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Tratto dal post di Camaleonte:
""Ma il problema principale è che oggi non ci sono più margini per la crescita. E non tanto per ragioni economiche, quanto ambientali.
Le nostre economie sono già cresciute fin troppo, se tutti i paesi del mondo pretendessero di raggiungere i nostri livelli di ricchezza, il pianeta collasserebbe. L'assottigliarsi delle risorse e la necessità di ridurre l'inquinamento ci impongono sobrietà nei consumi e prudenza nella produzione. La nostra sfida non è accrescere la produzione, ma ristrutturarla in modo da garantire a tutti di vivere bene nel rispetto dei limiti del pianeta.
Per riuscirci dobbiamo aver chiaro che il benessere non si misura con la quantità di lattine di coca-cola che buttiamo nel carrello della spesa o col numero di apparecchi televisivi che abbiamo per casa.
Prima che dalle cianfrusaglie di mercato, la dignità personale dipende dalla qualità dell'abitare, dalla possibilità di curarsi e vivere in buona salute, dalla capacità di esercitare pienamente le funzioni di cittadino sovrano, dalla possibilità di fare comunità, dalla possibilità di potersi nutrire, vestire, muoversi, scaldare a buon mercato.
Per questo il vero sviluppo, quello umano e sociale, non dipende dalla crescita del prodotto interno lordo, ma dal grado di equità, di inclusione lavorativa, di solidarietà collettiva che siamo capaci di mettere in atto.
Dipende dal livello di diritti che sappiamo garantire, dalla quantità e qualità dei servizi collettivi che sappiamo fornire, dal tipo di città che sappiamo strutturare, dalle forme e dai tempi di lavoro che sappiamo organizzare, dalle forme di partecipazione che sappiamo promuovere.
Non di più, ma meglio e diverso devono essere le nuove parole d'ordine.
Non si tratta di creare nuove fabbriche, ma di trasformare quelle esistenti per renderle più eco-compatibili e metterle in condizione di produrre ciò che serve secondo nuovi schemi di consumo orientati ai bisogni fondamentali per tutti. Trasformarle non solo da un punto di vista tecnico, energetico e produttivo, ma anche dell'assetto proprietario, delle forme di assunzione, dei tempi di lavoro, dei livelli salariali, dei diritti sindacali, tenendo a mente che il lavoro non è un costo da comprimere, ma una ricchezza da valorizzare. Una funzione che tutti abbiamo il diritto-dovere di svolgere in forma dignitosa e sicura per poter prendere parte alla ricchezza prodotta. E non solo in ambito mercantile, ma sempre di più in ambito collettivo perché quando le risorse si fanno scarse non è espandendo il mercato, ma l'economia della solidarietà collettiva, che si può permettere a tutti di vivere con dignità.
Dunque non è alla crescita che dobbiamo puntare, ma a un altro modello organizzativo che pur mantenendo consumi e produzione al minimo, consente a tutti la piena inclusione lavorativa, il pieno soddisfacimento dei bisogni fondamentali, la piena realizzazione umana, sociale e politica.""
Giuseppe