Fiat. La Nuova Parmalat? Come Stanno le Cose: Al Massimo 2 Anni poi La Fiat sarà Fallita
5 novembre 2012 Di
FunnyKing
(i bei tempi di Sandro Munari… poi sono arrivate la Arna e la Duna)
Ed eccoci al termine della prima tappa nel magico mondo di Fiat, forse davvero la nuova Parmalat.
Mentre scrivo ho ancora nelle orecchie l’intervista al giornalista
Massimo Mucchetti fatta oggi (5 nov 2012) da Oscar Giannino alla versione di Oscar:
“Fiat non può toccare la liquidità di Chrysler, la legge americana proibisce di consolidare realmente ma solo a livello contabile società che non siano controllate al 100% e fiat è al 58% di Chrysler”
Bum.
Ecco la tessera che mi mancava.
Fiat non è Chrysler, quindi Fiat può serenamente fallire (ed è sulla via del fallimento) e Chrysler continuare ad esistere e fare utili.
Ma c’è di più (e di peggio) per l’Italia.
La cassa generata da Chrysler rimane dentro Chrysler, la liquidità di Chrysler rimane dentro Chrysler.
Mentre ascoltavo Airaudo sono volato sulla rete a leggere
la trimestrale di Fiat in cui sono specificati
i dati al netto di Chrysler e mi è corso un brivido freddo dietro la schiena, guardate qui:
..Fiat senza Chrysler sta aumentando l’indebitamento netto e sta bruciando cassa ad un ritmo di oltre 3,3 mld di euro all’anno.
A questo ritmo
la Fiat Europea (e Brasiliana) ha poco più di 2 anni per bruciare interamente la cassa a disposizione.
In realtà però le tensioni finanziare sul gruppo (ovvero la capacità di rifinanziamento sui bond e sulle linee di credito) porteranno la Fiat ad uno stato di insolvenza molto prima di del 2015.
Nella mia personale opinione ci sono al massimo 18 mesi di tempo per trovare una soluzione.
Il dramma è che
l’ultimo piano industriale Fiat (non Chrysler) presentato da Marchionne,
NON prevede lanci sostanziali di nuovi modelli blockbuster almeno fino al 2014.
Ciò significa che Fiat dovrà competere sul mercato con l’attuale gamma per tutti i prossimi 12/18 mesi.
L’attuale ritmo di contrazione del mercato europeo e delle quote Fiat a cui andrà ad aggiungersi la fine degli incentivi in Brasile rendono il destino di Fiat segnato:
Fiat è destinata a:
-ad essere pesantemente sussidiata dallo stato,
-ad esser comprata da un competitor
- oppure
a fallire
In ogni caso non vedo una singola probabilità che l’attuale assetto produttivo italiano (4 fabbriche) rimanga intatto.
Conclusione:
Si comincia a squarciare un velo sulla
VERA liquidità di Fiat, o meglio della Fiat che interessa i destini italiani.
Rimangono 9,77mld in cassa e vengono bruciati al ritmo di 3,3mld ogni 12 mesi.
La velocità con cui la cassa viene utilizzata dipende molto dalle difficoltà di Fiat (ex Chrysler) a rifinanziarsi sul mercato.
Da bieco speculatore, vi suggerirei di stare molto attenti a questo bond (o ad altri simili):
per ora tutto bene, ma se i prezzi dovessero cominciare a precipitare sarebbe il “de profundis”.
Articolo originali:___________________________________________
Vi avevamo promesso che Fiat sarebbe rimasta nel radar di Rischio Calcolato, dunque non potevamo non dare uno sguardo ai numeri del terzo trimestre usciti ieri (30 – ottobre – 2012).
Ne emerge un quadro a tinte fosche, e crediamo che il -3,97% che si è beccato in borsa il titolo Fiat sia solo l’antipasto di quanto potrebbe avvenire nelle prossime settimane.
Analisi della terza trimestrale 2012 (non assoggettata a revisione contabile).
L’indebitamento totale di Fiat e gli oneri per interessi.
Ecco come si presenta l’indebitamento
del gruppo Fiat nello stato patrimoniale consolidato (comunicato stampa ufficiale):
……………………………………………
Questo indebitamento ovviamente ha un costo che si rileva nel conto
economico consolidato del gruppo Fiat (comunicato stampa ufficiale):
Ora facciamo due conti usando un foglio di Excel (quello strano programma che giace inutilizzato su molti desktop dei media sussidiati)
Nei primi 9 mesi dell’anno l’indebitamento totale lordo del gruppo fiat è aumentato di 1,23 miliardi di euro ovvero del 2,4%, fino ad arrivare a 52,955 miliardi di euro.
Ma….. gli oneri finanziari, ovvero il costo del debito,
sono aumentati da 911 milioni a 1,237 mld. di euro nei soli primi mesi dell’anno, ovvero 326 milioni in più di soldi finiti fra banche, finanziarie, interessi sulle obbligazioni emesse, e interessi su debiti a fornitori.
Il tasso annuale complessivo che Fiat Group ha pagato sul suo indebitamento totale è passato
dal 2,35% dei primi 9 mesi dell’anno 2011 al 3,11% dei primi 9 mesi del 2012.
Parrebbe poco ma è una enormità rapporta ai 52,995 miliardi di euro di debito totale. A livello annuale significa
un aggravio di 434 milioni di euro (tendenziali) di soli interessi che peseranno sul bilancio 2012.
E la “mitica” liquidità del Gruppo Fiat?
E ora arriviamo al punto.
Che diavolo ci dovrebbe fare il Gruppo Fiat con la sua mitica liquidità?
O meglio: Esiste questa liquidità?
Eccola qui come si presenta
nel bilancio del terzo trimestre 2012 (come da comunicato stampa ufficiale):
Ora sorgono spontanee 3 domande per Marchionne, alcune sono le stesse domande che ci si faceva (tra noi biechi speculatori) ai bei tempi di Parmalat:
Domanda 1: che diavolo ci fa Fiat Group con una liquidità di 17 miliardi di euro sui conti correnti avendo un debito di 52,955?
Come noto, se il tasso complessivo che Fiat Group paga sul suo debitone è solo del 3,11%, andando a spulciare si troverà che alcune obbligazioni pagano interessi reali di oltre il 6%, e immaginiamo che alcune banche chiedano tassi simili. Possiamo pensare che il debito verso i fornitori sia quasi a tasso zero, quindi per media il tasso complessivo scende a 3,11%.
Ci sono 17 mld di soldi liquidi che (almeno in parte) potrebbero essere impiegati per ricomprare debito Fiat ad un tasso reale di oltre il 6% (a volte vicino al 7%):
esempio:
Ma allora, quale sarebbe la convenienza a tenersi 17 miliardi di soldi liquidi sui conti correnti?
In previsione di grandiosi investimenti e/o acquisizioni (….)?
Per i giorni di pioggia?
Perchè fa figo e non impegna?
oppure:
Domanda 2: sig. Marchionne esitono i 17 mld (+3 mld linee di credito)? Potrebbe gentilmente fornirci copia degli estratti conto dove essi sarebbero depositati?
Domanda 3 : sig. Marchionne come mai Fiat Group, 12 mesi fa non ha partecipato all’operazione LTRO messa a disposizione dalla BCE come hanno fatto i suoi concorrenti europei?
Si trattava di liquidità all’1% impiegabile per chiudere altri debiti con oneri maggiori
Non è che per caso, Fiat Group non aveva (ne ha oggi) uno straccio di collaterale VERO da presentare alla BCE?
(… quasi quasi vado in assemblea e glielo chiedo ndfk)
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Articolo originale :
Fiat la nuova Parmalat
Onore al merito a Mauro Bottarelli, giornalista indipendente e colonna portante del settore
economia e finanza de il sussidiario.net.
Forse ai più è sfuggita l’inquietante analisi su Fiat apparsa in questo articolo:
DIETRO LE QUINTE/ Fiat, ecco cosa ci “nasconde” Marchionne
Ne riportiamo qui le parti salienti, credo che valga la pena leggere con estrema attenzione:
…….che Marchionne e il gruppo che guida siano sempre più in difficoltà lo dimostrano le parole pronunciate dallo stesso manager mercoledì a Bruxelles. Eccole, in sintesi: «Dobbiamo fare i conti con tre milioni di vetture invendute e con una politica di sconti ormai senza più regole. Come presidente dell’Acea – l’Associazione dei costruttori e degli operatori di automotive a livello europeo – non chiedo interventi di sostegno alla domanda, ma una politica comune per fronteggiare la crisi. Non esiste che la Francia decida di sostenere uno dei suoi costruttori e poi gli altri devono pagarne le conseguenze. Serve una forma di protezione a livello europeo che tuteli l’industria continentale dall’aggressiva concorrenza, ad esempio, dei produttori asiatici, giapponesi e coreani». Insomma, protezionismo e aiuti al settore, alla faccia del libero mercato.
E ancora: «Il taglio del rating Fiat da parte di Moody’s è esagerato, ma è riferito soprattutto alla nostra condizione a livello europeo, non certo alla solidità e alla liquidità del gruppo che resta forte grazie soprattutto al buon andamento dei mercati americano e brasiliano».
Buon andamento del mercato americano? Ma quale? Chrysler forse vendendo auto a clienti subprime o ai concessionari che poi le parcheggiano invendute nei piazzali, ma la 500, ad esempio, è stato uno dei più colossali buchi nell’acqua dopo l’acquisto di Quaresma da parte dell’Inter.
Il Brasile, poi, finita la politica di stimolo fiscale del governo, si appresta a diventare un parcheggio di auto invendute a cielo aperto. E ancora Marchionne: «Credo che il mercato valuti la nostra solidità non prendendo in considerazione il numero dei nuovi modelli che presenteremo nei prossimi anni». …….
…..Ora, al netto di tutto questo e delle sgradevoli dispute con il sindaco di Firenze (i cui cittadini dubito, d’ora in poi, acquisteranno con gioia Fiat, di per sé già non simpaticissima a causa della Juventus: forse non proprio un colpo di genio di marketing, in tempi di crisi nera della vendite) e alla luce del grido di dolore protezionistico di Marchionne, viene da avanzare al Lingotto solo due, piccole domandine.
Prima, perché lo scorso febbraio non ha partecipato alla seconda asta Ltro della Bce per finanziarsi, come hanno fatto i suoi principali competitor, salvo poi gridare allo scandalo contro il dumping industriale? Volkswagen, Peugeot e Renault, infatti, attraverso i loro bracci finanziari si sono messi ordinatamente in fila all’Eurotower e hanno ottenuto liquidità all’1% di interesse, la Fiat no, nonostante quella fosse l’unica possibilità di finanziarsi a tassi bassi sul mercato europeo, in pratica come se fosse una società con un rating tripla A, invece che doppia B.
Volkswagen, attraverso la Volkswagen Bank Gmbh, si sarebbe finanziata per circa 1 miliardo di euro. Altrettanto avrebbe fatto la Peugeot attraverso la Banque Psa Finance, mentre Renault avrebbe partecipato all’asta Ltro per 350 milioni di euro attraverso Rci Banque. Fiat, in teoria, avrebbe potuto partecipare all’asta Bce attraverso Fga Capital, la joint venture paritetica con il Credit Agricole.
La mancata richiesta di finanziamento, invece, è stata sempre giustificata dal Lingotto con “motivi tecnici”. Ovvero? Non andavano i telefoni? Si era inceppata la posta elettronica? La macchinetta del caffè erogava solo cioccolata calda? No, in pratica – come sottolineato all’epoca da MF-MilanoFinanza - non avrebbe avuto abbastanza collaterale da offrire a garanzia del credito a tasso agevolato. Ma come, stando ai proclami del suo management, Fiat saltella allegra su un fiume di liquidità e non aveva collaterale sufficiente per partecipare all’asta Ltro? E poi, scusate, non è stato preso proprio un manager moderno e all’americana per penetrare nei gangli della finanziarizzazione, fino ad allora alieni alle strategie di Fiat? E volete dirmi che Marchionne non era in grado di trovare un paio di centinaia di milioni di collaterale eligibile – vi ricordo che la Bce fino all’altro giorno accettava anche carta da parata greca come garanzia – per intascare denaro fresco e a costo quasi zero dalla Bce?
Ora, partendo proprio dal dato della liquidità sbandierata dal gruppo – e ribadita ancora l’altro giorno da Marchionne a Bruxelles -, ecco la seconda domanda. Se Fiat è così liquida, perché dire no a investimenti in Italia e definirli “rischiosi” finanziariamente? E perché una disputa così sottotraccia ma anche così dura con la Consob, la quale sembrerebbe che voglia dare una bella occhiata ai conti correnti torinesi, ma che invece sta agendo soltanto come braccio armato del governo, inviando segnali politici? Stando a quanto dichiarato, la liquidità a disposizione del gruppo torinese sarebbe addirittura di circa 23 miliardi: a cosa servono quei soldi, solo per completare la scalata a Chrysler, forse? Possibile che quella montagna di soldi non possa essere utilizzata in parte per mantenere e migliorare la produzione in Italia? O, forse, si è già fatta la scelta strategia di andarsene ma non si sa come dirlo al governo?
Quattro conti della serva, grazie sempre a una bella tabella compilata sempre da MF. Il gruppo torinese siede su oltre 22,7 miliardi di cassa, contando le disponibilità liquide, i titoli correnti e le linee di credito non utilizzate. E certamente non tutti questi soldi devono essere tenuti da parte per rimborsare i debiti in scadenza, perché entro fine 2013 ci sono soltanto bond per 1,2 miliardi da rimborsare, che diventano 8,7 miliardi, se si contano tutte le scadenze da qui al 2017. Quanto ai prestiti, la semestrale a fine giugno ne contava per 8 miliardi contro i 7,6 miliardi di fine 2011, quando la nota integrativa al bilancio precisava che 2 miliardi di euro di linee erano in scadenza entro l’esercizio successivo e altri 2,7 miliardi entro i successivi 5 anni, cioé entro fine 2017.
Quindi, anche volendo essere particolarmente prudenti e a volersi tenere liquidità in tasca per coprire tutti debiti in scadenza entro fine 2017 (scelta saggia che stanno facendo molte corporations, ma appare irrealistico che Fiat da oggi al 2017 non vada mai più sul mercato dei capitali per finanziarsi con bond), si arriverebbe a una necessità di poco più di 16 miliardi, ovvero 8,7 miliardi di bond più 4,7 miliardi di prestiti e 2,9 miliardi di altri debiti, in particolare legati alle rate di rimborso dei debiti di Chrysler nei confronti del fondo pensione Veba Trust e del fondo sanitario Canadian Health Care. Facendo quindi due conti, ci sarebbero almeno 7 miliardi liberi per essere investiti.
Questa somma, nella realtà dei fatti, potrebbe addirittura essere superiore in caso di necessità, visto che Fiat è un emittente di bond che piace molto agli investitori, basti pensare all’ultima incursione sul mercato dello scorso luglio.
Due domande semplici semplici, dottor Marchionne, senza astio, né doppi fini. Posso sperare in una sua risposta? Anzi, due.
Per ora non aggiungiamo altro all’analisi di Mauro Bottarelli se non il ricordo doloroso di una situazione che parrebbe analoga.
Vi ricordate la Parmalat di Tanzi?
Ebbene anche in quel caso nei bilanci avevamo un mare di liquidità che “inspiegabilmente” non veniva utilizzata, anche in quel caso, nonostante il mare di liquidità il giudizio di merito sulla solidità patrimoniale di Parmalat non si schiodava da una tripla B, anche in quel caso Parmalat era costretta a rifinanziare il suo debito a tassi generosi perchè evidentemente non aveva collaterale “vero” da presentare al sistema bancario per ottenere linee di credito a basso interesse.
Con questo non possiamo dire che Fiat sia prossima alla bancarotta come la vecchia Parmalat oppure che il bilancio di Fiat si “falso” quanto quello che fu redatto da Fausto Tonna. E allora ci uniamo a Mauro Bottarelli nel chiedere al management di Fiat di rispondere alle sue due domande. E comunque… da oggi Fiat entra nel Radar di Rischio Calcolato.
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