Obbligazioni MPS (2 lettori)

angy2008

Forumer storico
questa sarebbe una bella novità se fosse vera, ma già il decreto legge tagliava il valore delle sub e vogliono ridurlo ancora con gli sconti alle azioni sottoscritte dallo stato che equivale a un'ulteriore riduzione del valore delle sub:
il **burden** sharing puo' assumere solo la forma della conversione in azioni degli strumenti ibridi e subordinati mentre non puo' essere imposta la riduzione del valore, di questi strumenti
 

gionmorg

low cost high value
Membro dello Staff
questa sarebbe una bella novità se fosse vera, ma già il decreto legge tagliava il valore delle sub e vogliono ridurlo ancora con gli sconti alle azioni sottoscritte dallo stato che equivale a un'ulteriore riduzione del valore delle sub:
il **burden** sharing puo' assumere solo la forma della conversione in azioni degli strumenti ibridi e subordinati mentre non puo' essere imposta la riduzione del valore, di questi strumenti
Leggere che la Finocchiaro parla di burden sharing mi fa rabbrividire, considerando la cultura finanziaria media dentro palazzo Chigi..:
 

Fabrib

Forumer storico
ROMA (MF-DJ)--Mentre la vigilanza Bce promette di chiudere in fretta il dossier per il salvataggio di B.Mps, ai tavoli tecnici del Tesoro si valuta se sia il caso di pensare a un possibile delisting della banca. Lo scrive Il Messaggero spiegando che a Via XX Settembre si stanno interrogando sull'esistenza a Siena "degli anticorpi" necessari a tornare a piazza Affari una volta arrivato il semaforo verde della Bce al piano.

Nei numeri sembra che Mps abbia gli anticorpi giusti, visto che con 8,8 mld sarà una banca ipercapitalizzata. Ma gli anticorpi contro la speculazione finanziaria, sottolinea il giornale, sono un'altra cosa. Soprattutto quando le comunicazioni della Bce diventeranno più frequenti e puntuali dopo l'aumento di capitale precauzionale del Tesoro. Insomma, il rischio è di sottoporre la nuova Mps, seppure ipercapitalizzata, a una nuova fase di tormenti a piazza Affari. Almeno fino a che non sarà buttato alle spalle il fardello delle sofferenze da cedere (27 mld circa).

Il tempo stringe e una decisione va presa entro giugno. Non si può andare oltre con la sospensione del titolo scattata il 22 dicembre con il decreto del governo sui 20 mld destinati al sistema bancario. Di qui, conclude il quotidiano, le valutazioni del Tesoro sulla cancellazione del titolo dal listino, ben consapevoli che un delisting, seppure opportuno dal punto di vista tecnico, potrebbe non funzionare su due punti. Il primo è quello politico, tutt'altro che facile da gestire quando sullo sfondo c'è il bail-in delle quattro banche. L'altro è quello economico, visto che il riacquisto di tutte le azioni in circolazione potrebbe costare tra gli 800 mln e 1,1 mld.

vs


(END) Dow Jones Newswires

April 04, 2017 02:32 ET (06:32 GMT)
 

angy2008

Forumer storico
24ORE di oggi- prima pagina: MPS, torna l'ipotesi cartolarizzazione_ possibile coinvolgimento di JP MORGAN.
Torna in ballo l’ipotesi della cartolarizzazione per la dismissione dei 29 miliardi di sofferenze del Monte dei Paschi di Siena. Che sarà il pezzo forte del piano industriale di gruppo al vaglio della Commissione europea e che, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, starebbe concentrando l’attenzione delle ultime fasi della complessa trattativa tra l’Esecutivo comunitario, la Bce, il Tesoro e la banca stessa: il tavolo è alle battute conclusive, e secondo gli auspici di più parti in causa dovrebbe approdare al via libera definitivo di Bruxelles entro la fine di aprile o al massimo l’inizio di maggio.
Negoziato arduo perché senza precedenti e dalla quadratura non facile: il Monte ormai sa di poter accedere alla ricapitalizzazione precauzionale dello Stato (6,6 miliardi sugli 8,8 di manovra complessiva), ma per farlo deve prima dimostrare alla Commissione che non farà ricorso alle risorse pubbliche per coprire le perdite certe o prevedibili sui crediti deteriorati, per le quali potrà utilizzare soltanto i 6,3 miliardi di patrimonio netto e i 2,2 miliardi di bond in mano agli istituzionali che saranno convertiti in capitale (con uno sconto probabilmente più elevato di quello inizialmente pattuito tra l’Italia e la Dg Comp).
Secondo le stime del ceo Marco Morelli e del cfo Francesco Mele, otto miliardi sono ampiamente sufficienti a coprire le perdite derivanti dalla dismissione degli Npl, che però è prevista dopo l’ingresso dello Stato: di qui la difficoltà a determinare ora le svalutazioni che successivamente imporrà il mercato una volta che ne avrà fissato il prezzo d’acquisto; su questo si è ragionato per settimane, e al momento si sarebbe convenuto che la cartolarizzazione potrebbe essere il metodo che più di tutti - o per lo meno più della cessione per tranche immaginata fino a pochi giorni fa - consente di delineare ex ante l’impatto sul bilancio.
Non solo: secondo quanto risulta a Il Sole, la banca avrebbe già deciso di affidarsi a Mediobanca - advisor ad hoc per il capitolo Npl; e non è detto che non possa rientrare in partita anche Jp Morgan, sul fronte della banca o di eventuali compratori. In pratica, si tratterebbe dello stesso tandem che aveva tentato di imbastire il piano di mercato naufragato a dicembre; ma che, dopo mesi di lavoro, conosce come le proprie tasche il portafoglio crediti in questione: di qui, appunto, le nuove prese di contatto di queste ultime settimane tra Siena e la banca d’affari americana, che aveva già commissionato una due diligence a Fortress, nel frattempo diventata doBank e in procinto di quotarsi di qui all’autunno prossimo.
L’ispezione Bce e gli incagli
Tornando al perimetro della cartolarizzazione, tra la banca, il Tesoro prossimo azionista e le autorità si starebbe ragionando sui 29,4 miliardi di sofferenze lorde a bilancio al 31 dicembre: vista la copertura media al 64,8%, un’eventuale cartolarizzazione a un prezzo del 20% - ipotesi di scuola - porterebbe con sé ulteriori svalutazioni per 4,5 miliardi, un ammontare «gestibile» visto il capitale disponibile prima ancora dell’ingresso dello Stato; certo, resta l’incognita relativa all’ispezione Bce sugli Npl chiusa a febbraio i cui esiti verranno comunicati in estate, tuttavia - essendo stato analizzato il portafoglio al dicembre 2015 - la banca conta di averne già mitigato i possibili impatti con i 4,5 miliardi di svalutazioni del 2016. Sembra deciso, invece, che i 15,2 miliardi di unlikely to pay - i vecchi “incagli” - resteranno alla banca,per gestire i quali potrebbe dedicare le 300 persone della piattaforma Juliet (di cui Cerved si era accaparrato la gestione nell'ambito della gara a dicembre).
 

Fabrib

Forumer storico
ALESSANDRO BARBERA, GIANLUCA PAOLUCCI

Questione di principi violati, di norme in conflitto tra loro e di centinaia di milioni di euro. Tre ottime ragioni - soprattutto l’ultima - per fare le cose per bene nella complessa partita dell’ingresso dello Stato nel capitale di Monte dei Paschi.


A dispetto del «moderato ottimismo» espresso dal ministro Pier Carlo Padoan sull’esito del negoziato con Bruxelles e Bce, il Tesoro deve fare i conti con alcuni problemi nella normativa.



Fonti europee coinvolte nel negoziato, senza fornire ulteriori dettagli, ammettono che è stato un errore prevedere trattamenti diversi per le diverse categorie di investitori.

Il fatto è che nel decreto salva-risparmio e nelle regole (allegate al decreto) per il salvataggio di Montepaschi «ci sono troppe cose che non vanno bene», dice un gestore che ha investito nei bond junior dell’istituto.

La mancata consultazione con la Bce prima di emanare il decreto del 23 dicembre scorso, riportata nel rapporto annuale della Banca centrale europea come violazione di un obbligo previsto dai trattati, è il minore dei problemi, spiega un legale.



Il problema principale riguarda tre vecchie emissioni «Tier1», le più rischiose tra le 11 emissioni di obbligazioni subordinate dell’istituto. Titoli «perpetual», emessi nel decennio passato Sui 650 milioni originari, ne restano in circolazione circa 150 milioni, in mano prevalentemente a fondi d’investimento. Il punto con il quale devono confrontarsi i legali della Commissione è la potenziale violazione del principio «no creditor worse off». Ovvero, nessun creditore può essere trattato peggio di come sarebbe trattato in caso di liquidazione dell’istituto. Ma uno dei requisiti richiesti dalla direttiva Brrd per la ricapitalizzazione precauzionale è che le banche abbiano un patrimonio al di sopra dei minimi regolamentari. Questo significa che, se Mps chiudesse domani, ci sarebbero risorse per rimborsare tutti i creditori. Il tema riguarda i detentori dei bond Tier1, perché il decreto prevede per questi titoli un rimborso al 75% del nominale, mentre tutti gli altri, meno rischiosi, saranno rimborsati al 100%. Perché, si chiede un gestore basato a Londra che ha questo tipo di strumenti in portafoglio, «dovremmo accettare un taglio del valore se la banca è solvibile?».



L’altro tema sul quale si stanno già confrontando alcuni studi legali su mandato dei fondi riguarda il decreto del 23 dicembre scorso. Il punto è ancora quello dei bond Tier1 «tagliati» al 75%. Si tratta di bond emessi da veicoli del Delaware secondo le leggi Usa. In teoria, non dovrebbero essere toccati dalle regole europee sui salvataggi e non dovrebbero essere convertiti in azioni per legge, come impone il decreto Mps. «È come se lo stato italiano ci espropriasse una casa che abbiamo comprato in Usa senza l’intervento della magistratura o della legge americana. Impossibile», dice ancora il gestore.



Il principio del burden sharing prevede il contributo ai salvataggi sulla base delle varie categorie di rischio. Prima l’azzeramento degli azionisti, poi se il capitale non è sufficiente i titolari dei bond subordinati, poi le obbligazioni senior e infine, nei casi estremi, i correntisti oltre 100 mila euro. Ma il decreto Mps «salva» parzialmente gli azionisti, riconoscendo un valore alle azioni attualmente in circolazione, calcolato sulla base di una serie di formule indicate negli allegati al decreto del 23 dicembre. Altro punto criticato dai fondi e sottoposto ai legali è lo sconto previsto dallo stesso decreto per le nuove azioni che saranno sottoscritte dallo Stato (fissato al 33% nel testo uscito dal Parlamento, aumentato rispetto al 25% previsto nel decreto).



«Ci sono una serie di passaggi che non funzionano e potrebbero aprire la strada a controversie legali», dice un consulente finanziario indipendente che ha assistito alcuni parlamentari durante i lavori di conversione del decreto.

Dal ministero dell’Economia non è stato possibile ricevere un commento. Ma proprio i timori di cause legali potrebbero alla fine spingere l’esecutivo ad una modifica del decreto. Tra le ipotesi circolate anche quella, dopo l’ingresso del Tesoro, di un’opa sulle azioni non in mano allo Stato. Che non eliminerebbe i rischi legali, soprattutto in vista del prossimo dossier bancario tra Roma e Bruxelles: quello delle banche venete.
Montepaschi, i nodi tra Roma e Ue. Le troppe regole che non funzionano
 

locco68

violaforever
su class hanno detto che l'ingresso dello stato e' previsto per giugno....ma leggendo l'articolo di sopra ne dubito.......
 

Rottweiler

Forumer storico
ALESSANDRO BARBERA, GIANLUCA PAOLUCCI

Questione di principi violati, di norme in conflitto tra loro e di centinaia di milioni di euro. Tre ottime ragioni - soprattutto l’ultima - per fare le cose per bene nella complessa partita dell’ingresso dello Stato nel capitale di Monte dei Paschi.


A dispetto del «moderato ottimismo» espresso dal ministro Pier Carlo Padoan sull’esito del negoziato con Bruxelles e Bce, il Tesoro deve fare i conti con alcuni problemi nella normativa.



Fonti europee coinvolte nel negoziato, senza fornire ulteriori dettagli, ammettono che è stato un errore prevedere trattamenti diversi per le diverse categorie di investitori.

Il fatto è che nel decreto salva-risparmio e nelle regole (allegate al decreto) per il salvataggio di Montepaschi «ci sono troppe cose che non vanno bene», dice un gestore che ha investito nei bond junior dell’istituto.

La mancata consultazione con la Bce prima di emanare il decreto del 23 dicembre scorso, riportata nel rapporto annuale della Banca centrale europea come violazione di un obbligo previsto dai trattati, è il minore dei problemi, spiega un legale.



Il problema principale riguarda tre vecchie emissioni «Tier1», le più rischiose tra le 11 emissioni di obbligazioni subordinate dell’istituto. Titoli «perpetual», emessi nel decennio passato Sui 650 milioni originari, ne restano in circolazione circa 150 milioni, in mano prevalentemente a fondi d’investimento. Il punto con il quale devono confrontarsi i legali della Commissione è la potenziale violazione del principio «no creditor worse off». Ovvero, nessun creditore può essere trattato peggio di come sarebbe trattato in caso di liquidazione dell’istituto. Ma uno dei requisiti richiesti dalla direttiva Brrd per la ricapitalizzazione precauzionale è che le banche abbiano un patrimonio al di sopra dei minimi regolamentari. Questo significa che, se Mps chiudesse domani, ci sarebbero risorse per rimborsare tutti i creditori. Il tema riguarda i detentori dei bond Tier1, perché il decreto prevede per questi titoli un rimborso al 75% del nominale, mentre tutti gli altri, meno rischiosi, saranno rimborsati al 100%. Perché, si chiede un gestore basato a Londra che ha questo tipo di strumenti in portafoglio, «dovremmo accettare un taglio del valore se la banca è solvibile?».



L’altro tema sul quale si stanno già confrontando alcuni studi legali su mandato dei fondi riguarda il decreto del 23 dicembre scorso. Il punto è ancora quello dei bond Tier1 «tagliati» al 75%. Si tratta di bond emessi da veicoli del Delaware secondo le leggi Usa. In teoria, non dovrebbero essere toccati dalle regole europee sui salvataggi e non dovrebbero essere convertiti in azioni per legge, come impone il decreto Mps. «È come se lo stato italiano ci espropriasse una casa che abbiamo comprato in Usa senza l’intervento della magistratura o della legge americana. Impossibile», dice ancora il gestore.



Il principio del burden sharing prevede il contributo ai salvataggi sulla base delle varie categorie di rischio. Prima l’azzeramento degli azionisti, poi se il capitale non è sufficiente i titolari dei bond subordinati, poi le obbligazioni senior e infine, nei casi estremi, i correntisti oltre 100 mila euro. Ma il decreto Mps «salva» parzialmente gli azionisti, riconoscendo un valore alle azioni attualmente in circolazione, calcolato sulla base di una serie di formule indicate negli allegati al decreto del 23 dicembre. Altro punto criticato dai fondi e sottoposto ai legali è lo sconto previsto dallo stesso decreto per le nuove azioni che saranno sottoscritte dallo Stato (fissato al 33% nel testo uscito dal Parlamento, aumentato rispetto al 25% previsto nel decreto).



«Ci sono una serie di passaggi che non funzionano e potrebbero aprire la strada a controversie legali», dice un consulente finanziario indipendente che ha assistito alcuni parlamentari durante i lavori di conversione del decreto.

Dal ministero dell’Economia non è stato possibile ricevere un commento. Ma proprio i timori di cause legali potrebbero alla fine spingere l’esecutivo ad una modifica del decreto. Tra le ipotesi circolate anche quella, dopo l’ingresso del Tesoro, di un’opa sulle azioni non in mano allo Stato. Che non eliminerebbe i rischi legali, soprattutto in vista del prossimo dossier bancario tra Roma e Bruxelles: quello delle banche venete.
Montepaschi, i nodi tra Roma e Ue. Le troppe regole che non funzionano

Articolo molto interessante: quantomeno ci conferma che le 2 questioni già sollevate sul forum a proposito dei T1 (conversione a meno di 100 con PN positivo e coinvolgibilità del Delaware) sono all'attenzione delle istituzioni...
 

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