Questo dovrebbe essere l'articolo completo argomentato un po' meglio.
Monte dei Paschi di Siena, ecco come si può battere la crisi altrui- Corriere.it
Monte dei Paschi di Siena, ecco come si può battere la crisi altrui
di Stefano Righi18 lug 2022
La crisi di governo apertasi giovedì sera ha evidenziato il senso dell’urgenza per mettere in sicurezza il Monte dei Paschi di Siena. La banca più antica al mondo è attesa da un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro e da un piano di esodi volontari e incentivati che coinvolgeranno circa 3.500 dipendenti.
Sono questi i cardini della manovra disegnata dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio su queste pagine, lunedì scorso, e che porteranno Mps fuori dalle secche già dal primo gennaio prossimo, quando la banca si presenterà al nuovo anno con 270 milioni di euro di costi fissi in meno, alla voce «personale». Ma per raggiungere quell’obbiettivo è necessario fare presto e qualsiasi ipotesi governativa che non comprenda Mario Draghi nel ruolo di leader potrebbe allungare i tempi in modo incompatibile con le esigenze di risanamento del Monte dei Paschi. Figuratevi un’ipotesi elettorale, con annessa vivace campagna, che andrebbe a sovrapporsi proprio con le settimane dedicate all’aumento di capitale.
Lovaglio vuole fare presto. Non ha alternative. La catena di controllo che da Francoforte arriva a Siena passando per Roma sa bene che una crisi lunga quindici anni deve arrivare a soluzione. Per farlo in quattro mesi, come chiede Lovaglio vist’anche l’assenza di qualsiasi alternativa, è necessario che il meccanismo proceda senza intoppi, né rallentamenti. La crisi di governo, le elezioni anticipate, rischierebbero di mandare tutto all’aria. È bastata la tempesta politica della settimana scorsa per fare intravvedere il possibile scenario che verrebbe disgraziatamente a crearsi. I tremilacinquecento esodi a cui Lovaglio punta per dare efficienza alla banca sono già stati messi in dubbio dal cuore pulsante del Monte dei Paschi. Come già venne evidenziato ai tempi in cui Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, era impegnato nella serrata trattativa per l’acquisizione di Mps, Siena e l’intera regione Toscana hanno, non nella rete delle filiali ma nella direzione generale e nel back office, un numero di dipendenti particolarmente elevato, con remunerazioni sopra la media, e un rapporto cost/income difficilmente sostenibile e superiore al rapporto medio della banca. Da quest’area già oggi si annunciano le resistenze maggiori, al punto che al piano Lovaglio potrebbero venir meno fino a novecento esodi.
Il punto centrale resta però l’aumento di capitale, da 2.500 milioni di euro. Senza aumento e senza le condizioni per realizzarlo, il Monte non avrà futuro. Il governo Draghi si è già dichiarato pronto a sottoscrivere l’operazione per la quota parte di propria competenza, ovvero il 64 per cento del totale, pari a 1,6 miliardi di euro, ma è necessario far autorizzare l’operazione dalle autorità di vigilanza, convocare una assemblea straordinaria dei soci che modifichi lo statuto alla voce capitale sociale e far partire l’operazione vera e propria di aumento tra fine ottobre e l’inizio di novembre. Solo così arriveranno in cassa entro il 30 novembre, data ultima per usufruire del programma di esodi agevolati del Fondo di solidarietà, i denari necessari per accompagnare alla porta, incentivandoli, 3.500 dipendenti. Si parla di un impegno di poco inferiore a un terzo dell’intero importo dell’aumento di capitale: circa 800 milioni su 2.500 complessivi dell’operazione. Ovvero una media superiore ai 228 mila euro per singolo dipendente, cifra che potrebbe arrivare a coprire uno scivolo contributivo lungo fino a sette anni.
Lo scossone politico dello scorso fine settimana, in attesa della prova del voto in calendario dopodomani, ha dato fiato anche a tutte le altre possibili voci alternative riesumando progetti decotti, alimentati da un chiacchiericcio inconsistente. La Banca del Mezzogiorno, con lo spin-off degli sportelli meridionali del Monte dei Paschi di Siena a favore della Popolare di Bari e la fusione a tre con Bper e Banco Bpm, sono due evergreen che tornano ciclicamente a galla come i tappi di sughero. La realtà appare ben diversa: non ci sono vie di uscita alternative all’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro e al piano Lovaglio di ridimensionamento degli organici. Mentre c’è un unico vero grande pericolo: che le bizzarrie politiche e il caldo estivo allontanino da Palazzo Chigi l’unico garante della affidabilità e della solvibilità italiana. Non c’è un futuro senza Draghi, che deve arrivare fino alla scadenza naturale del proprio governo. Lo confermano gli osservatori e anche i mercati.
Dopo il terribile giovedì 14 luglio, il giorno successivo, venerdì scorso, l’indice della Borsa di Milano si è mosso in controtendenza, arrivando a guadagnare oltre il 2 per cento. Cos’era successo? Il presidente della Repubblica aveva respinto le dimissioni di Draghi e il calcolo dei voti possibili, in vista della prova dell’aula di dopodomani, davano un margine di relativa tranquillità al governo.
Il Monte dei Paschi, peraltro, sta già pagando pesantemente in Borsa la prospettiva di un aumento iperdiluitivo, lo si vede dal grafico in questa pagina. Rispetto alla vigilia dell’inizio della guerra in Ucraina, 24 febbraio, Mps ha più che dimezzato il proprio valore. Ma dopo un robusto saliscendi il confronto con l’indice generale della Borsa di Milano (Ftse Mib) si pareggiava lo scorso 6 giugno. Da allora però la Borsa di Milano ha perso il 10 per cento e il Monte dei Paschi il 40 per cento. Effetto dell’aumento di capitale? Sicuramente. Ma anche le incognite di natura politica contribuiscono ad aumentare la volatilità del titolo.
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