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Davvero ignobile, davvero indecente, davvero degradante
la telecronaca Rai su Angela Carini

che rinuncia a combattere contro un avversario nato maschio
e così salva se stessa, la verità delle cose ultime, la civiltà e, non di meno, le sue colleghe.

Un gesto di coraggio contro un mondo che millanta tutela per le donne,
mandate sportivamente al macello sull’altare dell’ideologia woke.


Quanto a dire la mitologica Narrazione che sarebbe la voce del padrone.

Che c’è sempre stata ma oggi, grazie ai social, alla tecnologia autoritaria, ha una potenza pervasiva inaudita.

Davvero imbarazzante, vergognosa per chi la ha ascoltata, quella telecronaca,
sarà anche qualunquismo da pezzenti ma provateci a restare calmi e olimpici
mentre dei telecronisti faziosi, schierati, scorretti, coprono la nostra atleta di critiche,
di fango, danno la stura a una gogna prevedibile come sempre quando uno si azzarda a dire che il re è nudo.


E in questo caso non solo nudo,
sotto il velo la sua nudità ha le croste della rogna e i bozzi della lebbra.


Ma per la Rai consacarata alla Narrazione,
la stessa che fa dire al suo profeta Schwab, quello del Global Forum,
quello vestito da guerre stellari, che “la Narrazione è l’unica cosa vera”,
per questa televisione di Stato, poliziesco Stato del pensiero,

Angela la pugilessa è solo una vigliacca, una provocatrice.

Mentre è una che ha avuto il coraggio di non farsi ammazzare
in un incontro impossibile, non impari, proprio impossibile,
contro un avversario – maschio, maschio, trentatrè volte maschio –
che subito le ha scoperchiato il caschetto con un colpo proibito,
di violenza maschia, drogatissimo,
nel senso agonistico e insieme malizioso che usava Gianni Brera.
 
Sport improponibile dentro olimpiadi irreali in un mondo inabitabile.

Questa la colpa della combattente campana, averlo fatto capire senza più margini di equivoco,
oltre la propaganda scatenata dalla lobby queer o gender che è una delle più scorrette e miserabili.

Non è vero che rinunciando a salire sul ring avrebbe fatto meglio:
così, invece, non potranno darle della razzista, della omofoba (ma l’avversario, trans, non era “donna”?):
certo, ci provano lo stesso, ma non regge
perché Angela ha dimostrato che combattere in quella situazione era semplicemente impossibile.

E per dimostrarlo doveva provarci.

Che volevano dimostrare i commentatori Rai come dei network multinazionali?
Di essere a disposizione dell’Agenda?
Che, Telemeloni o meno, lì dentro comanda pur sempre la sinistra conformista del PD?
Servilismo per Mattarella?
O volevano semplicemente, miserabilmente tenersi il posto come gli Arlecchini e gli zelanti di ogni tempo?


Ma il caso, pur clamoroso, del gran rifiuto della coraggiosa Angela, una,
“che ha abbandonato ma era già stata abbandonata da tutti”, non va colto di per sé,
va proiettato a dimensioni globali, nella totalità degli ambiti sociali e delle implicazioni politiche, di potere;
a dimensione di uno sport, tanto per cominciare, oltre il losco, dentro olimpiadi invereconde,

il cui cio, comitato organizzatore,
sa benissimo che l’atleta algerino Imane Khelif è un uomo
,

sa benissimo che come presuntissima femmina, che rifiuta di misurarsi coi parisesso,
è stato squalificato o non ammesso in diverse occasioni
,

ma preferisce “muoversi nel solco di una linea totalmente differente che spinge verso l’inclusività”:
quanto a dire la pazzia del miraggio, il possibile sacrificio umano pur di salvare l’ideologia del postsocialismo finanziario.

 
Vi ricorda niente?

Anche per i vaccini i mammasantissima delle istituzioni nazionali,
quella italiana in particolare, si chiedevano tra loro:

e che? Per qualche morto? Vogliamo sacrificare forse i vaccini? No, meglio gli esseri umani.

E anche in quella occasione scattavano immediate le contestualizzazioni, le esegesi,
i distinguo dell’informazione omogeneizzata e magari prezzolata.

Questa follia imperante per cui esiste quello che non esiste
e non esiste quello che esiste
,

questo pandemonio per cui il primo che si sveglia può sentirsi donna
e andare a pestare donne o a violentarle in prigione,
al reparto femminile dove ottiene di essere associato a dispetto della barba, del cazzo e dei bicipiti,

questa aberrazione demoniaca per cui ci uccidono con pozioni sconosciute, o non chiarite,
per curarci da morbi sconosciuti, o non chiariti,

questo trauma inguaribile per società costrette a mentirsi, a rinchiudersi, a spiarsi,
all’umiliazione insana e totalitaria di poter prendere un caffè solo in piedi, mai seduti,
di stare da soli davanti al mare immenso ma con una maschera,
di poter scegliere un oggetto su uno scaffale ma non su quello a fianco,

tutto questo incubo maligno
non sarebbe stato possibile senza la vergogna
di una informazione prostrata, prostituita al regime.
 
O, per dirla come Foucault, senza che il potere reticolare si mettesse a totale disposizione del potere verticale.

È il dirigismo ambientale e sanitario,
è l’autoritarismo censorio in nome della scienza,
è la voce unica che si legittima di per sé e si regge con gli strumenti della tecnologia del controllo.

Per questo il gesto di Angela Carini è stato così dirompente,
e per questo stanno già cercando di infangarlo.


 
Non potendo più giostrare sulla lana caprina del testosterone e dei cromosomi,
adesso si rifugiano sulla presunta codardia e sul “fascismo” di Angela
che ha rifiutato di immolarsi alla loro losca ideologia,
una ideologia quella sì vile perché ad immolarsi ci manda gli altri.

Vincerà lei, Angela, perché a dispetto della gogna e della fogna, che si dissolveranno presto,
ha già vinto, perché adesso è libera, anche, se vorrà, da un team irresponsabile che voleva obbligarla,
se ne farà una ragione la nostra pilatesca premier Meloni che riesce contemporaneamente a difendere l’italiana
e a sostenere l’avversario che chiama “algerina”, che considera femmina.


Tutto chiaro, tutto risaputo, non possiamo fidarci di nessuno, nessuno ci difenderà.

Per questo non dimentichiamo mai che l’informazione,
sia di Stato, o privata, comunque ugualmente di regime, di potere,
dietro le sue finte divisioni è infame, lurida
ed è quella che ribalta la verità:

su un canale non Rai
la disperazione di Angela che si ritira,

“non è giusto, non è giusto, non è giusto!”

viene contrabbandata così:

“l’italiana non è contenta per qualcosa”
.
 
Fa pena, fa ribrezzo questa falsa informazione
che ci spaccia per salvezza tutto ciò che ci elimina:
mele avvelenate,
trabiccoli elettrici che esplodono,
carni sintetiche cancerogene,
riconversioni ambientali che minano il pianeta,
confusione sessuale che impone alle femmine
di farsi spaccare la faccia da diversamente femmine.


Il tutto in ossequio ai dogmi di Schwab:

“La Narrazione è l’unica realtà,
al mondo ci sono 4 miliardi di mangiatori inutili,
uno su due, e noi li elimineremo”.


Si stanno impegnando, e ci stanno riuscendo.
 
Questo mi mancava ahahahahahah
d'altra parte, quanti casi di abusi sessuali nel suo ambiente ?

Bergoglio alla conferenza Lgbtq: ‘unito con voi nella preghiera’​

 
Rammenta Vespa che i

«dirigenti delle televisioni pubbliche da nessuna parte vengono portati dalla cicogna».

Insomma, meravigliarsi per la lottizzazione può risultare non credibile.

La prassi, poi, è almeno continentale.

Vale per la Spagna, per la Francia e persino per la Gran Bretagna.

E vale certo per l'Italia, dove lo spoil system televisivo non è una novità degli ultimi due anni e mezzo.

Vespa cita Ettore Bernabei, un «genio», il controllo su TV7 e l'indirizzo democristiano.

È in questo passaggio dell'articolo che il direttore ricorda il taglia fuori
subito in maniera scientifica da Giorgio Almirante e dal Movimento sociale italiano in Rai.
«Niente interviste al tg. E mi dispiace».

Il tempo passa, la tv di Stato resta e la Rai diventa un binomio Dc-Psi.

Con una sorta di manuale Cencelli applicato ai notiziari:

il Tg1 agli scudocrociati,

il Tg2 ai garofani.

Col caso Barbato come eccezione.

Tutto scorre, fino alla comparsa di «Telekabul»
e della sinistra al potere al Tg3.



«Che rispetto a certi programmi che trasmette oggi La7
era un telegiornale doroteo», ironizza il giornalista.


Tra le righe, sembra d'intuire:
la destra, in Rai, non è mai stata l'indiscussa padrona di casa.

Forse neppure una locataria:



«La struttura portante dell'azienda era e resta di sinistra».
 

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