E Olbia è regredita in poche ore fino a diventare un clone della Nuoro di cento anni fa, carne, sangue e morte inframezzati dai racconti mesti delle gesta del sindaco Settimo Nizzi, uno dei tanti medici di Silvio Berlusconi che accorre una notte a Villa Certosa per visitare mamma Rosa. Comincia così la sua inarrestabile carriera da sindaco, i dieci anni (1997-2007) dei ventritrè quartieri che sorgono dal nulla e diciassette piani di risanamento. Un’ipertrofia lapidea che come il ciclone Cleopatra spazza via leggi e regolamenti. I piani regolatori abortiscono sistematicamente sul nascere. Pittulongu, un pregiato tratto di costa fino ad allora popolato da nasse, reti e barche di pescatori, è l’oggetto concupiscente dei vip che sbarcano dal Continente. Un’incontinenza cementizia che spinge un magistrato a mettere sotto sequestro un intero quartiere e arginare la marea montante di 270 licenze edilizie. Gli azzeccagarbugli arruolati da Nizzi fanno leva sulla perequazione, la parolina magica che consente di scambiare i terreni dell’entroterra con quelli incontaminati di Pittulongu. Poco più in là, a Palumbalza, nell’85 il sindaco democristiano e tutto d’un pezzo Giampiero Scanu fece demolire la villa abusiva di Antonio Gava, il potente pluriministro partenopeo al quale i cronisti intestarono persino una corrente della balena bianca, quella dei gavianei. I paradossi della Dc: sindaci legalitari e ministri contra legem.
Stefano Deliperi, dirigente della Corte dei conti, sposta le accuse più in là: «La giunta del governatore Cappellacci ha revocato fondi per 1,5 milioni destinati a interventi a difesa del suolo e contro il dissesto idrogeologico». La Regione, in verità, ha fatto di più. Dal 27 febbraio 2004 non passa mese nel quale la Protezione civile non solleciti la Sardegna a istituire il Centro funzionale che oltre a elaborare i bollettini meteo sia in grado di valutare gli effetti al suolo di cataclismi come quello dell’altra notte. Silvano Meroi, direttore del servizio rischi idrogeologici e antropici della Protezione civile, è ottimista: «La Regione ci ha promesso che entro aprile 2014 istituirà questa struttura. Va da sé che nel frattempo, come accade dal 2004, saremo noi a supplire. Sia chiaro che nessun centro nazionale può disporre delle informazioni dettagliate di cui sono in possesso i singoli territori».
Neppure i quattro morti travolti nel cagliaritano da una valanga di acqua e fango nell’ottobre del 2009 sono riusciti a smuovere la Regione: «Sono sufficienti 22 uomini per monitorare la situazione nelle 24 ore. Le attrezzature non costano nulla» assicura l’ingegner Meroi.
Ventidue dipendenti, uno in meno della somma tra i sedici morti e il disperso di Olbia e le quattro vittime di Capoterra.