Titoli di Stato paesi-emergenti VENEZUELA e Petroleos de Venezuela - Cap. 1

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Il Venezuela copia l'ex Urss File ai negozi e cambio in nero

"L'America mi vuole uccidere". Il presidente Maduro inventa minacce esterne per nascondere il caos interno: mancano farina e carta igienica, vuoti i bancomat





Elia Belli - Ven, 04/10/2013 - 08:51




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Sicuro a casa propria. Sembra un ossimoro, ma è così. Il presidente venezuelano Nicolàs Maduro, infatti, ha dato forfait all'ultima Assemblea Generale dell'Onu, ufficialmente per paura della propria incolumità a cui gli Usa starebbero attentando da almeno 6 mesi.
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Maduro vuole difendere la propria se stesso e l'economia del suo Paese e utilizza questo pretesto per rinchiudersi in patria e chiudere le porte del Venezuela a possibili minacce esterne. Eppure la percezione è che il delfino di Chavez abbia ben altro da nascondere e ben altri motivi per nascondersi: un paese dove non funziona nulla, dall'economia spicciola alla sicurezza, una specie di Unione sovietica perdipiù disordinata. Cambia il clima, qui caldo e umido, là secco e gelido, ma le code, la corruzione e i militari in ogni angolo creano nella mente un parallelo facile quanto angosciante.
Caracas di fatto è una città blindata. Non esagerano le guide turistiche quando dicono che è pericoloso anche solo girare per le vie del centro. «Oggi la moda è fermare le ragazze, minacciarle mettendole in un angolo per tagliare loro di netto i capelli». A spiegarci la moda del momento è una ragazza venezuelana il cui marito è morto proprio a Caracas mentre cercavano di rubargli il cellulare. «Tagliano i capelli per rivenderli. Ci fanno le extension o le parrucche». La cronaca locale è impietosa: circa 20 morti violente al giorno. Ormai i giornali locali tracciano alberi genealogici degli assassinati riportando con precisione accurata il numero di parenti uccisi in circostanze analoghe. E il resto del Paese non fa grande differenza. A garantire la sicurezza dovrebbe essere la Guardia Nazionale Bolivariana, fiore all'occhiello e creazione di Chavez. Il risultato è una militarizzazione permanente del territorio con posti di blocco ogni 20 chilometri e una corruzione direttamente proporzionale al numero degli agenti. «La GNB (Guardia Nacional Bolivariana) es del pueblo y para el pueblo»: il cartello riporta una giovane in divisa che con sguardo cordiale si intrattiene con una famiglia a parlare. Accanto un posto di blocco e due militari col mitra puntato che fermano un camion pieno di mobili.
Anche la situazione economica è allo sbando. Mancano i beni di prima necessità: procurarsi carta igienica o la farina è praticamente un'impresa. «Pensare – ci spiega Luis, taxista di Acarygua – che in Venezuela si fanno 4 raccolti l'anno. Voi in Italia quanti?». Gli spiego che dobbiamo accontentarci di un solo raccolto, ma rilancio e chiedo come mai allora manca tutto. «Seminano e non raccolgono. Lo vedi quello? – e indica un enorme stabilimento lungo la strada tra Acarygua e Guanare – È la raffineria di mais e riso più grande del Sudamerica. Chavez l'ha nazionalizzata e ora è chiusa. Ormai importiamo tutto tranne il petrolio e un po' di oro. E quella, la vedi?», dice indicando una coda lunghissima davanti all'ingresso di un supermercato. È gente che aspetta di poter comprare farina e carta igienica, «sempre che arrivi!». E se non arriva non resta che il mercato nero gestito dai cinesi: «Lì la roba c'è sempre. Costa anche cinque volte tanto, ma non devi fare la fila». Un Paese sempre in fila, come fa a crescere? «La gente sta in fila perché non ha niente da fare», mi dice un ragazzo che lavora in un negozio di telefonia, e girandosi verso un collega, con disprezzo aggiunge «Tenemos Patria».
Scopriamo che era uno degli slogan preferiti di Chavez. In Venezuela tutto parla di Chavez, nel bene o nel male. Gli chiediamo se sono in tanti a essere chavisti, lui risponde che i suoi genitori sono chavisti, ma non hanno votato per Maduro. E girato verso il suo collega «Pio, pio…»: ci spiega che è il verso del pollo, il soprannome di Maduro. C'è coda anche fuori dalle banche perché manca il denaro e i bancomat sono vuoti. Se sei occidentale, però, ti fermano e chiedono se abbiamo bisogno di cambiare dollari. Se devi cambiare a nero i soldi ci sono sempre e i venezuelani sanno bene che ti conviene farlo. Il cambio ufficiale, infatti, paga un dollaro 6,2 bolivar. A nero con un dollaro te ne danno fino a 40. «E la cosa interessante – spiega Juan Carlos, madre catalana e padre venezuelano – è che anche il mercato nero del cambio è fissato dal governo così può vendere petrolio agli americani che pagano in dollari con valore del cambio ufficiale e guadagnarci 6 volte tanto nel mercato interno». E di petrolio in Venezuela ce ne è davvero tanto e a buon mercato: 4 bolivar (50 centesimi di euro col cambio ufficiale, circa 8 centesimi di euro col cambio nero) per 50 litri di benzina. Il GPL è gratis. «Due cose qui troverai sempre e a buon mercato: benzina e alcolici. Bevi, guidi e ti ammazzi!» Alza una birra Polar, ci guarda e brinda: «Tenemos Patria!»
occhio che qui crolla tutto target 60
 
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