Val
Torniamo alla LIRA
Quattro giornalisti palpeggiati durante il Gay pride.
Oggi arriverà la denuncia e il reato da perseguire è violenza sessuale, non roba da poco.
A sinistra si derubrica il tutto a un compagno che sbaglia,
se non ci fosse poco da scherzare con un atteggiamento che in tempi di piombo
portò l'allora intellighentia del Pci giustificare il nascente terrorismo rosso,
diventandone moralmente complice.
Un atteggiamento ben radicato nei cromosomi di chi è stato allevato ad antifascismo e superiorità morale
e non è quindi portato a introspezione e autocritica.
Come ha dimostrato il comunicato diffuso in tutta fretta dalle segreterie lombarda e milanese del Pd
che, prima ancora di individuare il responsabile, si sono affrettate a dire che
«l'uomo in questione non ha nulla a che fare con il Partito democratico».
Un evidente caso di preveggenza,
ben diverso da quanto successe all'adunata degli alpini di qualche anno fa
quando politici e deputati della sinistra diedero l'assalto a uno dei nostri simboli più preziosi e amati.
Quattro canzoni della loro tradizione e qualche complimento alle ragazze del posto,
furono sufficienti a trasformare un intero e glorioso Corpo in un'accolita di stupratori seriali.
Salvo poi, i politici della sinistra, essere seppelliti dall'indignazione dell'intero Paese e dalle archiviazioni dei magistrati.
Così come in questi giorni qualche infantile (anche anagraficamente) saluto romano
e poche infelici espressioni estorte con fraudolenza, diventano il maglio
con cui aggredire un intero partito per arrivare alla premier Giorgia Meloni.
Lì per il singolo devono pagare tutti, al Gay pride no.
Pesi diversi e diverse misure, una storia antica.
Oggi arriverà la denuncia e il reato da perseguire è violenza sessuale, non roba da poco.
A sinistra si derubrica il tutto a un compagno che sbaglia,
se non ci fosse poco da scherzare con un atteggiamento che in tempi di piombo
portò l'allora intellighentia del Pci giustificare il nascente terrorismo rosso,
diventandone moralmente complice.
Un atteggiamento ben radicato nei cromosomi di chi è stato allevato ad antifascismo e superiorità morale
e non è quindi portato a introspezione e autocritica.
Come ha dimostrato il comunicato diffuso in tutta fretta dalle segreterie lombarda e milanese del Pd
che, prima ancora di individuare il responsabile, si sono affrettate a dire che
«l'uomo in questione non ha nulla a che fare con il Partito democratico».
Un evidente caso di preveggenza,
ben diverso da quanto successe all'adunata degli alpini di qualche anno fa
quando politici e deputati della sinistra diedero l'assalto a uno dei nostri simboli più preziosi e amati.
Quattro canzoni della loro tradizione e qualche complimento alle ragazze del posto,
furono sufficienti a trasformare un intero e glorioso Corpo in un'accolita di stupratori seriali.
Salvo poi, i politici della sinistra, essere seppelliti dall'indignazione dell'intero Paese e dalle archiviazioni dei magistrati.
Così come in questi giorni qualche infantile (anche anagraficamente) saluto romano
e poche infelici espressioni estorte con fraudolenza, diventano il maglio
con cui aggredire un intero partito per arrivare alla premier Giorgia Meloni.
Lì per il singolo devono pagare tutti, al Gay pride no.
Pesi diversi e diverse misure, una storia antica.