un,dos,tres,un pasito bailante by mototopo

L’eccezione tedesca nel collocamento dei titoli di stato


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29 marzo 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
Fonte: http://www.economiaepolitica.it/?s=la+bundesbank+compra+i+bund+tedeschi&x=9&y=8

Scritto da Manfredi De Leo il 07 Dicembre 2011

1. L’esito della recente asta dei titoli pubblici tedeschi ha sollevato un interessante dibattito intorno alle specificità del meccanismo di collocamento dei titoli pubblici che sembrano distinguere la Germania dagli altri paesi dell’eurozona. Il dibattito prende spunto dai dettagli presenti nel resoconto ufficiale della procedura d’asta, laddove si comunica che sono stati emessi tutti i 6 miliardi di euro di titoli inizialmente previsti dal governo, ma al contempo si afferma che – di questi – solamente 3,6 sono stati collocati presso investitori privati. Si tratta dunque di capire esattamente cosa è successo a quei 2,4 miliardi di euro di titoli residui, che sono stati dichiarati emessi, ma non sono stati sottoscritti dai partecipanti all’asta.


Il resoconto ufficiale dell’asta definisce quella particolare quota dell’emissione come “Ammontare messo da parte per operazioni sul mercato secondario”. Dunque il 40% dei titoli emessi è stato trattenuto con lo scopo di essere successivamente venduto sul mercato secondario: una quota consistente dei titoli è stata, in altri termini, emessa ma non collocata presso gli investitori privati. Una simile operazione sembra possibile solamente qualora si ammetta l’intervento della Bundesbank, che avrebbe sottoscritto una parte della nuova emissione – come suggeriscono numerosi commentatori[1].


Ciò significherebbe che la Germania opera al di fuori delle regole comuni dell’eurozona[2], ossia in deroga a quegli stessi principi che hanno impedito, ad esempio, alla Banca Centrale Greca di intervenire a sostegno dei titoli pubblici ellenici tra il Dicembre 2009 ed il Maggio 2010, quando la spirale nei tassi di interesse pretesi dai mercati finanziari internazionali in sede d’asta ha di fatto costretto Atene a ricorrere ad un prestito istituzionale, vincolato all’adozione delle cosiddette misure di austerità. L’“eccezione tedesca” alle regole europee sull’emissione di titoli del debito pubblico appare ancora più significativa se si considera che la pratica di trattenere una quota (anche consistente) dell’emissione “per operazioni sul mercato secondario” non costituisce affatto un’anomalia nelle ordinarie operazioni di collocamento dei bund, ma ne rappresenta piuttosto il regolare funzionamento: come illustrato dal seguente grafico, la Germania trattiene regolarmente una quota delle emissioni, esattamente come accaduto in quest’ultima, discussa, asta di bund decennali.​



Cercheremo di dimostrare che la Bundesbank sostiene attivamente il collocamento dei titoli pubblici tedeschi, esercitando un’influenza dominante sul prezzo dei titoli di nuova emissione, senza però ricorrere alla sottoscrizione degli stessi sul mercato primario, ma articolando il proprio intervento in modo tale da aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e praticare di fatto il finanziamento diretto del debito pubblico tedesco.


2.Iniziamo col dire che il dibattito sull’asta dei titoli tedeschi ha il grande pregio di restituire il meccanismo di emissione dei titoli pubblici – fatto di regolamenti, prassi e rapporti di forza tra governi, banche private nazionali e internazionali – ad un contesto istituzionale più complesso di quella ‘forma di mercato’ che gli viene attribuita dalle istituzioni europee, e che giustifica il divieto di acquisto dei titoli pubblici imposto alle banche centrali, chiamate appunto a non interferire con il regolare funzionamento del mercato del credito.


Vogliamo capire come sia possibile che un titolo pubblico venga emesso, ma non collocato. Precisiamo innanzitutto cosa si intende per collocamento: un titolo si definisce collocato quando viene sottoscritto per la prima volta. L’ufficio governativo responsabile dell’emissione dei titoli del debito pubblico tedesco è l’Agenzia per il debito (Finanzagentur), la quale gestisce le procedure d’asta e poi trattiene i titoli non collocati presso quella platea di investitori privati che hanno l’accesso riservato al mercato primario, platea costituita da una quarantina di banche e società finanziarie tedesche ed internazionali. L’idea, suggerita da molti commentatori, che i titoli non collocati vengano di fatto sottoscritti dalla banca centrale tedesca è stata immediatamente contestata, poiché sembra scaturire da una errata interpretazione del particolare ruolo svolto da quest’ultima all’interno del processo di emissione dei titoli. Come vedremo, sebbene sia effettivamente possibile confutare la tesi secondo cui la Bundesbank sottoscrive i titoli pubblici tedeschi direttamente sul mercato primario, la banca centrale tedesca può contare su altri e diversi canali per intervenire sui titoli di nuova emissione, con risultati assolutamente equivalenti all’azione diretta sul mercato primario.


La Bundesbank agisce per conto dell’Agenzia per il debito tedesca in qualità di “banca custode e non di prestatore di ultima istanza”, come sostiene Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore del 26 Novembre 2011: i titoli trattenuti risultano in sostanza congelati presso la banca centrale tedesca, senza che questa corrisponda al governo alcuna somma di denaro in cambio, ossia senza che quei titoli risultino effettivamente sottoscritti. Spiega ancora la Bufacchi: “L`agenzia del debito tedesco riprende poi quei titoli invenduti e li ricolloca in tranche sul secondario, nell`arco di qualche giorno o in casi di mercati ostici di qualche settimana.” Dunque sembra, a prima vista, che la Germania non stia procedendo alla cosiddetta ‘monetizzazione’ del debito pubblico. A confermare questa interpretazione interviene anche la prestigiosa rivista The Economist, pubblicando sul proprio sito l’articolo Fun with bunds in cui, “per evitare che i bloggers passino molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, si affida la soluzione al dilemma alle parole di un rappresentate della PIMCO, una delle più importanti società private di investimento a livello internazionale: “La Finanzagentur ha emesso solamente 3,6 miliardi in cambio di liquidità. Loro hanno collocato 3,6 miliardi sul mercato ed hanno trattenuto 2,4 miliardi sui loro libri contabili. In futuro potranno vendere l’ammontare trattenuto sul mercato secondario, ottenendo la corrispondente liquidità. Potreste aver letto che la Bundesbank ha acquistato la quota dell’emissione che non è stata collocata in asta; ciò non è corretto. La Bundesbank non sta finanziando la Germania; opera semplicemente come un’agenzia per la Finanzagentur.”


La pratica dell’Agenzia tedesca per il debito, consistente nel trattenere una quota dell’emissione, viene dunque presentata, molto semplicemente, come un metodo per procrastinare il collocamento di quei titoli, in attesa di più favorevoli condizioni sui mercati finanziari: una mera questione di tempo, poiché i titoli emessi ma non anche collocati saranno, prima o poi, effettivamente collocati.


3. Dopo aver “passato molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, è forse possibile mettere in discussione la validità di questa lettura del problema, ed incentrare l’interpretazione del particolare meccanismo di emissione dei titoli pubblici tedeschi non tanto sul ‘quando’ i titoli trattenuti verranno sottoscritti, quanto piuttosto sul ‘dove’ quei titoli verranno poi, effettivamente, collocati.


La struttura istituzionale conferita generalmente agli odierni processi di emissione dei titoli del debito pubblico si fonda su una netta distinzione tra il mercato primario, dove i governi collocano i titoli di nuova emissione, ed il mercato secondario, dove i titoli già emessi possono essere liberamente scambiati. Tale distinzione è rilevante, all’interno della cornice istituzionale dell’eurozona, poiché il Trattato di Maastricht (comma 1 art. 101[2]) vieta esplicitamente alle banche centrali dell’eurozona l’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi membri solamente sul mercato primario: la BCE e le banche centrali dei paesi membri sono dunque lasciate libere di acquistare titoli del debito pubblico dei paesi membri dell’eurozona sul mercato secondario, e siamo certi che stiano operando in questo senso quantomeno a partire dal Maggio 2010, nel contesto del Securities Markets Programme[4]. Si noti come la chiara distinzione tra mercato primario e mercato secondario, ovvero la regola per cui sul mercato secondario possono essere scambiati solamente titoli già emessi sul mercato primario, sia il presupposto della logica seguita dalle istituzioni europee, le quali prevedono contemporaneamente il divieto imposto da Maastricht, che si riferisce al mercato primario, ed il Securities Markets Programme, che limita al mercato secondario la libertà di intervento delle banche centrali. Nelle parole dell’allora Governatore della BCE Trichet: “le nostre azioni sono pienamente conformi al divieto di finanziamento monetario [del debito pubblico] e dunque alla nostra indipendenza finanziaria. Il Trattato vieta l’acquisto diretto, da parte della BCE, dei titoli del debito emessi dai governi. Noi stiamo acquistando quei titoli solamente sul mercato secondario, e dunque restiamo ancorati ai principi del Trattato”.[5]


Alla luce di quanto detto circa la pratica – operata negli anni dalla Germania – di destinare una quota rilevante delle emissione ad operazioni sul mercato secondario, risulta evidente che, quando consideriamo il mercato dei titoli pubblici tedeschi, la distinzione tra mercato primario e mercato secondario si fa quantomeno labile: tramite la quota di titoli di nuova emissione regolarmente trattenuta dall’Agenzia del debito, infatti, la Germania è in grado di collocare i propri titoli del debito pubblico direttamente sul mercato secondario. Ciò è rilevante perché se il mercato primario dei titoli pubblici è esplicitamente riservato, in tutti i paesi dell’eurozona, ad un gruppo di investitori privati, sul mercato secondario operano – accanto agli investitori privati – anche le banche centrali dei paesi membri. Questo significa che il tasso di interesse che si determina sul mercato primario può essere spinto al rialzo da una carenza di domanda di titoli che non ha ragione di esistere sul mercato secondario, laddove l’azione della banca centrale implica una domanda potenzialmente infinita per i titoli pubblici: sul mercato primario, dove non operano le banche centrali, può sussistere una situazione di eccesso di offerta di titoli che conduce ad un rialzo nei tassi di interesse, quale quello osservato in Grecia nei primi mesi del 2010, ed in Italia a partire dall’Agosto 2011, mentre sul mercato secondario l’intervento della banca centrale ha il potere di creare tutta la domanda necessaria a spingere al ribasso il rendimento dei titoli pubblici. Pertanto, il semplice fatto che il collocamento dei bund di nuova emissione avvenga, in parte, direttamente sul mercato secondario ha un impatto significativo sul tasso di interesse dei titoli pubblici tedeschi, garantendo alla Germania un minor costo dell’indebitamento pubblico, a prescindere dalla possibilità (pure presente) che i titoli di nuova emissione collocati sul mercato secondario vengano sottoscritti direttamente dalla Bundesbank. La particolare struttura istituzionale del processo di emissione dei titoli pubblici tedeschi sopprime di fatto la distinzione tra mercato primario e mercato secondario, aprendo lo spazio per il finanziamento del debito pubblico tramite la banca centrale – spazio negato agli altri paesi membri dell’eurozona.


Il complesso meccanismo di emissione dei titoli pubblici appena descritto consente alla Germania di proporre, in asta, un tasso dell’interesse molto basso, come avvenuto il 23 Novembre: se gli investitori privati si rifiutano di sottoscrivere i titoli del debito pubblico tedeschi a quei tassi, giudicati poco remunerativi, lo Stato trattiene la quota dell’emissione non collocata e procede, successivamente, al collocamento di quei titoli sul mercato secondario, dove l’azione della banca centrale è in grado di orientare i livelli del tasso dell’interesse vigente, o addirittura di tradursi in un intervento diretto, con la Bundesbank che sottoscrive i titoli del debito non collocati sul mercato primario. In assenza di un simile meccanismo, i governi sono costretti ad accettare il tasso di interesse che gli investitori privati pretendono sul mercato primario, laddove la loro disponibilità a sottoscrivere i titoli pubblici rappresenta l’unica possibilità che lo stato ha di finanziare il proprio debito. L’“eccezione tedesca” può essere concepita come un metodo che permette di aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e viene da chiedersi per quale motivo gli altri paesi dell’eurozona non si siano dotati di un simile dispositivo, capace di arginare le pretese dei mercati finanziari internazionali sui rendimenti dei propri titoli pubblici.​

[1] Alesina e Giavazzi sul Corriere dela Sera del 24 Novembre 2011 affermano che “l’asta dei Bund è stata sottoscritta solo grazie alla Bundesbank che ha acquistato il 40% dei titoli offerti da Berlino.”. Lo stesso giorno, simili affermazioni compaiono sui più importanti quotidiani. Sul Sole 24 Ore Bufacchi sostiene che: “va scartata la maxi-quota, pari al 39% dei 6 miliardi, che è stata sottoscritta dalla Buba [Bundesbank] per essere rivenduta sul secondario per via del peculiare meccanismo usato fin dagli anni 70 nelle aste dei titoli di Stato tedeschi.”; Quadrio Curzio commenta che “senza l’intervento della Bundesbank poteva andare anche peggio” sul Messaggero; Tabellini afferma, sul Sole 24 Ore, che: “la Bundesbank di fatto continua ad agire come prestatore di ultima istanza quanto meno in via temporanea nei confronti dello Stato tedesco. I titoli non venduti in asta infatti sono stati assorbiti dalla Bundesbank, che da sempre svolge questo ruolo per garantire la liquidità dei titoli tedeschi.”
[2] “La banca centrale tedesca ha subito assorbito tutti i titoli invenduti. È esattamente ciò che la Bundesbank stessa non vuole che la BCE faccia con Italia e Spagna. […] ha comprato direttamente dal governo, un comportamento in apparenza illegale ai termini del trattato: finanziamento monetario del deficit.” Fubini, Corriere della Sera del 24 Novembre 2011.
[3] “È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE o da parte delle Banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate “Banche centrali nazionali”), a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali.” (Cfr. Versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità Europea, Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, 24/12/2002, corsivo nostro).
[4] “Nei termini definiti in questa Decisione, le banche centrali dell’Eurosistema possono acquistare […] sul mercato secondario titoli di debito […] emessi dai governi centrali o da enti pubblici dei Paesi Membri e denominati in euro.” (Cfr. Decision of the European Central Bank of 14 May 2010 establishing a securities markets programme, Official Journal of the European Union, 20/05/2010, corsivo nostro).
[5] Cfr. Speech by Jean-Claude Trichet, President of the ECB, at the 38th Economic Conference of the Oesterreichische Nationalbank, Vienna, 31 May 2010.
 
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interessante la truffa di maastricht del 3%

https://docs.google.com/viewer?a=v&...nUDNJe&sig=AHIEtbSxWdQOjJrKIt_MaW8yDKuX7DBeiw

Patto di stabilità e crescita - Wikipedia
Il debito e il deficit pubblico - Crisi economica, le parole-chiave - Soldi - Virgilio Economia

cosa ci fa l'italia nell'euro se da prospetto legge lo spread non può essere superiore a 300 ? altro che 500 o più ... di cosa parliamo ? dei cavoli a merenda di maastricht o di leggi giurisprudenziali degli uomini fatte ad uso e consumo per pochi ?
Il debito del 60% che sta ad oltre il 120% ? Serve essere laureati per capire che hanno truffato e continuano a farlo tuttora ?
 
Il Giallo dei Soldi Dati dalla Bce a Cipro

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Il Giallo dei Soldi Dati dalla Bce a Cipro



Leggete questo reportage dell'ottimo Mauro Bottarelli. Il quale, nel mezzo del caos cipriota, si è preso la briga di contattare personalmente Francoforte per spazzare via alcuni dubbi... col risultato di vederli ingigantire.

Leggetelo e forse capirete ancora meglio come, a ragione, la vicenda cipriota è stata da alcuni paragonata all'omicidio dell'Arciduca Ferdinando a Sarajevo nel 1914.
A me bastano le considerazioni di Martin Wolf: "Ciò che ci insegna il caso di Cipro è che un euro non ha lo stesso valore ovunque. Le banconote sono le stesse ma di fatto quasi tutti gli euro sono passività delle banche. Quello che è successo a Cipro mostra chiaramente che il valore di un euro di passività bancarie dipende dalla solvibilità della banca stessa e dalla solvibilità del governo che sta dietro a quella banca".
E quanto leggerete assumerà un aspetto ancora più sinistro se raffrontato con quanto accaduto sulle borse, sul bund e sui cambi in questi maledetti ultimi tre mesi...
E forse aiuta anche a capire l'ostinazione con cui Bernanke ha deciso di effettuare e difendere quest'ultimo "QE ad Libitum" nonostante i dati economici USA siano sensibilmente e quasi costantemente in ripresa.
Lo dico e lo ripeto: c'è qualcosa di molto losco nel comportamento dei mercati tutti (indici, yen, preziosi) scattato dal 2 gennaio e che fa a pugni con la rarefazione dei volumi di scambi e la compressione di volatitilità.
In verità, in verità vi dico: non fidatevi di questi quattro individui

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ESCLUSIVO/ Il giallo dei soldi dati dalla Bce a Cipro

Mauro Bottarelli
venerdì 29 marzo 2013
Dunque, ora che a Cipro le banche hanno riaperto - anche se con vincoli di controllo sul capitale in grado di scongiurare una bank-run e con guardie armate a difesa degli sportelli - ci tocca porre un’altra domanda e dare un’altra risposta al giallo di Nicosia: chi sapeva in anticipo che l’Ue avrebbe rotto il tabù della libera circolazione dei capitali e dell’intangibilità bancaria? Chi era a conoscenza del fatto che il “modello Cipro” si sarebbe basato sul bail-in, ovvero far pagare le ristrutturazioni bancarie anche ai correntisti? Qualcuno di certo. Lo prova il grafico a fondo pagina reso noto ieri dalla Bce: nel mese di febbraio, quando quello cipriota continuava a essere un non problema per tutti - Ue, Bce stessa, Fmi, analisti finanziari - e l’indice Dow Jones sfondava record su record, dalle casse delle banche cipriote è stato prelevato e spostato l’ammontare massimo degli ultimi tre anni. Una coincidenza fortuita? Difficile pensarlo, visto poi che l’ammontare è quasi equamente diviso tra componente retail e corporate, ovvero privati cittadini e aziende.
Insomma, a un mese dal golpe della Troika, qualcuno ha drizzato le antenne e pensato bene di mettere in salvo i suoi soldi. Russi? Inglesi? Difficile, viste le reazioni dei rispettivi governi alle decisione dell’haircut e al prelievo di massa della scorsa settimana tramite filiali russe e londinesi. Magari di nazionalità molto familiare con le questioni europee? Ecco, già più probabile. E qui inizia il vero giallo, almeno a mio modo di vedere.
Nel primo pomeriggio di ieri, Twitter era impazzito rilanciando in continuazione la notizia, riportata per prima dalla versione on line del quotidiano tedesco Handelsblatt, in base alla quale la Bundesbank avrebbe fornito liquidità per 5 miliardi alla Banca centrale di Cipro. Immediate sono fiorite le teorie più strampalate, visto che circolava anche una foto notturna di camion in coda, i quali sarebbero stati pieni dei soldi tedeschi per Nicosia. Ma perché mai la Bundesbank, notoriamente “falco” quando si tratta di salvataggi, dovrebbe prestare soldi a Cipro? E in quali termini?
È bastata una mail all’ufficio stampa della Bundesbank per avere la versione reale dei fatti. A mia domanda, infatti, Ute Bremers rispondeva quanto segue: «Vorrei correggere la notizia. I soldi che sono stati forniti alla Banca centrale di Cipro provengono dalle riserve della Bce, erano semplicemente stoccati presso la Bundesbank precedentemente. Per ogni altra domanda riguardante questo argomento, la prego di rivolgersi ai miei colleghi della Bce». Ed è ciò che ho fatto. Alle 17.18 inviavo una mail all’ufficio stampa della Bce, da cui mi giungeva risposta alla 17.38: mi si chiedeva scusa perché tutti gli addetti dell’ufficio erano già andati via (alle 17.38 e in pieno bailamme finanziario? Poi sono gli italiani che lavorano poco e suonano il mandolino) ,ma mi si forniva gentilmente il numero di cellulare di Niels Bunemann, capo del dipartimento stampa.

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CASO CIPRO/ Ecco come i russi hanno "fregato" l’Europa

Mauro Bottarelli
mercoledì 27 marzo 2013
Ma perché questo continuo rimandare la riapertura delle banche cipriote, ora che sono stati imposti controlli sul capitale in grado di frenare potenziali fughe di denaro? E perché ieri la Banca centrale cipriota ha reso noto che sta pianificando un ampliamento del credito di emergenza - quello attraverso il programma Ela della Bce - di 2,5-3 miliardi di euro? E perché il presidente della Bank of Cyprus si è dimesso, prontamente sostituito da un commissario governativo? Fonti cipriote parlano della necessità di istruire il personale e aggiornare i software dopo la chiusura forzata e le nuove condizioni di operatività, mentre sia il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, che il disastroso presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, gettano acqua sul fuoco. Il primo dicendo che non vi è motivo di allarme, ma anche che la Bce sta vigilando attentamente su spostamenti di capitali, il secondo - capace lunedì di affossare le Borse con la sua improvvisa sparata sul "modello" Cipro per futuri salvataggi - assicurando che non ci sono prove di trasferimenti di capitali dai Paesi periferici a quelli "core".
Il problema è un altro: chi ha detto che per spostare i loro soldi depositati a Cipro, i russi che si è voluto colpire con l'haircut forzoso, debbano operare presso gli istituti fisicamente sull'isola? Nonostante una settimana di chiusura, infatti, di capitali pare che da Cipro ne siano spariti. E non pochi. Ecco spiegato il protrarsi della chiusura forzata delle banche: c'è il rischio della cosiddetta bank-run e dell'insolvenza nell'arco di una giornata. Al centro della disputa ci sono infatti Bank of Cyprus, la banca con il maggior numero di conti correnti a cinque zeri e Laiki, disastrata e destinata allo smembramento tra good e bad bank: entrambe, riferimento per i depositi dei facoltosi russi che hanno fatto la fortuna dell'isola, sono state chiuse e i bancomat limitati prima a 260 e poi addirittura a 100 euro di prelevamento massimo giornaliero.
Peccato che le filiali londinesi di queste due banche non solo fossero aperte, ma anche totalmente operative nel corso della settimana di caos innescata dall'Eurogruppo e dalla sua proposta shock. Inoltre, Bank of Cyprus detiene l'80% della russa Uniastrum Bank, la quale non ha mai chiuso i battenti, né tantomeno posto limiti ai prelevamenti in Russia. Insomma, usando le sussidiarie o i rami esteri delle banche cipriote, molti russi hanno avuto almeno sei giorni lavorativi per ritirare la gran parte dei loro soldi, quando le autorità cipriote ed europee pensavano invece di averli blindati attraverso la chiusura degli istituti. Tanto più che nel caos dei giorni scorsi, funzionari dell'Ue hanno contattato i loro colleghi in Lettonia, mettendoli in guardia dall'accettare l'arrivo di denaro russo proveniente da Cipro, minacciando il Paese di forti difficoltà nell'aderire all'eurozona se avesse permesso il contrario (amici lettoni, datemi retta, prendete i soldi russi e dite addio all'euro!).​
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