FTSE Mib Futures solo fib fatto "ad quazzum" 2010

figura rialzista. grafico e valori dell'indice.
 

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Il rischio su 74 miliardi di crediti
per le big bank di Piazza Affari


di Vittorio Carlini

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15 aprile 2010
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«Un credito è considerato deteriorato - si legge nella nota di bilancio di UniCredit - quando si ritiene che, probabilmente, non si sarà più in grado di recuperarne l'intero ammontare, sulla base delle condizioni contrattuali originarie, o un valore equivalente». Insomma, i crediti deteriorati sono quei prestiti effettuati dalle banche su cui c'è un qualche rischio nella loro riscossione.

La qualità del credito nel 2009 è peggiorata
Il sole24ore.com ha calcolato, sulla base dei bilanci 2009 e delle indicazioni ricevute dalle banche stesse, l'ammontare totale dei crediti deteriorati netti delle banche che fanno parte del FtseMib di Piazza Affari: cioè Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mediobanca, Ubi, Banca Mps, Banco Popolare, Popolare di Milano e Mediolanum. Ebbene, considerato che - a quanto comunicato da Piazzetta Cuccia - Mediobanca è l'unica tra le big ad non avere crediti deteriorati, il totale di questi tipi di prestiti era di 74,011 miliardi di euro. Una cifra non indifferente, se confrontata con quella dell'anno precedente che si assestava a quota 45,5 miliardi di euro. Il dato è l'inequivocabile indizio del peggioramento della qualità del credito con cui gli istituti finanziari devono, giocoforza, fare i conti. Un'indicazione che, peraltro, è confermata dalla crescita dello stock dei crediti deteriorati lordi: alla fine dell'anno scorso erano oltre i 126 miliardi, mentre un anno esatto prima si attestavano poco sopra gli 87 miliardi di euro.

Diversi gradi di rischio
Certo, all'interno dei crediti deteriorati i prestiti in dubbio sono di diverso tipo, con un diverso grado di rischio. Ci sono le situazioni peggiori, cioè le sofferenze, costituite dall'esposizione verso clienti in stato di insolvenza (anche non accertata dal giudice) o in situazioni equiparabili. Poi, vengono i cosiddetti incagli che ricomprendono i rapporti verso soggetti in temporanea difficoltà, che però si presume possano risolversi in un tempo sensato. A scendere nel grado di "pericolosità" si trovano le esposizioni ristrutturate: sono le posizioni nei confronti di un debitore al quale è stata concessa una moratoria sui pagamenti e una rinegoziazione del prestitio a tassi inferiori. Infine, al livello più basso nella scala del rischio, si trovano le esposizioni scadute: cioè, quelle situazioni in cui i crediti sono scaduti o sconfinanti da oltre 90 giorni (180 per crediti al dettaglio, o a enti pubblici o imprese italiane).

Insomma, il credito deteriorato non è assolutamente sinonimo di non riscossione. Ma è, questo sì, sinonimo di rischio sul medesimo. Tanto che gli istituti bancari devono accantonare delle somme proprio per fronteggiare eventuali mancati ri-entri su questi crediti di cui si parla, per l'appunto, al lordo o al netto delle rettifiche realizzate in bilancio. È ovvio che, a fronte dei soldi messi da parte dalla banca, sono i crediti deteriorati netti quelli messi sotto osservazione dagli analisti.

Il commento degli analisti
Analisti che, allo stato dell'arte, non sembrano troppo stupiti della situazione. «È la conseguenza della crisi - dice Luca Ramponi, responsabile investimenti di Aureo gestioni, Sgr delle Bcc - Non vedo nella crescita dei crediti deteriorati l'indizio di una cattiva gestione da parte dei manager bancari». «In Italia - fa da eco Carlo Gentili, fondatore di Nextam partners - il sistema bancario italiano è uscito meglio dalla crisi di quello di altri paesi. Non abbiamo avuto clamorosi esempi di utilizzo di leva finanziaria che ha creato problemi» soprattutto nel mondo anglosassone.

Livello di copertura sufficiente
Peraltro, gli esperti indicano adeguato il livello di copertura che gli istituti finanziari hanno adottato. Calcolando la differenza tra in deteriorati lordi e netti si arriva ad una percentuale di "copertura" del 41,2 per cento. «Si tratta di un livello, se valutato alla fine del 2009, appropriato - afferma Ramponi - In particolare, tenendo conto del percorso di ripresa dell'economia, credo si può dire che l'indicatore e abbastanza sufficiente. Certo, poi bisognerebbe analizzare ogni singolo istituto che è una soria sé stante». Su questo fronte, Gentili esprime al contrario qualche preoccupazione: «La scommessa delle banche è che, è proprio grazie al miglioramento della congiuntura economica, si possa allentare un po' l'attenzione sul fronte del credito per, magari, dare qualche dividendo in più. A mio modo di vedere la posizione di forte prudenza non dev'essere abbandonata». «Io non sarei così drastico - ribatte Ramponi - Gli istituti finanziari hanno rafforzato il patrimonio, si stanno adeguando ai più alti requisiti in arrivo da Basilea III. Credo il rischio sia sotto controllo e ci si possa permettere un ritorno alla remunerazione del capitale».
 
allora per i neofiti vi faccio capire meglio la notizia....quando dicono che ce n'erano 126 mld due anni fa non vuol dire che c è miglioramento ma ssemplicemente che parte di quei 126 sono stati portati direttamente a perdita con una scrittura contabile che è la seguente: fdo sval crediti a svalutazione ----> impatto diretto su conto economico
 
non considerando che con l adozione di basilea 3 le clausule per un impresa per accedere ad un finanziamento si fanno piu stringenti....in poche parole pochi avranno le caratteristiche per accedere ad un finanziamento....
 

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