Si è creata una notevole polemica in relazione all'assenza di Roberto Saviano alla fiera del libro di Francoforte.
"L'Associazione Italiana Editori ricorda, come spiegato dal presidente Innocenzo Cipolletta,
che la scelta degli autori ospiti a Francoforte è frutto di una procedura,
fatta di un proficuo dialogo e confronto con i singoli editori e agenti letterari italiani, a partire proprio dalle loro proposte".
Così ha commentato l'Aie, l'Associazione Italiana Editori in una nota.
Non si è naturalmente fatta attendere l'iraconda replica del bardo cosmopolita del sontuoso attico di Nuova York,
furente e percolante di rabbia dalle fauci per il mancato invito che, secondo la sua opinione,
avrebbe dovuto necessariamente e quasi per diritto divino essergli rivolto.
Per solidarietà, hanno disdetto la loro partecipazione anche alcuni intellettuali
non meno allineati rispetto al bardo cosmopolita al nuovo ordine mentale
di completamento del nuovo ordine mondiale turbocapitalistico e liberalprogressista.
Tra questi anche l'immercessibile Antonio Scurati, lo scrittore che,
convinto di vivere ancora oggi sotto il fascismo,
pregava non molto tempo fa Mario Draghi di non lasciare il governo,
quasi come se si trattasse del divino salvatore, l'unto dai mercati.
In effetti, il bardo cosmopolita nuovayorkese Saviano,
l'antifascista draghiano in assenza di fascismo Scurati
e gli altri illustri membri della cricca che ha dato forfait alla fiera di Francoforte che cosa hanno in comune,
se non il pieno sostegno al potere neoliberale dominante, che accettano e anzi celebrano,
fingendosi dissidenti nel loro combattere un fascismo per fortuna morto e sepolto parecchi lustri addietro?
Quale altra è la funzione di questi intellettuali della comfort zone
(emblematico resta l'attico nuovayorkese del bardo Saviano, con aragoste titillevoli e tartufi bianchi inebrianti),
se non di celebrare il potere dominante
nell'atto stesso con cui fingono di combattere un nemico morto e sepolto come è il fascismo?