Fiat (F) la FIAT di Marchionne

Fiat, ecco gli investimenti sul Ducato
Marchionne: regole o sono gli ultimi



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L’ad di Fiat Sergio Marchionne allo stabilimento Sevel di Val di Sangro





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Fiat, Marchionne
allo stabilimento
di Val di Sangro




L’ad del Lingotto chiede certezze, altrimenti niente operazioni come Sevel. A Landini: «Disponibile a incontrare la Fiom, ma vengano riconosciuti gli accordi esistenti»
teodoro chiarelli


inviato ad atessa (chieti)
«Senza regole certe, questo in Sevel è l’ultimo investimento in Italia». Lo ha detto l’ad Fiat Sergio Marchionne, nella presentazione, alla Sevel della val di Sangro, dei nuovi investimenti per il restyling del Ducato che ammontano a oltre 700 milioni di euro.

Nell’occasione, Marchionne ha accolto l'invito di Maurizio Landini, per un incontro che metta fine alle liti giudiziarie tra il Lingotto e le tute blu della Cgil, e ha sottolineato che «siamo più che disponibili ad incontrare la Fiom ma partendo dal dato acquisito che non possono essere messi in discussione gli accordi presi dalla maggioranza dei lavoratori». «Il Paese - ha aggiunto - ha bisogno di ritrovare una pace sindacale perché, oggi più che mai, è essenziale lavorare in uno spirito di collaborazione se vogliamo far ripartire lo sviluppo. Adesso è il momento di mostrare che siamo all’altezza della situazione. È il momento di ripartire e di farlo nel modo che conosciamo meglio, dal valore fondamentale su cui questo Paese è stato fondato: il nostro lavoro».

Per quanto riguarda la partita degli investimenti, l’ad ha spiegato di non voler mettere in discussione quelli già annunciati, «ma non possiamo accettare che comportamenti violenti e il boicottaggio del nostro impegno vengono considerati esercizio di diritti anche da parte di autorevoli istituzioni». A livello nazionale, invece, «serve un piano di coesione nazionale per la ripresa economica», ha rimarcato ancora una volta Marchionne. La Fiat, ha continuato, «può prendersi in carico tutte le incertezze legate ai cicli economici perché questo fa parte del nostro mestiere. Ma quello che non possiamo fare è prenderci carico di un sistema che non garantisca regole certe. Non siamo disposti ad assumerci nuovi rischi; prima di nuove iniziative vogliamo la certezza della gestione e un quadro affidabile di diritti».

Marchionne ha poi fatto il punto sugli ultimi nove anni di Fiat: da un orizzonte limitato all’Europa a una presenza in tutto il mondo; fatturato triplicato e dipendenti raddoppiati. Il manager ha rimarcato gli indicatori che denotano la crescita del Gruppo: «Nel 2004, il nostro fatturato era di 27 miliardi di euro, oggi è arrivato a 84 miliardi. Da 100mila dipendenti siamo passati a 215mila. In meno di un decennio i lavatori Fiat in Europa sono cresciuti di 15mila unità». Nel 2004 Fiat era un produttore di auto dalle dimensioni modeste, con circa 1,8 milioni di unità all’anno; a fine 2012 Fiat e Chrysler hanno venduto più di 4,2 milioni di veicoli, posizionandosi al settimo posto tra costruttori mondiali. «Ma soprattutto - ha detto Marchionne - la Fiat di allora era un’azienda in profondo rosso, le cui perdite a livello operativo erano di oltre un miliardo di euro l’anno, tutte concentrate in Europa. Adesso siamo un gruppo solido capace di generare significativi profitti nonostante le perdite collegate ai marchi generalisti in Europa. Dalle potenziali ceneri di un costruttore italiano, abbiamo creato un gruppo automobilistico con un orizzonte globale».

“Governo proponga soluzione su articolo 19”
«È importante che questo governo proponga qualche soluzione, ci dica quali sono le nuove norme che vanno a rimpiazzare l’articolo 19 dello statuto dei lavoratori dichiarato illegittimo dalla Consulta» ha spiegato Marchionne in una conferenza stampa dopo l’assemblea degli azionisti di Fiat Industrial. «Ci dicano loro quale è la soluzione all’articolo 19 - ha proseguito -. Noi abbiamo bisogno di certezze. Ma io non sono disposto a mettere altro capitale a rischio se non so come comportarmi con le altre parti sociali. Fino a ieri sapevo. Ora, dopo la Consulta, non sappiamo più. Negli Stati Uniti - ha proseguito Marchionne - le regole sono chiare. Qui non so con chi parlare». «Ovviamente - ha precisato l’amministratore delegato della Fiat - parlo degli investimenti futuri. Gli altri sfortunatamente sono partiti, non posso più fermarli». «Non spetta a noi fare chiarezza, spetta a chi gestisce il Paese ha aggiunto. «Non mi aspettavo la decisione della Consulta è una decisione che mi ha sorpreso. Ora il problema non è della Fiat, è un problema per tutti coloro che hanno a che sono impegnati in relazioni sindacali».
 
TRA FIAT E CHRYSLER CHI HA COMPRATO CHI? – PER FURIO COLOMBO, PER ANNI EX FACTOTUM DI AGNELLI IN AMERICA, IL LINGOTTO SCOMPARE PER DIVENTARE LA FILIALE DI UNA GRANDE AZIENDA USA

L’economia formale mostra che la Fiat è la nuova padrona. Ma quella materiale farà capire presto che adesso in poi l’azienda sarà soggetta ad alti e bassi di un mercato in cui non contiamo. Ottimo affare per alcuni azionisti e manager. L’Italia invece (qualcuno lo dica a Letta e a Napolitano) non ha più la Fiat….

Furio Colombo per il "Fatto quotidiano"
Un colpo da maestro che lascia stupite le Borse e ammirati i manager. Gli azionisti della Fiat di Torino (Italia) hanno l'intero pacchetto azionario della Chrysler di Detroit (Stati Uniti d'America), dopo avere acquistato dal Fondo pensioni dei sindacati americani ciò che mancava e averlo pagato, per due terzi, con i soldi della Chrysler e per il resto con liquido Fiat, senza avventure bancarie e senza aumenti di capitale.
SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN FOTO ANSA
Furio Colombo

Da questo momento, la terza industria automobilistica americana è italiana. O è avvenuto il contrario? O è accaduto che la Fiat sia diventata la parte minore ed estera di una grande azienda americana? Naturalmente il discorso non riguarda la proprietà, saldamente controllata dagli azionisti italiani (in passato un simbolo importante come una bandiera). E non riguarda neppure il trasloco.
Mirafiori resta a Mirafiori e il Lingotto resta al Lingotto, con qualche dubbio (ma tipico del brutto momento) per le sedi minori.

Certo, un flash di telefonino potrebbe dirci, in qualunque momento, che il quartier generale, per ragioni di agilità logistica, non è più a Torino.

Il fatto è che, mentre l'immensa operazione (Torino o Detroit) restava in bilico, si potevano lasciare in sospeso gli investimenti, gli insediamenti, i milioni di ore di cassa integrazione, la non produzione e le non vendite italiane, mentre Detroit filava (e fila) a gonfie vele.
Ma vi sarete accorti che, nel corso di una crisi tutta economica e tutta industriale, di Fiat, del suo peso, del suo futuro italiano, non si è mai discusso.

Globalizzazione? Delocalizzazione?

Mi sembra che tutto l'evento, benché avvenga adesso, sia legato a qualcosa che non era mai avvenuto in Italia e neppure in Europa.
FIAT CHRYSLER

Una grande azienda americana, salvata da un bravo manager libero da nostalgie e legami, ma anche da qualunque senso di appartenenza, ha comprato la Fiat che diventa, da adesso, la rappresentanza italiana del compratore.

S'intende, fino a che i costi (le cose sono messe in modo che in Italia non si guadagna) lo consentiranno.

Poi accadrà ciò che è accaduto per la Costituzione.
L'economia formale mostra che la Fiat è la nuova padrona. Ma l'economia materiale farà capire presto che Fiat (la Fiat di Torino, di Agnelli e, come piaceva dire in questo Paese, la grande industria degli italiani) adesso è una filiale di una grande azienda americana, soggetta agli alti e bassi di un altro mercato in cui non contiamo.

In altre parole: ottimo affare per alcuni azionisti, e per alcuni manager. L'Italia invece (qualcuno lo dica a Letta e a Napolitano) non ha più la Fiat.
 
PER FIAT IL PIATTO PIANGE - PER MUCCHETTI L'OPERAZIONE CHRYSLER SVUOTA LE CASSE DELLA SOCIETA' USA E SOTTRAE INVESTIMENTI - "CI VOLEVA UN AUMENTO DI CAPITALE" - LO SBERLEFFO DI MARCENARO AL SENATORE PD

Il politico del Pd nonché ex giornalista del Corriere fa notare che Marchionne è stato invitato fin dallo scorso agosto a venire in Commissione per un dialogo con i senatori. Ma la società del Lingotto, dice Mucchetti, “ha sempre chiesto tempo. Mi pare che ne sia passato abbastanza”….



Sal. Can. per il "Fatto quotidiano"
Massimo Mucchetti

‘'Non capisco tutta questa contentezza che si legge sui giornali. Il gruppo Fiat-Chrysler ora è più debole sul piano finanziario". Va in controtendenza, rispetto a Massimo Mucchetti, presidente Pd della commissione Industria del Senato ma, innanzitutto, il giornalista economico che ha sempre letto accuratamente i bilanci aziendali.
Senatore, non crede quindi al vecchio adagio secondo cui "quel che va bene alla Fiat va bene all'Italia"?
Non andava bene ieri quando la Fiat era un'azienda-paese, va ancor meno bene oggi che, legittimamente, guarda solo al mercato.

Perché l'acquisizione indebolisce il gruppo Fiat-Chrysler?
Dal punto di vista industriale non ci sono particolari novità: Chrysler è già da tempo parte di Fiat. Dal punto di vista operativo si rischiano licenziamenti nel settore impiegatizio dirigenziale per fare sinergie. Ma il punto da cogliere è che, per pagare il fondo Veba, si utilizzano 1,9 miliardi di dollari subito e 700 milioni scaglionati in quattro anni prelevandoli dalle risorse aziendali. E quindi si tolgono ai possibili investimenti industriali.
Eppure viene sottolineata la dotazione di liquidità di Chrysler finalmente a disposizione della Fiat.
Se c'è liquidità da una parte, circa 17 miliardi a livello di gruppo, è anche vero che dall'altra ci sono i debiti, 28 miliardi. La prima rende poco, i secondi costano tanto. Questo tipo di liquidità è un segno di debolezza perché è soprattutto una garanzia per i creditori.

Cosa la preoccupa maggiormente?
Esattamente il fatto che Marchionne, almeno per ora, neghi di voler fare un aumento di capitale. Quando le società sono già indebitate, in settori a bassi margini, le acquisizioni ad ulteriore debito sono pericolose se l'economia si ferma.


Gli Agnelli dovrebbero tirare fuori un po' di soldi?
Gli Agnelli, con l'Exor, hanno il 30% della Fiat. Un aumento di capitale coinvolgerebbe tutti i soci e darebbe all'operazione la solidità che oggi manca. L'Exor le risorse le avrebbe visto che con la vendita di Sgs ha portato a casa 2 miliardi.


Dal punto di vista delle strategie, pensa che ci sarà una fusione sul modello Cnh-Fiat Industrial?
Lo avevo già scritto a suo tempo sul Corriere e non mi stupirebbe che questa fosse la strada anche per Fiat-Chrysler. Per gli azionisti sarebbe un vantaggio, per il settore dell'automotive italiano la cosa sarebbe tutta da verificare.
Ma è possibile che sia la Chrysler a mangiarsi la Fiat?
Nel 2009 la Chrysler era fallita e la Fiat veniva da tre anni discreti. Nel 2013 la Chrysler si è risollevata, anche se ha un patrimonio netto negativo per 7,5 miliardi di dollari, mentre la Fiat Auto va male. Chrysler ha avuto il traino della politica economica di Obama e dei finanziamenti della Casa Bianca che sta tuttora perdendo un paio di miliardi sulla liquidazione della vecchia Chrysler.

Si sente in grado di fare previsioni per gli stabilimenti italiani?
Esprimo una preoccupazione: che la Fiat ridimensioni la sua capacità produttiva alle mere esigenze del mercato locale tenendo i lavoratori italiani in eccesso a bagnomaria, a spese dello Stato, fino a quando non matureranno l'età per la pensione.
Da presidente della commissione Industria del Senato, non pensa che il Parlamento dovrebbe sentire Marchionne?
Lo penso sì. Il presidente del Senato lo ha invitato fin dallo scorso agosto a venire in Commissione per un dialogo con i senatori. Ma la Fiat ha sempre chiesto tempo. Mi pare che ne sia passato abbastanza.

2. "CHE UN ANALISTA RAFFINATO COME MASSIMO MUCCHETTI NON CI AVESSE CAPITO PROPRIO UN *****..."
Andrea Marcenaro per ‘Il Foglio'

Sempre lì, sempre a fissare 'sto dito e mai la luna. E proviamoci, per una volta, a cercare di capire. Proviamoci. Dato che l'importante non è se Marchionne abbia perfettamente centrato il suo obiettivo e se, evitando lo scontato, fino a ieri, aumento di capitale, possa ora permettersi condizioni più concrete di sviluppo. Non è se Marchionne abbia vinto o no, se sia stato un grande negoziatore o no, un abile finanziere o no, o se abbia o meno rafforzato Fiat.
E nemmeno se, grazie ai risultati raggiunti, Marchionne potrà annunciare 9 miliardi d'investimenti in Italia già dal prossimo aprile, e rilanciare l'Alfa con quel po' di occupazione. Tutta roba che va benissimo, figurarsi. Ma non è lì l'importante. L'importante è che un analista raffinato come Massimo Mucchetti non ci avesse capito proprio un *****.
 
A Detroit Marchionne conferma: sede Fiat in Usa

A Detroit Marchionne conferma: sede Fiat in Usa




L'Ad rimarrà fino al 2017. Scelta non dipende dalle tasse più basse. Alla fiera dell'auto presentate vetture di media taglia a basso consumo.


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L'Ad Marchionne dice che le tasse non c'entrano. Alla fiera dell'auto il gruppo ha presentato vetture di media taglia a basso consumo.


DETROIT (WSI) - Fresco dall'accordo stretto tra Chrysler e Fiat con i sindacati del settore auto United Auto Workers (UAW) che ha permesso alla casa di Detroit di venire inglobata nel Lingotto, l'AD Sergio Marchionne ha confermato l'intenzione di spostare in Usa la sede mondiale del nuovo gruppo a due teste.

Marchionne ha sottolineato ai microfoni dei giornalisti che la decisione è stata presa dal board del gruppo ma che "se si guarda oggettivamente alla questione" per definizione gli Stati Uniti hanno il diritto di ospitare Fiat-Chrysler".

I dirigenti di Fiat, che ha presentato vetture di media taglia e bassi consumi alla fiera dell'auto del Michigan, vogliono fare la scelta che ha più senso dal punto di vista finanziario. Verrà annunciata al Consiglio di Amministrazione il 29 gennaio.

In termi di tassazione, non farà molta differenza dove la società avrà il suo domicilio legale, perché la società fa affari in tutto il mondo a prescindere da dove sono situate le sue fabbriche di bandiera.

"Le considerazioni fiscali - ha precisato il manager di origini svizzero canadesi - sono irrilevanti per operare il nostro business".

Nel nome del nuovo gruppo saranno presenti sia la parola Fiat, sia Chrysler.

Alla stampa John Elkann ha spiegato che Marchionne resterà a guida del gruppo per almeno altri tre anni.

Sebbene L'Ad ha sottolineato che il mercato americano sarà fondamentale, centrale sarà anche fare auto per una clientela premium a cui offrire prodotti di qualità.

Marchionne ha espresso pessimismo sulle previsioni economiche a breve: "Il 2014 non sarà l'anno della ripresa".
 
A Detroit Marchionne conferma: sede Fiat in Usa

A Detroit Marchionne conferma: sede Fiat in Usa




L'Ad rimarrà fino al 2017. Scelta non dipende dalle tasse più basse. Alla fiera dell'auto presentate vetture di media taglia a basso consumo.


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L'Ad Marchionne dice che le tasse non c'entrano. Alla fiera dell'auto il gruppo ha presentato vetture di media taglia a basso consumo.


DETROIT (WSI) - Fresco dall'accordo stretto tra Chrysler e Fiat con i sindacati del settore auto United Auto Workers (UAW) che ha permesso alla casa di Detroit di venire inglobata nel Lingotto, l'AD Sergio Marchionne ha confermato l'intenzione di spostare in Usa la sede mondiale del nuovo gruppo a due teste.

Marchionne ha sottolineato ai microfoni dei giornalisti che la decisione è stata presa dal board del gruppo ma che "se si guarda oggettivamente alla questione" per definizione gli Stati Uniti hanno il diritto di ospitare Fiat-Chrysler".

I dirigenti di Fiat, che ha presentato vetture di media taglia e bassi consumi alla fiera dell'auto del Michigan, vogliono fare la scelta che ha più senso dal punto di vista finanziario. Verrà annunciata al Consiglio di Amministrazione il 29 gennaio.

In termi di tassazione, non farà molta differenza dove la società avrà il suo domicilio legale, perché la società fa affari in tutto il mondo a prescindere da dove sono situate le sue fabbriche di bandiera.

"Le considerazioni fiscali - ha precisato il manager di origini svizzero canadesi - sono irrilevanti per operare il nostro business".

Nel nome del nuovo gruppo saranno presenti sia la parola Fiat, sia Chrysler.

Alla stampa John Elkann ha spiegato che Marchionne resterà a guida del gruppo per almeno altri tre anni.

Sebbene L'Ad ha sottolineato che il mercato americano sarà fondamentale, centrale sarà anche fare auto per una clientela premium a cui offrire prodotti di qualità.

Marchionne ha espresso pessimismo sulle previsioni economiche a breve: "Il 2014 non sarà l'anno della ripresa".

Ve lo ricordate quell'imprenditore che spostò tutta la produzione in Polonia durante le ferie estive ?
Marchionne farà lo stesso.................statene pur certi !!!!!!! :D
 
Olanda, Usa e Gran Bretagna:
ecco la nuova Fiat trilocata



Mercoledì, 22 gennaio 2014 - 09:05:00



Sede societaria in Olanda, sede operativa e quotazione negli Usa, domicilio fiscale in Gran Bretagna. È lo schema che si fa strada per la nascente Fiat-Chrysler, come verrà disegnato nel prossimo consiglio d’amministrazione del 29 gennaio. Le fonti del Lingotto non confermano né smentiscono, si limitano a ricordare che le opzioni sono diverse e tutte aperte, ed è vero. Ma che questa tripartizione si delinei ogni giorno che passa come la più probabile, lo sostengono fonti vicine al dossier, ricordando come essa ricalchi la formula già adottata dal gruppo per Fiat Industrial. Stabilire la sede legale societaria in Olanda permette infatti alla società di utilizzare, celebrando l’assemblea dei soci, la legge del voto doppio a vantaggio dei pacchetti azionari stabili nel tempo, il che significa in concreto che l’Exor, col suo “storico” 30,05% di Fiat-Chrysler, voterebbe per il 60,10%, esattamente come fa in Fiat Industrial. Privarsi di una simile opportunità sarebbe uno spreco, dal punto di vista degli interessi dell’azionista di controllo. Anche perché la “via olandese” non presenta alcuna controindicazione agli occhi del sistema finanziario internazionale, che considera il paese europeo del tutto “friendly”, a dispetto del fatto che quella clausola riduca la contendibilità delle società quotate.
Olanda, Usa e Gran Bretagna:ecco la nuova Fiat trilocata - Affaritaliani.it
 
bravi bravi gli agnelli....dovrebbero essere messi dentro per peculato
sono riusciti a far diventare una cosa mantenuta dal pubblico....privata
 
Sicurezza auto: Fiat 500 bocciata negli Usa

di: WSI Pubblicato il 23 gennaio 2014| Ora 11:24


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Nei crash test dell'Insurance Institute for Highway Safety, male tutte le minicar. Cinquecento, la peggiore. VIDEO

Minicars fall short in tougher IIHS front crash tests - IIHS News - YouTube



Fiat 500 tra le minicar peggiori nel crash test IIHS. Compromesso lo spazio del conducente.




NEW YORK (WSI) - La Fiat 500 non supera i test americani sulla sicurezza. E risulta anzi tra le peggiori di una lista di 11 minicar testate negli Stati Uniti.

Durante i test realizzati per il mercato americano dall’Insurance Institute for Highway Safety - aventi per oggetto modelli di macchine degli anni 2013 e 2014 - l’impatto a cui la Fiat 500 è stata sottoposta ha compromesso seriamente lo spazio interno del conducente, poiché la forza d'urto ha "strappato" dai cardini la portiera anteriore. E una porta aperta crea il rischio che il guidatore possa essere parzialmente o completamente espulso durante l’incidente.

Il punteggio dell'Insurance Institute for Highway Safety e' lo standard del settore auto americano, non solo per la sicurezza dei passeggeri, ma anche per il premio chiesto agli automobilisti dalle compagnie di assicurazione.

Soltanto una vettura su 11, per il settore dei veicoli di piccole dimensioni (minicar), ha superato i nuovi crash test per la tipologia "small overlap front", ovvero quelli sull’urto frontale parziale.

Nei nuovi Crash Test realizzati dall’istituto statunitense, che simulano quanto accade quando una vettura colpisce un altro veicolo, un albero o un palo dell’elettricità, nessuna minicar ha ottenuto il punteggio più alto pari a "buono".

Soltanto la Chevrolet Spark ha raggiunto una valutazione "accettabile" e si è aggiudicata la Top Safety Pick Award 2014. Le altre 10 utilitarie, invece, tra cui la Honda Fit e la Nissan Versa, hanno conseguito un risultato non soddisfacente.
 

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