Cezara Musteda
Diciottenne uccisa pochi giorni fa, qui, nel bresciano
Di origine moldava, muore per mano dell’uomo con cui aveva avuto una relazione, Luigi Cuel (41/44 anni, i giornali non sono concordi). Per due giorni la stampa racconta dei "fidanzati" e di lei che voleva troncare la relazione e della reazione disperata di lui – che aveva sofferto o soffriva di depressione – all’annuncio.
I fatti sono che si erano lasciati da mesi, che lui ha pianificato l’omicidio somministrandole un sedativo, soffocandola con una fascetta di plastica e finendola a coltellate. Poi si è impiccato.
Ogni volta in cui una donna è assassinata da un uomo (si suicidi o meno successivamente costui) con cui aveva o aveva avuto una relazione, noi riceviamo tramite i media questa informazione di base: la donna ha innescato il meccanismo mortale con le sue azioni ed è quindi corresponsabile del proprio omicidio.
"I due avevano una relazione che la giovane aveva deciso di troncare, ma l’uomo non voleva accettare la fine della storia.”"Corriere, 1° settembre 2015.
"Brescia, non accetta la fine della relazione: la uccide e si impicca." Repubblica, 2 settembre 2015.
"L’uomo, che ha lasciato una lettera con la quale ha spiegato il gesto, non accettava la fine della relazione voluta dalla giovanissima, studentessa di scuola superiore (…)"La Stampa, 2 settembre 2015.
Il perpetratore, o perché infelice, o perché depresso, o perché in preda al raptus, o perché arrabbiato, anche quando – come nel caso di Cuel – ha pianificato per tempo l’uccisione è il mero protagonista di un bieco colpo del destino, qualcuno che dobbiamo compatire almeno quanto la donna assassinata, se non di più.
"Tragedia in serata a Sedena di Lonato, in provincia di Brescia. Un uomo di 41 anni, bresciano di nascita, ha ucciso la sua fidanzata, una ragazza moldava di 18 anni, e poi si è tolto la vita." Corriere, 1° settembre 2015.
"L’ipotesi degli inquirenti è che l’uomo abbia addormentato la giovane e poi l’abbia caricata in auto, per portarla poi a Sedena di Lonato, in una zona isolata, dove si è consumata la tragedia. (…) Luigi Cuel, 41 anni, e Cezara Musteada, studentessa 18 enne. Sono le vittime della follia omicida dell’uomo…" Repubblica, 2 settembre 2015.
A razionalizzare e giustificare l’omicidio segue invariabilmente l’elenco delle mancanze della donna in questione e delle donne in generale che, curiosamente, copre in pratica l’intero spettro del possibile. Lasciarlo? Sbagliato. Non lasciarlo? Sbagliato. Litigare? Sbagliato. Non litigare? Sbagliato. Assecondarlo? Sbagliato. Non assecondarlo? Sbagliato. E così via.
"La 18enne uccisa dall’ex presa nella trappola dell’ultimo incontro. La rabbia degli amici di Cezara, studentessa di origine moldava strangolata con una fascetta mortale da Luigi Cuel, 41enne di Calcinato: Non doveva andarci." Corriere, 3 settembre 2015
Non avrebbe nemmeno dovuto mettersi insieme a lui, tanto per cominciare. Non avrebbe dovuto aprirgli la porta. Non avrebbe dovuto fargli credere che poteva durare. Non avrebbe dovuto… lei, sempre lei, non lui.
Dovremmo essere grate di tanta pignolesca attenzione ai nostri comportamenti, purtroppo essa ha un piccolo fondamentale difetto: non serve ad evitare un solo pestaggio, un solo stupro o un solo assassinio, ma non importa, dopo averci addossato la colpa per la violenza che altri usano su di noi, chiunque può dormire fra due guanciali, uno imbottito di arroganza e l’altro di ignoranza. Sogni d’oro.
Oggi, però, vorrei rimediare ad una mancanza palese in questa narrativa. Alla prodigalità con cui si inondano di "consigli" le vittime, persino quando essendo cadaveri non sono in grado di recepirli, non corrisponde neppure un minuscolo avviso ai perpetratori. Ma se vogliamo affrontare la violenza in modo da depotenziarla e poi eliminarla dal nostro orizzonte il focus deve cambiare. L
’attenzione dev’essere spostata su chi la violenza la usa: il perpetratore deve stare al centro di ogni indagine, analisi e responso ed è il suo spazio a dover essere ristretto, sino a che continua ad usare violenza, non quello delle sue vittime. Perciò BASTA dire alle donne "cambia numero di telefono", "cambia strada", "cambia casa", "cambia lavoro", "cerca di evitare di incontrarlo", "lascialo" (e poi "eh, lo aveva lasciato…") – sono tutte cose che le donne fanno già nel tentativo di proteggersi e che però non incidono sulle motivazioni e sulla volontà di chi vuol far loro del male.
E’ a costoro che mi rivolgo: è tempo che anche voi beneficiate di qualche commento sulle vostre azioni e sui vostri convincimenti.
1. La depressione non conduce all’abuso e non tutte le persone che soffrono di depressione sono violente. E’ più accurato dire che a volte i violenti sono anche depressi. Se una persona depressa è capace di compiere abusi è anche responsabile per essi.
2. Siete legittimati a fare richieste alla vostra partner, non a darle ordini. Ad ogni richiesta corrisponde il diritto della persona a cui la fate a dire sì, no o a negoziare. Le persone che si amano si vengono incontro, non si scontrano frontalmente. La vostra partner ha come voi bisogni e limiti.
3. La vostra partner non ha il dovere di trascorrere ogni singolo minuto del suo tempo con voi o facendo qualcosa a vostro beneficio. E’ una persona autonoma con le sue proprie relazioni, come voi. Invece di angustiarvi su come lei passa il tempo, impiegate meglio il vostro trovandovi un hobby o cominciando a studiare qualcosa.
4. La vostra partner non è responsabile della vostra salute mentale, del vostro benessere fisico, del fatto che troviate o meno l’esistenza degna di essere vissuta, dei vostri problemi familiari, sociali o lavorativi. Non può sostituirsi a voi e mettere ordine nella vostra vita, non è la vostra mamma (e nemmeno lei poteva far questo), non ha la bacchetta magica. Questo lo sapete benissimo anche voi, ma vi piace giocare con il suo senso di colpa e avere un capro espiatorio.
5. Non siete i soli ad avere difficoltà in questo mondo e non vi trovate al suo centro. In una relazione, ogni persona parla e ascolta, dà e riceve sostegno: è un sistema di vasi comunicanti o una strada a doppia corsia, se preferite. I problemi della vostra partner non sono automaticamente "bazzecole" di fronte ai vostri, e quando sistematicamente rifiutate o evitate di ascoltarli non è a causa dell’abisso della vostra disperazione, ma a causa del tentativo di controllare la relazione e di avere la vostra partner completamente dedita ai vostri desideri e alle vostre necessità: mentre voi non sollevereste un mignolo per darle sollievo.
6. Minacciare violenza, usare violenza, minacciare il suicidio o di uccidere, non hanno mai risolto nessun disaccordo. Voi potete azzittire la vostra partner intimidendola e instillando in lei la paura, ma non potete convincerla in questo modo. Ogni aspetto problematico della vostra relazione trattato con tali mezzi – che usate strategicamente e non per incontrollabile impulso – non ottiene soluzione, costruisce un altro gradino di dolore e rabbia verso la fine della relazione stessa.
7. Le donne sono esseri umani, non oggetti che si possono rompere, ne’ zanzare su cui si può spruzzare insetticida. Non sono trastulli sessuali o beni domestici. Voi non possedete la donna con cui avete una relazione. Lei non è una mercanzia e non l’avete comprata. Non ha il dovere di restare con voi per sempre perché ha passato con voi 6 mesi. Non ha il dovere di restare con voi per sempre neppure se ha passato con voi 6 anni o persino 60. La sua vita le appartiene, come la vostra appartiene a voi. Non siete legittimati a ucciderla perché fa cose che non vi piacciono. Non siete legittimati a ucciderla perché vi ha lasciato o vuole lasciarvi.
Non siete legittimati a ucciderla perché "senza di lei non potete più vivere", lei non è il vostro cuore o il vostro cervello – togliete uno di questi due organi dal vostro corpo ed effettivamente non vivrete più, ma senza di lei voi continuerete a respirare e il sole ad alzarsi ogni mattina