Ukraina: il vero obiettivo è indebolire l'UE

da Europa 24 Rassegna stampa Europa - Ucraina verso la rovina, e i baltici riflettono sullo scampato pericolo

05/05/2014 ore 11.05
Gli effetti della crisi Ucraina si riflettono sulla stampa europea



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Gli effetti della crisi Ucraina si riflettono sulla stampa europea. Il quotidiano lettone Diena riflette, in un articolo che ricorda i dieci anni dall'ingresso di Riga nell'Unione europea, su cosa sarebbe accaduto se dieci anni fa i lettono avessero detto no all'Ue. "Nell'ipotesi più rassicurante – scrive la testata – saremmo nelle condizioni attuali della Georgia", un paese che nel 2008 ha subito l'attacco delle truppe russe proprio mentre ipotizzava l'ingresso nella Nato e – prosegue Diena – nella peggiore delle ipotesi ci troveremmo nelle condizioni drammatiche dell'Ucraina.

Per il belga De Morgen la reazione europea e dell'occidente è troppo lenta per cambiare le cose sul terreno: "l'Ucraina viene trascinata nella rovina adesso, una rovina che è sociale politica e morale, e le sanzioni potranno avere effetto solo nel lungo termine, quando sarà ormai troppo tardi".

Dosi massicce di pessimismo pre-elettorale arrivano anche dalla testata greca Kathimerini, secondo la quale l'Unione vive il suo Medioevo, una lunga fase di declino che induce molti greci a pensare che forse sarebbe meglio tornare al vecchio schema delle nazioni europee. Quasi un corollario il dato che emerge dal sondaggio di Open Europe che indica in una cifra prossima al 30% il blocco euroscettico alle elezioni di fine mese.


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Avanti un altro, dopo l'Ucraina dove andrà la "democratizzazione"?


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© Collage: «La Voce della Russia»


Avanti un altro, dopo l'Ucraina dove andrà la "democratizzazione"? - Notizie - Politica - La Voce della Russia




L’Ucraina sta sprofondando sempre più in una guerra civile. In Russia molti politici, politologi e economisti parlano della crisi dello Stato ucraino. Hanno ragione, ma solo in parte. I processi che sono in atto in Ucraina devono essere un monito per i vicini della Russia, dice il politologo ucraino Yuri Gorodnenko.



Quello che sta accadendo in Ucraina è una sfida diretta a Kazakhstan, Azerbaigian, Georgia, Armenia, Moldavia, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizstan e Turkmenistan. In tutti questi paesi, anche se in varia misura, esistono le premesse che potrebbero portare a una rivolta tipo quella dell'Euromaidan. E non occorre dubitare che l’Ucraina non sia l’ultimo bersaglio di Washington e dei suoi alleati.
La questione nazionale
Sia l’Impero Russo sia l’Unione Sovietica fecero parecchio per lo sviluppo delle culture nazionali. Per esempio i leader degli slavofili sostenevano attivamente gli artefici dell’idea ucraina – Taras Shevchenko e Panteleimon Kulish. Durante il periodo sovietico furono pubblicate le opere complete di Taras Shevchenko e Ivan Franko. Venivano aiutati, su ampia scala, scrittori e poeti, compositori e scienziati ucraini. Con tirature grandissime uscivano libri di Oles Gonchar, Pavlo Zagrebelny e di tanti altri autori. Analoga era la situazione in tutte le altre repubbliche nazionali dell’URSS.
Da quando l’Ucraina è diventata indipendente, si è parlato moltissimo dell’identità nazionale degli ucraini, ma il paese non ha trovato i soldi, e neanche la voglia, per pubblicare il volume aggiuntivo, già incluso nel piano editoriale, delle opere complete del poeta nazionale Taras Shevchenko, edite ancora ai tempi dell’URSS. Piuttosto che promuovere i talenti e sostenere la cultura e la scienza, i politici e gli oligarchi preferivano saccheggiare il proprio paese.
La crisi ucraina
All’epoca dell’Unione Sovietica, in Ucraina, non esistevano netti disaccordi tra l’Est e l’Ovest del paese. Un terzo di tutti gli abitanti di Leopoli erano russi, in prevalenza ingegneri, docenti, ricercatori scientifici. La frattura ha cominciato a profilarsi nel periodo della perestrojka quando gli emigrati ucraini, che vivono in Canada e negli Stati Uniti, hanno cominciato a portare nel paese libri nazionalistici e a creare dei gruppi radicali. Di conseguenza, gia’ nel 1990 in Ucraina Occidentale è iniziato il processo di emarginazione della popolazione russofona, e oggi a Leopoli rimane solo il 4% dei russi etnici.
Sebbene per motivi diversi, tutti i presidenti dell’Ucraina (Kravchuk e dopo lui Kuchma, Yushchenko e Yanukovich) hanno incoraggiato il nazionalismo fomentando umori antirussi. Il risultato della lotta tra le varie forze politiche è che dopo 23 anni il paese, un tempo prospero, oggi si trova sull’orlo di una guerra civile e deve misurarsi con la minaccia del neonazismo.
L’odierna generazione degli abitanti di Donetsk, Odessa, Kharkov non perdonerà mai ai galiziani il sangue versato nel Sud-Est del paese, e così pure l’odierna generazione dei galiziani non riuscirà mai a liberarsi dalle idee naziste inculcate negli anni dell’indipendenza. Non tratteranno mai i minatori e i metallurgici di Donetsk come esseri umani.
Ma la cosa più pericolosa è che tutto ciò potrebbe ripetersi anche in altri paesi dell’area ex-sovietica: Azerbaigian, Armenia, Georgia, Moldavia, Bielorussia, Kazakistan, o nelle repubbliche centroasiatiche.
Nell’Impero Russo, come anche nell’Unione Sovietica, la questione nazionale era trattata con grandissima cautela. Grazie a ciò, gli armeni convivevano pacificamente con gli azeri, gli abitanti della Transnistria con i moldavi, i kirghisi e i tagiki con gli uzbeki, i russi con i kazaki e gli ucraini. Tuttavia, dopo la costituzione di Stati indipendenti, molti esponenti politici dello spazio post-sovietico hanno cominciato a coltivare le tendenze nazionalistiche.
Durante la presidenza di Gamsakhurdia e Saakashvili, la Georgia viveva all’insegna del nazionalismo etnico. In Bielorussia abbiamo a che fare col nazionalismo economico. Denunciando in pubblico la politica estera ed economica della Russia, Aleksandr Lukashenko sta creando nella coscienza dei bielorussi l’immagine di un nuovo nemico, la Russia. Pronunciando discorsi contro la federalizzazione dell’Ucraina e approvando l’operato di Turcinov, egli sta assestando un colpo alla popolazione del Sud-Est dell’Ucraina. Per 3 anni Yanukovich e Azarov hanno portato avanti una campagna antirussa nel problema del gas, concimando così la proliferazione delle idee ultranazionalistiche. I dirigenti della Russia non si sono mai permessi delle dichiarazioni del genere all’indirizzo dei paesi fratelli.
Gli USA minacciano tutti gli Stati post-sovietici
La guerra di tutti contro tutti fa il gioco di Washington che rimane fedele all’antico “divide et impera”.
Gli USA usavano questa tattica ancora negli anni della Prima guerra mondiale vendendo armi e viveri ad entrambe le parti e favorendo così l’approfondimento del conflitto. E vendevano bene: se alla vigilia del 1914 il debito americano verso i paesi d’Europa ammontava a circa 3 miliardi di dollari, già nel 1919 gli USA diventarono il più grande creditore dell’Europa: la somma dei loro prestiti ai paesi europei superava 11 miliardi di dollari, mentre l’utile netto delle società americane, conseguito nel periodo tra il 1914 e il 1919, fu di circa 34 miliardi di dollari.
Lo stesso anche durante la Seconda guerra mondiale. Armi, munizioni, cibo e materiali vari (forniture sotto il programma “Lend-Lease” per un totale di 50 miliardi di dollari USA) si spedivano in Gran Bretagna, URSS, Francia e Cina. “Lend-Lease” prevedeva anche che i beni forniti nell’ambito del programma, rimasti dopo la fine della guerra, dovevano essere pagati, per intero o in parte, sulla base di prestiti di lungo termine senza interessi elargiti dagli USA. Le società americane non riuscirono ad arricchirsi subito con la Seconda guerra mondiale, tuttavia verso l’America confluivano i capitali privati che fuggivano dall’Europa. In più gli USA ricevettero le riserve auree di alcuni Stati europei che finirono nelle cassaforti di Fort Knox. Subito dopo la fine della guerra gli USA iniziarono a dare all’Europa dei prestiti, questa volta a condizioni molto più rigide: con questi soldi si potevano comprare solo merci americane. Di conseguenza, mentre l’Europa guariva le ferite lasciate dalla guerra, l’America fece un balzo diventando leader economico, finanziario e tecnologico mondiale.
C’è da notare che già negli anni della Prima guerra mondiale Washington attuava una politica volta a fomentare il nazionalismo nello spazio eurasiatico. Nel progetto del Trattato di pace elaborato dal presidente americano Woodrow Wilson, che in seguito costituì la base del Trattato di Versailles, per la prima volta veniva apertamente formulato lo scopo della distruzione degli Stati (per esempio, dell’Impero Ottomano) mediante la loro divisione in piccoli Stati nazionali. Nella storia contemporanea gli USA hanno continuato a incoraggiare i movimenti separatisti e nazionalisti in URSS, Jugoslavia e Ucraina. Distruggere dall’interno gli Stati post-sovietici ed eurasiatici, cancellando così i propri, numerosi, debiti, questa tattica è seguita con coerenza da Washington anche oggi.
Obama vuole trascinare la Russia in una guerra
Il bersaglio principale è la Russia, l’unico Stato che ha sfidato apertamente la politica dell’attuale amministrazione americana. I tentativi di far esplodere la situazione dall’interno, con le mani dell’opposizione, sono falliti, pertanto adesso si sta cercando di agire sul perimetro della Russia.
Penso che dopo l’Ucraina toccherà alla Georgia, Armenia, Azerbaigian, Kazakhstan, Kirghizstan, Uzbekistan e Tagikistan. Tutti questi paesi potranno mettersi al riparo dalla distruttiva influenza americana soltanto se rinunciano completamente al nazionalismo politico e economico e daranno alle minoranze etniche (russe, armene, azere, ossete, abcase, tagike, uzbeke, kirghise) le garanzie del loro sviluppo culturale e nazionale; se nei paesi con presenza di grandi comunità russe alla lingua russa sarà riconosciuto lo status di lingua ufficiale o statale e la Russia sarà trattata come un alleato.
Le concessioni unilaterali non potranno salvare questi paesi dalla micidiale influenza di Washington. Le consessinoni non hanno salvato Yanukovich, perché anche nel passato, nei casi della necessità geopolitica, gli USA tradivano i loro più stretti alleati. Così è stato con Ngo Dinh Diem, Manuel Noriega, Ferdinand Marcos, Augusto Pinochet, e nell’immediato futuro le cose difficilmente potranno cambiare.
L’opinione dell’autore può non coincidere con la posizione della redazione
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Adesso l’Europa non conta più. È solo un cadavere

«Russia e Cina hanno siglato il contratto per una fornitura trentennale di gas russo a Pechino.».
«Il contratto prevede una fornitura trentennale di metano, pari a 38 miliardi di metri cubi all’anno (la metà dei consumi italiani), garantito da un gasdotto lungo 2.200 chilometri dalla Siberia alla Cina orientale».
«Fino al 2013 l’Europa è stato il primo cliente di Mosca con 160 miliardi di metri cubi acquistati ma la Cina da sola è già da quest’anno sarà un mercato più grande».

«Un accordo storico che cambierà inevitabilmente
gli scenari geopolitici dell’energia mondiale».

«Il presidente della commissione Ue, Jose Manuel Barroso, ha scritto al presidente russo, Vladimir Putin, per assicurarsi che Mosca garantisca la continuità dei flussi di gas all’Europa via Ucraina. È «imperativo» scrive Barroso in una lettera a Putin che i negoziati continuino e che «nel frattempo i flussi di gas non siano interrotti»».

Bene.
Adesso l’Europa non conta più per la Russia nemmeno come mercato su cui vendere.
Non conta più nulla per nessuno.
È solo un cadavere in putrefazione del quale non si vede l’ora di disfarsene.
E Barroso, che gira con il cappellino in mano a chiedere l’elemosina osa dire a Putin che è «imperativo» che la Russia prosegua a rifornire l’Europa del suo gas?
E come potrebbe imporglielo? Mettendo le sanzioni?
L’Europa delle checche è morta. Anche se loro godono a pigliarlo in quel posto.

Euronews Business. 2014-05-22. Gas. Storico accordo tra Russia e Cina: forniture per 30 anni.
Dopo quasi un decennio di trattative c‘è la firma. Russia e Cina hanno siglato il contratto per una fornitura trentennale di gas russo a Pechino. Il si definitivo è arrivato al termine dell’incontro a Shanghai tra il capo del Cremlino Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping. Un contratto, del valore di oltre 400 miliardi di dollari, che partirà dal 2018.
Nonostante le trattative siano in corso da anni, la crisi con Kiev e l’Occidente ha spinto Putin ad accelerare i tempi e forse a concedere uno sconto sul prezzo richiesto. Di fatto Mosca avrà un grande mercato alternativo all’Unione Europea. Ora non resta che affrontare l’ultimo nodo: mettersi d’accordo sulla costruzione del gasdotto dalla frontiera cinese. Immediata la reazione di Bruxelles: Mosca continui a rifornire anche l’Europa.

Sole 24 Ore. 2014-05-21. Gas, storico accordo fra Russia e Cina da 400 miliardi di dollari in 30 anni. Barroso a Putin: garantisca forniture.
Cina e Russia hanno firmato a Shangai un storico contratto sul gas, frutto di un decennio di negoziazioni ma che ha un nuovo significato strategico dopo gli ultimi mesi di tensioni fra Russia da una parte e Nato, Ue e Usa dall’altra per la crisi ucraina che ha portato alla destituzione del presidente filorusso Yanukovich e alle nuove elezioni presidenziali che si terranno domenica 25 maggio in contemporanea con le elezioni europee.
L’accordo – annunciato dall’agenzia Nuova Cina – è stato chiuso durante la visita in Cina del presidente russo Vladimir Putin dopo una lunga fase di stallo sul prezzo del gas naturale. Il contratto prevede una fornitura trentennale di metano, pari a 38 miliardi di metri cubi all’anno (la metà dei consumi italiani), garantito da un gasdotto lungo 2.200 chilometri dalla Siberia alla Cina orientale ancora da costruire. L’accordo vale 400 miliardi di dollari in trent’anni (56 in meno della cifra uscita nei giorni scorsi) ha confermato l’Ad di Gazprom, Alexei Miller. Partirà dal 2018 ed è stato firmato dai presidenti dei due gruppi, Zhou Jiping, a capo di China National Petroleum Corporation (CNPC), e Alexei Miller, Ceo di Gazprom.
Cambiano gli scenari geopolitici mondiali dell’energia
Il contratto è stato siglato dopo che fino a ieri sembrava destinato addirittura a saltare. Erano dieci anni che i russi di Gazprom tentavano di chiudere un accordo per vendere gas alla Cina. Il colosso pubblico russo del gas e la compagnia petrolifera pubblica cinese Cnpc hanno firmato a Shanghai un accordo storico che cambierà inevitabilmente gli scenari geopolitici dell’energia mondiale.
Mosca in rotta con l’Ue si avvicina alla Cina
La firma dell’intesa, avvenuta alla presenza di Putin e Xi Jinping, rappresenta un’importante sviluppo per Mosca che dall’inizio della crisi ucraina sta cercando sbocchi alternativi per vendere il suo gas. Fino al 2013 l’Europa è stato il primo cliente di Mosca con 160 miliardi di metri cubi acquistati ma la Cina da sola è già da quest’anno sarà un mercato più grande. Pechino prevede di aumentare del 20% le importazioni di gas, per ridurre il peso dell’inquinantissimo carbone per produrre energia elettrica, e arrivare a 186 miliardi di metri cubi.
Barroso scrive a Putin
Il presidente della commissione Ue, Jose Manuel Barroso, ha scritto al presidente russo, Vladimir Putin, per assicurarsi che Mosca garantisca la continuità dei flussi di gas all’Europa via Ucraina. È «imperativo» scrive Barroso in una lettera a Putin che i negoziati continuino e che «nel frattempo i flussi di gas non siano interrotti».
L’accelerazione dopo la crisi a Kiev
Nonostante le trattative fossero in corso da un decennio la crisi con Kiev e l’Occidente ha spinto Putin ad accelerare e a concedere uno sconto sul prezzo richiesto, che nei giorni scorsi, secondo indiscrezioni, oscillava in un range tra i 350 e i 400 dollari per mille metri cubi. E proprio sulla cifra inferiore si è raggiunta l’intesa. In questo modo la pressione delle eventuali sanzioni economiche di Usa e Ue si depotenzia. Mosca, anche se tra 4 anni, avrà un grosso mercato alternativo all’Ue.
Gas. Putin da un cazzotto nei denti all'UE e glieli spacca tutti. - SENZANUBI
 
Europa, o meglio la divaricazione fra il comune sentire dei cittadini i quali considerano in ogni singolo paese Putin nel giusto e il più grande leader europeo (si europeo) vivente

ed è bene ricordarselo, è l’esercito di KIEV che sta bombardando e uccidendo gli Ucrini dell’est che hanno proclamato la loro indipendenza


da La Sovversione anti-russa Distruggerà la UE. (di Maurizio Blondet) 2 giugno 2014 Di Maurizio Blondet



Nota di Rischio Calcolato: Cari amici di Rischio Calcolato, non fatevi illusioni. Il fatto che la crisi Ucraina sia scomparsa dai nostri Media Sussidiati non sta a significare che la questione sia risolta. Al contrario i combattimenti nelle regioni di Donetsk e Lugansk, si fanno ogni giorno più violenti e soprattutto entrambe le parti stanno sempre di più avvalendosi di aiuti militari da parte degli USA e dell’Europa (Kiev) e da parte della Russia (Ucraini dell’Est). In ogni momento questo apparentemente piccolo conflitto regionale può diventare una guerra aperta fra potenze mondiali. Ed è evidente che ove le Black Op. messe in campo da Putin per DIFENDERE (ed è bene ricordarselo, è l’esercito di KIEV che sta bombardando e uccidendo gli Ucrini dell’est) gli Ucraini dell’est che hanno proclamato la loro indipendenza, non fossero più sufficenti., allora farebbe intervenire l’Armata Rossa, direttamente. Mai dimenticarsi che la Russia non abbandona MAI alleati e Russi.
Negli ultimi 3 mesi, la Russia sta cercando di azzerare le proprie riserve in Dollari e Treasury Bond. Non si tratta di una ritorsione ma di una misura preventiva, Mosca ritiene che non sia saggio avere in portafoglio quel tipo di asset, avrà le sue ragioni, immagino.
Poi c’è la ridicola Europa, o meglio la divaricazione fra il comune sentire dei cittadini i quali considerano in ogni singolo paese Putin nel giusto e il più grande leader europeo (si europeo) vivente e le classi dirigenti, lanciate verso un suicidio di massa seguendo l’america in una guerra su territorio Europeo che vede gli Stati Uniti lontani almeno 12.000km. Complimenti.


Questo post è tratto dalla rivista on-line EffediEffe sito di informazione a cui consigliamo caldamente un abbonamento (50€ spesi benissimo).
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«L’Europa forse è andata a cercare la propria morte in Ucraina», ha detto Emmanuel Todd intervistato da France Culture il 26 maggio: «Questa continuerà a disintegrarsi e la causa sarà l’Europa e non la Russia». E poi: «La parte orientale d’Europa è una zona di non-costruzione statale, di violenza. Qualcosa di malefico si sta preparando laggiù».


Una “legione tedesca” per combattere Kiev?
Mentre le truppe di Kiev, integrate da contractors americani, intensificano i massacri contro i russi di Donetsk, in un vero genocidio ad armi impari – con l’uso di bombardieri Su-25 ed elicotteri d’assalto contro i mal armati difensori – fra l’indifferenza ufficiale dei Governi europei, è invece la popolazione tedesca a dare segni di inquietudine e rivolta. Da settimane si susseguono, estendendosi a numerose città, le «manifestazioni del lunedì» Montagsdemos, in cui attivisti politici, gente dei media e comuni cittadini prendono il microfono per denunciare la NATO e le sue sovversioni, e il Governo di Berlino che partecipa all’opera di sovversione americana.
Non è solo che i tedeschi si sentono fisicamente e storicamente vicini (più di noi) all’Est, e quindi più coinvolti. È che in Germania vivono oltre tre milioni di russo-tedeschi, o tedeschi russofoni, arrivati dopo il collasso dell’URSS: quasi due milioni tornati di antica discendenza germanica fra il 1992 e il 2007 approfittando di una «legge del ritorno» che consentì loro di ottenere la cittadinanza, mezzo milione di russi immigrati per motivi economici, altri che abitavano nella Repubblica Democratica (Germania Est) come elementi dell’apparato imperiale comunista, e lì rimasti spiaggiati dopo l’unificazione delle due Germanie. Moltissimi i tedeschi dell’Est che parlano russo, membri del partito defunto, ma uniti da antiche fedeltà a Mosca, nostalgie sovietiche e ancora traumatizzati dalla scomparsa dello stato che fu il loro, la RDT; quindi ben capaci di immedesimarsi negli ucraini russofoni, sotto aggressione armata da parte del Governo di Kiev.
Questa gente ha cominciato a riunirsi un lunedì dopo l’altro, anzitutto per protestare contro le menzogne dei grandi media, ZDF, ARD, di cui – parlando loro il russo – erano ben coscienti; protestano inoltre per l’interdizione da parte del cosiddetto Governo di Kiev del partito comunista ucraino, e per il mancato riconoscimento del referendum di Crimea, con cui quella popolazione ha espresso la sua volontà di unirsi alla Russia, per il fatto che le truppe ucraine di Kiev si mostrino con uniformi palesemente fornite da Berlino. A poco a poco sono riusciti ad attrarre pacifisti tedeschi, esasperati dalla passività dei Verdi e del Linke (sinistra alternativa) che sono i partiti di riferimento del pacifismo, ma che ignorano la tragedia che avviene alle porte di casa. (L’Allemagne envoie des uniformes aux commandos ukrainiens)


È in questi gruppi che sarebbe nata l’idea di costituire una «legione tedesca» per andare a difendere i russi ucraini. Il periodico moscovita Kultura sostiene che 400 militanti sono disposti a partire. Si sono battezzati «Battaglione Thalmann» in onore alla legione comunista tedesca che andò a battersi contro i fascisti nella Guerra di Spagna del 1936, organizzata da Ernst Thalmann, capo del partito comunista tedesco clandestino sotto il nazismo e agitatore staliniano. «Adesso, dobbiamo andare contro i fascisti di Kiev», dicono. Il fatto che molti di loro sono veterani dell’Armata Rossa o ex membri delle truppe speciali tedesco-orientali conferisce una certa credibilità all’intenzione. In ogni caso, ecco un primo segno che la destabilizzazione occidentalista in Ucraina in funzione anti-russa, può avere contraccolpi inattesi nell’Ovest europeo.


Putin guarda a Marine Le Pen
Per esempio: «I risultati delle elezioni europee sono considerati con gioia al Cremlino. Molti commentatori in Russia hanno una visione molto diversa rispetto ai loro colleghi occidentali di quel che è accaduto. Laddove gli analisti occidentali parlano di trionfo dei partiti xenofobi e neofascisti, i russi vedono la vittoria di forze popolari anti-UER, anti-NATO e, in ultimo, anti-USA».
Così commenta un misterioso sito filo-russo eccezionalmente ben informato, The Vineyard of the Saker.
«Nel Front National» per esempio, «Mosca vede anzitutto un movimento anti-sistema, anti-capitalista, profondamente intriso dei valori come “Sinistra del lavoro, destra dei valori”, promossi da Alain Soral». Più in generale, considera che si sono affermati in Europa occidentale partiti che si oppongono al globalismo, alle entità sovrannazionali come la UE o la NATO, alla sistematica distruzione dei valori tradizionali europei, all’avventurismo aggressivo americano. «In altre parole – conclude Saker – quelli del Cremlino e il Front National coincidono in molte cose ed è un fatto che queste due realtà possono andar benissimo d’accordo. La Russia sembra contare sul fatto che la fine dell’anno potrebbe trovare un’Europa molto più amichevole».
Fino ad oggi, Putin ha mantenuto un’esemplare non-ingerenza nelle faccende europee, al contrario di quanto facciano gli europei (ed americani) in Ucraina e nella zona influenza russa. Ma ora che i suoi interessi strategici nazionali sono minacciati così gravemente, nulla assicura che Mosca non si metta ad applicare il «metodo Nuland» nei Paesi europei occidentali: ossia eccitare la sovversione interna, con l’organizzazione e il rafforzamento dei gruppi «populisti», il finanziamento ed addestramento per rivolte di piazza «à la Maidan» di malcontenti e dissidenti, creati in gran numero da una crisi che dura dal 2008, produce milioni di disoccupati e a cui l’Establishment europoide non ha intenzione di mettere rimedio, perché i rimedi sarebbero penalizzanti per finanza e banche.




Sventato il golpe americano in Crimea
E fino a che punto gli interessi vitali di Mosca siano minacciati, lo dicono le indiscrezioni di fonte russa sul perché Putin si sia affrettato ad occupare e dichiarare russa la Crimea. Aveva le prove che il colpo di Stato organizzato a Kiev nel febbraio scorso aveva uno scopo preciso: la neutralizzazione della forza di proiezione della flotta russa stazionata a Sebastopoli nel Mar Nero, e la sua sostituzione con la flotta USA.
Ricapitoliamo i fatti: il 18 febbraio 2014, il Parlamento ucraino è occupato dagli attivisti armati del partito neonazi Svoboda e Pravi Sektor; il 22 febbraio, il presidente Yanukivitch è costretto a lasciare Kiev, e il potere viene preso dai filo-occidentali. Immediatamente, viene nominato direttore dei servizi di sicurezza ucraini (USB) Valentin Nalyvaichenko. Chi è costui? È un cittadino americano:
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Guarda caso, il 13 febbraio uno dei quattro gruppi d’assalto aeronavali americani, formato attorno alla portaerei a propulsione nucleare George Bush (CSG-2), lascia la base navale di Norfolk per dirigersi nell’Egeo. La George Bush ha 102 tonnellate di stazza e 90 aerei a bordo; è accompagnata da 16 navi da guerra, fra cui l’incrociatore USS Philippine Sea, i lanciamissili Truxtun e Roosevelt, e tre sottomarini nucleari d’attacco.
Il 22 febbraio, quando Yanukovich è scacciato dal potere, il Gruppo aeronavale statunitense, e si appresta ad entrare nel Mar Nero attraverso il Bosforo. Ciò viola il Trattato di Montreux (1936) che consente il passaggio attraverso lo stretto dei Dardanelli soltanto di navi da guerra di stazza massima 45 mila tonnellate; ma – come ha rivelato il giornale turco Hurriyet citando fonti della Difesa di Ankara – le autorità turche hanno segretamente dato il permesso di entrata alla formidabile flotta americana. Questa è la flotta che avrebbe dovuto prendere il posto della Flotta del Mar Nero russa, nelle sue basi in Crimea.
Ci si aspettava evidentemente che anche la Crimea avrebbe «scelto la democrazia» e la flotta a stelle e strisce sarebbe stata accolta in festa. Invece la folla scende in piazza a Sebastopoli, e dopo giorni di assedio del Parlamento della repubblica autonoma di Crimea, caccia dal governo il Primo Ministro Anatoly Mohyliov, che aveva sùbito proclamato la sua fedeltà al Governo golpista di Kiev (anche se aveva comprato la carica donando a Yanukvich una lussuosa villa di vacanze a Yalta). Al suo posto viene votato Sergey Aksyonov, capo delle forze pro-russe. Il 6 marzo, il Parlamento autonomo di Crimea dichiara a maggioranza la scissione da Kiev e annuncia per il 16 marzo il referendum per la ricongiunzione della Crimea alla madrepatria russa.
Ciò ostacola, o fa fallire, il piano americano. Il 5 marzo, l’ordine iniziale ricevuto dal gruppo aeronavale è annullato, e il nuovo ordine gli ingiunge di fare rotta dal Pireo ad Antalya, base navale turca, e restare in attesa. I cacciatorpediniere USS Truxtun, USS Donald Cook e la fregata USS Taylor saranno le sole navi che saranno mandate in ricognizione ad incrociare davanti alle coste della Crimea del Nord, dal 7 marzo al 22 aprile, sotto pretesto di esercitazioni congiunte con le marine bulgara e romena.


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L’aviazione militare russa ha rivelato ai media (russi) che la USS Donald Cook aveva lo scopo di perturbare la linea di dati tra le antenne riceventi del Centro Spaziale della Flotta russa nel Mar Nero e la rete di satelliti militari ELINT nello spettro elettromagnetico; complesso ed avanzatissimo sistema che trasmette alla Crimea i dati della sorveglianza elettronica dei radar e dei sistemi di navigazione della flotta americana, gli aerei di bordo e i missili anti-nave imbarcati. L’aviazione russa ha dovuto mettere fine all’azione della Cook facendo sorvolare due Su-24MP per 11 volte a raso-ponte la nave americana avendo a bordo sistemi di disturbo nella gamma di frequenze 12-18 GH, utilizzate per neutralizzare il radar di difesa attorno all’incrociatore USA.
Per di più, le forze speciali russe avevano la certezza che a bordo delle tre navi americane erano presenti sei gruppi di commandos ciascuno formato da 16 elementi; pronti a raggiungere la costa nuotando sott’acqua, invisibili, costoro avrebbero dovuto compiere azioni di sabotaggio e soprattutto creare il panico tra la popolazione, per esempio provocando esplosioni su mezzi pubblici nelle ore di punta, facendo saltare edifici pubblici eccetera. [tipico degli USA .. lo fanno in tutte le parti del mondo... hanno imparato ad essere dei veri terroristi]
Nell’imminenza del referendum di adesione della Crimea alla Russia, la paura seminata dai commandos si sarebbe tradotta in una minore partecipazione al voto da parte della popolazione, che avrebbe dato la scusa per invalidare l’elezione. Per evitare tale azione, «i russi hanno esercitato un controllo stretto e preventivo, impenetrabile».
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La USS Donald Cook

Effettivamente, un sito della Crimea ha riferito che membri di commandos di alcuni Paesi NATO sarebbero stati catturati sulle coste, e dava come indizio il fatto che il procuratore generale di Crimea, la bella Natalia Poklonskaia di cui abbiamo già parlato, aveva assunto d’urgenza dei traduttori e interpreti in lingue di Paesi della NATO vicini dell’Ucraina e «aventi uno sbocco al mare» , il che poteva indicare la Romania. L’articolo con tali rivelazioni è stato prontamente ritirato per ordine superiore, perché in assenza di una dichiarazione di guerra contro la Russia, sarebbe stata una violazione patente, da parte della NATO, della Convenzione dell’Aia sulle leggi e gli obblighi di guerra: la prova insomma che l’Alleanza Atlantica conduce atti di guerra illegale, e a cui Mosca avrebbe dovuto rispondere con atti di guerra. Tuttavia una conferma indiretta dei fatti è venuta il 12 maggio 2014 dagli stesi eurocrati: i quali hanno aggiunto Natalia Poklonskaia, la procuratrice, alla lista delle personalità russe a cui è vietata l’entrata nei Paesi UE.

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Sicché il referendum ha avuto luogo.

L’83% della popolazione ha votato, e il 99,7 ha scelto la Russia. Di conseguenza, la flotta americana capeggiata dalla portaerei George Bush ha ricevuto l’ordine di abbandonare definitivamente la missione, di uscire dall’Egeo e dirigere su Bahrein.
L’importanza per Mosca di mantenere ad ogni costo Sebastopoli è dettata dall’enorme importanza assunta dalla Flotta del Mar Nero, recentemente rinnovata e dotata di 20 navi moderne, fra cui sei sottomarini, fregate lanciamissili specializzate nella ricerca radio-elettrica e disturbo, la nuova porta-elicotteri di classe Mistral fabbricata dai francesi. La Flotta comprende un potente corpo di spedizione (o di proiezione rapida) composta di truppe aerotrasportate e fanteria di marina. È appoggiata dalla quarta divisione aerea e da forze d’appoggio anti-aerei. Inoltre, una flotta indipendente di trasporto pesante, composta di 135 aerei Antonov-22, An-124, IL-76MD et An-12, assicurano la proiezione di 80 mila soldati del 49 e 58mo corpo d’armata. Questa forza di proiezione rapida è subordinata alla Flotta del Mar Nero, ufficialmente l’insieme è destinato a combattere «il terrorismo» (sic) nel bacino mediterraneo, in Africa orientale o in Medio Oriente fino al Golfo Persico.
Ma ancor più potente è la parte invisibile, o quasi, della Flotta: il centro di gestione delle missioni spaziali KIP-10, avente sede presso la Flotta del Mar Nero fin dai tempi sovietici, e che gestiva le missioni Saliout, Soyouz, Soyouz-Apollo e Lunokhod. Oggi il Centro Spaziale riceve i dati informativi dai radar antibalistici tipo Voronej-M (distanza del raggio: 6 mila chilometri) coordinati coi captatori ottici e laser situati a Lekhtusi (presso San Pietroburgo), Pionersi (Kaliningrad), Armavir (riva orientale del Mar Nero). Il Centro Spaziale riceve le informazioni dei satelliti d’allarme precoce KMO/K, capaci di scoprire dalla loro orbita i lanci di missili, da crociera o balistici. Il tutto si basa su antenne di 70 metri di diametro, come quella di Evpatoria in Crimea, riprodotta qui:[mi ricorda il Muos in sicilia]

russia_anti-EU.jpg

La disorganizzazione e neutralizzazione di questo centro nervoso cruciale situato in Crimea è chiaramente la prima mira del Pentagono, perché ha di fronte qu il più grave ostacolo alla sua egemonia e alla sua espansione verso l’Asia centrale. A questo punto, sembra proprio che il golpe provocato a Kiev, con la messa al potere di un Governo fantoccio «democratico», avesse questo scopo come primario, e l’adesione di Kiev alla NATO solo secondaria. Contavano su una elezione presidenziale e nel trionfo di un potere «democratico», che avrebbe ingiunto ai russi di sloggiare la base, e avrebbe invitato al loro posto gli americani.
La fretta però li ha traditi; credendosi ormai padroni della situazione, hanno dispiegato prematuramente un intero squadrone di droni (aerei spia senza pilota) di ricognizione a Dnepropetrovsk; questi sorvoli al disopra della Crimea prima dell’annuncio del referendum avrebbero rivelato ai russi (all’ascolto sotto le loro antenne) le vere intenzioni USA.
In questo video potete vedere un drone americano che sorvola installazioni russe, ripreso dai russi stessi:
https://www.youtube.com/watch?v=y6riFRgPbFw
 
Grazie UE, Grazie Renzi. Gazprom taglia il gas all’Europa.




Giuseppe Sandro Mela.
2014-06-03.


Ieri l’Unione Europea ha fatto bloccare i lavori del South Stream in Bulgaria.


Idea davvero luminosa e lungimirante.

Oggi la risposta russa.
Gazprom riduce immediatamente le forniture di gas all’Unione Europea.

Ruvr. 2014-06-03. Gazprom ridurrà le forniture di gas verso l’Europa nel 2014.
La Compagnia energetica russa Gazprom prevede di ridurre le forniture di gas verso l’Europa occidentale nel corso del 2014 del 2% portando il quantitativo delle sue esportazioni al vecchio Continente a 158,4 miliardi di metri cubi, così come riportato da documenti ufficiali dell’Azienda.
La fornitura dell’anno passato fu di 161,5 miliardi di metri cubi, venduta ad un prezzo medio di 387 dollari per 1.000 metri cubi. Gazprom nel 2014 prevede di ridurre il prezzo medio di vendita del gas ai paesi stranieri a 372 dollari per 1.000 metri cubi.
Le forniture di gas alla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e agli Stati baltici per l’anno in corso saranno ridotte da 59,4 a 56,4 miliardi di metri cubi. Il prezzo medio del gas per i Paesi CSI e per i Paesi baltici nel 2013 era di 272 dollari per 1.000 metri cubi.
 
Ucraina cerca rogna? sembrerebbe di si




Ucraina cerca rogna? sembrerebbe di si
Riteniamo opportuno leggerei seguenti articoli:
In una telefonata con il capo di Stato della Francia Francois Hollande il presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko ha chiesto l’introduzione di nuove sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia, compresa l’interruzione della cooperazione tecnico-militare , se la situazione nella parte orientale dell’Ucraina non si stabilizza.
Secondo il capo di Stato ucraino, la decisione dell’Unione Europea “deve essere immediata e solidale
Poroshenko ha sottolineato di essere “orientato a firmare l’accordo di associazione tra Ucraina e Unione Europea a breve e ha già disposto di preparare la sua visita a Bruxelles il prossimo 27 giugno.” Per saperne di più: Ucraina, Poroshenko chiede all'Europa nuove sanzioni contro la Russia - Notizie - Politica - La Voce della Russia
e poi
Il Ministero degli Esteri russo ha espresso profonda preoccupazione per le recenti complicazioni della situazione nelle diverse aree lungo il confine russo-ucraino a seguito di azioni provocatorie da parte ucraina. “Nel caso di continue violazioni da parte ucraina al confine di Stato verranno prese tutte le misure necessarie per controllarla”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri russo. Per saperne di più: La Russia intende prevenire le violazioni di confine da parte dell'Ucraina - Notizie - Politica - La Voce della Russia
Questa situazione mi ricorda il caso di una famiglia dove il pazzo viene sempre assecondato e ritenuto insano di mente chi è contro il pazzo. Peccato che non succeda come alla famiglia dei Pazzi nell’antica Firenze.
 
Ucraina cerca rogna? sembrerebbe di si



Questa situazione mi ricorda il caso di una famiglia dove il pazzo viene sempre assecondato e ritenuto insano di mente chi è contro il pazzo. Peccato che non succeda come alla famiglia dei Pazzi nell’antica Firenze.

Ucraina, è guerra del gas

16/06/2014 ore 09.32
La cronaca degli ultimi giorni deve avere influito. Il velivolo abbattuto dai separatisti; il lutto di Kiev per i 49 soldati morti; la manfestazione davanti all'ambasciata russa e gli insulti del ministro degli <h3 class="pa_txt" id="target-resize2">Ucraina, è guerra del gas - Radio24

Una minaccia non solo per il paese di Poroshenko ma per l'Europa intera: dai gasdotti ucraini passa circa la metà del metano diretto verso il vecchio continente.







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UE. La Germania egemone si è alleata con Putin.




Giuseppe Sandro Mela.
2014-07-04.


A quanto sembra quasi nessuno ha inteso mettere in evidenza i veri grandi risultati delle recenti elezioni europee.

1. La vittoria di Farage impone al Regno Unito di distanziarsi sostanzialmente dall’Unione Europea;
2. Il partito socialista francese si è annichilito, lasciando una Francia ai limiti dell’ingovernabilità e demolita da una stagnazione e depressione ingravescente, curata per di più con i mezzi che hanno determinato proprio stagnazione e depressione. Fino a termine mandato Hollande servirà solo a soddisfare i vignettisti parigini.

Le conseguenze sono lineari.

Regno Unito per scelta, Francia per l’eutanasia praticatale da Hollande, non contano quasi più nulla nell’Unione Europea e nell’eurozona. Grazie anche alla diplomazia tedesca, la Le Pen non è riuscita a fondare un gruppo parlamentare, per cui anche in quella sede la voce francese si sente flebile come un gemito, e la ode solo chi proprio voglia sentirla. La Grandeur non è commestibile.
Anche se non lo avesse voluto, la Germania si è ritrovata ad essere la potenza egemone nell’Unione Europea. Occupa il posto che occupa per desistenza dei potenziali competitori.
I paesi meridionali dell’Europa sembrerebbero essere incapaci di seguire le orme dei passi fatti dai tedeschi negli ultimi venticinque anni, ed i loro leader vanagloriosi quanto incapaci dovranno andare ad inginocchiarsi supplicanti davanti all’altare tedesco.
Nel contempo, Mr. Obama sta procedendo a tappe forzate a distruggere ogni residua credibilità politica, economica e militare degli Stati Uniti, e tra pochi mesi diverrà un’anatra zoppa. Per i prossimi due anni gli Stati Uniti avranno un peso internazionale comparabile a quello del loro presidente.
È del tutto sequenziale che si sia formato, per il momento de facto, poi lo sarà de iure, un asse tedesco-russo che ben presto permetterà alla Germania di penetrare lo scacchiere asiatico collegandosi fino ad India e Cina.
Asse politico, economico, militare e strategico a tutti gli effetti.
È una svolta storica, epocale.

WSI. 2014-07-03. Emerge l’asse russo-tedesco.
Gli equilibri di potere stanno velocemente cambiando. Gli Stati Uniti non sono più al centro del mondo e spuntano nuove inaspettate alleanze.

NEW YORK (WSI) – Il potere nell’Europa sta mutando, le varie alleanze stanno cambiando e le recenti parole di Vladimir Putin hanno fatto intendere ad un possibile asse russo-tedesco: “Vi è una crescente importanza nelle relazioni economiche russo-tedesche. La Germania, uno dei leader europei, è il nostro partner principale nel promuovere la pace e la sicurezza regionale e globale”.
La tesi è dell’economista francese Charles Gave che ha spiegato le sue idee nel sito della società di ricerca Gavekal Dragonomics.
Stiamo assistendo ad un cambiamento decisivo nel carattere politico dell’Eurasia. La storia ci dice che lunghe guerre hanno avuto la tendenza di essere combattute tra imperi marittimi e imperi continentali. Pensate ad Atene contro Sparta, Cartagine contro Roma o anche la Gran Bretagna contro la Francia napoleonica. L’ultima grande lotta fu tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica è si era conclusa a favore dell’ impero marittimo (Stati Uniti). Come risultato, dal 1989 abbiamo vissuto in un ordine gestito dai militari degli Stati Uniti. Ma ora sembra che il ruolo di poliziotto del mondo stia nuovamente cambiando.
Il motivo di tutto ciò è semplice: un gruppo di imperi continentali stanno iniziando a sfidare il monopolio internazionale che gli americani hanno esercitato negli ultimi 25 anni. Dai musulmani sunniti in tutto il Medio Oriente o in Asia orientale ad una Cina più sicura e assertiva che sta affermando il suo caso per la supremazia. Queste lotte hanno il potenziale per diventare grandi problemi regionali, ma quello che mi preoccupa di più è l’alleanza continentale emergente tra la Russia e la Germania.
Storicamente Parigi ha sempre avuto l’idea di allearsi con i russi, non perché li amava, ma per impedire alla Germania di fare lo stesso. Il problema è che la Francia non ha nulla da offrire alla Russia (salvo alcune case per le vacanze e posti barca per i magnati sulla sua costa mediterranea).
Questo lascia il Regno Unito come unico scudo contro un’alleanza a est, anche se loro sembrano indirizzati su un percorso per lasciare l’UE entro quattro anni. E come diceva Winston Churchill: “L’Inghilterra non appartiene all’Europa, appartiene ai mari”.
Come è avvenuto a metà del 20° secolo, il Regno Unito è improbabile che entri in un impero continentale come membro minore e, quando la decisione dovrà essere presa, rimarrà alleata con l’impero marittimo guidata dagli Usa.
Nel vecchio sistema, l’Europa era una sorta di protettorato degli Stati Uniti. La sfida allo status quo però viene ora da oriente, dove Vladimir Putin ha il chiaro obiettivo di creare una nuova alleanza russo/tedesca il cui feudo si svolgerà attraverso l’Europa orientale. Se ci riesce, questa sarà una grave perdita per gli americani, soprattutto se il Regno Unito sarà rimosso come giocatore comunitario e tutto questo porterà grandi ripercussioni, non solo negli Stati Uniti.
 

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