un,dos,tres,un pasito bailante by mototopo

La famiglia dello scudo rosso: i Rothschild
di Marcello Pamio
Ho letto con molto interesse libri, fascicoli e siti internet su cosiddette teorie cospirative secondo le quali dietro alle vicende politiche ed economiche ci sarebbero potenti logge massoniche. Fin qui nulla di strano. Non si può negare infatti che la maggior parte di queste società segrete fin dalle loro origini erano composte da influenti personaggi della vita pubblica, politica e militare.
La cosa però che ha destato la mia curiosità è l’onnipresenza di un nome ben preciso. Un comun denominatore rappresentato dai Rothschild. Questa famiglia, perché di famiglia si tratta, appartiene secondo molti all’organizzazione elitaria chiamata gli Illuminati di Baviera [1] e governerebbe l’intero sistema bancario mondiale con tutto quello che ne consegue.
Se è vero che questo gruppo di burattinai muove le fila della finanza, dell’economia e della politica mondiale perché allora il nome non figura mai da nessuna parte? Avete mai letto su giornali o sentito alla televisione dei Rothschild e delle loro vicissitudini? Sarebbero dietro le quinte di tutti i più importanti affari e nessuno ne parla, non è un po’ strano?
Per la verità vedremo alla fine che qualcosa è trapelato dai media.
Chi ha ragione? Gli autori di svariati libri che puntano il dito contro un sistema occulto, in cui la famiglia Rothschild riveste un ruolo di primaria importanza, in grado di controllare l’intero sistema o invece chi al contrario afferma che tali ipotesi sono semplicemente frutto di menti malate in preda ad allucinazioni e manie di persecuzioni?
L’esperienza mi suggerisce che la verità sta sempre nel mezzo!
Quindi prima di avanzare qualsiasi ipotesi in merito andiamo a vedere chi sono e soprattutto cosa fanno oggi i Rothschild.
Per ripercorrere le origini torniamo indietro nel tempo di circa duecento anni spostandosi in Germania, precisamente a Francoforte. L’anno è il 1743.
L’Adamo non proprio biblico della nostra storia è Amschel Moses Bauer, un semplice orafo tedesco con la passione, che oggi possiamo chiamarla predisposizione,per prestiti e finanziamenti. Semplice orafo per modo di dire naturalmente, visto che è il capostipite che ha dato origine a un impero economico da mille e una notte.
Un impero nato sotto le ali protettive dell’aquila romana contornata da uno scudo rosso.
Tale infatti è il sigillo che Amschel aveva collocato sull’entrata della propria azienda.

rothsc1.gif
Un logo che divenne presto la rappresentazione figurata dell’attività di Bauer. "La ditta dello Scudo Rosso" veniva infatti chiamata.
D’altronde abbiamo tantissimi esempi anche nostrani di queste associazioni: uno per tutti il Cavallino Rampante per indicare la Ferrari. Quello che non tutti sanno invece è che lo Scudo Rosso in lingua tedesca è Rothschild. Per essere più precisi: Scudo Rosso à Red Schield à Rothen Schild à Rothschild. Questo particolare è molto importante perché quando il figlio di Moses, Mayer Amschel ereditò da suo padre la società cambiò nome in Rothschild, e tale è rimasto immutato fino ai giorni nostri.
Mayer Rothschild da Gertrude Schnapper ebbe cinque figli: Amschel (1773-1855), Salomon (1774-1855), Nathan (1777-1836), Karl (1788-1855) e Jacob (1792-1868).
Non appena i ragazzi furono istruiti a dovere sull’attività economica e finanziaria partirono alla volta di altrettante capitali europee per aprire filiali ed espandere l’impero esclusivamente patriarcale. Le donne avevano un ruolo secondario nella gestione.
Il primogenito Amschel essendo il più anziano rimase a Francoforte per controllare la società base, Salomon invece andò a Vienna, Nathan a Londra, Karl a Napoli e Jakob a Parigi.
La famiglia cresce, e cresce anche la necessità di un nuovo emblema che li rappresenti al meglio. Cinque frecce che s’incrociano intersecandosi in un unico punto è il nuovo stemma. Le frecce rappresentano i cinque fratelli e il punto d’intersezione è lo scopo che unisce tutta la famiglia. Avrete già capito qual è questo scopo.

rothsc2.gif
Senza nulla togliere all’operato dei fratelli, è d’obbligo “spezzare una freccia” -visto che siamo in tema- a favore di Nathan il quale si distinse immediatamente per fiuto e capacità imprenditoriali.
Ricordiamo che agli inizi dell’Ottocento l’Europa stava cambiando velocemente e questo poteva creare certamente molte occasioni per uomini intelligenti e soprattutto ricchi.
Nathan approfittò di questa situazione e aprì a Manchester una impresa tessile. Il rapido declino delle esportazioni tessili britanniche durante il blocco continentale costrinsero però Nathan a tornare a Londra per estendere le proprie attività in ambito finanziario. Le attività del figliol prodigo s’impennarono in potenza e prestigio grazie anche al matrimonio con Hannah Barent Cohen (1783-1850), la figlia di uno dei più ricchi mercanti ebrei londinesi[2].
I conti li sapeva fare molto bene!
Conti che dirottavano sempre più verso operazioni finanziarie speculative su titoli britannici ed esteri, cambi valute, metalli preziosi, ecc.
Qualche esempio? Il Duca di Wellington non avrebbe potuto pagare il suo esercito nella battaglia di Waterloo senza la mano, anzi il portafogli, dei Rothschild[3]. Dopo questa vittoria, la banca di Nathan vinse il contratto per i pagamenti dei tributi agli alleati europei[4].
Anche il governo francese dovette usufruire dei fondi privati per rimpinguare le casse nazionali svuotate dall’estenuante guerra franco-prussiana[5]. Salomon Rothschild a Vienna finanziava intanto il debito estero austriaco attraverso contratti di prestito al Principe Metternich[6].
I cinque fratelli pur lavorando a distanza portavano avanti la stessa tecnica, quella della riserva frazionale bancaria. Questo permise la loro autonomia e indipendenza in ogni paese in cui operavano.
Con queste enormi risorse economiche riuscirono a intervenire persino a favore della Banca d’Inghilterra, quando la crisi di liquidità del 1826 piegò le gambe al governo britannico. Grazie ad una immissione di un grosso quantitativo di oro fu scongiurato il peggio[7].
Ma la storia non finisce qui, perché nel settore pubblico si distinsero per i finanziamenti della rete ferroviaria in Francia, Italia, Austria, per il Canale di Suez, permisero l’acquisto dei terreni minerari in Spagna, Sud America, Sud Africa e Africa Occidentale.
L’oro era così importante e fondamentale per i Rothschild che dal 1919 fino ai nostri giorni la banca ha ospitato e presieduto per due volte al giorno il fixing mondiale del prezzo dell’oro[8]. Vi rendete conto: stabilivano anche il prezzo mondiale dell’oro!
Addirittura sembrerebbe, e il condizionale è d’obbligo, che una banca della famiglia abbia finanziato John D. Rockefeller per la sua monopolizzazione della raffinazione del petrolio che portò alla fondazione della Standard Oil.
Cosa dire delle ricostruzioni postbelliche? Nelle guerre si sa, non vi sono mai vincitori. Di per sé una guerra è sempre una sconfitta sia per chi la provoca ma soprattutto per chi la subisce. Dall’ottica di un banchiere però, una guerra è sempre una ghiotta opportunità di investimenti, di prestiti, di ricostruzioni. Infatti dopo la Prima Guerra Mondiale, precisamente nel 1922 i Rothschild misero a disposizione fondi per la ricostruzione in numerosi paesi come Francia, Germania, Cecoslovacchia, Ungheria. A questo punto ho dovuto scacciare con la forza dalla mia mente un dubbio tremendo. E’ possibile che banchieri senza scrupoli fomentino a proprio piacimento le guerre, magari finanziando entrambe le fazioni e innescando la miccia fornendo poi i soldi per la ricostruzione? In via molto ipotetica sì. Scatenare una guerra non è così difficile: si forniscono le armi a entrambe le parti e si trova una motivazione sufficiente: religione, petrolio, terrorismo, ecc.
No! La perfidia umana non può arrivare a tanto! Giusto?
A questo punto negare o far finta di non vedere che l’impero dei Rothschild fin dai primi anni del secolo XIX ha influenzato la politica, l’economia e la finanza del mondo intero è un’offesa alla comune intelligenza.
E oggi? Come sono messi, anzi, visto che interessa pure la nostra cara Italia come siamo messi? Forse la famiglia si è ritirata a vita privata e si sta godendo un meritato riposo? Sbagliato. Certamente la vita è rimasta sempre molto privata. Non riesco infatti ancora a spiegarmi come la stampa, sempre più ricca di pettegolezzi e gossip e meno di informazioni utili, non s’interessi della vita di questi personaggi affascinanti e al limite del misterosofico.
Riescono –i media- a scovare una star televisiva che si sta abbronzando nuda dentro la caldera di un vulcano in pieno inverno e nessuno fa un servizio sugli appartenenti alla famiglia più potente del pianeta. Non è un po’ strano? Lungi da me l’idea che gli editor non possano fare servizi su certi banchieri internazionali, rimane allora la spiegazione che forse a nessuno interesserebbe. Strano perché personalmente preferirei leggere qualcosa su i «veri controllori» piuttosto che leggere e/o vedere qualche personaggetto estivo che pur di apparire nei giornali venderebbe la propria anima al diavolo, in questo caso fotografi e giornalisti.
Tornando al discorso di prima, oggi la famiglia Rothschild non ha perso prestigio e potere, semmai con il passare degli anni lo ha consolidato ulteriormente. Incredibile ma vero.
Passano gli anni e i loro sistemi si adeguano. Oggi hanno sviluppato una divisione per il finanziamento d’impresa al servizio di fusioni e acquisizioni. Operazioni queste all’ordine del giorno. Basta aprire un qualsiasi giornale finanziario per leggere che la multinazionale ics si è unita, o è in procinto di farlo, con la transnazionale ipsilon. Fusioni il cui unico risultato è la creazione di megacorporazioni amministrate da pochissimi e composte da migliaia tra affiliate e holding. In fisica per innescare una fusione nucleare tra atomi serve molta energia qui le fusioni necessitano solo di soldi. Moltissimi soldi. Chi possiede tutti questi soldi se non i banchieri?
Vediamo adesso nel dettaglio dove i tentacoli economici dei Rothschild sono arrivati nel 3° Millennio. Per problemi di spazio cito solamente le società più conosciute e/o riguardanti il nostro paese, ma chiunque volesse approfondire consiglio di entrare nel sito ufficiale della famiglia e stamparsi l’elenco completo. Fate scorta di carta!
Tra le straniere spiccano: De Beers quella dei diamanti, la Enron fallita da poco, British Telecom, France Telecom, Deutch Telekom, Alcatel, Eircom, Mannesmann, AT&T, BBC, Petro China, Petro Bras, Canal +, Vivendi, Aventis, Unilever, Royal Canin, Pfaff, Deutch Post[9], e moltissime altre.
Torniamo adesso un momento in Italia poiché ce n’è per tutti i gusti: Tiscali, Seat Pagine Gialle, Eni, Rai, Banca di Roma, Banco di Napoli, BNL Banca Nazionale del Lavoro, Banca Intesa, Bipop-Carire, Banca Popolare di Lodi, Monte dei Paschi di Siena, Rolo Banca 1473, Finmeccanica[10]. Vi può bastare? Penso proprio di sì!
Mi avvio a concludere nella speranza che questa piccola e incompleta illustrazione possa almeno aver fatto nascere qualche dubbio e/o curiosità in più su questa incredibile e decisamente atipica famigliola. Non posso confermare ma neppure smentire le pesanti e inquietanti affermazioni che svariati autori pubblicano sui Rothschild. Tengo a sottolineare che la cosa più incredibile è come i media in generale evitano di trattare tali argomentazioni. Passi il discorso sulla cospirazione globalizzata alla George Orwell, ma qui i fatti parlano chiaro. Le trame e gli intrecci economici pure. Sono sotto gli occhi di tutti. Almeno di chi vuol vedere.
Non posso accontentarmi di leggere su La Stampa del 7 giugno 1996 che Lady Rothschild era l’ipotetica spia del KGB a Londra, o su Il Giorno del 29 agosto 2000 la cronaca della morte per overdose all’età di 23 anni di Raphael figlio di Nathaniel Rothschild.
Queste rientrano nel deleterio e purtroppo tanto seguito gossip.
Le cose serie e importanti sono altre.

Marcello Pamio
 
Savoia a bolletta salvato dai Rothschild
LE BANCHE dei "Fratelli" d'Italia stretti a "coorte"
Tratto da www.cronologia.it/mondo28s.htm
Giornali e televisioni ogni tanto ci dicono che il popolo italiano ha un mostruoso debito pubblico, ma nessuno ci dice verso chi siamo debitori. Apparentemente la cosa non è semplice da spiegare, in effetti la spiegazione è semplicissima: è soltanto una truffa, una grande truffa. Per farla capire dobbiamo tuttavia rifarci al 1861. L'anno dell'unità d'Italia.
Nel 1849 si costituiva in Piemonte la Banca Nazionale degli Stati Sardi, di proprietà privata.
L'interessato Cavour che aveva infatti propri interessi in quella banca; impose al parlamento savoiardo di affidare a tale istituzione compiti di tesoreria dello Stato. Si ebbe, quindi, una banca privata che emetteva e gestiva denaro dello Stato! A quei tempi l'emissione di carta moneta veniva fatta solo dal piemonte, al contrario il Banco delle Due Sicilie emetteva monete d'oro e d'argento. La carta moneta del Piemonte aveva anch'essa una riserva d'oro (circa 20 milioni), ma il rapporto era che ogni tre lire di carta valevano una lira d'oro. Il fatto è che, per le continue guerre che i savoiardi facevano, quel simulacro di convertibilità in oro andò a farsi benedire, sicché ancor prima del 1861 la carta moneta piemontese era diventata carta straccia per l'emissione incontrollata che se ne fece.

Avvenuta la conquista di tutta la penisola, piemontesi misero le mani nelle banche degli Stati appena conquistati. Naturalmente la Banca Nazionale degli Stati Sardi divenne, dopo qualche tempo, la Banca d'Italia. Avvenuta l'occupazione piemontese fu immediatamente impedito al Banco delle Due Sicilie (diviso poi in Banco di Napoli e Banco di Sicilia) di rastrellare dal mercato le proprie monete d'oro per trasformarle in carta moneta secondo le leggi piemontesi, poiché in tal modo i Banchi avrebbero potuto emettere carta moneta per un valore di 1200 milioni e sarebbero potuti diventare padroni di tutto il mercato finanziario italiano. Quell'oro piano piano passò nelle casse piemontesi. Tuttavia, nonostante tutto quell'oro rastrellato al Sud, la nuova Banca d'Italia risultò non avere parte di quell'oro nella sua riserva.
Evidentemente aveva preso altre vie, che erano quelle del finanziamento per la costituzione di imprese al nord operato da banche, subito costituite per l'occasione, che erano socie (!) della Banca d'Italia: Credito mobiliare di Torino, Banco sconto e sete di Torino, Cassa generale di Genova e Cassa di sconto di Torino.
Le ruberie operate e l'emissione non controllata della carta moneta ebbero come conseguenza che ne fu decretato già dal 1 MAGGIO 1866, il corso forzoso, cioè la lira carta non poté più essere cambiata in oro.
Da qui incominciò a nascere il Debito Pubblico: lo Stato cioè per finanziarsi iniziò a chiedere carta moneta a una banca privata. Lo Stato, quindi, a causa del genio di Cavour e soci, ha ceduto da allora la sua sovranità in campo monetario affidandola a dei privati, che non ne hanno alcun titolo (la sovranità per sua natura non è cedibile perché è del popolo e dello Stato che lo rappresenta).
Oltretutto da quando nel 1935 fu decretato definitivamente che la lira non era più ancorata all'oro, si ebbe che il valore della carta moneta derivò da allora semplicemente e unicamente dalla convenzione di chi la usa e accetta come mezzo di pagamento. La carta moneta, dunque, è carta straccia e in realtà alla Banca d'Italia (che è privata), a cui si dovrebbe pagare il debito pubblico, non si deve dare nulla. Ed è necessario, infine, ricordare che ancora oggi le quote dell'attuale Banca d'Italia sono possedute da varie Casse di Risparmio, da Banche e da Assicurazioni, cioè enti privati su cui la Banca d'Italia dovrebbe vigilare.
Da tutto questo potete facilmente capire in mano a chi siamo e che, dato che la Banca d'Italia ha un immenso potere finanziario e politico.....
qualsiasi governo in Italia conta come il due di briscola. (*)
Antonio Pagano
(*) Questo spiega, perché quando ci sono i governi in crisi, il premier è quasi sempre un governatore della Banca d'Italia (Da Carli - (che a un certo momento va ad assumere la presidenza della Confindustria) fino a Ciampi). Cioè con i "santi" al vertice delle autorità monetarie e di governo,

www.disinformazione.it
 
2 febbraio 2012

Banconote Euro: i segreti matematici nella serie alfanumerica



TESTATA_EURO-300x183.jpg
A differenza delle monete, che hanno una faccia comune ed una nazionale, le banconote Euro in circolazione, taglio per taglio, a prima vista, sono tutte uguali: non un simbolo, una figura che possa far risalire immediatamente alla nazione che le ha prodotte.
Guardando bene, però, una cosa c’è che distingue gli Euro stampati in Italia da quelli prodotti in Germania, da quelli in Belgio, e così via: è la serie alfanumerica di ogni banconota, composta da una lettera e da undici numeri.
Ebbene sì, infatti esaminando i numeri di serie delle banconote in Euro, possiamo scoprire come la regola che è stata prefissata per ottenere dei numeri validi da stampare sulle banconote di ogni stato, sia stata concepita senza dubbio da esperti matematici.
La serie alfanumerica è anche un’ulteriore caratteristica di sicurezza, oltre a quelle che ti avevo mostrato in precedenza.
Per capire cosa si nascondono all’interno dei numeri di serie stampati, due volte, sul retro di ogni banconota in Euro, prendiamo come esempio il numero di serie S 02921218783:
La lettera che precede il codice non è per nulla casuale. E non è nemmeno in ordine alfabetico. La lettera iniziale corrisponde sempre alla nazione che ha emesso la banconota. Quindi S vale per l’Italia, U per la Francia, ecc… Ti rimando alla tabella presente nell’articolo per la lista completa delle corrispondenze tra stati e lettere.
Sommiamo tra loro le undici cifre del numero di serie che seguono la lettera (nel nostro caso: 0+2+9+2+1+2+1+8+7+8+3 otteniamo la somma di 43). Sommiamo ancora le due cifre del risultato fino ad ottenere un solo numero (4+3= 7) che è il codice di controllo. Ad ogni lettera corrisponderà sempre lo stesso numero di codice (sempre come da tabella). Qualsiasi banconota con un numero di serie che inizia con la lettera S avrà sempre come risultato della somma un numero uguale a 7. Per le banconote con la lettera U (Francia), la somma sarà sempre 5 e così via, come da tabella.
La radice della somma dei numeri di serie è ottenibile togliendo da 26 il valore alfabetico della lettera . Quindi, per la lettera S, che ha valore alfabetico 19, si ha 26-19= 7. Per la lettera X (Germania) il valore è 24 e la radice della somma è 26-24=2 (come da prospetto in tabella). Unica eccezione è la lettera Z del Belgio, che al posto di 0 ha il codice di controllo uguale a 9.
Sesostituiamo la lettera che precede gli undici numeri con un numero fisso, pari a 10 più il suo valore alfabetico (11 per la A, fino a 36 per la lettera Z, come in tabella), escludiamo l’ultimo numero della serie (nel nostro esempio il 3) e dividiamo il numero così ottenuto per 9 (290292121878:9) otteniamo un numero (3225468) il cui resto della divisione è 6. Se ora sottraiamo al 9 il resto (9-6) otteniamo 3 che è uguale all’ultimo numero della serie che avevamo eliminato (cioè la cifra di controllo). Questo vale per tutti i numeri di serie.
Dopo quattro “segreti matematici”, mettiamoci anche un “mistero”: come faranno ad assegnare la lettera testa di serie a tutte le 6 nazioni ( Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Rep. Ceca), che attualmente fanno già parte della Comunità europea e adotteranno l’Euro, se le lettere disponibili sono solo 4?
Mi dispiace non potervi fornire la risposta perché nonostante ricerche non sono riuscito a procurarmela…
TabellaSeriale.jpg

Le lettere tra parentesi tonde sono già state assegnate a stati membri della UE che ancora non fanno parte di Eurolandia.
Lussemburgo e Cipro (lettere R e G) appartengono a stati che non hanno una zecca vera e propria, per cui le banconote circolanti in quel paese riportano la lettera di serie della nazione che l’ha stampata su commissione.
Il numero di serie si trova sul retro della banconota, ma sul fronte si trova un secondo codice, meno evidente, la cui prima lettera indica lo stampatore della banconota. Il codice dello stampatore non deve necessariamente coincidere con il codice nazionale, ovvero banconote emesse da una data nazione potrebbero essere state stampate in un’altra nazione (ad esempio alcune banconote finlandesi sono state di fatto stampate nel Regno Unito). I codici A, C ed S sono stati riservati per stampatori che non stampano banconote Euro.
La prima lettera del codice indica la stamperia, come abbiamo detto, poi segue il numero di serie della lastra e la posizione nel foglio di stampa. Ad esempio U001F3:
U: officina di stampa (in questo caso Valora – Portogallo)
001: numero di serie della lastra
F3: posizione nel foglio di stampa (la lettera identifica la riga ed il numero la colonna)
CodiceCorto.png

Questo codice corto, esattamente, lo possiamo trovare nelle seguenti posizioni per ciascun taglio:
- banconote da 5 Euro: si trova sul fronte, sulla sinistra della parte colorata in grigio, più o meno a metà altezza (un centimetro sopra la O di EURO)
- banconote da 10 Euro, si trova sul fronte, nella stella più a sinistra, sempre a metà altezza
- banconote da 20 Euro, si trova sul fronte, nella stella più a sinistra, sempre a metà altezza
- banconote da 50 Euro, si trova sul fronte, a destra, sopra l’ologramma
- banconote da 100 Euro, si trova sul fronte, alla sinistra del monumento, tra la finestra e le stelle
- banconote da 200 Euro, si trova sul fronte, in basso a sinistra, accanto alla scritta 200 euro (è in verticale)
- banconote da 500 Euro, si trova sul fronte, nella stella più a sinistra, sempre a metà altezza
Devo fare una precisazione anche sulla sequenza dei numeri di serie. La regola che valeva per esempio per le banconote delle Lira Italiana (come per tante altre banconote, forse tutte…) e cioè che ad esempio sulle 1000 Lire la banconota “AA 246000 A” veniva dopo della “AA 245999 A“, per quelle Euro non vale. Una sequenza corretta è la seguente:
Y 55310153743
Y 55310153752
Y 55310153761
Cioè da una banconota alla successiva si somma 9. Eppure molti di voi avrebbero pensato che tra la “Y 55310153743” e la “Y 55310153752” fossero state stampate ben 8 banconote!
Sei già andato a mettere mano al portafogli per verificare la veracità di quello che ho detto?
icon_smile.gif
 
Ti è stato inviato tramite Google Reader

Quello che Nessun Partito Dice (per Tornare ad Avere un Futuro)

mfront_appuntamenti.jpg


Seguo come sempre la campagna elettorale e cerco di non perdermi ne dibattiti ne interviste, ho letto con attenzione tutti i programmi dei 5 attori politici principali (e almeno 2 programmi di liste minori) ma non ho trovato una sola riga di diagnosi corretta del male che sta distruggendo l'Italia, ne una sola riga che riguardi la cura.

E allora lo ripeto qui:


Nessuno Stato, mai e poi mai, può costringere i suoi cittadini a dare il meglio di loro stessi per produrre ricchezza.

La ricchezza è il benessere sono prodotti del genio e dell'impegno individuale finalizzati ad un profitto o ad una utilità personale , , capisco bene che nel grottesco tempo di oggi, questa affermazione sia addirittura politicamente scorretta: ma è la dura verità.

Il male che sta distruggendo l'Italia è questo:


Nessun cittadino, mai e poi mai, darà il suo meglio per produrre ricchezza se non è nella certezza di potere trattenere per se e non per altri la maggior parte del frutto del suo personale ingegno e del suo personale lavoro.

Se vi chiedete perchè le botteghe chiudono, perchè i migliori giovani vanno all'estero, perchè le aziende delocalizzano, perchè i capitali fuggono dall'Italia: questa è la risposta.

Non crederete mica che i Migliori Italiani staranno qui a farsi spennare vero? Non crederete mica che staranno qui a vivere da schiavi per lo Stato e per i parassiti? Certo che no.

Lo Stato non produce PIL, non produce ricchezza ne benessere, lo Stato dovrebbe solo avere la dimensione e il costo giusto per mettere in condizione i migliori cittadini di farlo, di realizzare il loro sogno e di produrre quella ricchezza che andrà anche a beneficio dei meno bravi, meno fortunati, meno preparati.

La pressione burocratica e fiscale italiana, rendono una barzelletta tutti i programmi dei partiti politici che si apprestano a governare l'Italia. Nessun programma sarà realizzabile se al primo punto non viene messo al centro, per la prima volta nella storia di questo paese, l'individuo e le sue potenzialità.

In questo senso, da parte dei partiti o movimenti, mi sarebbe piaciuto vedere un critica forte e intransigente all'Europa socialista, quella che sta uccidendo senza alcuno scopo i cittadini Greci e Portoghesi e che si appresta a fare lo stesso lavoro con i cittadini delle regioni italiane più povere. Ho dovuto sentirmi spacciare come vittoria italiana il fatto che il budget dell'Unione sia stato tagliato meno di quanto si sarebbe potuto. Come se il processo che prende i soldi dalle nostre tasche li porta a Bruxelles e li fa tornare indietro sia gi...
 
Ti è stato inviato tramite Google Reader

MPS e le politiche "comunitarie"

di Redazione



La questione MPS sembrava sopita dietro i richiami del Presidente della Repubblica Napolitano. L'intento del Capo del Governo, di ammorbidire la tensione intorno a questa faccenda, in modo da non danneggiare l'immagine dei partiti (in particolare il PD) era chiaro a tutti.

Data l'importanza di questa tornata elettorale, un atteggiamento non esasperante, era certamente giustificabile. Permettere che la giustizia potesse accertarne i fatti (se mai sarà possibile farlo), senza condizionamenti della politica, immersa nelle sue "frottole" elettorali, poteva considerarsi comprensibile.

Il problema però è un altro. Questa campagna elettorale sta offrendo come non mai, degli spunti veramente desolanti. Se le precedenti tornate, erano incentrate sull'antiberlusconismo, adesso, i contenuti sono tutti interni nei problemi di partito, come i vari processi, dove sono coinvolti gli esponenti del Pdl o appunto quelli delle "banche" per il Pd.

Di economia, energia e soprattutto lavoro, non si parla, continuando il percorso verso il voto del 25 febbraio, a colpi di "pompini elettorali", come quando Clinton perse le sue elezioni grazie ad un piacevole "diversivo" e non come conseguenza di una politica estera inconcludente.

Tutto ciò per dire, che ancora una volta il calderone MPS, serve unicamente per distrarre le masse e ricondurle in un modo o nell'altro alle urne a votare, segnate dal disprezzo verso una parte politica o per una sua strenua e insignificante difesa.

La vicenda MPS assume, a nostro modo di vedere, un tono affascinante poiché disegna perfettamente, il quadro sociopatico di un paese in continuo declino, dove le forze trasversali, politiche e non, sono sostenute dalla scarsa incisività di un popolo sempre più assuefatto e riverente ai giochi di palazzo.

La complessità della questione MPS, sta nel cercare di quantificare quanto sia stato pesante il danno nei confronti dello Stato (quindi di noi cittadini) e quanto la vigilanza da parte degli organi preposti (in primis Banca d'Italia) sia stata adeguata.

Come ricordato in precedenza l'opera di vigilanza di Banca d'Italia iniziò già nel 2008, quando si trovò a visionare la conformità dell'acquisto di Antonveneta. In quel periodo vi era un attivo di bilancio di 1,435 milio...
 


Ti è stato inviato tramite Google Reader

Ma guarda un pò c'è chi tira i fili ai burattini che tirano i fili dei nostri burattini


di Stefano Davidson

In questo articolo non troverete nulla che non sia già stato detto, ma di questi tempi credo che certi concetti vadano rimarcati il più possibile. Credo infatti che sia venuto il momento che tutti ci diamo una bella lavata di faccia con l'acqua fredda, o ancora meglio che infiliamo la testa sotto il rubinetto e ci diamo una bella svegliata.

Il teatrino dei burattini che ci stanno propinando con questa campagna elettorale non è altro che un modo per far sì che l'attenzione di tutti gli italiani sia concentrata sui soliti noti e qualche nuovo alla ribalta, per permettere al "sistema", quello vero, quello "GROSSO" di continuare a fare quel che sta facendo da centinaia di anni (in modi e maniere di volta in volta consone ai tempi) senza che nessuno muova un dito per fermarlo o ragionarci sopra. Inutile dire che qui con il giochino Monti, Bersani, Berlusconi, Grillo etc… noi stiamo osservando un granello di sabbia senza renderci conto che siamo in mezzo al deserto, o se preferite una goccia d'acqua senza vedere che siamo in pieno oceano. È la solita storia del Divide et Impera (su cui ho già scritto tempo fa e che potete trovare a questo link) e noi, polli, come sempre ci ricadiamo. E via ognuno a seguire il proprio "vate" (o vater?), il proprio "leader" (che in dialetto romagnolo, guarda un po' a volte le sorprese della vita, significa… "ladro"), qualcuno insegue il proprio "duce" o il proprio "comandante" e si continua la lotta del tifo, come tra Inter e Milan, Roma e Lazio senza che ci si renda conto che tutto questo, all'interno del disegno del"sistema" di cui sopra, NON CONTA REALMENTE UN *****! (Perdonate la crudezza del linguaggio ma penso che a volte serva).

Bene per dimostrare quanto detto mi servirò, come a scuola di due "prove", una scritta e una orale.



Lo "scritto" sarà una breve analisi che, grazie a un articolo di Giovanni Passali, mi consentirà di riportarvi alcuni dati riguardo a quel che ci accade intorno senza che nessuno se ne renda conto (oddio, qualcuno certamente sì, ma in proporzione molti, ma mooolti meno dei certamente no).

Poi, a fondo post, vi lascio con un link di un video molto esplicativo di quel che accade lontano dal nostro teatro dei burattini, addirittura sopra le teste dei burattinai che tirano i fili. Vi troverete, sintetizzato in maniera accessibile a tutti, quanto riportato dal sottoscritto in decine di articoli (purtroppo alle volte molto complessi dal punt...



Inviato da iPhone


Pubblicato daMaurizio Barbero *****************Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su Facebook




Reazioni:


L'euro contro natura - Alberto Bagnai
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto