E NELLE MONTAGNE VADO A PERDERE LA MIA MENTE E A TROVARE LA MIA ANIMA

Il pluralismo, questo sconosciuto.

O meglio: la versione del pluralismo che piace tanto all’establishment culturale potrebbe chiamarsi «singolarismo»,
dal momento che l’unica voce a cui è concesso dare cassa di risonanza parla una sola lingua: quella della sinistra.

E’ successo persino a Nicola Porro – decisamente non un eversivo di destra – silenziato, con motivazioni decisamente surreali
(«troppo schierato politicamente») dal museo di Mestre M9 dove avrebbe dovuto presentare la sua ultima fatica letteraria, Le tasse invisibili.

Lo ha racconta Francesco Giubilei, editore e presidente di Nazione Futura:

«Qualche mese fa l’associazione culturale Nazione Futura, nella persona di Marco Mestriner, ha richiesto l’utilizzo degli spazi del museo M9
per la presentazione dell’ultimo libro di Nicola Porro Le tasse invisibili. La direzione del museo della Fondazione Venezia, proprietaria del complesso,
negò la sala considerando Nicola Porro un giornalista “troppo schierato politicamente”».



Guarda caso però, il problema dello schierarsi politicamente non ha sfiorato Carlo Calenda, che diversamente da Porro lui un politico lo è davvero,
tanto da aver fondato un proprio partito, Azione, e tanto da aver potuto presentare il suo ultimo libro proprio nel museo e in piena campagna elettorale per le Amministrative e Regionali venete.

«La censura a Nicola Porro – ha commentato così Giubilei – è purtroppo solo la punta dell’iceberg di quanto avviene in tanti comuni italiani dove eventi,
presentazioni, iniziative – anche se di carattere culturale – non in linea con il pensiero progressista e di sinistra, vengono boicottate o si cerca di impedirne la realizzazione».


Quando, addirittura, non viene fatta richiesta di presentare improbabili «certificazioni di antifascismo» per l’utilizzo degli spazi pubblici.

«Il problema è ben più ampio poiché in molti comuni, luoghi come musei, sale conferenze, luoghi pubblici che dovrebbero essere concessi con criteri super partes,
vengono utilizzati con le stesse finalità politiche che in apparenza i responsabili dicono di voler contrastare», conclude Giubilei.

E la «democrazia» è andata a farsi benedire anche questa volta.
 
Che si sappia. Ma nessun media sottomesso al potere divulga. Buffoni di corte.


Il costo tra le navi per le quarantene dei migranti è molto diverso, e ben più alto, di quelle delle strutture individuate a terra per lo stesso motivo.

Lo Stato italiano, sia nell'uno che nell'altro caso, si è trasformato in affittuario, pubblicando tra aprile e luglio diversi avvisi per manifestazioni di interesse da parte dei privati.


In base all'avviso del ministero dei Trasporti del 13 luglio e in scadenza il 16 luglio prossimo,
una nave costerà circa 4.037.475 euro, oltre Iva, per i 101 giorni di esecuzione dell'appalto.

Tale costo è costituito "da un corrispettivo a corpo ed uno a misura".

Il "corrispettivo a corpo tutto compreso" si riferisce al noleggio della nave, che
"dovrà stazionare in rada e potrà essere chiamata a spostamenti sulla base di esigenze connaturate al servizio prestato".


Il "corrispettivo a misura" si riferisce al numero di migranti, può variare e ha come parametro 285 persone, di cui 250 migranti, per un periodo di 101 giorni, fino al 31 ottobre 2020.

"Tale corrispettivo - si legge nell'allegato tecnico del bando - sarà corrisposto in funzione del numero di migranti effettivamente ospitati".

Il grosso del costo complessivo risiede nel "corrispettivo a corpo", ovvero 3.030.000 euro; il corrispettivo "a misura" ammonta a 1.007.475 euro oltre Iva.


Il costo delle strutture a terra, in base agli avvisi pubblicati dal ministero dell'Interno, è di 30-40 euro al giorno per migrante, desunto da bandi pubblicati da diverse prefetture.
Si tratta di strutture con una capienza da un minimo di 50 posti a un massimo di 151 o quanto definito dall'Asp locale.


Facendo un paragone tra i costi delle due opzioni - nave e strutture a terra - emerge con chiarezza la sproporzione:

Moltiplicando 40 euro (la punta alta del range per le strutture a terra) per il massimo del numero consentito di migranti e team di assistenti in una nave (285) si ottiene 11.400,
che moltiplicato per 101 giorni di affitto dà 1.151.400 euro.

Ovvero ben al di sotto dei 3.030.000 del corrispettivo "a corpo" dovuto come costo fisso per la nave.
 
Potrebbe sembrare un qualche episodio di una qualche serie televisiva.

Files che sono stati secretati,
il Governo che tace e non vuole far conoscere informazioni per non “produrre un danno alla sicurezza e all’ordine pubblico”.

A fare da sfondo la pandemia globale.

Silenzi imbarazzanti tra le mura di Palazzo Chigi, che più per la mancanza di conoscenza potrebbero sembrare motivati da connivenza.




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Ciliegina sulla torta che rende la storia ancora più ‘pepata’, è proprio il nostro caro M5S,
che continua con la sua instancabile energia a essere tutto il contrario di quello che professa o per lo meno professava,
“a sfuggire alle domande” e a dire di ‘non sapere nulla’.


Il Tempo riporta alcune delle risposte che vengono date dai penastellati in merito alla questione degli atti secretati.


C’è chi, come il deputato Mattia Fantinati dice:

“Per ora non rilasico interviste perchè la situazione è delicata”.

Chi si mantiene più sul vago, come Massimo Baroni che afferma:

“Sinceramente non ho visto una notizia in merito, quindi devo inforarmi. Appena ho delle notizie la richiamo”.

O chi taglia corto come il senatore Daniele Pesco con:

“Non sono informato sui fatti”

o Stefano Vignaroli con:

“Non è materia mia, preferisco quindi non rilasciare dichiarazioni..”.


Chi non vuole ‘perdersi in chiacchiere’ perchè molto concentrato sul ‘da farsi’:

“Non voglio parlare di questo argomento. Siamo impegnati sul dl Agosto e voglio impegnarmi su quello al momento”,
blocca subito il sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa.



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Chi ‘passa la palla’ ai ranghi più elevati:

“è meglio che ne parli con qualcuno che sta seguendo le cose e che è anche più autorevole…Sa il rispetto delle competenze”,
risponde il sentatore Primo De Nicola.

O come la deputata Maria Edera Spadoni, che consiglia molto semplicemente di

“sentire il governo”.


Ma al Governo la risposta ricevuta esplode con la frase

“Non mi faccia dichiarare, lascio che siano gli altri a parlare”
di Stefano Buffagni, viceministro delllo Sviluppo economico.


Insomma, dalla trasparenza alla connivenza il passo è stato breve!
 
Ci sono delle volte in cui sarebbe meglio aver sbagliato, questa è una di quelle.



Come aveva -purtroppo- ben anticipato il senatore Gianluigi Paragone,
alla fine sono stati fatti gli interessi della grande azienda a discapito dei cittadini e della nostra economia.

Stiamo parlando del gruppo Fiat Chrysler Automobiles, che ha ‘cavalcato l’onda’ dell’occasione del decreto liquidità grandiosamente per scendere a ‘ricatti’con il Governo.

La sostanza era: “No garanzia? Allora non investiamo qui”.



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Così l’esecutivo, che ben si presta a certe dinamiche, ha alzato il pollice e chinato la testa, con la scusante
“solo così possiamo assicurarci che rispettino i patti”.

Proprio perchè si tratta di una somma ingente, la trattativa ha richiesto la regolazione con un decreto.

Gualtieri aveva assicurato "la presenza nel decreto ministeriale di almeno tre impegni che la multinazionale avrebbe dovuto assumersi con l’Italia,
pena la perdita della garanzia, per concentrare sul nostro territorio le ricadute dell’aiuto”.


6,43 miliardi di euro di finanziamenti erogati dalla banca Intesa San Paolo,
hanno ottenuto il via libera grazie alla responsabilità (sottoforma di garanzia) assunta dallo Stato.

Il sito automoto.it lo definisce come “il più grande prestito statale d’emergenza ad un costruttore europeo”.



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Nel frattempo arriva fresca la notizia -che riprendiamo dal sito autoeveryeye.it- che “FCA (con una lettera scritta in inglese)
ha interrotto i rapporti con molti fornitori terzi dell’indotto italiano.

Indotto “pari a circa 18 miliardi di euro”.

“Nello specifico FCA ha chiesto di interrompere immediatamente tutte le attività di ricerca, sviluppo e produzione per le auto più piccole del brand,
che da ora in poi verranno costruite con il ‘modello francese’”.



Morale della favola: su un piatto della bilancia troviamo il ‘fruttuoso lavoro del governo nelle trattative’, 6,43 miliardi di prestiti,
alla grande azienda -con sede legale e sede fiscale ad Amsterdam e a Londra, di cui lo Stato -italiano- si fa da garante;

sull’altro troviamo la cancellazione dell’indotto italiano che finora ha interessato
“58.000 operai, circa 1.000 imprese differenti e un volume d’affari pari a circa 18 miliardi di euro”.
 
continuo a pensare che i fatti sono meglio delle parole
Il M5s dona 3 milioni alla sanità: “Fiera di sapere che il mio stipendio andrà lì”
Martedì 10 e mercoledì 11 la votazione su Rousseau; la deputata Guia Termini: "Dobbiamo sostenere le nostre strutture"
 
i fatti son fatti le parole sono parole
Siracusa, emergenza Coronavirus: il M5S dona 3 milioni di euro alla Protezione civile

Le somme provengono dal taglio che i parlamentari del MoVimento 5 Stelle operano sul loro stipendio, per la creazione di un fondo destinato ad operazioni di pubblica utilità
 
ancora fatti e non parole
Coronavirus: M5S dona 60.000 euro a Usl Valle d'Aosta


"A fronte della grave crisi sanitaria che sta attraversando la nostra Regione" il Movimento 5 stelle della Valle d'Aosta ha deciso di donare all'Usl la somma di 60.000 euro "destinati a fronteggiare l'emergenza Coronavirus". I fondi serviranno per acquistare i "dispositivi necessari" per il personale e i pazienti ricoverati. "E' un momento difficile per la nostra regione - si legge in una nota - e il Movimento 5 Stelle vuole esprimere con concretezza la sua vicinanza alle valdostane e ai valdostani: è il momento della solidarietà e speriamo che in tanti seguano tale esempio".
 
Sono passati pochi giorni e già cominciamo a ragionare con maggiore serietà e concretezza su quel quadro di disponibilità finanziarie
che ci è stato esposto dalla intera squadra dei Presidenti dei Paesi della Unione Europea.

Come giustamente ha ricordato il professor Giuseppe Pennisi, forse sarebbe opportuno uscire per un attimo da questo approccio
che è più simile al vecchio gioco del “Monopoli” e passare ad una possibile proposta articolata per fasi, per reali coperture, per reali disponibilità.


Ebbene, è stato utile quanto detto ultimamente da Alessandro Galimberti su Il Sole 24 Ore;
Galimberti ha posto un interrogativo che, devo essere sincero, fa paura perché chiede:

Fatto il Recovery Fund resta da capire quali nuove risorse fiscali – comunitarie e/o nazionali –
finanzieranno il peso delle misure di sostegno per uscire dall’effetto pandemia.
Se nelle dichiarazioni ufficiali/ufficiose di Bruxelles è tutto chiaro, l’innesco delle nuove misure appare però ad oggi tutt’altro che in discesa”


e ancora

“I pilastri della nuova fiscalità in tempo di Covid sono (sarebbero) la digital service tax, la carbon tax, la plastic tax
e, pare di intuire, anche una nuova perimetrazione delle imposte dirette sulle società
”.


Galimberti entra nel merito di queste quattro obbligate operazioni fiscali e ricorda quanto i singoli Stati della Unione Europea
si siano rivelati o refrattari o contrari a simili operazioni e quanto sia impopolare riparlare di simili iniziative.

Ma, dopo la fase dei grandi entusiasmi, dopo la fase delle “standing ovation”, siamo tornati a “ragionare”
e ci siamo accorti che le risorse finanziarie non si stampano e che il volume di risorse che la Unione Europea assegna
provengono sempre da un accumulo di disponibilità finanziarie generato da un ben preciso processo fiscale;
un processo fiscale che coinvolge tutti i Paesi della Unione Europea e non c’è “maggioranza” o “unanimità” che possa evitare una simile obbligata condizione.



Poi un altro segnale di trasparenza e di concretezza l’ha fornito il Commissario Paolo Gentiloni precisando che:

“I fondi arriveranno nella seconda metà del 2021”

e non come ribadito anche dal Presidente del Consiglio Conte entro il 2020 e la possibilità di utilizzare subito il 10% del Recovery Fund
o di coprire subito interventi già realizzati, sono tutte notizie che penso, dopo quanto precisato dallo stesso Commissario Gentiloni,
siano da considerarsi solo legate all’entusiasmo esploso a valle di una difficile trattativa.


Allora cerchiamo di rientrare subito all’interno di un contesto reale e prepariamoci a scrivere non solo le riforme che la Unione Europea ci ha già chiesto
ma impegniamoci anche a dichiarare con quale tempistica e con quale coerenza procedurale intendiamo onorare quegli impegni fiscali
che diventano la condizione essenziale per dare copertura all’intero Recovery Fund.


Diventa, quindi, urgente ed indispensabile concludere presto questa illusoria e pericolosa luna di miele
perché i giorni ed i mesi che ci aspettano impongono un approccio diverso da quello tenuto, in questi ultimi anni,
da schieramenti politici che, purtroppo, in diverse occasioni, si sono rivelati non alla altezza del loro ruolo.


Bisognerà avere il coraggio di informare il Parlamento della vera situazione finanziaria e, a tale proposito,
forse non sono sufficienti gli indicatori relativi al Prodotto Interno Lordo (- 12% o addirittura – 13%),
al rapporto debito / Pil (160%), al debito pubblico (forse 2.500 miliardi) perché la gente li apprende e li vive come normali dati statistici.

Forse occorre far capire la reale esigenza di cassa; una esigenza che per motivi politici viene mimetizzata o nascosta.

Fonti del Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno precisato che il Ministro Gualtieri non ha pronunciato le parole attribuitegli
da titolo apparso sui giornali il giorno prima e che per il bilancio dello Stato non esiste alcun problema di cassa.

Strano però che nello stesso giorno il Commissario Paolo Gentiloni abbia ancora una volta ribadito che

“l’Italia può trarre benefici dal Mes che è già disponibile ed è vantaggioso per un Paese con i tassi di interesse come quelli italiani”.

Temo che in autunno questo Governo che dichiara di non avere problemi di cassa dovrà decidere se confermare i famosi “80 euro”,
il “reddito di cittadinanza”, il “quota 100”, un “contributo una tantum da prelevare dal Fondo pensioni”, ecc.

Sembrano ipotesi impossibili, secondo il Governo trattasi di puro terrorismo mediatico, lo spero ma forse difficilmente sarò smentito.
 
“Ti chiami Mammì, cosa ne vuoi sapere della montagna? L’avrai vista rovesciata in cartolina”: l’attacco della leghista al consigliere M5s

“Sono sconcertata dal fatto che il consigliere Mammì possa capire i problemi della montagna e possa conoscere realmente la montagna. L’avrà vista rovesciata in cartolina“. È l’attacco della consigliera della Lega, Simona Pedrazzi, rivolta in Consiglio regionale in Lombardia al collega del M5s, Gregorio Mammì. Secondo Pedrazzi, dunque, Mammì (di cui storpia il nome, chiamandolo “Consolato”) non sarebbe titolato a parlare di montagna (in questo caso, dell’ospedale Morelli di Sondalo, in Valtellina, di cui si stava discutendo in Aula). Il motivo? La provenienza del consigliere 5 stelle e l’origine del suo cognome, certamente non diffuso tra Morbegno e Livigno (Pedrazzi è della Valmalenco). “Ecco il vero volto della Lega”, ha commentato Mammì, “si travestono da nazionalisti ma poi vogliono ancora la secessione della Lombardia. La sua è stata un’uscita offensiva e discriminatoria. Attendo le sue scuse”.
 

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