Obbligazioni MPS

IN PRIMO PIANO

Il piano Mps in attesa del via libera Bce

Luca Davi

MILANO

Da una parte una banca buona, ripulita da tutte le sofferenze e, grazie a una ricapitalizzazione di 3-4 miliardi, in grado di stare in piedi ed essere rilanciata. Dall’altra, la parte malandata, costituita dai crediti in sofferenza, destinati a finire nel portafoglio di Atlante. Il piano per mettere in sicurezza Monte dei Paschi di Siena è in dirittura d’arrivo. Ancora mancano alcuni tasselli decisivi affinchè il piano vada definitivamente in porto, tra cui l’avvallo della Bce a una sterilizzazione della revisione dei modelli interni. Tema che oggi è in cima alle preoccupazioni della banca, e che - se non risolto - potrebbe mettere in crisi l’intero impianto del salvataggio. Ma è anche vero che, al netto di questo fondamentale snodo, la road map di massima appare tracciata.

Ieri, dopo che in giornata il tema è stato oggetto di una verifica del Supervisory Board della Bce a Francoforte (incontro che però non avrebbe avuto carattere definitivo), il dossier è approdato sul tavolo del Cda della banca. Una prima informativa da membri del board, che è servita a fare chiarezza sulle proposte in campo, in vista del passaggio, questo sì definitivo, del 29 luglio, data di pubblicazione degli stress test. Proposte che, come noto, passano anzitutto dallo smaltimento dei crediti in sofferenza.

I punti cardine del piano (si veda IlSole24Ore di ieri) comunque sono chiari. Da smaltire ci sono 9,7 miliardi di sofferenze nette, pari a 26,6 miliardi al lordo delle svalutazioni entro il 2018. È la richiesta della Bce, che ha chiesto di fare tutto entro il 2018. Per varare questa operazione serve il contributo decisivo del Fondo Atlante: il veicolo guidato da Alessandro Penati inietterà quanto meno gli 1,7 miliardi rimasti in cassa dopo i salvataggi di Veneto Banca e Popolare Vicenza (anche se non è escluso che, in virtù di eventuali altri esborsi, la potenza di fuoco salga). Soldi cash che serviranno ad acquistare la metà della tranche equity della cartolarizzazione. Un passaggio, questo, che permetterebbe di deconsolodare l’intero blocco di sofferenze. Le tranche restanti (senior, garantita dalla Gacs ed eventualmente mezzanina) emesse dal veicolo che effettuerà la cartolarizzazione dovrebbero invece finanziati da JpMorgan tramite un prestito ponte pari a circa 6 miliardi di euro della durata di un anno. Il lasso di tempo servirà a strutturare l’operazione e a trovare gli investitori che dovranno acquistare le tranche.

Per arrivare a 9,7 miliardi servono altri 2 miliardi, che sono la perdita che Mps incasserà dovendo vendere i bad loans a una cifra più bassa di quanto iscritto a bilancio. La stima del fabbisogno finale dipenderà nei fatti sia dal contributo finale di Atlante. Sia dalla valorizzazione finale del prezzo di cessione degli Npl che comunque è compresa, secondo le stime, tra 26 e 32 centesimi. A questa necessità patrimoniale se ne dovrebbe però aggiungere un’altra da 1,5-2 miliardi, generata dal volontà delle banca di varare un’operazione pulizia sul portafoglio delle inadempienze probabili, i cosiddetti crediti “unlikely-to-pay”.

Nel complesso, dunque, la necessità di capitale dovrebbe aggirarsi su 4 miliardi. Una cifra che dovrebbe essere garantita da un pool di banche garanti guidato da Mediobanca e JP Morgan, advisor che si aggiungono a Ubs e Citigroup. Degli advisor e dei loro incarichii sarebbe ragionato nel corso del Cda di ieri, nel corso del quale non si sarebbe preso tuttavia alcuna decisione informale.

Fissati questi punti, ora l’attenzione si focalizza su quello che oggi appare uno snodo fondamentale della partita con Francoforte, che ha che vedere con il complesso meccanismo di funzionamento dei modelli interni sul rischio di credito. La cessione degli Npl “sottoprezzo” , genera pesanti distorsioni nelle serie storiche che concorrono a definire gli Rwa della banca (si veda per dettagli il Sole 24Ore di ieri). L’effetto della vendita è dunque una revisione al rialzo della rischiosità attesa dell’intero portafoglio di prestiti in bonis, che potrebbe tradursi in un extra assorbimento di 2 miliardi, forse anche superiore. Per questo a Francoforte, con l’appoggio della Vigilanza nazionale, si sta ragionando su una sterilizzazione di questi effetti che servirebbe peraltro all’intero comparto bancario alle prese con maxi-cessioni di Npl.
 
Atlante, 500 milioni dalle Casse previdenziali Nodi tecnici da sciogliere, decisione lunedì–di Gianni Trovati 23 luglio 2016

Atlante, 500 milioni dalle Casse previdenziali

Dovrebbe arrivare lunedì la decisione delle Casse previdenziali sull'adesione alla nuova raccolta di capitali che il fondo Atlante sta mettendo in piedi per l'acquisto dei crediti deteriorati del Monte dei Paschi.
L’assemblea dell’associazione è un passaggio importante, anche se naturalmente dovranno poi essere i consigli di amministrazione delle singole Casse a decidere operativamente l’investimento; nell’ottica del governo, però, l’indicazione dell’assemblea rappresenterebbe un passo in avanti nella strategia di costruzione di quella «soluzione di mercato» che rappresenta la premessa per attivare anche l’eventuale ombrello pubblico sulla ricapitalizzazione precauzionale. Sul punto il confronto con Bruxelles continua ad apparire non semplice, per cui ogni tassello di questo complicato mosaico ha un valore rilevante.Dopo un incontro riservato avvenuto giovedì con il premier Matteo Renzi, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il sottosegretario a Palazzo Chigi Claudio De Vincenti, infatti, l’Adepp (l’associazione che riunisce le Casse di previdenza) riunirà la propria assemblea dopodomani: in gioco c’è la possibilità di investire nella partita intorno ai 500 milioni, una fiche importante anche se un po’ più leggera rispetto alle ipotesi iniziali avanzate dal governo.

Sulla declinazione pratica dell’intervento delle Casse previdenziali nella rete di sostegno al Monte, però, pesano ancora importanti nodi tecnici da affrontare. Gli «enti nazionali di previdenza e assistenza», cioè appunto le Casse, rappresentano un capitolo specifico dell’elenco Istat sulle «unità istituzionali appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche», e quindi rientrano nei confini del settore pubblico il cui bilancio consolidato è quello “vigilato” da Bruxelles.
Se le Casse fanno parte della Pubblica amministrazione, come peraltro confermato dalle misure a loro carico imposte dalle ultime spending review, si può inciampare nell’obiezione che l’intervento si configuri come aiuto di Stato. Da chiarire resta poi la compatibilità di un investimento di questo tipo con i profili di rischio nella gestione dei soldi versati dalle varie categorie per garantirsi un futuro previdenziale. Sul punto un decreto interministeriale di Economia e Lavoro avrebbe dovuto fissare i parametri e i limiti di investimento nelle diverse asset class: a prevederlo è la prima manovra estiva del 2011 (articolo 14 del decreto legge 98 di quell’anno), ma il provvedimento, che pure è stato preparato e sottoposto due anni fa alla consultazione di Assogestioni e della stessa Adepp, non è mai arrivato al traguardo della «Gazzetta Ufficiale»: la bozza è ancora disponibile sul sito del ministero dell’Economia, e per esempio permetterebbe alle Casse di investire al massimo il 30% delle proprie disponibilità negli strumenti non negoziati e nei fondi di investimento alternativi (Fia), evitando di concentrare più del 5% dei fondi in strumenti finanziari emessi da uno stesso soggetto.

Il decreto non è in vigore, ma ovviamente il profilo di rischio degli investimenti resta un tema importante per chi gestisce i soldi delle pensioni future, com’è stato ribadito anche negli ultimi giorni nel corso delle audizioni che la Commissione parlamentare di controllo ha tenuto con l’Enpam e con la Cassa dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
La definizione della cornice sull’adesione delle Casse alla nuova operazione Atlante, comunque, rimane un passaggio chiave per mettere in campo quella «soluzione di mercato», insieme ad assicurazioni come Generali, Poste Vita, a Unipol e ad altri investitori, in più occasioni rilanciata dal governo come via preferenziale per portare Mps fuori pericolo. Anche secondo le regole del bail in, del resto, gli interventi di mercato sono la premessa necessaria per l’eventuale intervento pubblico straordinario sulla ricapitalizzazione precauzionale; sulla sua praticabilità sospendendo il burden sharing a carico degli investitori subordinati la discussione con Bruxelles continua, e ogni passaggio messo a segno prima degli stress test del 29 luglio può avere un valore “strategico” importante.

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La situazione di MPS ha ricevuto enorme attenzione su giornali e forums finanziari da parecchie settimane a questa parte.
Poiché accanto a posizioni meditate e ragionevoli se ne sono aggiunte innumerevoli insensate e fantasiose, può essere utile cercare di riassumere quali sviluppi può assumere l’intera vicenda.
E’ utile tenere presente la ricapitalizzazione 2015 delle banche greche. Al di là di alcune peculiarità, si tratta del caso più recente in cui sia intervenuta la CE, e proprio ad opera della Vestager. Ricordo che in quel caso tutto si è risolto in circa 1 mese e mezzo….

Per aiutare la comprensione suddividerò il (probabile) percorso in steps:

1)comunicazione dei risultati dello stress test, la sera del 29 luglio

Mentre nessuno dubita che per MPS i risultati non saranno favorevoli, non è facile tradurli in previsioni di tipo quantitativo. Purtroppo l’entità degli shortfall saranno fondamentali per prevedere i passi successivi. Va tenuto presente che la banca questi numeri li conosce già. Ecco perché l’attivismo sul quadrilatero Siena-Roma-Bruxelles-Francoforte induce a pensare che i numeri saranno negativi.:titanic:

A puro titolo di ipotesi, e per rendere più comprensibile l’intero ragionamento, immaginiamo che la banca denunci necessità di capitale per 1 bln nello scenario base e per 5 bln in quello avverso, dopo esame SREP.:futuro:

Sui forums ci si è soffermati all’infinito sull’impatto della vendita degli NPL, tendendo a ridurre il problema a tale ammanco. In realtà quell’aspetto è importante, ma è solo uno tra i vari fattori da considerare. I numeri che conteranno saranno i due ratios CET1 che usciranno dal test, dei quali il trattamento degli NPL contribuirà solo in parte.

Poiché è stato chiarito che il test non presuppone livelli “fail”, teoricamente la banca dovrebbe avere un certo numero di mesi (nel test 2014 erano 6/9 mesi) per colmare (entrambe!) le lacune. Pertanto, almeno in teoria, ed esclusa l’ipotesi di risultati catastrofici, non ci si dovrebbe attendere interventi immediati. Ma sarà così? Andiamo al punto successivo.

2)aumento di capitale di MPS

La banca potrebbe decidere di rompere gli indugi e anticipare i tempi. Questo potrebbe avvenire già lo stesso 29 luglio (CdA convocato). Due le alternative:

a)si costituisce un consorzio di banche garanti dell’aumento al 100%. In tal caso le mancanze di capitale sono colmate, e la banca riprende la sua strada, con immensa gioia di tutti i subisti;:banana:

b)non si riesce a costituire il consorzio oppure si ottiene la garanzia per una somma minore di quella emersa da test/SREP. In tal caso la garanzia (il “backstop”) viene fornito dallo Stato. Non vale la pena di illudersi: è altamente probabile che scatti la clausola del “burden sharing”. :squalo:In quali termini? Si veda oltre.

In un caso o nell’altro la banca delibera un aumento pari a quanto concordato come SREP: seguendo l’esempio numerico fatto sopra, l’importo minimo non sarà inferiore a 5 bln.

3)alternative nel caso di un aumento di capitale nel sottocaso b) sopra

La banca può scegliere tra varie possibilità. Per evitare di dilungarmi, limito il campo ai casi seguenti, già verificatisi con le banche greche:

a)in contemporanea con l’AUC, la banca lancia un exchange offer (azioni contro bonds) che coinvolge tutti i subordinati. Se il capitale generato da AUC e LME volontaria supera i 5 bln, la CE non chiede ulteriori conversioni in nome del burden sharing. La banca riprende la sua strada. Subs non convertiti rimangono sul mercato.

b)la banca si comporta come in a), ma non riesce a raccogliere 5 bln. In tal caso provvede a convertire in azioni tutti i subordinati non scambiati nella parte volontaria dell’LME. In che modo? La banca potrebbe aver adottato un’astuzia (vedi caso greco): potrebbe aver chiesto ai subisti che hanno aderito all’LME volontaria di sottoscrivere una clausola di variazione del prospetto, che renda obbligatoria la conversione. Se l’LME volontaria ha avuto abbastanza adesioni (leggere i prospetti di ciascuna emissione), ecco che tutti saranno convertiti.
Se non fosse usata questa astuzia, la banca potrebbe comunque procedere alla conversione in nome della BRRD. Questa seconda ipotesi non mancherebbe di sortire alcuni effetti paradossali, perché i subisti “mandatory” potrebbero ricevere un trattamento migliore di quelli “voluntary”.
L’insieme degli interventi rimetterebbe in carreggiata la banca.

Lo schema presentato non comprende tutti i possibili casi, ipotizzabili quando si cominciano a introdurre numeri veri: quanto capitale richiesto, quanto capitale dal mercato, quanto dalla LME volontaria, quale (eventuale) rapporto di conversione per i sub, Atlante 2, Giasone, etc. Ad un estremo ci può essere chi crede a shortfall di capitale modesto, facilmente colmabile sul mercato; all’estremo opposto qualcuno può ritenere che l’AUC sarò così elevato che il mercato non interverrà, ma si farà ricorso solo a taglio e/o conversione subs, più iniezione di capitale (azioni e/o CoCo’s). Ognuno si può sbizzarrire e trarre le proprie conclusioni. E decidere se e come effettuare le proprie giocate…


A me interessava descrivere il procedimento generale, prendendo in considerazione alcune ipotesi tra le più probabili.
Se qualcuno crede di vedere errori nell’applicazione delle norme, per favore me lo dica facendo riferimento alla legge e all’articolo che ho dimenticato o male interpretato.
 
. Due le alternative:

a)si costituisce un consorzio di banche garanti dell’aumento al 100%. In tal caso le mancanze di capitale sono colmate, e la banca riprende la sua strada, con immensa gioia di tutti i subisti;:banana:




Se qualcuno crede di vedere errori nell’applicazione delle norme, per favore me lo dica facendo riferimento alla legge e all’articolo che ho dimenticato o male interpretato.

Ciao Rott,
grazie per il contributo molto importante.

Mi permetto, spero che mi perdonerai, di fare un'obiezione non facendo riferimento a nessun articolo di legge.

Anche con Veneto Banca e Pop Vi festeggiammo il consorzio di garanzia.
Ci si stupiva del fatto, poco prima di Pasqua, che i sub. delle venete soffrissero (dopo l'approvazione delle variazioni statutarie da parte delle rispettive assemblee) nonostante vi fosse , per entrambe, un consorzio di garanzia che "blindava" l'ADC.
Dopo si scoprì che c'erano delle "escape clause".
E che, se non fosse intervenuto Atlante, sarebbe potuto succedere l'irreparabile .

Avrai capito dove voglio arrivare : se viene costituito il consorzio di garanzia, mi piacerebbe, prima di festeggiare, leggere bene bene tutti i commi (di solito non vengono pubblicati) di questo contratto (vi sono sempre delle escape-clause o relative alle condizioni avverse del mercato o a dati non corretti indicati dalla Banca che deve fare ADC etc etc)
Sbaglio ?
 
Ultima modifica:
L'analisi teorica è perfetta, però, secondo me, l'aspetto (e l'impatto) politico della questione dovrebbe pesare tantissimo e rendere una delle due ipotesi molto più probabile...
 
Non "comunicazione", la correggo Rott...."pubblicazione".

I risultati (degli stress test(s)) sono già noti.

nb: noti anche a MpS(anzi..in primis ad MpS che tramite Viola si è scagliata mediaticamente contro la durezza di tali test(s)..ricevendo pernacchie in risposta)
 
Ultima modifica:
Banche, rischio sistemico e rischio politico
Da La Voce | Trend Online – 9 ore fa




Alcune banche italiane potrebbero aver bisogno di ricapitalizzarsi. Il governo cerca di contrattare con Bruxelles una diversa applicazione del bail-in per non coinvolgere nelle perdite gli obbligazionisti subordinati, spesso piccoli risparmiatori. Ma è una scelta sbagliata, per almeno tre motivi.

Quando scatta il bail-in
Le banche italiane tornano a preoccupare i mercati in vista dei risultati degli stress test, che L’Autorità bancaria europea (Eba) rilascerà alla fine del mese e che potrebbero rivelare la necessità di aumenti di capitale. Al centro della discussione tra Roma e Bruxelles c’è la possibilità di utilizzare fondi pubblici e le conseguenze che ciò avrebbe per contribuenti e detentori di obbligazioni bancarie. Le regole europee prevedono che una banca che necessiti di capitale cerchi di procurarselo sul mercato da investitori privati. Il fatto che abbia bisogno di ricorrere al supporto pubblico è normalmente sufficiente affinché sia messa in risoluzione. Se la banca entra in risoluzione, l’uso di fondi pubblici è concesso dopo aver imposto parte delle perdite a azionisti e obbligazionisti.

La direttiva europea in materia di risoluzione bancaria prevede che il contributo (bail-in) sia pari ad almeno l’8 per cento del passivo totale. In Italia, il requisito è problematico per via della quantità di obbligazioni bancarie detenute dai risparmiatori al dettaglio, spesso all’oscuro del rischio. Per rimediare “disturbi” all’economia nazionale o per preservare la stabilità finanziaria, l’articolo 32(4.d) della direttiva permette di effettuare una ricapitalizzazione precauzionale con fondi pubblici senza che la banca venga messa in risoluzione. In questo caso, la ricapitalizzazione è soggetta alla disciplina che regola gli aiuti di stato, che prevede comunque il contributo dei creditori della banca, ma limitato ad azionisti e obbligazionisti subordinati. Questa opzione limita il requisito di bail-in rispetto al caso in cui la banca sia messa in risoluzione, ma non lo elimina. Il costo politico resta rilevante, perché in Italia i piccoli investitori detengono circa metà di tutte le obbligazioni bancarie subordinate.

L’eccezione all’eccezione
La situazione è evidentemente delicata: c’è la necessità di rafforzare il capitale delle banche italiane per rassicurare gli investitori, ma la disciplina europea prevede che l’uso di fondi pubblici sia normalmente soggetto all’imposizione di perdite su azionisti e – come minimo – obbligazionisti subordinati. Prospettiva non allettante per un governo che prepara un referendum cruciale in ottobre, dopo segnali preoccupanti dalle recenti elezioni. La Comunicazione bancaria emessa dalla Commissione europea nel 2013 contiene un’eccezione all’eccezione: permetterebbe di limitare ulteriormente o di sospendere il bail-in degli obbligazionisti subordinati previsto nel regime degli aiuti di stato, se anche questo minimo bail-in mettesse a rischio la stabilità finanziaria o avesse “effetti sproporzionati”.

Il governo italiano potrebbe invocare questa eccezione all’eccezione, ma non dovrebbe farlo, per tre motivi. Primo, l’idea del “diritto costituzionale al risparmio” – popolare in Italia tra gli oppositori del bail-in – è fuori luogo. Confonde i due concetti di investimento e risparmio: investire i propri risparmi in obbligazioni bancarie comporta un rischio. La Costituzione italiana non garantisce – e non dovrebbe garantire – il diritto a essere sempre e comunque salvati dalle conseguenze di scelte d’investimento sbagliate. Ciò che tutti dovrebbero vedersi garantito è il diritto di fare scelte d’investimento consapevoli e di non essere truffati. Il che ci porta al problema della vendita fraudolenta, rilevante nel caso italiano. Queste pratiche avrebbero dovuto essere prevenute in passato, ma non sono motivo sufficiente per giustificare il salvataggio di tutti gli obbligazionisti subordinati oggi. Sarebbe sbagliato dare per scontato prima di averlo accertato che tutti gli obbligazionisti subordinati fossero completamente inconsapevoli del rischio sottoscritto o che tutti siano stati truffati. Sembra più saggio optare per il bail-in degli obbligazionisti subordinati ora e poi mettere in piedi uno schema di compensazione per le vittime di frode, come fatto l’anno scorso.

Secondo, il rischio per la stabilità finanziaria, necessario per sospendere il minimo bail-in richiesto nel caso di ricapitalizzazione precauzionale, non è ovvio. Il bail-in degli obbligazionisti subordinati condotto nel 2015 non ha avuto effetti distruttivi e non c’è un’ovvia ragione per cui una ricapitalizzazione precauzionale – che includa uno schema credibile di compensazione per le vittime di frode e la protezione dei creditori senior – debba creare necessariamente instabilità finanziaria. Il rischio semmai è politico, perché lo shock sarà immediato e il rimborso richiederà tempo. Infine, la gestione della situazione Italiana ha importanti implicazioni a livello Ue: è la prima occasione in cui la direttiva in materia di risoluzione viene sperimentata nel mondo reale. Lo scopo delle regole è fornire chiarezza sulla gestione dei problemi bancari in futuro ed è necessario che vengano applicate coerentemente perché siano credibili. Non c’è una soluzione facile: in un paese in cui l’alfabetizzazione finanziaria è bassa e circa un terzo delle obbligazioni bancarie è in mano a investitori retail, il bail-in sarà doloroso. Ma piegare le regole – che si sono negoziate, trasposte e si conoscono da tempo – per evitare anche il coinvolgimento minimo degli obbligazionisti subordinati previsto in caso di ricapitalizzazione precauzionale creerebbe una confusione pericolosa con effetti imprevedibili a livello europeo.

Di Silvia Merler

Autore: La Voce Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online
 
Schema di come gli Stress Test alimentano lo SREP:

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Allegati

nb: noti anche a MpS(anzi..in primis ad MpS che tramite Viola si è scagliata mediaticamente contro la durezza di tali test(s)..ricevendo pernacchie in risposta)

fabrib, le ho scritto giorni fa le stesse identiche cose(meglio invero) qui: Il Bail In è anticostituzionale?

che Bruegel le ribadisca fa piacere ma mette anche (ulteriore) agitazione...


Quindi write-down delle subordinate senza pietà ?

Suvvia un precipitato operativo, si butti !

Una soluzione tirare a campare salverebbe "qualcosina" in GBP. Le è noto , immagino.

Una soluzione : puniamo gli istituzionali (se li intendiamo in senso oggettivo, guardando al taglio) , salverebbe le sub. con taglio 1k. Le è noto, immagino.

Una soluzione : convertiamo in azioni potrebbe fare molto comodo a chi compra T1 a 35 (se si fanno certi calcoletti). Le è noto, immagino

Una soluzione raffinata (con tutti i rischi del caso) prevede l'acquisto di FRESH a 7 . Le è noto, immagino.

Una soluzione soggettiva : "salviamo la vecchietta risparmiatrice". Io e Russia quando abbiamo comprato, abbiamo , al telefono, utilizzato un distorsore della voce .
 

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