Obbligazioni MPS

Banca MPS - Secondo il Sole 24 Ore, il MEF punterebbe ad un accordo con DG Comp entro fine Marzo 24/01/2022 11:55 - EQ
Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore di sabato scorso, i dialoghi tra MEF e Dg Comp in merito alla proroga della presenza nel capitale di (BMPS.MI) da parte del Tesoro e alla revisione dei target del piano industriale sarebbero momentaneamente fermi. Secondo il quotidiano, l`obiettivo del MEF sarebbe tuttavia quello di giungere ad un accordo definitivo con i regulator entro la fine di marzo.
Il nuovo piano dovrà prevedere un aumento di capitale da realizzare a condizioni di mercato e presumibilmente, come già emerso nei mesi scorsi, potrebbe vedere il coinvolgimento di AMCO, in tema di derisking, MCC (per la cessione degli sportelli al Sud) e Fintenca (in merito alle garanzie sui rischi legali outstanding, pari oggi a 6bn di petitum).
Secondo il Sole il piano potrebbe prevedere circa 18/24 mesi per l`uscita dal capitale da parte del MEF ed un eventuale di interesse futuro di BPER o di Credit Agricole Italia.
Riteniamo che solo dopo la chiara definizione del piano industriale e del relativo aumento di capitale, e la presenza o meno del beneficio derivante dalla conversione delle DTA fuori bilancio (pari a circa 3.5bn al 3Q21), sarà possibile definire l`appetibilità in chiave M&A della banca e degli eventuali soggetti interessati. Sarà inoltre da valutare il coinvolgimento di BPE (che nel 2022 sarà impegnata nell`integrazione di Carige e più probabilmente interessata a BPSO in una fase successiva) o di Credit Agricole Italia, su cui potrebbero sorgere ostacoli politici.

HOLD con Target Price 1.2
 
Mps – Nuovi rumor sull’iter di privatizzazione 24/01/2022 17:33 - MKI
Nuove indiscrezioni sul possibile iter di privatizzazione di Mps, di cui il Tesoro e' il primo azionista con il 64,2% del capitale.
Secondo indiscrezioni riportate da MF Dow Jones, il MEF potrebbe prendere in considerazione una possibile operazione che sia di sistema, coinvolgendo diverse banche nella partita, invece di una sola, come fatto con UniCredit nei mesi scorsi.
Secondo quanto riferisce l’agenzia, l’operazione potrebbe coinvolgere un banca pivot di grandi dimensioni (viene citata UniCredit) e istituti dal taglio piu' contenuto che potrebbero rilevare specifici asset.
Propedeutico a tutto cio' potrebbe essere la messa in sicurezza della banca senese alleggerendola dai potenziali rischi legati e dai crediti problematici (i rumor citano un possibile intervento di AMCO), cosi' come la definizione del possibili esuberi. Non e' da escludere un possibile inserimento di Mediocredito Centrale nel dossier. Al momento pero' si tratta solo di indicrezioni.
Secondo Il Sole 24 Ore e MF, al momento la situazione sarebbe in stand-by in attesa che si sblocchi lo stallo politico legato all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
La questione non e' ancora entrata nel vivo e non sarebbero stati ancora affrontati i due punti fondamentali: la proroga della presenza pubblica nel capitale della banca senese (l’ipotesi e' 18-24 mesi) e l’iter per la successiva uscita e la revisione dei target del piano industriale e gli impegni per risanare l’istituto (i due temi sono strettamente legati).
Il quotidiano aggiunge che attualmente l’unica condizione posta dall’UE e' che l’aumento di capitale da 2,5 miliardi (che potrebbe essere rivisto) venga effettuato a condizioni di mercato.
 
TOP STORIES ITALIA: Mef studia operazione piu' di sistema per B.Mps 24/01/2022 18:05 - MF-DJ
MILANO (MF-DJ)--Non c''e'' dubbio che l''elezione del presidente della Repubblica abbia momentaneamente messo in pausa la partita per la messa in sicurezza di B.Mps. Le forze politiche ora sono concentrate sul Quirinale e soltanto quando la nuova figura sara'' eletta si riaprira'' il dossier per la privatizzazione dell''istituto senese. Secondo quanto riferiscono fonti a MF-Dowjones, tuttavia, a livello tecnico il Mef - azionista al 64% della realta'' senese - ha allo studio un''operazione che sia piu'' di sistema rispetto a quella confezionata in precedenza con Unicredit, cioe'' che veda il coinvolgimento di un numero maggiore di banche allo stesso tavolo. Quando e'' stata avviata la negoziazione tra il Tesoro e la banca di Piazza Gae Aulenti, in un secondo momento sono scese in campo anche Medio Credito Centrale (Mcc) e Amco per acquisire rispettivamente una porzione di sportelli e uno stock di Npe. Le due controllate pubbliche sarebbero tra l''altro disponibili a rientrare in partita riguardo agli stessi ambiti di competenza ma il salvataggio di Mps questa volta - almeno nelle ambizioni - dovrebbe coinvolgere una banca pivot di grandi dimensioni (alcuni addetti ai lavori pensano a una riapertura del dialogo con Unicredit, ma questa non e'' l''unica via) e banche italiane di size piu'' contenuta che potrebbero contribuire al salvataggio con l''acquisto di alcuni asset. In quest''ottica alcune operazioni di pulizia e "alleggerimento" di Rocca Salimbeni (per esempio quelle relative ai rischi legali e agli Npl) potrebbero avvenire prima della cessione cosi'' come gli esuberi che potrebbero essere fatti in due tempi. E'' presto per dire se questo disegno - che per ora e'' stato soltanto abbozzato - si concretizzera'' visto che per esserlo non solo deve incontrare il placet della banca pivot (e rispondere cioe'' alle condizioni per un acquisto di mercato funzionale al business e senza impatti sul capitale) e delle banche "satellite", ma deve anche passare il test di un eventuale rimescolamento della compagine politica post-elezioni. In ogni caso il dialogo con l''Ue - con cui il Mef e'' da tempo in contatto per il nuovo Piano - al momento sembra in stand-by. Non sembrano esserci, come da indiscrezioni stampa, passi avanti sulla revisione degli obiettivi ne'' accordi ufficiali sull''uscita del Mef dal capitale e in particolare sui tempi (si ipotizza 18-24 mesi) e sulle modalita'' da seguire. L''unico numero gia'' emerso e'' quello relativo all''aumento di capitale che dovrebbe essere da 2,5 mld di euro (ma la cifra potrebbe anche subire variazioni in corso d''opera) e che deve essere realizzato a condizioni di mercato. L''unica cosa certa e'' che non si puo'' perdere tempo, visto che nuove trattative e nuove due diligence richiederanno i consueti tempi tecnici. Una volta che la situazione politica si sara'' stabilizzata il dossier tornera'' in agenda. [email protected] cce

MF-DJ NEWS
 

Che disastro Mps gestita dallo Stato. Il Tesoro sta cercando un partner credibile

Andrea Giacobino 28 gennaio 2022
La grande incompiuta finanziaria del governo di Mario Draghi si chiama Monte dei Paschi di Siena. È la banca il cui 64,2% dal 2017 è nelle mani del Ministero dell’Economia e delle Finanze, allora guidato da Pier Parlo Padoan, quando fu «salvata» dopo anni di perdite da un intervento della mano pubblica costato circa 7 miliardi di euro fra aumento di capitale e rimborso delle obbligazioni subordinate.

Gli impegni presi allora con l’Europa prevedevano però che entro la fine dello scorso anno la banca più antica del mondo ritornasse in mani private, ma il matrimonio ventilato con Unicredit guidato da Andrea Orcel (e alla cui presidenza c’è proprio Padoan) è sfumato nello scorso autunno. Orcel, infatti, ha chiesto allo stato venditore una «dote» di circa 7 miliardi mentre il governo era disposto ad offrigliene una di «solo» 3 miliardi, portando così il costo finale dell’intervento pubblico a 10 miliardi. Vale la pena ricordare, poi, che a fronte del salasso per portare il controllo del capitale nelle mani pubbliche, la quota dello stato in Mps oggi vale sì e no 800 milioni. Ed è certo che Orcel per vestire i panni del cavaliere bianco abbia chiesto quella dote così consistente perché ha accertato che in pancia all’istituto di Rocca Salimbeni ci sia ancora, nonostante la «pulizia» fatta in questi anni, una massa di credi deteriorati tale da comprometterne la redditività. Senza contare che sì i crediti deteriorati netti sono stati smaltiti in misura notevole (erano al 18,2% del totale nel 2016, ma solo al 2,6% a fine 2020), per essere ceduti però per larga parte ad Amco, un’altra controllata dal Tesoro. Le perdite, cioè, sono state caricate da un’azienda all’altra dello stato.
Insomma, un disastro. ll punto è che la banca toscana, la più antica al mondo ancora in attività, è andata peggiorando proprio sotto la gestione dello Stato. I numeri non offrono via di scampo e ci dicono che nel 2016, ultimo anno di gestione privata, l’istituto chiuse con ricavi per 3,8 miliardi. Nell’intero 2020, invece, era scesa a 2,5 miliardi. Ha perso per strada, dunque, 1,3 miliardi, più di un terzo del fatturato. Infatti, il margine d’interesse è passato da 1,78 a 1,05 miliardi, mentre le commissioni nette da 1,8 a 1,35 miliardi. Già queste due voci ci spiegano che Mps oggi sia di gran lunga meno capace di ottenere risultati attraverso l’attività bancaria tipica, che consiste nel prestare denaro e nell’offrire altri servizi alla clientela. Nei primi nove mesi dello scorso anno i ricavi complessivi sono stati di 2,2 miliardi, in lieve crescita del 3% rispetto allo stesso periodo del 2020. E questo spiega perché il titolo Mps in borsa nell’ultimo anno abbia perso quasi il 20% senza contare che a rendere complicata una cessione c’è poi il macigno di varie cause legali che incombono sulla banca per un controvalore di circa 6 miliardi, rischio che nessun compratore si vuole assumere.
Nonostante tutto ciò nella conferenza stampa di fine anno Draghi ha ostentato ottimismo sul futuro della banca: «La pandemia - ha detto - ha cambiato molto le regole sugli aiuti di Stato, non solo quelle di bilancio. Non credo dunque che anche sul fronte Mps ci siano difficoltà». Sarà, ma nel frattempo proprio alla fine del 2021 Mps, il cui amministratore delegato è Guido Bastianini, che fu scelto con l’appoggio decisivo dei Cinque Stelle, ha presentato un piano industriale al 2025 che prevede un utile lordo di 700 milioni al 2024 a fronte di molti tagli al personale (che i sindacati hanno stimato in 4.500 uscite) e dell’ennesimo aumento di capitale, questa volta di 2,5 miliardi.

Oggi dopo l’approvazione del nuovo piano il Montepaschi attende la luce verde della Dg Comp. L’authority europea guidata da Margrethe Vestager è infatti chiamata a decidere non solo sulla strategia, ma anche sulla proroga del regime di «precautionary recapitalisation» dopo il flop della privatizzazione. L'intenzione del Tesoro è quella di mantenere la quota almeno per 12-18 mesi, così da puntellare le fragilità dell'istituto e individuare un partner che possa subentrare nel capitale. Il piano servirà proprio a rinegoziare gli accordi presi nel 2017 e a garantire la viability stand alone in questa delicata fase. In una nota diffusa nei giorni scorsi il Monte ha fatto sapere che «allo stato attuale non è ancora possibile ipotizzare alcuna tempistica di completamento dell'iter autorizzativo», indispensabile per l'avvio delle attività propedeutiche all’aumento di capitale previsto dal piano. Fonti finanziarie fanno comunque sapere che Dg Comp si starebbe muovendo per evitare che il prolungamento del regime di nazionalizzazione risulti distorsivo della concorrenza nel mercato bancario.

Sotto questo punto di vista Dg Comp (che da ormai quattro anni monitora lo stato di salute di Siena con controlli trimestrali affidati a un monitoring trustee indipendente) potrebbe spingere su tre leve nell'ambito del negoziato: riduzione del perimetro con dismissione di asset, abbassamento del cost/income dall'attuale 68,6% in un intorno del 55% e aumento del return on equity in zona 8% (alla fine del primo semestre era al 6,8%). Per quanto riguarda il capitale, dovrà poi essere mantenuto il rispetto dei requisiti minimi fissati dall'autorità di Vigilanza. E a quel punto, forse, potrebbe affacciarsi un altro «cavaliere bianco» (si parla del Crédit Agricole) o addirittura Orcel potrebbe tornare sui suoi passi. Ma per ora il Monte resta nel limbo in cui l’ha portato la mano pubblica, perdendoci un sacco di soldi.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto