Dall'Enciclopedia Italiana:
di Alexandra Andresen
PAOLOZZI, Eduardo
Scultore inglese, nato a Leith il 7 marzo 1924, da genitori italiani. Compiuti gli studi presso l'Edinburgh College of Art, frequentò a Londra la Slade School of Fine Art (1944-47); dopo la sua prima mostra personale nel 1947 alla Mayor Gallery di Londra, si trasferì a Parigi, dove fu in contatto con i gruppi d'avanguardia, frequentando T. Tzara e A. Giacometti e interessandosi soprattutto alla tecnica del collage (Juice king, 1948, coll. priv.) e alle collage forms che diverranno elemento essenziale della sua ricerca. Tornato in Inghilterra, dal 1949 P. fu tra i protagonisti della nuova generazione di scultori il cui linguaggio espressivo era volto alla sperimentazione e alla scoperta di valori inerenti i materiali stessi e rifletteva, sostanzialmente, uno stato d'angoscia e d'incertezza. Memore delle opere di J. Dubuffet come delle soluzioni surrealiste, P. abbandonò i leggeri equilibri e le strutture filiformi delle prime opere (The cage, 1951, Londra, Arts Council of Great Britain; fontana per il Festival of Britain, 1951), per sperimentare nuove tecniche scultoree basate sulla concrezione di frammenti metallici, materiali di scarto e objets trouvés o sulla modellazione di fogli di cera − fittamente tramati da ruote dentate di diversa natura − in forme vagamente antropomorfe, poi fuse in bronzo (Shattered head, 1956, Londra, Tate Gallery; Krokodeel, 1956, Duisburg, Wilhelm-Lehmbruck Museum; Cyclops, 1957, Londra, Tate Gallery; The philosopher, 1957, Londra, British Council; Very large head, 1958, New York, Brooklyn Museum; Japanese god of the war, 1958, Middelheim, Openluchtmuseum voor beeldhouwkunst). Parallelamente all'intensa attività didattica svolta presso la Central School of Arts and Crafts (1949-55) e, insieme con A. Caro, presso la St. Martin's School of Art (1949-58), in quegli stessi anni a Londra P. condivise le proprie ricerche teoriche e formali con artisti (R. Hamilton, W. Turnbull), architetti (P. e A. Smithson) e critici (R. Banham, L. Alloway) e fece parte dell'Independent Group, che era stato costituito nel 1952. Ampiamente riconosciuta in Europa e negli Stati Uniti (David Bright Foundation Award, 1960, Biennale di Venezia; Purchase Prize, 1967, Guggenheim International Sculpture Exhibition a New York; First Prize for Sculpture, 1967, Carnegie International, Pittsburgh; Gran Premio d'onore, 1983, Biennale di grafica, Lubiana), la sua opera è stata presentata in numerose mostre personali (significative le retrospettive del 1971 presso la Tate Gallery di Londra e del 1975 alla Nationalgalerie di Berlino) e in importanti rassegne internazionali (Documenta 2 a Kassel, 1959; Biennale di Venezia, 1952 e 1960; Arte inglese oggi 1960-1976, 1976, Milano, Palazzo Reale; British Sculpture in the 20th Century, 1981, Londra, Whitechapel Art Gallery; Aspects of British Art Today, 1982, Tokyo, Metropolitan Art Museum). Docente presso l'Akademie der bildenden Künste di Monaco (1981-92), dal 1992 P. vive stabilmente a Londra dove insegna presso la Royal Academy of Arts. Tra i suoi scritti: Metaphysical translation (1960), The metallization of a dream (1963), Kex (1966), Abba-Zaba (1970).
Ponendosi tra i più significativi anticipatori della pop art inglese, P. concentrò negli anni Cinquanta le proprie ricerche sul binomio tecnologia e forma nonché sulle potenzialità espressive della nuova iconografia diffusa dai mezzi della comunicazione di massa. Vincitore nel 1953 del British Critics Prize, in quello stesso anno, con la collaborazione di A. Smithson, organizzò la mostra Parallel of life and art presso l'Institute of Contemporary Arts di Londra e, nel 1956, prese parte alla rassegna This is tomorrow presentata dalla Whitechapel Art Gallery di Londra. Negli anni Sessanta, distanziandosi dalle soluzioni brutaliste e privilegiando l'aspetto della prefabbricazione, P. elaborò opere più geometricamente strutturate, idoli-macchina e torri, caratterizzati dalla sovrapposizione e combinazione di parti di macchine in alluminio dalle tinte uniformi e brillanti (Twin tower III, 1962, Mannheim, Kunsthalle; The last of the idols, 1963, Colonia, Museum Ludwig; The city of the circle and of the square, 1963, Londra, Tate Gallery; Lotus, 1964, New York, Museum of Modern Art). In questo stesso periodo si impegnò anche nell'elaborazione di forme espressamente create, in acciaio cromato, nelle quali i riflessi dell'ambiente giocano un ruolo importante (Etsso, 1967, Londra, Hannover Gallery; Molik I, 1967, Colonia, Museum Ludwig) e, dedicatosi con intensità crescente all'attività grafica, produsse nuove serie d'incisioni (As is when, 1965; Moonstrips empire news, 1967; Montage for General Dynamic FUN, 1968).
Professore di arte e di disegno presso la Fachhochschule di Colonia (1977-81), tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, accanto a una serie di opere in bronzo che recuperano motivi precedentemente indagati (Neorema, 1974, Amburgo, Kunsthalle) e agli inediti bassorilievi in legno o in bronzo, decorati da complessi circuiti e da motivi cuneiformi (Proxmira, 1975, coll. priv.), P. ha creato opere monumentali, tra le quali Piscator per la Euston Square di Londra (1981) e la vasta decorazione musiva per la Tottenham Court Road Station della metropolitana di Londra (1983-85). Vedi tav. f.t.