negusneg
New Member
Che si possa sfruttare la rivalutazione per compensare eventuali minus non mi sembra uno scandalo, visto che chi compra si accolla anche il rischio (per quanto piccolo) di deflazione.
IMHO si dovrebbe puntare a considerare come prezzo fiscale il prodotto tra CdI e corso secco, in ogni momento della vita del titolo da emissione a rimborso, cosa che permetterebbe di eliminare in un colpo solo tutte le storture.
Considerando invece la rivalutazione come disaggio, ci sarebbe di nuovo la possibilità di introdurre elementi penalizzanti per il risparmiatore nel caso di una deflazione prolungata (evento improbabile, ma quando si devono scrivere le regole anche gli eventi improbabili vanno considerati... perché tanto prima o poi il cigno nero arriva!).
Oltre al fatto che nel caso di un titolo ZC il rateo sull'imposta di disaggio complessiva viene *accreditato* a chi compra, cosa non possibile in questo caso, visto che non sappiamo a quanto il titolo rimborserà.
Chiedo perdono se ho scritto imprecisionipurtroppo sono parecchio di corsa... spero però che il senso del mio post sia chiaro
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In effetti sembra anche a me la soluzione più logica e anche la più semplice da applicare concretamente. Appena ho un attimo di tempo modifico il testo della bozza.
Finalmente ho avuto un po' di tempo per riflettere su questo punto e, ripensandoci, non sono del tutto convinto che la soluzione da te proposta sia la migliore, nè dal punto di vista "teorico", nè da quello pratico.
Da un punto di vista teorico, legale o logico, l'incongruenza mi sembra che nasca dal fatto che nella nota esplicativa si afferma che l'eventuale incremento sul capitale dovuto alla scadenza in ragione dell'indicizzazione (...) fino al "momento in cui detto incremento diviene conoscibile e cioè, precisamente, quando (in prossimità della scadenza ma prima della stessa) saranno resi noti i dati necessari per calcolare il valore di rimborso" viene "valutato in via probabilistica dal mercato" e quindi non può configurarsi come reddito da capitale, bensì come capital gain.
Come ben sa chi ha effettuato compravendite di questi titoli il regolamento del corrispettivo viene effettuato sulla base di un calcolo preciso, moltiplicando il corso secco del titolo per il Coefficiente di Indicizzazione, e non sulla base di una "valutazione probabilistica del mercato".
Vero è che oggi io non conosco quale valore potrà avere il CdI a scadenza, ma conosco con precisione fino alla quinta cifra decimale l'intero incremento del coefficiente a partire dall'emissione. Questo valore potrà anche scendere, in futuro, ma al momento di effettuare lo scambio fra chi compra e chi vende viene univocamente determinato in base alle tabelle pubblicate ufficialmente dal Ministero.
Logica vorrebbe, quindi, che lo stesso importo che viene addebitato al venditore, relativamente all'incremento del CdI, contestualmente venisse accreditato al compratore, analogamente a quanto avviene con le cedole ed il disaggio di emissione, essendo comunque possibile determinarne esattamente l'importo, almeno fino alla data della compravendita.
Da un punto di vista pratico, e di equità fiscale, questa soluzione mi sembra in ogni caso la più giusta:
a) verrebbe eliminato il paradosso per cui chi compra in prossimità della scadenza potrebbe trovarsi a dover pagare più tasse del guadagno effettivamente conseguito;
b) verrebbe anche eliminata la distorsione che paradossalmente vede questi titoli preferibili, per chi abbia delle minusvalenze da compensare, rispetto ad altre tipologie di titoli di stato, naturalmente a patto di venderli almeno due mesi prima della scadenza. Non mi sembra nè logico nè giusto che un obbligazionista paghi comunque l'imposta del 12,50% su una indicizzazione ai Bot mentre possa tranquillamente compensare con le minus un'indicizzazione all'inflazione, adottando le opportune strategie;
c) dal punto di vista sia dello Stato che del privato risparmiatore questa soluzione darebbe le migliori garanzie che le imposte pagate siano effettivamente coincidenti con il guadagno conseguito.
In ogni caso, queste sono solo mie riflessioni, su cui vi prego di intervenire liberamente, nel caso in cui abbia scritto delle sciocchezze.
Resta il fatto che l'obiettivo resta quello di mettere mano alla questione, in un modo o nell'altro. E' ovvio che anche la soluzione proposta da Yunus potrebbe funzionare, ed anzi sarebbe decisamente più vantaggiosa per gli acquirenti di questi titoli, poichè permetterebbe di compensare sempre il guadagno dovuto all'incremento del CdI con le minus pregresse.
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Credo quindi che nella versione definitiva della lettera sia meglio non menzionare questo punto, limitandoci a sollecitare un intervento che risolva l'anomalia. In quale modo lo deciderà il Ministero, se deciderà di intervenire.
Sbaglio?
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