Banca Italease (BIL) Va bene Faenza ma c'è qualcos' altro ? (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
B.Italease: compravendite lampo con Statuto e figlio Carraro (Rep.)
MILANO (MF-DJ)--Il 19 luglio 2005 la torre Wind a Sesto San Giovanni e' stata comprata per 59,8 mln euro e rivenduta per 90 mln lo stesso giorno. L'acquirente era Irg Srl, schermata attraverso la fiduciaria Meliortrust, che ha poi rivenduto a Mercantile Leasing, controllata da B.Italease. Il ramo immobiliare della Deutsche Bank, si legge in un articolo di Repubblica, aveva rilevato l'edificio nel 2001 e ha deciso di rivenderlo all'immobiliarista Statuto e a Netcorp, societa' divisa tra Fabrizio Bevilacqua, Luigi Carraro (figlio di Franco) e Benedetta Geronzi (poi uscita dalla società).
Lo stesso giorno l'edificio e' riacquistato da Mercantile Leasing che lo concede in locazione a Sesto Srl, il cui 15% e' in mano a Netcorp, mentre l'85% e' partecipato da Meliortrust. In pratica hanno venduto a se stessi generando liquidita' per 30 mln euro. red/vz (END) Dow Jones Newswires October 23, 2007 03:18 ET (07:18 GMT) Copyright (c) 2007 MF-Dow Jones News Srl.


belli stì giochini
ma sono legali?
 

mario.ricca

Banned
Banca Italease. Per Deloitte il rischio Coppola è "accantonato"







giovedì 25 ottobre 2007 - 15:00


Sospiri di sollievo in casa Italease. Le buone notizie arrivano dal revisore Deloitte, che ha infatti certificato la semestrale dell'istituto di leasing, non sottolineando alcuna modifica da apportare ai prospetti contabili presentati dalla banca. In particolare sull'esposizione tanto temuta nei confronti del Gruppo Coppola la situazione sarebbe notevolmente migliore delle attese. Banca Italease avrebbe accantonato 60 milioni di euro, a fronte di crediti verso il Gruppo Coppola pari a 392 milioni di euro, pari al 15% dell'esposizione complessiva del Gruppo. Tale garanzia sarebbe per Deloitte & Touche eccessivamente prudenziale, anche se richiesta espressamente dagli ispettori di Banca d'Italia. " Si tratta di un'ottima notizia - commentano a Inm da una sala operativa di un broker milanese - L'esposizone nei confronti del Gruppo Coppola era uno degli elementi più preoccupanti e credevamo che a fronte di questa non vi fossero abbastanza garanzie, ma evidentemente il mercato si è preoccupato oltre il dovuto". Intanto notizie positive anche sul fronte aumento di capitale dove proprio Banca d'Italia ha chiesto di anticipare la scadenza dei termini dell'operazione di circa sei mesi.
 

tontolina

Forumer storico
Italease presenta un conto in rosso, dopo l'aumento di capitale si cerca un partner
29/10/2007

Sono stati resi noti a mercato già chiuso i conti di Banca Italease. L'istituto, coinvolto da tempo nelle bufera derivati,
ha chiuso i primi nove mesi dell'anno
con una perdita di 479 milioni di euro, a fronte di un utile netto di 143,2 milioni nello stesso periodo del 2006.
il margine di interesse è salito del 2,6% a 216,8 milioni, ma
le commissioni nette sono scese del 47% a 84,9 milioni.

Gli analisti si aspettavano una perdita netta di 490 milioni di euro, con ricavi totali per 295 milioni e una perdita pre tasse di 711 milioni di euro. Il cda ha confermato che i rilievi della Consob sul bilancio 2006 "non producono effetti sull'integrità del patrimonio consolidato" così come rappresentato al 30 settembre.

La perdita netta del periodo, hanno invece fatto sapere dalla società, "va principalmente attribuita al risultato netto negativo dell'attività di negoziazione in derivati, per un importo pari a 701 milioni".
I derivati, certo, il nemico che continua ad attanagliare i conti della controllata del Banco Popolare.
C'è da dire, d'altro canto, che se il risultato al lordo delle imposte, fosse rettificato della perdita netta e delle rettifiche aggiuntive per 51,4 milioni originate dagli accantonamenti, si attesterebbe a 68 milioni.

Anche il margine di intermediazione del gruppo è stato negativo per 399,7 milioni, contro un risultato positivo per 379,6 milioni nei primi nove mesi del 2006.
Ad appesantire questa componente è il -427,6 milioni del segmento leasing, in parte compensato dal +62,1 milioni per il factoring.

E la mano di Bankitalia si è fatta sentire:
le rettifiche di valore nette su crediti sono passate da 46,1 milioni alla fine di settembre del 2006 a 142,2 milioni al 30 settembre 2007, soprattutto "in recepimento delle indicazioni ricevute" da Palazzo Koch e "accolte già nella semestrale, in merito a complessivi 60 milioni di euro di accantonamenti per le posizioni relative al gruppo Coppola, al Gruppo Renar e al Gruppo Promar".

Ma nei primi nove mesi dell'anno, ha sofferto anche la qualità del credito:
l'incidenza delle sofferenze sul totale è stato pari allo 0,92% (0,74% al 31 dicembre 2006), con relativa copertura pari al 43,2% (45,3% alla fine del 2006), mentre il rapporto tra incagli e crediti totali, al netto delle rettifiche, è risultato essere lo 0,70% (0,44% a fine anno), con una copertura del 23% (23,95%).

"L'andamento della gestione espresso dalla trimestrale approvata oggi dal cda è positivo", ha detto al termine della riunione di oggi Lino Benassi, presidente di Banca Italease, sottolineando che "da subito le energie del management saranno indirizzate al compimento dell'aumento di capitale e subito dopo, la priorità assoluta sarà l'individuazione di un partner industriale di valore strategico". L'attesa per i conti oggi ha sostenuto il titolo che a Piazza Affari ha chiuso in progresso dell'1,02% a 14,31 euro.

Italia Perri
 

tontolina

Forumer storico
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2503&parametro=

Napolitano contro di noi
Maurizio Blondet
16/12/2007
Prodi da oltre trent'anni grande parassita delle Casta

Premessa necessaria: non dispongo di internet in questi giorni.
Sono infatti a Milano per Natale, e il mio Alice Broadband HSDPA, che a Viterbo funziona,
(non HSPDA però), nella capitale morale e avanzata smette di funzionare: credo per un sovraccarico della rete; tanti hanno Alice (ci siamo cascati, abbiamo creduto alle promesse),
o stanno scambiandosi idioti SMS natalizi.
La HSPDA, che mi è stata venduta come rapidissima (le prime due lettere stanno per «high speed»), diventa UMTS poi, scade a «Limited Service» e non prende.
Pago per intero a TIM un servizio che non ricevo, e non posso rivalermi in alcun modo: questa è l’Italia.
Questa è Milano.
Niente notizie.
Approfitto per riflettere sul problema di fondo, quello di cui il non-servizio Telecom è una delle tante manifestazioni.

Teoricamente privata, Telecom è «pubblica» perché dovrebbe garantire un servizio pubblico.
Ma è essenzialmente «pubblica» per mentalità: come tutto il settore pubblico, il concetto di «servizio» significa essere al servizio di se stessa, della sua posizione dominante e dei suoi privilegi e monopoli.
Il concetto che si è responsabili di «servire» la società, da cui si viene pagati, è estraneo alla natura stessa del «servizio pubblico».

Il New York Times ha scritto, come si sa, che l’Italia è un Paese senza speranza, schiacciato dal debito pubblico e ostacolato nel fare dalla burocrazia più incompetente e costosa del pianeta.
E come si sa, il presidente Napolitano, che era in USA al Council on Foreign Relations («dov’è di casa», scrivono i media) ha «difeso l’Italia» (dicono sempre i media) da questa critica che tutti condividiamo.
In realtà, ha ammesso che esistono «interessi corporativi» che bloccano il Paese: e come esempio di privilegio corporativo, ha citato i taxisti di Roma.
Settemila taxisti, ecco il problema.
Lo dice il solo presidente repubblicano che ci costa dodici volte di più che la monarchia britannica. E che presiede su un organo, il Quirinale, che ha 5 mila dipendenti i quali costano annualmente quanto la gestione di una città di mezzo milione di persone, diciamo Padova.

Non gli è venuto in mente, a Napolitano, di citare fra le cosche corporative il personale Alitalia: tre volte più dei taxisti, che hanno perso in tre anni (dal 2003 al 2006) qualcosa come 2,1 miliardi di euro.
Un esemplare «servizio pubblico» che serve solo a se stesso: i suoi piloti guadagnano il 30% in più di quelli dell’Air France, le sue hostess il 26% in più, il personale tecnico il 22% in più.
E mentre Alitalia perdeva 700 milioni di euro l’anno, il presidente Cimoli «guadagnava» 190 mila euro al mese, e per andarsene ha avuto una buonuscita di 8 milioni di euro.
Questa è la mentalità della Casta: per i suoi parassiti, il problema dell’Italia sono i cittadini che difendono il loro reddito, mille volte inferiore.
I taxisti sono «corporativi» perché tentano di limitare la concorrenza.
I padroncini dei Tir sono «corporativi».

Un taxista ha scritto a Libero: con più taxisti a Roma i prezzi delle corse aumenteranno, perché ciascuno facendo meno corse dovrà far pagare di più quelle.
Il solito teorico liberista da giornale che non conosce la vita gli ha risposto: ecco, l’errore è voler difendere il proprio reddito di oggi.
Rassegnatevi al mercato, i meno imprenditoriali di voi saranno assorbiti da più grosse imprese e diverranno lavoratori dipendenti, i più intraprendenti faranno le concentrazioni.
La stessa lezioncina era rivolta ai TIR, questi criminali che «vìolano le regole».

Facile, da un giornale che ha il finanziamento pubblico, e dunque è protetto dal libero mercato.
Il teorico da quotidiano dovrebbe capire che in Italia non c’è un «mercato» se non per i disgraziati.
I molteplici apparati pubblici si sono messi al riparo, e per questo si fanno pagare la loro inefficienza come fosse oro: sul «mercato», i loro sedicenti «servizi» non li vorrebbe nessuno.

La magistratura lascia impuniti il 72% degli omicidi e il 98% dei furti: pensate quanto durerebbe un padroncino di TIR che non consegnasse il 72% delle merci affidategli.
Non solo la Casta si è protetta dal mercato, ha protetto il corpo sociale di riferimento.
Alitalia, sul mercato, sarebbe scomparsa da anni.
I magistrati pure, facilmente sostituibili, almeno per le cause civili, da collegi arbitrali (ci sono già nelle Camere di Commercio) accettati previamente fra le parti.

Mi spiace per gli insegnanti, che sono vittime più che colpevoli, ma anche la scuola pubblica, produttrice di bulli analfabeti, non durerebbe molto, sul «mercato».
Giorni fa una madre mi ha riferito che a scuola, alla sua bambina di 12 anni, insegnano tutto (e solo) sui dinosauri: una scienza che la maestra ha chiamato «archeologia» anziché «paleontologia».
Guadagnerà poco quella maestra, ma evidentemente non merita nemmeno quel poco: diffonde analfabetismo pressapochista, a bambini per cui i dinosauri sono creature magiche, da Harry Potter (la maestra ne continua a parlare perché è una darwinista accanita, e per lei i grandi sauri estinti sono «la prova dell’evoluzione»).
Bene o male, nel «servizio pubblico», anche i peggio pagati stanno meglio del resto della società, possono sparare cretinerie come queste e non perdere il posto.
Sono centinaia di migliaia, e sono ben difesi dai sindacati.

I sindacati fanno la faccia feroce, vogliono che Alitalia resti nazionale.
Il motivo è ovvio: comprata da stranieri, Alitalia e i suoi parassiti sono persi come mammella di denaro pubblico e come massa clientelare, a cui fare favori in cambio di appoggio politico.
Infatti, s’è visto, i sindacati difendono «l’occupazione in Alitalia», ma da gran tempo si sono dimenticati dei metallurgici, che bruciano nelle acciaierie per 1.200 al mese, 16 ore al giorno, e con il licenziamento in vista.
I parassiti Alitalia minacciano sciopero selvaggio a Natale, e la Casta li implora, gentile: no, non fatelo.

I camionisti non sono stati con la stessa implorante gentilezza.
«Hanno fatto perdere al Paese 2 miliardi di euro, ed hanno ottenuto 30 milioni di euro di benefici», urlano i media (con finanziamento di Stato).
Colpa loro?
Il nostro è il solo Paese europeo dove l’80 % delle merci cammina sui pneumatici, perché le ferrovie «pubbliche» non fanno il servizio, anche se dilapidano 15 miliardi di euro l’anno in perdite. E i costi aumentano perché da trent’anni i politici bloccano le cosiddette infrastrutture.

L’autostrada verso Mestre è un ingorgo permanente di bisonti con targhe turche, slovene, romene, bulgare, greche e francesi; tra Firenze e Scandicci un altro ingorgo perenne, ore ed ore in colonna, perché i Verdi non vogliono il raddoppio in quel tratto.
Ma la colpa è dei padroncini dei bisonti coperti di cambiali, che difendono il loro reddito - grave colpa per la Casta, che il suo l’ha difeso una volta per tutte.
Sono loro, i parassiti a vario titolo «pubblici», che obbligano le categorie (quelle che possono) a difendere il loro reddito comunque calante, con le unghie e coi denti: in uno Stato dove l’ingiustizia è la norma, è ovvio che chiunque abbia un potere reale lo faccia pesare.
I sacrifici come l’accettazione di un reddito minore sono, alla lunga, necessari: ma comincino prima loro.

Cominci Napolitano a snellire il Quirinale, cominci il ministro Bianchi a sfoltire i 51 mila dipendenti ministeriali dei Trasporti che si sono fatti una cassa-previdenza aggiuntiva, che paga pensioni d’oro, un doppio TFR e persino le spese scolastiche per i figli della convivente, anzi persino le spese legali per i dipendenti condannati per disonestà.
E non sono troppi, 51 mila?
Non saranno mica iscritte anche mamme, amanti e sorelle, a quella cassa che paghiamo noi contribuenti con sovrattasse recentissime?
Cominciamo di lì, magari.
Macchè.

Si è saputo che la magistratura di Roma minaccia di sequestrare i TIR dei padroncini più focosi nel blocco.
Fateci capire: li volete ridurre alla fame.
Un principio generale del diritto dice che persino al debitore insolvente non si possono pignorare i mezzi per sopravvivere: non si pignora il letto, il tavolo, le pentole.
E il TIR ancora da pagare, secondo i magistrati, si può sequestrare, mandando in rovina il camionista privato del suo «ferro del mestiere».
Dov’è scritto?
In quale legge?

Inutile chiederlo: la casta giudiziaria s’inventa le leggi secondo il nemico del momento, sapendo che può farle approvare da un parlamento complice.
E’ il suo modo d’intendere il diritto positivo.
E’ la mentalità, sempre punitiva e poliziesca: la Casta sospetta i privati che si arrabattano di crimini, per il fatto che esercitano la loro libertà, ciò che viene inteso come insulto alla Volontà Generale che la Casta, beninteso, identifica con i suoi interessi.
Quei giudici, evidentemente, aspirano a sequestrare tutti i TIR: chiaramente, perché pensano che i camionisti siano superflui come i loro parassiti protetti.
Non sanno che tutte le categorie autonome sono indispensabili alla società, e non se ne accorgono nemmeno dopo averne avuto la prova in tre giorni di blocco.

Pensiamoci: è la stessa mentalità per cui il regime sovietico sequestrò ai coltivatori diretti ucraini (kulaki) anche il grano per le sementi, con l’accusa di «nascondere le riserve» e di «sottrarsi all’ammasso».
L’anno dopo il raccolto mancò, come vuole la natura.
Ma la nomenklatura di Stalin e Kaganovic mica prese atto che l’errore idiota era il suo: anzi, si mise a fucilare ancor più kulaki, come «sabotatori».
Il pensiero che c’è dietro è lo stesso: i corpi sociali autonomi sono inutili, si possono liquidare.
In Italia, la differenza è solo di grado: al contrario della Nomenklatura stalinista, la Casta non ha abbastanza mezzi repressivi per il Terrore.
La magistratura si limita a minacciare il sequestro dei mezzi di lavoro ai camionisti, ma non ha la sua Ghepeù, non ha il KGB per fucilare lì, sull’autostrada, i «sabotatori».
Per il momento almeno.

Perché Visco ci sta già provando.
D’ora in poi, ha decretato, per i pignoramenti forzosi agli «evasori» (o quelli che lui giudica tali),
i funzionari di equitalia, l’ente para-pubblico di riscossione e recupero tributario, saranno accompagnati da Fiamme Gialle.
Il pignoramento a mano armata.
E da dove comincia questa persecuzione intimidatoria?
Da Treviso.

Treviso: una delle poche zone produttive d’Italia, che riesce ad esportare e a competere, nonostante la mancanza di strade, le tasse più alte del mondo e i rimborsi IVA che non arrivano mai (le imprese sono perennemente in credito col Fisco che le perseguita), nonostante i mille bastoni fra le ruote della burocrazia statale, regionale, provinciale, comunale, tutti lì a succhiare sangue.
Una miriade di piccoli imprenditori indispensabili: se non ci sono loro ad esportare e guadagnare valuta, non possiamo comprare gas e petrolio.
Visco è deciso a strangolare quella gallina delle uova d’oro.
Evidentemente, è convinto che a rovinare quella categoria, il Paese non ha niente da perdere.
Crede si possa vivere senza micro-imprese, che sia giusto annichilirle con le tasse e le multe, con le visite continue della Finanza che ostacolano il lavoro e le consegne.

Altre sono le categorie che la Casta ritiene indispensabili.
Per esempio: non ci risulta che abbiano sequestrato l’automezzo al Rom che ha falciato, guidandolo ubriaco, i quattro ragazzi.
Ma è giusto sequestrare il camion ad un uomo che ci si guadagna da vivere.
E’ giusto proteggere i piloti strapagati e le hostess di Alitalia coperte d’oro dal padrone straniero, non gli operai della Thyssen.
E’ giusto esercitare la manica larga verso le banche che truffano i clienti.
E’ giusto proteggere l’autoblù di Mastella; al New York Times che informava gli americani che l’Italia è il Paese con più autoblù al mondo, Napolitano ha sbuffato: «Basta con questa idiozia!».
No, non è questo il problema: i taxisti sono il problema, e i camionisti.

Questa è la mentalità.
Questa Casta e i suoi corpi sociali protetti non si contentano di prelevare la fetta più grossa della torta prodotta da chi lavora: vuole anche punire, ostacolare chi le paga gli emolumenti, intercettare, controllare, sorvegliare fino ad asfissiare.
Non si contenta di essere un parassita, vuole anche «rieducarci»: accettate il mercato, non resistete alle riduzioni del reddito, ma pagate le tasse, mascalzoni!
La sanguisuga inutile si rende utile così, a suo modo.
Si sente investita da un compito morale, pedagogico.

Per questo è pericolosa, per questo bisogna liberarsene: perché i corrotti stanno diventando Robespierre, che almeno, era l’Incorruttibile.

Lo dico ad un lettore che mi ha scritto: «e basta con questa storia degli emolumenti ai deputati, anche a ridurli mica si compensa il deficit pubblico, il vero problema è il modello di consumo, le auto, i telefonini, gli ananas portati da Sri Lanka; dovremmo mangiare le mele del Trentino…»
Certo, il modello, il sistema generale del capitalismo.
Certo, va cambiato.
Dunque in Italia abbiamo due problemi, non uno: liberarci dal capitalismo di mercato, e liberarci dalla Casta.
Gli stipendi dei politici vanno troncati non per compensare il deficit pubblico, ma perché sono per loro essenza corruttori.

Fanno della politica il mestiere meglio pagato, e il più irresponsabile.
Separano chi li percepisce dal destino comune, che è di crisi e recessione.
Il modello di consumo c’è anche in USA e in Gran Bretagna e in Francia, ma Sarkozy s’è aumentato lo stipendio: il presidente francese prendeva 7 mila euro mensili.
Tony Blair, meno di 200 mila euro l’anno.
Il presidente USA 380 mila dollari.
Sono paghe da assessori regionali, anzi inferiori.
Soprattutto, in nessun altro settore si prendono 15 mila euro al mese senza dovere, in cambio, fornire un qualche risultato, esercitare qualche responsabilità rischiosa.
Ho già parlato di un ingegnere che conosco, giovane ma con 10 anni di esperienza all’estero, oggi alla BP dove controlla la sicurezza degli impianti: responsabilità fortissima, che può portarlo in galera in caso di incidente.
E prende 2.400 euro mensili.

Questo è il mondo reale: gravi responsabilità per due decimi di quel che prende Calderoli o Fini o Mastella quando non è ministro.
Vedete come si divertono, come esibiscono la loro irresponsabilità: Calderoli fa una legge elettorale che definisce lui stesso una cagata, poi va col maiale a pisciare dove dovrebbe sorgere una moschea. Fini ingravida una velina.
Sircana va la sera a vedere i travestiti.
Quell’altro deputato se la fa con due troiette e un chilo di coca, per tirarsi su.
E’ la prova napoletana: «o’ pesce» non vuole pensieri, loro non hanno nemmeno un grattacapo,
e perciò «o’ pesce» è sempre in attività.
Irresponsabili impuniti, divertiti, giocherelloni.
Se il loro emolumento si riducesse di ogni punto che l’Italia perde in competitività, per ogni operaio che muore sul lavoro, per ogni perdita di potere d’acquisto dei pensionati minimi, almeno sarebbero coscienti che sono sulla stessa barca nostra.
Non lo sono, e per questo sono pericolosi.

L’Italia è depressa, dice il New York Times: Prodi ha replicato, col sorriso largo del suo faccione da ebete: «Io invece sono contento».
Infatti: lui è della Casta da oltre trent’anni, da sempre a succhiare la mammella del contribuente.
Per forza è allegro: la concorrenza cinese, lui, non lo mette a rischio di riduzione del reddito.
Né deve rispondere di alcunchè a nessuno.
Guardate cosa ha fatto per l’Alitalia, azienda quotata in Borsa (solo una Borsa dove sono quotate le squadre di calcio può accettare un catorcio così): mettendo in giro voci di fantomatici aspiranti all’acquisto del catorcio, ne ha fatto apprezzare le azioni, fino al massimo di 1,134 nel 2007; ora che Air France offre di pagare 0,35 euro ad azione (anche troppo, con i ventimila fancazzisti da licenziare, e protetti dai sindacati…), le azioni precipitano, migliaia di risparmiatori che si credevano furbi sono bruciati…
Ma qualcuno ci ha guadagnato, e piacerebbe sapere chi.

«Aggiotaggio di Stato», scrive Oscar Giannino.
Ma si può essere certi che la magistratura non muoverà un dito.
Deve indagare sui TIR e su Berlusconi, un incapace, ma evidentemente non protetto; è pur sempre un privato imprenditore.
Ogni azione Alitalia, dalla sua emissione nel 1989, ha perso il 99% del suo valore.
Cimoli ha guadagnato 106 mila euro mensili e 8 milioni di buonuscita (ai lavoratori privati, la buonuscita è stata tolta).
Ad Alitalia Prodi ha messo un uomo suo, che si chiama Prato: è un amico che tiene in caldo l’oggetto, che poi Prodi venderà al più conveniente aspirante - a chi conviene a lui.

Ora l’ha rifatto, con Italease, la banca immobiliare che s’è rovinata da sola coi suoi stessi derivati, rovinando insieme centinaia di clienti a cui ha chiesto, intimato, il rientro.
Il management autore del disastro (tipo Parmalat, dicono) è stato sbattuto via, con le buonuscite.
C’è un nuovo amministratore delegato, di nome Massimo Mazzega.
Dicono sia amico di Prodi.
Non sta facendo nulla.
La sola decisione che ha preso: far comprare, con i soldi della banca decotta, un tappeto per il suo ufficio.
Da 50 mila euro.
Scalda l’uovo al cianuro, in attesa che arrivi «il nuovo socio», quello che a Prodi converrà. Esattamente come in Alitalia.
E’ un mago in queste cose, Prodi.


Lo dimostrò con la CIR che diede a De Benedetti, l’amicone, il sostenitore con «Repubblica».
E’ in questo che è bravo.
Ovviamente, non ha tempo per centellinare il denaro pubblico, quello nostro.
Guardate che cosa ha fatto al bilancio di previsione.
Dopo la stangata dell’anno scorso (30 miliardi di euro in tasse in più, risucchiati dalle nostre tasche), aveva detto che quest’anno sarebbe stata tregua: «solo» 10 miliardi di euro in più,
una stangatina.
Ma ora, a finanziaria approvata, le tasse in più da pagare sono diventati 16 miliardi di euro.
Spese senza copertura aumentate del 50% fra il primo e l’ultimo passaggio al Parlamento.
Cosa sono queste spese?

Ma è ovvio: contentini a pioggia a Mastella, ai Verdi, ai rossi «sociali», alle clientele di sostegno, alle cosche sindacali e ministeriali, ai partitini che sostengono il governo Prodi, il serio e responsabile governo Prodi.

Ecco, caro lettore: le paghe altissime dei deputati e senatori sono solo l’inizio.
Poi ci sono tanti, troppi altri modi di incassare, per questa Casta.
La Casta più incapace che esista, sotto le cui mani le spese aumentano come un soufflè nel forno, perché è pagata per non dare servizio alcuno, perché può esercitare l’irresponsabilità e peggio, la corruzione più sfacciata.
Perché non ha concorrenti, né controllori onesti: i controllori sono parte della Casta, e succhiano dalle nostre mammelle.

L’Italia è depressa, Prodi invece è contento.
Contentissimo: e ne ha ben ragione.

Maurizio Blondet
 

tontolina

Forumer storico
oggi è la migliore dell'indice

e il mio uccellino dice che è uscito allo scoperto il più grosso ...


http://www.cobraf.com/forumf/cool_r_show.asp?topic_id=0&reply_id=89734
Una truffa così plateale utilizzando una società di borsa nemmeno in Messico finora l'ho vista.

In una borsa in cui hai avuto il caso Bipop, poi Cirio, Parmalat, Italease e Popolare Lodi non puoi più investire se non in casi particolari che conosci bene, controllando comunque cinque volte bene tutto, toccando sempre legno e facendo gli scongiuri


"..TORRE SPACCATA - La Torre Spaccata è un'immobiliare milanese che fa capo alla famiglia di Riccardo Rossi. Nel 2006 aveva un patrimonio netto di 99mila euro e con un swap Italease ha incassato 1,1 milioni di euro. Il procacciatore Angelo Stefanazzi ha incassato 350mila euro, Italease ci ha perso 21,2 milioni.

RADIO DIMENSIONE SUONO - L'emittente romana Radio Dimensione Suono e Rds servizi, della famiglia Montefusco, di contratti derivati ne hanno sottoscritti sette incassando 1,18 milioni di euro. I procacciatori hanno ricevuto oltre 2 milioni, mentre Italese ha perso 17,8 milioni.

IMMOBILIARE EUROPEA - Costituita nel 1991, a Roma, l'Immobiliare Europea che fa capo a Pierino Tulli ha chiuso il 2006 con 6mila euro di utili. A partire dal 2005 ha sottoscritto tre contratti di derivati con Italease incassando a titolo di pagamento dello swap 291mila euro. Intalease ne ha persi 17,7 milioni.
...."


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...COME “MUNGEVANO” ITALEASE – TUTTI I “TRUCCHI” DELLA TRUFFA SUI DERIVATI BY FAENZA & C: DECINE E DECINE DI MILIONI DI PERDITE DOVUTE A CONTRATTI CON 12 CLIENTI (QUASI TUTTI IMMOBILIARISTI)…

Alberto Grassani per “Il Sole 24 Ore”


L'amministratore delegato di Banca Italease, Massimo Faenza
1 - BANCA ITALEASE, I SEGRETI DELLA TRUFFA SUI DERIVATI…
Con i derivati, c'è chi vince e c'è chi perde. Ma Banca Italease ci ha perso 778 milioni di euro: troppi per farsene una ragione. E, così, scavando fra contratti privi di logica economica e risalendo il fiume delle commissioni pagate a singolari procacciatori d'affari, la nuova gestione dell'istituto ha rintracciato le orme di quella che per i Pm di Milano è stata un'associazione a delinquere guidata dall'ex amministratore delegato Massimo Faenza.

La svolta è arrivata il 6 agosto grazie a un'analisi che il nuovo amministratore delegato di Italease, Massimo Mazzega, ha commissionato al consulente Paolo Gualtieri, ordinario di economia degli intermediari finanziari. Una perizia, acquisita dalla magistratura, che sfoltisce il ginepraio dello scandalo derivati facendo emergere la responsabilità della vecchia gestione e più di una prova indiziaria sulla presunta appropriazione indebita. Quella di cui oggi è accusato Faenza, colpito in settimana da un'ordinanza di custodia cautelare insieme a ex dirigenti, Massimo Sarandrea e Roberto Fabbri, e intermediari, Claudio Calza e Luca De Filippo.

La ricostruzione dell'advisor Gualtieri è partita da un dato di fatto: «Le enormi perdite causate dall'operatività in derivati di Banca Italease sono per oltre il 50% dovute ai contratti conclusi con appena 12 clienti», quasi tutti immobiliaristi di Roma, la città di Faenza. L'unico nome un po' conosciuto è quello di Radio Dimensione Suono. Le altre sono ragioni sociali poco (o per nulla) note: Immobilia Re, Wheelrent Autonoleggio, Gruppo Rarem, Nabucco Re, Eurologistica, Torre Spaccata, Immobiliare Europea, Parco dei Medici, Anagnina Property, Bb Parlamento, Cml International.

La pista per tentare il recupero di parte dei 778 milioni di perdite è partita da qui. Dall'operatività passata con queste sconosciute Pmi. «La Banca – spiega il documento dell'advisor consultato dal Sole 24 Ore – ci ha chiesto di esaminare l'operatività in derivati partendo dall'esame dei contratti conclusi con i 12 clienti che hanno generato gli importi di marked to market negativi più elevati e quindi le perdite maggiori». L'obiettivo di Gualtieri è stato quello di fare luce su un'operatività anomala, con «ammontari enormi rispetto al numero ridotto di clienti e alla loro modesta dimensione economico patrimoniale».

L'advisor di Italease non ha tardato ad accorgersi che«l'elemento di maggiore anomalia è costituito dalle modalità operative adottate per la conclusione e gestione dei contratti derivati, senza dubbio tese a fare guadagnare i clienti, ad avvantaggiare i procacciatori e a scaricare sulla banca gli effetti economici dei rischi assunti». Insomma, solo i soci di Italease hanno perso i soldi con lo scandalo dei derivati, mentre per i 12 grandi sottoscrittori e per gli intermediari quei contratti hanno generato guadagni.

Inutile dire che la perizia di Gualtieri ha un contenuto tecnico-finanziario, e non è entrata nel merito dell'eventuale spartizione di questi guadagni, su cui si è soffermata invece l'ordinanza d'arresto di Faenza, Fabbri, Sarandrea, Calza e De Filippo. La perizia spiega solo perché queste attività «abbiano deviato dalla normalità, senza alcun dubbio», perché «l'operatività in derivati di Italease sembri essere lo strumento tecnico per distrarre somme dalla Banca piuttosto che una reale attività di gestione dei rischi finanziari della clientela».

ASSURDITÀ CONTRATTUALI - A fronte delle perdite nette causate a Italease dai derivati – che nel momento della perizia ammontavano a oltre 665 milioni di euro – Gualtieri sottolinea come gli interest rate swap strutturati venduti ai 12 clienti siano completamente privi di razionale economico: «Le caratteristiche delle formule di calcolo sono talmente macchinose da rendere i contratti derivati in esame inutilizzabili per finalità di copertura dei rischi di tasso di interesse e francamente, in quasi tutti i casi, difficilmente utilizzabili anche per assumere ragionevoli posizioni di investimento sulle curve dei rendimenti». E, allora, a cosa servivano? Secondo gli inquirenti a «stornare illecitamente», tramite abnormi commissioni di intermediazione, parti del patrimonio di Italease.

Tanto che a partire dal 2005 «il 56% dei compensi» da negoziazione in derivati è stato incassato da Calza e De Filippo e – scrive l'ordinanza d'arresto – sia nei confronti di Sarandrea e Fabbri sia nei confronti di Faenza «si è già raggiunta la prova della retrocessione di quote di denaro distratto».

La perizia di Gualtieri, spiega – analizzando i contratti uno ad uno –che«è totalmente da escludere l'ipotesi che i dirigenti e i funzionari di Italease coinvolti in queste operazioni potessero considerale normali operazioni di interest rate swap», come è «parimenti da escludere che i procacciatori e i clienti coinvolti non fossero consapevoli che a fronte degli enormi guadagni ottenuti vi fossero degli elevati rischi finanziari che avrebbero dovuto essere ripartiti fra le parti in gioco».

Così, la perizia, nel tentativo di spiegare quello che non ha logica di mercato, arriva alla conclusione che gli elementi raccolti «inducono a ipotizzare un accordo tra i clienti, procacciatori e taluni dirigenti e funzionari della banca in danno di Italease». Solo con questa chiave di lettura, si spiegano infatti le anomalie operative, i guadagni degli in-termediari, quelli delle società clienti e, come si è capito, le perdite di Italease.

SOLO GUADAGNI PER I CLIENTI - I contratti derivati complessi sull'andamento dei tassi che Italease comprava da banche internazionali e rivendeva ai clienti sono tutti di tipo not par: volendo semplificare, sono contratti speculativi, che partono con un valore iniziale negativo. Sono scommesse quasi perse dal sottoscrittore e, con alta probabilità, vinte dalle banche d'investimento che hanno costruito il derivato.

Ovviamente questo disequilibrio viene pareggiato sotto il profilo economico alla firma del contratto con degli importi (upfront) immediati. Una sorta di premio, dato a chi rischia i soldi puntando sul cavallo brocco, che ha consentito a Italease di incassare all'apertura dei contratti (da Deutsche Bank, Bnp Paribas, Société Genérale e altre banche) ben 173 milioni di euro, e di accollarsi i rischi relativi. Gli stessi contratti che Italease comprava dalle banche venivano poi intermediati ai clienti lasciando su Italease il rischio di controparte, la possibilità cioé che il cliente non onorasse il contratto.

Ora la perizia di Gualtieri sottolinea che Italease non ha girato ai clienti, salvo pochi casi, gli importi upfront. Tuttavia «i contratti derivati sono stati disegnati in modo che i clienti di Italease nei primi periodi di vigenza dei contratti ottenessero flussi netti positivi, guadagnassero sempre». E poi cosa è successo? «I contratti sono stati sempre chiusi anticipatamente prima che divenisse applicabile la formula che avrebbe potuto determinare flussi netti negativi, cioè pagamenti per i clienti, i quali non hanno mai dovuto pagare nulla ad Italease».

COSTI PER 404 MILIONI - La singolarità, spiega l'analisi, è che «i clienti hanno chiuso anticipatamente i contratti tutte le volte che erano in una posizione con valore economico negativo, però non hanno mai pagato nulla a Banca Italease a titolo di costo di uscita dal contratto con valore negativo». Al contrario la banca «per la chiusura anticipata dei contratti» ha dovuto pagare complessivamente alle controparti internazionali – solo sulle posizioni di questi 12 clienti – 404,9 milioni di euro.

Durante la vecchia gestione, Italease per evitare di avere un rilevante effetto negativo sul proprio conto economico, a causa degli elevati costi di chiusura anticipata pagati alle controparti di mercato e non incassati dalle imprese clienti, sostituiva i contratti chiusi anticipatamente con nuovi contratti derivati». Nella sostanza assumeva posizioni in derivati esotici ancora più rischiose delle precedenti, con un valore economico negativo ancora più alto, per compensare il costo di chiusura dei contratti e incassare nuovi importi upfront.

IL BILANCIO DEI DERIVATI - Questa attività sui derivati «chiaramente non improntata al servizio alla clientela e per la quale è ben difficile individuare un beneficio per Banca Italease» alla fine ha prodotto questo risultato: i 12 clienti «hanno incassato 10,9 milioni di euro a titolo di pagamento di differenziali swap per effetto del meccanismo che prevedeva che i contratti nei primi periodi di vigenza generassero sempre flussi netti positivi a favore dei clienti».

I procacciatori, a loro volta, hanno incassato 16,6 milioni di euro di commissioni. Mentre Italease ha incassato upfront per 173,8 milioni, ha pagato costi di chiusura dei contratti per 404 milioni e costi per i procacciatori di 16,6 milioni. Così, tenendo conto che ha retrocesso upfront ai clienti per un milione di euro, con l'operatività di intermediazione in derivati con solo 12 piccole e medie imprese ha perso 248,8 milioni di euro.

LE RESPONSABILITÀ - Le azioni giudiziarie in corso, faranno nel tempo chiarezza su quanto è successo in Banca Italease all'epoca di Faenza. Oggi la banca, ricapitalizzata per 700 milioni di euro, ha un nuovo presidente, Lino Benassi, un nuovo amministratore delegato, Massimo Mazzega, un altro consiglio d'amministrazione e un nuovo collegio sindacale. L'istituto nel corso di questo esercizio 2008 tornerà - secondo i piani industriali – a generare utili e sia mai vengano provate le distrazioni subite, Italease dalle vicende del passato può sperare di recuperare parte del maltolto.

Tuttavia, nella ripartizione delle responsabilità della vecchia gestione, la perizia sottolinea che «l'estremo tecnicismo per valutare e gestire questi contratti derivati ha circoscritto in modo naturale il numero dei soggetti che potevano occuparsene all'interno della banca e ha conferito ad essi notevoli gradi di libertà operativa per le obiettive difficoltà da parte degli addetti ad altre funzioni di comprendere pienamente i termini economici di questa operatività».

In altre parole, l'anomalia era chiara a chi stava guidando quelle operazioni, ma non così evidente per il resto del management. Per quanto riguarda le dodici società grandi sottoscrittrici di derivati, Gualtieri sembra ritenere che siano state «una più o meno consapevole sponda per un'operatività organizzata per fini diversi dall'attività di servizio alla clientela».

«La documentazione preparatoria degli accordi contrattuali tra la Banca e il cliente» sembra sottolinearlo. «Infatti le proposte formulate da Banca Italease ai clienti portano quasi sempre la data immediatamente ( uno o due giorni) antecedente la conclusione dei contratti». Una stranezza, vista la rilevanza dei contratti e la difficoltà a comprenderli. Tanto che l'advisor suppone la documentazione possa essere stata predisposta per «far apparire l'esistenza di una dialettica negoziale».

2 - I MAGNIFICI 12 VINCEVANO SEMPRE…
Forse inconsapevolmente, forse no, hanno fatto da sponda – scrive l'indagine interna – alla presunta associazione a delinquere di cui è accusato l'ex amministratore delegato di Italease, Massimo Faenza. Sono dodici società. Tutte o quasi di recente costituzione, prevalentemente immobiliari romane e con il pallino dei derivati. A causa loro Italease ha dovuto accusare 248 milioni di perdite. Ma che società sono? Quanto hanno incassato con i derivati intermediati da Italease?

La prima società della lista è la "milanese" Immobilia Re, che sembra riconducibile al gruppo Statuto. La perizia di Gualtieri ha stimato abbia incassato grazie ai derivati sottoscritti con Italease circa 1,53 milioni di euro. E a beneficiare dell'operazione sono stati soprattutto il procacciatore Claudio Calza (Caronte), che ha incassato 1,2 milioni, e il mediatore F. L Italia 700mila euro. A pagare è stata solo Italease che, dopo avere incassato un upfront di 45 milioni dalla controparte bancaria, remunerato i procacciatori e pagato 115,9 milioni per chiudere le posizioni in derivati, ha perso 72,7 milioni.

L'immobiliare controllata attraverso Compagnia Fiduciaria Nazionale, a sua volta è controllata dai commercialisti Angelo e Alberto Aldrighetti, è nata nel novembre del 2006 è ed stata svezzata a derivati. A un mese dalla costituzione, il 24 gennaio 2006, ha infatti iniziato a sottoscrivere contratti derivati con Italease e dopo sei mesi, a fronte di un patrimonio netto di 34,9 milioni, il valore nozionale dei contratti derivati stipulati era di 175 milioni.

E qual è l'origine di quei rapporti contrattuali? Secondo la perizia, dai documenti sembra che tutto nasca in poche ore: il 23 gennaio Banca Italease scrive all'immobiliare per proporle operazioni di copertura in derivati «in vista di uno steepening della curva dei tassi» e il giorno dopo i primi tre contratti per un valore nozionale di 75 milioni sono già firmati.

Vantaggi della governance con «amministratore unico»? Forse. Ma «le modalità operative, il tipo di cliente e la costituzione di una società veicolo per lo scopo –scrive la perizia – sono un chiaro indizio di un'attività con fini speculativi preordinata per far guadagnare i procacciatori e il cliente».

WHEELRENT AUTONOLEGGIO - Anche con il cliente romano Wheelrent Autonoleggio le cose, per Banca Italease, non vanno bene. La società che opera nel settore della cartellonistica per case è stata costituita nel 2000 e fa capo ai signori Carboni. È una società con solo 13 dipendenti che nel 2005 ha registrato un utile netto di 168mila euro, ma che grazie ai derivati di Italease ha incassato 658mila euro.

Senza entrare nel merito dei contratti, il rapporto sottolinea che l'operatività in derivati di Wheelrent è stata «completamente scollegata dal passivo finanziario dell'impresa» ed è anomala per la «frequente chiusura e riapertura dei contratti» soprattutto perché «anchequando il nuovo contratto replicava quasi interamente le condizioni economiche di quello precedente, è stata pagata una commissione al procacciatore».

Anche in Wheelrent le decisioni sui derivati sono fulminee: la firma dei contratti segue di poche ore la lettera di Italease. Il risultato finale è che Wheelrent ha incassato 658mila euro, il procacciatore, lo Studio Tributario De Filippo, 558mila, mentre per Banca Italease la perdita di 28,6 milioni. La società ha infatti incassato upfront per 9,8 milioni ma, oltre alle commissioni, ha dovuto spesare 37,8 milioni per la chiusura anticipata dei contratti.

GRUPPO RAREM - È romano il terzo grande sottoscrittore di derivati intermediati da Italease, la Rarem: gruppo che fa capo alla famiglia Benedini e che si occupa principalmente di restauro di edifici monumentali.

La perizia dice che la Rarem ha lavorato a Castel Sant'Angelo e nella Reggia di Caserta, ma il suo bilancio 2006 non è ricco come il palazzo reale del Vanvitelli: registra un patrimonio netto di soli 1,3 milioni e un utile di 114mila euro. Insomma, si tratta di una realtà poco più che artigianale che tuttavia, a partire dal marzo del 2004, sottoscrive 19 contratti derivati con Italease.

Secondo la perizia, inizialmente l'operatività in derivati è compatibile con le attività della società, ma a partire dal 2005,«in coincidenza con l'intervento del procacciatore Amf Consulenti associati Antonio Rizzola», «assume le caratteristiche anomale simili a quelle verificate per gli altri clienti». Il risultato è che il Gruppo Rarem ha incassato quasi 900 mila euro (780mila per i flussi derivanti dagli Swap e 93mila per upfront) il procacciatore Antonio Rizzola ha incassato 1,3 milioni di euro, mentre Italease ha perso 22,9 milioni.

NABUCCO RE - La Nabucco Re è un'altra immobiliare romana, che secondo notizie di stampa fa capo a Calza, ma che ufficialmente è controllata dalla famiglia Signori. Si può dire che anche questa Pmi fin dalla nascita si è data ai derivati: costituita nello scorcio del 2005, nel gennaio del 2006 sottoscriveva i primi tre contratti con Italease per 135 milioni di euro di valore nozionale.

Grazie a questi, Nabucco Re ha incassato oltre 1,8 milioni di euro ( almeno 954 mila euro di differenziali di swap e 918mila euro per retrocessione di upfront), il procacciatore Calza ha incassato 933 mila euro, il collega Ralle 665 mila mentre Italease, fra i costi di chiusura dei contratti con le controparti bancarie, commissioni e retrocessione di upfront alla Nabucco, ha perso 9,4 milioni. Niente di nuovo. Le vicende contrattuali di questi 12 grandi sottoscrittori si ripetono con monotonia.

EUROLOGISTICA - La barese Eurologistica, con i suoi 5 dipendenti, è riconducibile all'ex senatore Giuseppe Degennaro. È una società di gestioni immobiliari e ha stipulato con Italease 4 contratti derivati: ha incassato 1,9 milioni di differenziali di swap. Italease ci ha perso 22,8 milioni di euro.

TORRE SPACCATA - La Torre Spaccata è un'immobiliare milanese che fa capo alla famiglia di Riccardo Rossi. Nel 2006 aveva un patrimonio netto di 99mila euro e con un swap Italease ha incassato 1,1 milioni di euro. Il procacciatore Angelo Stefanazzi ha incassato 350mila euro, Italease ci ha perso 21,2 milioni.

RADIO DIMENSIONE SUONO - L'emittente romana Radio Dimensione Suono e Rds servizi, della famiglia Montefusco, di contratti derivati ne hanno sottoscritti sette incassando 1,18 milioni di euro. I procacciatori hanno ricevuto oltre 2 milioni, mentre Italese ha perso 17,8 milioni.

IMMOBILIARE EUROPEA - Costituita nel 1991, a Roma, l'Immobiliare Europea che fa capo a Pierino Tulli ha chiuso il 2006 con 6mila euro di utili. A partire dal 2005 ha sottoscritto tre contratti di derivati con Italease incassando a titolo di pagamento dello swap 291mila euro. Intalease ne ha persi 17,7 milioni.

PARCO DEI MEDICI - Costituita nel 2005 anche la romana Parco dei Medici sembra riconducibile al gruppo Statuto. L'immobiliare ha sottoscritto 8 contratti derivati, ha incassato 1,1 milioni. E mentre il procacciatore Calza è stato remunerato con 5,4 milioni, Italease ha perso 400mila euro.

ANAGNINA PROPERTY - Altra società che pare riconducibile al gruppo Statuto, è la napoletana Anagnina Property. L'immobiliare costituita nel 2005 ha sottoscritto 5 derivati con Italease, ha incassato 819 mila euro, il procacciatore Calza ha preso 2,4 milioni mentre Italease ha perso 17 milioni.

BB PARLAMENTO - L'immobiliare Bp parlamento è di Milano e fa capo al gruppo Farina. E nata solo alla fine del 2006 ma, nei pochi mesi precedenti le dimissioni di Faenza, ha sottoscritto 4 contratti derivati Italease, ha incassato 413mila euro e ne ha fatti incassare 946mila al mediatore Calza. Per Italease la perdita è stata di 10,9 milioni di euro.

CML INTERNATIONAL - L'ultima della lista è la Cml International della famiglia Caporusso di Piedimonte (Fr). Nata nel 2000, la Cnl opera nelle macchine utensili con un risultato d'esercizio nel 2006 di 496 mila euro. A partire dal 2004 ha iniziato a sottoscrive contratti derivati con Italease, forse per «valide ragioni economiche». Alla fine ha incassato 146mila euro, il procacciatore ne ha presi 110mila, Italease ha perso 6,5 milioni.
 

tontolina

Forumer storico
ASSURDITÀ CONTRATTUALI - A fronte delle perdite nette causate a Italease dai derivati – che nel momento della perizia ammontavano a oltre 665 milioni di euro – Gualtieri sottolinea come gli interest rate swap strutturati venduti ai 12 clienti siano completamente privi di razionale economico: «Le caratteristiche delle formule di calcolo sono talmente macchinose da rendere i contratti derivati in esame inutilizzabili per finalità di copertura dei rischi di tasso di interesse e francamente, in quasi tutti i casi, difficilmente utilizzabili anche per assumere ragionevoli posizioni di investimento sulle curve dei rendimenti». E, allora, a cosa servivano? Secondo gli inquirenti a «stornare illecitamente», tramite abnormi commissioni di intermediazione, parti del patrimonio di Italease.


ma queste assurdità erano già state evidenziate nel report di rai3 ed erano state tutte a danno dei piccoli clienti fiduciosi di Unicredito e di italease

ma sentite come continua la perizia che avranno pagato profumatamente

SOLO GUADAGNI PER I CLIENTI - I contratti derivati complessi sull'andamento dei tassi che Italease comprava da banche internazionali e rivendeva ai clienti sono tutti di tipo not par: volendo semplificare, sono contratti speculativi, che partono con un valore iniziale negativo. Sono scommesse quasi perse dal sottoscrittore e, con alta probabilità, vinte dalle banche d'investimento che hanno costruito il derivato.

Ovviamente questo disequilibrio viene pareggiato sotto il profilo economico alla firma del contratto con degli importi (upfront) immediati. Una sorta di premio, dato a chi rischia i soldi puntando sul cavallo brocco, che ha consentito a Italease di incassare all'apertura dei contratti (da Deutsche Bank, Bnp Paribas, Société Genérale e altre banche) ben 173 milioni di euro, e di accollarsi i rischi relativi. Gli stessi contratti che Italease comprava dalle banche venivano poi intermediati ai clienti lasciando su Italease il rischio di controparte, la possibilità cioé che il cliente non onorasse il contratto.

Ora la perizia di Gualtieri sottolinea che Italease non ha girato ai clienti, salvo pochi casi, gli importi upfront. Tuttavia «i contratti derivati sono stati disegnati in modo che i clienti di Italease nei primi periodi di vigenza dei contratti ottenessero flussi netti positivi, guadagnassero sempre». E poi cosa è successo? «I contratti sono stati sempre chiusi anticipatamente prima che divenisse applicabile la formula che avrebbe potuto determinare flussi netti negativi, cioè pagamenti per i clienti, i quali non hanno mai dovuto pagare nulla ad Italease».

in pratica questi 12 clienti sapevano leggere e magari avevano capito il meccanismo del contratto e lo chiudevano quando capivano che il maket to market si sarebbe girato contro di loro

magari utilizzacano un soltware per calcolare la posizione


le banche credono che tutti siano dei piccoli deficienti
quando trovano gli sgamati allora urlano all'imbroglio...
 

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