ma con logiche politiche sempre stringenti, nascoste dietro lo spauracchio dell'obbligatorietà dell'azione penale.

Ieri è stato il turno di quello che una volta era chiamato il centrodestra: bersaglio principale Forza Italia e i suoi esponenti
(un candidato alle Europee, un sottosegretario alla Regione, e una serie di coordinatori del partito),
ma dentro c'è finito anche il partito della Meloni e qualche uomo d'area della Lega.

E la lettura dentro il Palazzo è fin troppo semplice, quasi elementare: un modo per parlare alla suocera (Forza Italia) perché nuora (la Lega) intenda.
«Il colpo a noi spiega Gregorio Fontana, responsabile dell'organizzazione degli azzurri è stato pesante,
ma il fine di una certa magistratura è un avvertimento ai leghisti: State attenti a riallearvi con Berlusconi...».

Una lettura magari troppo «politicista», che però non è priva di elementi.
La richiesta degli arresti è di due mesi fa, ma hanno avuto il via libera alla vigilia del Consiglio dei ministri sul caso Siri e a 20 giorni dal voto europeo.

Il governatore leghista, Attilio Fontana, appare come parte offesa, ma il capo della procura milanese, Greco, nicchia: «Valuteremo la sua posizione».

E, poi, c'è il can can grillino sull'inchiesta con tanto di conferenza stampa di Di Maio e Bonafede (a dir poco irrituale) e le paure «speculari» dei leghisti.

Un copione che alla fine ottiene il risultato di mettere all'angolo Salvini sul caso Siri:
«Voteremo ha detto ieri sera - contro le dimissioni di Siri, se ci sarà un voto, ma il governo andrà avanti altri quattro anni».

Una resa.
Poi, naturalmente, il vicepremier leghista è pronto a fare il buon viso e il cattivo gioco.
Oggi il ministro del Carroccio, Erika Stefani, parlerà con il premier Conte per strappare una «pre-intesa» sulla legge sull'autonomia
già nel Consiglio dei ministri della prossima settimana per avere una rivincita in questa campagna elettorale.

Ma l'intenzione grillina è quella di tergiversare.

La verità è che grazie alla questione «giustizia» il vertice pentastellato è convinto di poter nuovamente esercitare una sorta di egemonia sul governo.

«Non ci sarà nessuna crisi sul caso Siri, sarà dimissionato e basta» scommetteva già ieri mattina il ministro della Giustizia, Bonafede:
«Se poi Salvini diventerà più rigido sull'autonomia, sono convinto che alla fine troveremo la quadra.
In fondo le firme per i referendum in Lombardia e Veneto le abbiamo raccolte anche noi».

Miele per lenire le ferite dell'avversario.
Come le parole del capogruppo dei deputati grillini D'Uva: «Il caso Siri ha una sua specificità, ma non adotteremo una politica giustizialista:
sui casi giudiziari di leghisti come Rixi e Molinari abbiamo avuto un atteggiamento diverso».

Ma si tratta di dichiarazioni di circostanza: il bastone e la carota. Niente di più.

Se parli con Di Maio, infatti, ti accorgi che l'iter dell'autonomia sarà lungo e ci metterà del tempo prima di arrivare in Parlamento.
Come pure è palese l'intenzione del vicepremier grillino di agitare le inchieste, la lotta alla corruzione,
come argomento principale per riconquistare consensi in questa ultima fase di campagna elettorale e per mettere Salvini «sotto schiaffo»:
«La corruzione è la prima emergenza del Paese, il primo strumento per rilanciare la crescita».

Argomenti, concetti, che saldano il movimento con quella parte della magistratura «interventista»
che si rifà alle tesi di un magistrato come Piercamillo Davigo e alla sua filosofia:

«Non esistono politici innocenti ma colpevoli su cui non sono state raccolte le prove».

E qui c'è il limite della strategia leghista, il rischio dell'alleanza con un movimento che, se messo in difficoltà,
può sempre contare su alleati tra le toghe, mentre il Carroccio su quel versante è «nudo».

«La conferenza stampa di Di Maio e Bonafede accusa il forzista Davide Bendinelli dimostra chi sono i mandanti occulti di certe inchieste ad orologeria».

«Salvini rincara l'altra forzista, Debora Bergamini dovrebbe compattare il centrodestra per opporsi al giustizialismo dilagante, invece si sta consegnando a loro.
Non ha capito che colpiscono noi per eliminare la possibile maggioranza di centrodestra del futuro e mettere la Lega in balia dei 5stelle.
I grillini hanno legami con le procure e lui farà la fine di Sigfrido nell'accampamento di Attila».

Insomma, il «Capitano» rischia di scoprire, a sue spese, quanto sia complesso il «gioco» della politica in Italia.

Quella sorta di «trono di Spade» nostrano per citare una serie televisiva che va per la maggiore che il Cav ha sperimentato sulla sua pelle negli ultimi 25 anni.

«Forza Italia osserva Giuseppe Gargani, già responsabile giustizia della Dc e poi degli azzurri,
nonché testimone d'eccezione dello scontro tra giustizia e politica degli ultimi trent'anni
- prima prendeva schiaffi da certa magistratura perché era al governo. Ora perché potrebbe far parte di un'alternativa all'attuale governo grillino.
La verità è che il network 5stelle si basa sull'alleanza con quella parte della magistratura che si è organizzata un sindacato con a capo magistrati come Davigo.
Un network più sofisticato, e pericoloso, della vecchia magistratura democratica».
 
"Provate ad immaginare come potrebbe essere bello il nostro paese se avesse una Magistratura onesta e super partes.

Ma purtroppo la Giustizia è stato il Ministero scelto da Togliatti per inserirvi tutti i suoi seguaci fedeli. Ed il risultato si vede!
Penso che nessuno in Italia creda alla imparzialità della Giustizia, ci sono tifosi della magistratura contro la parte avversa
e la parte avversa che diffida della magistratura. Indubbiamente non è una bella situazione! "
 
"Egregi signori, parlate, parlate, che tanto i fatti li fanno i magistrati, di cui tutti voi avete ossequio e paura.
In questo paese nessuno ha avuto il coraggio di mettere al primo punto dell'agenda politica la riforma della magistratura,
riforma sine qua non il paese resterà impaludato. Voi stessi cavalcate le ondate giustizialiste per il vostro elettorato,
così legittimando l’operato arbitrario dei magistrati. Che stolti, non avete ancora capito che in questo paese ogni cittadino
è un potenziale carcerato e i magistrati, a turno, vi fanno capire chi comanda.
Non lamentatevi dunque, anche voi avete aiutato e aiutate i tiranni e meritate tutto ciò al cento per cento."
 

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