Ciao Rott, mi unisco con entusiasmo alla discussione ma vorrei partire un po’ da lontano.
Probabilmente ai veri trader sembrerà solo “la solita minestra tirata fuori sui Massimi” quindi possono tranquillamente ignorare il post e passare oltre.
Non c’è dubbio che le quotazioni in generale ormai siano molto tirate, ed è molto probabile che alcune delle società oggi considerate (a torto o a ragione) in zona “grigia” daranno delle grandi soddisfazioni, così come altre saranno al contrario fonte di delusioni e di perdite. In particolare, e qui condivido quanto ha scritto amorgos, quelle che da sole non avranno le risorse per farcela e necessariamente potranno solo salvarsi con un sostegno esterno, pubblico (e quindi “politico”) o privato (il cosiddetto “cavaliere bianco).
Anche io ho imparato a non basare mai le mie decisioni di investimento su questo tipo di scommesse che per definizione sfuggono a qualsiasi tipo di logica razionale (la scelta di far fallire Lehman piuttosto che Bear Sterns o AIG mi sembrò al tempo dettata più dal caso, o dal caos, che da un ragionamento o da una strategia). Per questo trovo molto stimolante il tuo invito a riunire le forze per cercare di individuare chi, al contrario, riuscirà a risollevarsi con le proprie gambe, ma vorrei prima contestualizzare meglio il momento che stiamo attraversando.
Le quotazioni sono molto tirate, è vero. Stiamo vivendo una fase storica straordinaria, dove gli sforzi congiunti delle banche centrali, utilizzando anche strumenti di politica monetaria non convenzionale, in risposta ad una recessione di una violenza ed una durata mai vissuta da gente della nostra età, hanno prodotto un livello dei tassi che non si era mai visto in precedenza, esponendo chi investe in obbligazioni a rischi prospettici elevatissimi di non riuscire a difendere il proprio capitale.
Se questo è vero in generale, però, e non avrei dubbi a parlare di bolla riferendomi alla situazione in generale, a livello di settori, zone geografiche e tipologie di obbligazioni vi è ancora una forte dispersione di rendimenti e di spread, tale da rendere ancora interessanti, a mio avviso, parecchi temi di investimento.
Gli spread dei titoli subordinati bancari, ad esempio, a me sembra ancora abbastanza lontano dall’aver raggiunto i minimi, soprattutto se si tiene conto del notevolissimo miglioramento che c’è stato nei fondamentali (grazie ad aumenti di capitale, ritenzione degli utili, riduzione della leva e del rischio, etc.) e del fatto che questo processo, grazie all’incessante spinta delle nuove regolamentazioni, è destinato ad intensificarsi e a durare nel tempo.
Capisco che cedole nell’ordine del 2-3-4% siano poco invoglianti per gente che fino a poco tempo fa era abituata ad investire minimo al 4-5%, ma se si considera che quelle cedole non sono altro che il tasso risk free con in aggiunta uno spread di 2-3 punti percentuali la cosa mi sembra che assuma un significato ben diverso.
Se poi si aggiunge il probabile capital gain (dovuto al fatto che tutte le indicizzate all’euribor e all’IRS quotano abbondantemente sotto la pari, e che secondo me verranno comunque richiamate da qui al 2021, salvo rare eccezioni) ecco che ne saltano fuori dei numeri assolutamente interessanti, in valore assoluto, e probabilmente ancora più interessanti se si considera che sono comunque obbligazioni indicizzate e che quindi quei numeri sono anche probabilmente destinati ad aumentare.
Le famose Bank Austria, ad esempio, se richiamate nel 2021 avrebbero un rendimento pari a IRS10a + 5,80%! Ma se anche non dovessero rimborsarle (cosa che reputo assai improbabile) le terrei comunque volentieri in portafoglio a fini previdenziali con un YTM pari a 1,5x(IRS10a + 0,10%)!
Su quasi tutti i subordinati bancari, quindi, resto ancora molto bullish, in considerazione del fatto che gli spread (rispetto al risk free) restano ancora elevati, che moltissimi sono comunque indicizzati, che le banche stanno continuando ad irrobustirsi (nonostante la congiuntura) e che la regolamentazione (e le possibili ulteriori OPA-OPS) sta portando questa tipologia di titoli verso una lenta ma inesorabile estinzione. Se a questo si aggiunge che l’attuale panorama di tassi bassissimi sta portando sempre più investitori istituzionali (come da me segnalato già parecchio tempo fa) ad inserire queste obbligazioni nei propri portafogli il quadro che ne esce secondo me è estremamente positivo.
Ma c’è un’altra intera area che a mio parere ha ancora buoni spazi di recupero (e di restringimento degli spread), ed è la cosiddetta periferia dell’Europa, con in testa il nostro paese.
Una pessima gestione della crisi da parte della UE, in primo luogo, aggravata da una permanente paralisi politica che ha fatto crollare la credibilità internazionale della nostra classe dirigente, in secondo luogo, ha fatto sì che antichi pregiudizi verso i popoli mediterranei, ed il nostro in particolare, riprendessero vigore fino a convincere la gran parte degli investitori internazionali a rivolgere i propri capitali verso lidi ritenuti più sicuri (dalla Colombia al Kazakistan!).
Non nego che la maggiore responsabilità di questa situazione ricade proprio su noi stessi (e sui mediocri personaggi che abbiamo mandato a governarci in questi anni) ma credo che il mercato sottovaluti ampiamente il grado di solvibilità del nostro paese.
Non a caso il nostro debito pubblico, pur essendo molto alto in termini assoluti, è cresciuto molto meno rispetto alla maggioranza degli altri paesi sviluppati durante la crisi. Inoltre il nostro sistema bancario è quello che ha avuto meno bisogno di supporto da parte dello stato, dimostrando una maggiore solidità. Infine siamo tra i pochi paesi occidentali ad avere un (consistente) avanzo primario di bilancio. E anche senza menzionare il fatto che a fronte di un elevato debito pubblico corrisponde una ricchezza patrimoniale dei privati grande 4 volte tanto (discorso che fa girare le scatole a Vet e correre un brivido lungo la schiena a chi si sente potenziale vittima di una imminente patrimoniale) vi sono diversi parametri che indicano come il nostro debito sia molto più sostenibile di quel che si pensi e quindi non meriti quel basso livello di rating che le viene affibbiato, non senza pregiudizio appunto, da parte delle agenzie di rating e delle più blasonate banche di affari (vedi articolo qui sotto).
Per questo negli ultimi anni mi sono spesso stupito di come i primi ad essere vittime di questi pregiudizi (e quindi a non saper riconoscere delle potenziali opportunità di acquisto) siamo spesso noi stessi. Confesso che gran parte dei gain di questi anni irripetibili li ho fatti comperando e facendo comperare titoli di stato e obbligazioni di emittenti italiani a prezzi ridicoli, mentre la gran parte delle persone con cui parlavo avrebbe voluto in ogni modo liberarsene a qualsiasi prezzo.
Riassumendo (e poi qui chiudo, riprenderò domani rispondendo sul Banco Popolare): siamo sicuri che oltre a cercare (giustamente) società ingiustamente “chiacchierate” non sia opportuno verificare prima ancora se esistano settori o aree geografiche che non ricevono dal mercato quell’apprezzamento che meriterebbero?
Se così fosse (ed io ne sono convinto) si aprirebbero spazi ed opportunità che consentirebbero di ottenere un più che discreto gain anche rivolgendosi ad emittenti non necessariamente traballanti o in difficoltà. Persino in un contesto di tassi (potenzialmente) crescenti.
Domani comunque cercherò di parlare di un emittente (Banco Popolare) che attualmente è forse quello su cui sono più esposto (Ministero del Tesoro a parte), proprio perché riassume alcune delle mie convinzioni “forti”:
a) spread dei subordinati bancari ancora molto elevato rispetto agli evidenti progressi compiuti negli ultimi anni;
b) spread italiano destinato a ridursi, nonostante le (apparenti) lentezze della politica;
c) spread del Banco assolutamente incomprensibili, a mio parere, ma di questo ne parlerò domani.
Buona cena a tutti