La banca perde oltre il 6% a Piazza Affari in scia alle indiscrezioni riguardo a un’uscita parziale del Mef dal capitale. Il nodo delle nozze per il Monte: Unicredit, Bpm o Bper?
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Mps scivola in Borsa sulle voci di cessione dell’8%. Il Tesoro precisa: «Privatizzazione sì, ma senza fretta»
di
Francesco Bertolino
Sono mesi decisivi per il destino della banca più antica del mondo. Nelle ultime settimane Monte dei Paschi di Siena è tornata sotto i riflettori del mercato: giorno dopo giorno s
i rincorrono le voci riguardo alla vendita di un pacchetto di azioni da parte del ministero delle Finanze che detiene il 64% dell’istituto. Che la volontà del Tesoro ci sia, è sicuro; sui tempi, però, resta grande incertezza: le cessioni si fanno infatti e non si annunciano, mentre quelle anticipate hanno il solo effetto di allontanarne la realizzazione, facendo perdere valore al titolo. Così è stato anche per l’ultima indiscrezione che ha spinto le azioni di Mps a perdere il 6% in Borsa e il Mef a intervenire per placare le speculazioni.
Le voci sul disimpegno del Mef
Oggi, infatti, il Messaggero ha ipotizzato che lo Stato possa mettere sul mercato l’8% di Mps entro i primi giorni di ottobre, scendendo al 58% nel capitale. La banca d’affari Equita sarebbe stata incaricata di trovare l’attimo giusto per effettuare il collocamento. Tanto è bastato ad affossare il titolo sul mercato che, a parere di diversi analisti, farebbe fatica ad assorbire una cessione in blocco di tali proporzioni. Da qui la decisione di molti investitori di anticipare le mosse del Tesoro, vendendo azioni Mps a piene mani. Risultato: le azioni della banca sono sprofondate a Piazza Affari, portando al 10% il calo nelle ultime cinque sedute.
La sottovalutazione del titolo
In queste condizioni un parziale disimpegno del Mef assomiglierebbe più a una svendita, considerato che le azioni di Mps hanno un prezzo del 30% inferiore alla valutazione riconosciuta loro dagli analisti in base ai numeri attuali e prospettici della banca. Non a caso, il Tesoro è subito intervenuto per tentare di smorzare le preoccupazioni. «Non c’è nessuna fretta da parte del governo e del Tesoro di privatizzare Mps e qualsiasi operazione sulla quota del 64,2% della banca in mano pubblica verrà fatta nel momento migliore, allo scopo di valorizzare al meglio la partecipazione e garantire il perseguimento dell’interesse pubblico», hanno spiegato fonti del Mef.
Le nozze di Mps
L’impressione è che la cessione parziale avverrà al momento giusto e si inserirà in un piano più ampio per Mps: le nozze con un’altra banca italiana. In tale contesto la discesa del Mef nel capitale rappresenterebbe un segno di buona volontà nei confronti dell’Europa - con cui l’Italia ha concordato la privatizzazione di Mps entro il giugno 2024 - e del futuro compratore - che si troverebbe nel capitale una partecipazione pubblica meno ingombrante. Già, ma chi sarà l’acquirente di Mps? UniCredit pare ormai aver definitivamente abbandonato il progetto, esplorato e poi interrotto due anni fa. Banco Bpm, candidata di una parte del governo, ha più volte escluso l’ipotesi per bocca del suo amministratore delegato, Giuseppe Castagna. Bper, che pure sotto la regia di Carlo Cimbri è la più attiva sul mercato, potrebbe scontare qualche opposizione di segno politico.
Le parole di Lovaglio
Insomma, il percorso di privatizzazione di Mps è ancora da definire. Che il matrimonio s’abbia da fare è però ferrea convinzione anche dell’ad della banca senese, Luigi Lovaglio. «La dimensione è importante, perché ti consente di creare nuovo business e, dunque, un processo di consolidamento è qualcosa che il mercato deve aspettarsi in prospettiva», ha rimarcato il manager, ribadendo un concetto già espresso in passato: per servire al meglio le imprese e competere con la concorrenza internazionale, una banca italiana deve avere una scala europea. Ciò premesso, il risanamento dell’istituto e i suoi conti in crescita offrono il tempo necessario a prendere la decisione migliore. Oggi, ha concluso Lovaglio, «Mps è una banca che ha un reddito, che ha un buffer di capitale molto importante e che continuerà a crescere: ci sono già condizioni per valutare più opzioni rispetto a un anno fa».