Le chiamavano Good Bank
il valore totale dei crediti deteriorati lordi, che esclude le cessioni di sofferenze a Rev programmate sin dall’inizio, e in realizzazione in più sequenze, passa dai 4,47 miliardi iniziali del dicembre 2015 ai 4,37 miliardi di giugno 2016. Si tratta dunque di stock quasi interamente inclusi nel portafoglio delle good bank sin dall’avvio del Programma di Risoluzione approvato da DG Comp il 22 novembre 2015»
Quello che invece vogliamo portare alla vostra attenzione è che, al momento della risoluzione, le quattro banche “nuove” hanno mantenuto uno stock di crediti deteriorati piuttosto robusto. Al 30 giugno, il totale dei crediti erogati alla clientela dalle quattro good bank era di 17,7 miliardi di euro. Con un complesso algoritmo, scopriamo quindi che il rapporto tra crediti deteriorati lordi e prestiti è pari al 19,1%. Che è un numero molto elevato, altro che good bank.
Che si può tentare di inferire, quindi, da questi numeri e queste puntualizzazioni? Innanzitutto che i crediti deteriorati lordi pesano ancora moltissimo sulle quattro banche “risanate”. Poi, che nel primo semestre dell’anno il 10% degli inadempimenti probabili è divenuto sofferenza, il che suggerisce che la velocità di deterioramento di tali crediti dubbi resta elevata. Anche per le good bank si ripropone la questione che da un anno appassiona (si fa per dire) commentatori e politici: quanto valgono le sofferenze? Ci viene detto che la loro copertura è al 63%, quindi la cessione per almeno il 37% del loro valore nominale eviterebbe di erodere il capitale. Ma, ancora una volta, questo pare un valore elevato, per i tempi che corrono. Non vi sembra tutto il solito
déjà vu?
La morale è che l’acquirente di queste banche “risanate”, sia esso Ubi o altri, dovrà ricapitalizzarle in modo robusto, con buona pace del loro livello ufficiale di Common Equity Tier 1 (CET1), poco sotto al 10%. Ribadiamolo: se le sofferenze non sono realisticamente rettificate, cioè se il loro valore di presumibile realizzo è inferiore a quanto accantonato, i coefficienti patrimoniali sono numeri scritti sull’acqua.
Facciamo altre inferenze, già che ci siamo: è possibile che, quel fatidico 22 novembre, le autorità di risoluzione abbiano sbagliato i calcoli (per così dire), rappresentando una situazione “migliore” di quella effettiva, cioè abbiano girato alla bad bank meno crediti ammalorati del previsto? In altri termini, è possibile che siano stati classificati tra incagli quelle che erano ormai sofferenze a tutti gli effetti? E perché lo avrebbero fatto? Riflettete su quanto è costata la risoluzione del 22 novembre 2015, leggendo il
comunicato di Bankitalia di quel giorno: