Corsa per evitare il rischio bail-in
Prevenire è meglio che curare. Questa è la logica che sta alla base del piano che il sistema bancario sta studiando per risolvere le sue crisi più gravi. La terapia andrà individuata in fretta, perché se Banca d’Italia, Mef, Fondo interbancario e banche sforeranno il 2015, la medicina arriverà direttamente da Francoforte e sarà ben più amara: il bail-in.
Con l’effetto di coinvolgere nel salvataggio azionisti, obbligazionisti e anche correntisti, oltre naturalmente alle altre banche che dovranno coprire - attraverso i fondi di garanzia - i depositi fino a 100mila euro.
Ciò non toglie che anche la soluzione di sistema, giocata d’anticipo rispetto all’entrata in vigore delle nuove norme europee sulle risoluzioni bancarie, presenti i suoi costi. Notevoli. Perché in quel caso a pagare il conto della malagestio degli amministratori passati di Ferrara, Marche ed Etruria saranno, insieme alle banche chiamate a sborsare più di un miliardo per asset certamente non agognati, anche i titolari di obbligazioni subordinate, ovvero migliaia di risparmiatori. Una vera e propria scossa per il comparto; non a caso, quella dei salvataggi è materia da «maneggiare con cura», come faceva notare ieri un banchiere. Due terapie non indolori, insomma, che spiegano i mugugni - più d’uno - che già emergono da qualche banca, e quelli che si leveranno dagli obbligazionisti nel giorno in cui dovessero essere coinvolti.
Ora, però, c’è da correre. Quattro mesi sono davvero pochi per sciogliere gli ultimi nodi di carattere tecnico, completare il quadro normativo, ottenere i timbri che ancora servono dalla Commissione europea e dalla Bce, e poi passare alla fase attuativa di tre operazioni che si trovano a stadi di maturazione molto diversi tra loro. Dall’Europa arrivano segnali confortanti, le authority sembrano coese e la ripresa in fase di consolidamento lascia intendere che - una volta risolti questi tre casi - almeno per un po’ di tempo non dovrebbero essercene altri da affrontare, ma la strada resta comunque molta e il tempo a disposizione molto poco.
E poi restano le incognite future. La soluzione della holding di fatto consentirà di guadagnare qualche anno di tempo per trovare una soluzione più stabile (cioè un compratore vero) a due banche uscite senza pretendenti da due anni di commissariamento e di data room e a un’altra, la Popolare Etruria, in amministrazione straordinaria da soli sei mesi ma comunque senza corteggiatori e a rischio bail-in. La speranza, in questo caso, è che in questi anni/mesi commissari abbiano effettuato tutte le pulizie necessarie, ponendo le premesse per il rilancio dei tre istituti; ma anche che il clima di rinnovato interesse (e profittabilità) intorno al settore si stabilizzi, in modo che possa essere venduto domani ciò che non si è riusciti a vendere ieri, magari spuntando cifre non proprio da saldo e limitando così le perdite per le banche (e gli obbligazionisti) chiamati a finanziare il salvataggio. Solo in questo modo l’operazione potrà considerarsi realmente riuscita, diversamente si sarà soltanto prolungata una lunga e dolorosa degenza.