Parmalat (PLT) Parmalat (a) III cosa sarà da grande ? (6 lettori)

salcatal

Come i Panda
:)


In definitiva, escludete al 100% un'opa di Lactalis a tal punto? Siete così sicuri che tutto ciò si traduca negativamente per il titolo?

Vedi chi fa l'imprenditore ed opera a livello internazionale non è che si faccia tanti scrupoli.

Fa affari anche nel peggior paese, quello più corrotto, finanche dove c'è la mafia. E questo lo vediamo tutti.

Quello che gli servono sono delle certezze.

Di qua i costi (ufficiali+mazzette+pizzo) di là i ricavi.

Tira le somme e se i conti tornano si va avanti.

Cioè se la spesa vale l'impresa, che detto in Economese aziendale significa se il ritorno sul capitale è talmente elevato da remunerare adeguatamente il rischio.

A una condizione.

Che il rischio non sia incontrollabile, e quindi non quantificabile.

In questo caso si parla di INCERTEZZA.

E con l'incertezza non c'è investimento che si possa fare razionalmente, sarebbe una scommessa.

Quindi l'imprenditore ha bisogno di avere un interlocutore (sia esso un despota o un governo) che gli dia qualche certezza che non cambino le regole in base alle quali ha fatto i conti.

Ora tutti sappiamo che quanto più è alto il rischio, tanto più alto deve essere il gap tra ricavi e costi per convincerlo a correre il rischio.

Ora la mia impressione è che Lactalis sia rimasta in qualche modo spiazzata dalle piazzate italiane, tanto che a questo punto non riesce più a quantificare il rischio dell'investimento.

Nel senso che non aveva messo adeguatamente in conto la reazione di pancia conseguente, a questo punto lo possiamo dire, al potenziale danno degli interessi riconducibili a Granarolo e, quindi, agli allevatori della PADANIA.

Ora stanno riformulando una strategia, penso, ivi inclusa una exit strategy.

Ma in questo momento escluderei che vogliano rilanciare con un'OPA.

Il dialogo e il compromesso è sempre la cosa migliore, in ogni caso.

Meglio un pessimo accordo, si dice, che mille cause vinte.

Specie in Italia dove le cause durano decenni.
 
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zoccoloduroPa

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Il Cda di Parmalat rinvia l'assemblea. Lactalis si era opposta - Lo scudo del Tesoro

Radiocor
Il cda di Parmalat, convocato a inizio settimana dal presidente Raffaele Picella, ha deciso per il rinvio dell'assemblea degli azionisti - originariamente convocata per il 12, 13 e 14 aprile - che ha fissato una nuova data al 25, 27 e 28 giugno. Nel comunicato dell'azienda si fa esplicito riferimento a «quanto previsto dal Decreto Legge numero 26 del 25 marzo 2011 entrato in vigore il 27 marzo 2011» conosciuto come decreto anti-scalate. «Il relativo avviso di convocazione - conclude il comunicato - viene oggi pubblicato sul sito internet dell'emittente secondo quanto previsto dall'articolo 125-bis del Decreto Legislativo numero 58/1998».
La votazione non è avvenuta all'unanimità. Nella riunione ci sono stati due no mentre non ci sono stati astenuti. A dire no al rinvio, secondo quanto risulta a Radiocor, sono stati l'a.d. di Luxottica, Andrea Guerra e il numero uno di Carlyle in Italia, Marco De Benedetti. La votazione dei nove presenti, considerando i due membri del board assenti, é finita 7 a 2.
La nota rilasciata dalla società al termine del board fa riferimento al decreto legge varato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana. Lo stesso decreto peraltro sarà scandagliato dalla Commissione europea. «Esamineremo attentamente che le regole del mercato unico siano rispettate e agiremo se così non sarà» ha detto la portavoce Amelia Torres sul decreto italiano sull'ingresso della Cassa depositi e prestiti in società strategiche.
La portavoce ha aggiunto non c'é «ancora una posizione formale» sul decreto perché non é stato analizzato e le autorità italiane non ne hanno discusso in via preventiva con i servizi comunitari. Trattandosi di partecipazioni in società di «rilevante interesse nazionale», come è scritto nel decreto varato ieri, che dovrebbero essere acquisite da entità pubbliche o controllate dallo stato, nel caso in cui ciò avvenga può profilarsi un problema per quanto concerne le norme sugli aiuti di stato. La portavoce ha indicato che «un organismo pubblico come la Cassa Depositi e Prestiti può acquisire o aumentare la partecipazione in una società senza che si tratti di aiuto di stato naturalmente a patto che agisca sulla base del principio dell'investitore di mercato».
Resta sul piede di guerra intanto Lactalis, che in pochi giorni ha rilevato il 28,97% del capitale dell'azienda di Collecchio. L'azienda, in una nota ha espresso «il suo sconcerto per la decisione illegittima e priva di motivazioni presa dal Consiglio di Amministrazione di Parmalat S.p.A. in merito al rinvio dell'Assemblea degli Azionisti della Società. Lactalis - si legge ancora - ribadisce la qualità e la validità del proprio piano industriale di lungo periodo, che è a beneficio di tutti gli azionisti e stakeholders di Parmalat, e rimane aperta al confronto con gli azionisti e con tutti quei soggetti che intendono contribuire allo sviluppo di Parmalat».
Oggi l'azienda ha inviato una lettera al cda per opporsi al rinvio. Tra i punti sollevati c'è quello della data per la convocazione dell'assemblea. La società francese ha sottolineato come, per cambiare giorno, Parmalat avrebbe dovuto pubblicare gli avvisi già oggi sui principali quotidiani. Stando all'articolo 8 dello statuto Parmalat infatti, la convocazione dell'assemblea deve essere pubblicata sul sito internet, su uno dei maggiori quotidiani italiani e sul Financial Times. Dal momento che la data ultima per cambiare il giorno dell'assemblea era stata fissata in oggi, primo aprile, il fatto che la società possa pubblicare gli avvisi sui giornali solo domani, secondo Lactalis, sarebbe configurabile come un ritardo oltre il tempo limite.
Proseguono intanto le manovre in corso per la creazione della cordata di aziende italiane, che affiancheranno Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Unicredit, nella difesa di Parmalat dai francesi di Lactalis, azionisti con il 29% del gruppo di Collecchio. Tra le imprese considerate, secondo quanto risulta all'agenzia Sole 24 OreRadiocor, ci sarebbe anche Barilla, che ha chiuso il 2009 con un fatturato consolidato di oltre 4 miliardi di euro e una perdita di 101 milioni. La partecipazione alla cordata tricolore dell'azienda del Mulino bianco trova però almeno due ostacoli: la scelta strategica di indirizzare le risorse disponibili verso lo sviluppo delle attività core business e l'indebitamento elevato, eredità dell'acquisto della tedesca Kamps, poi ceduta l'anno scorso. A fine 2009 il debito del gruppo era pari a 877 milioni di euro, cioé 1,66 volte il margine operativo lordo (527 milioni). Proprio questo fine settimana sono in calendario una serie di riunioni per verificare la disponibilità di Barilla, Ferrero e delle altre aziende che potranno fare parte della cordata italiana intenzionata ad assumere la guida di Parmalat.
 
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salcatal

Come i Panda
Parmalat e il patriottismo economico.

http://www.lesechos.fr/opinions/ana...t-les-illusions-du-patriotisme-economique.htm

Traduzione.


http://www.ilsole24ore.com/art/fina...chos-italiani-mala-151310.shtml?uuid=AaULq3KD



Parmalat-Lactalis, Les Echos: «Italiani in malafede»

di Elysa Razzino
La scissione di Parmalat è «l'ultima trovata» degli italiani per sbarrare la strada a Lactalis. Ma il consenso del gruppo francese è tutt'altro che acquisito, anche se lo scenario della scissione potrebbe essere "allettante" per Lactalis. Intesa Sanpaolo spera di presentare a Parmalat un progetto alternativo a quello di Lactalis entro domani, quando si riunirà a Milano un cda che s'annuncia "cruciale". Così Les Echos racconta gli ultimi sviluppi della battaglia per il controllo di Parmalat, aggiungendo nei commenti una buona dose di critiche contro "l'incredibile" levata di scudi del Belpaese e «le illusioni del patriottismo economico»: gli italiani sono accusati di malafede quando se la prendono con gli "invasori" francesi, mentre le imprese italiane non hanno mai investito tanto in Francia.
All'ordine del giorno del consiglio d'amministrazione del 1° aprile c'è il rinvio della data dell'assemblea, che dal 14 aprile dovrebbe essere spostata a fine giugno, per lasciare tempo al manifestarsi di un eventuale "progetto alternativo" a Lactalis. «La pressione nel campo italiano si intensifica intorno a Parmalat», titola Les Echos, riferendosi alle pressioni del ministro dell'Economia Giulio Tremonti affinché industriali e finanzieri salvino «l'italianità" di Parmalat».

Ma dell'avvenire "italo-italiano" di Parmalat, commenta altrove Guillaume Delacroix, «nessuno si era seriamente preoccupato» nei sette anni trascorsi dal suo fallimento. E il decreto legge adottato la scorsa settimana, osserva ancora il corrispondente francese, «imbarazza perfino la Confindustria», la quale «ha riconosciuto che l'italianità, per essere desiderabile, merita di meglio che questo sotterfugio». Per ora, i banchieri sondano l'idea di acquisire le attività italiane del gruppo e lasciare a Lactalis le attività straniere di Parmalat. «Un modo per soddisfare tutti, ma con molte difficoltà da superare, poiché il consenso di Lactalis è lungi dall'essere acquisito». La scissione «avrebbe il merito di rendere il dossier accessibile agli italiani». Nessuno sembra in grado, infatti, di lanciare un'Opa sulla totalità del capitale, poiché il valore dell'impresa si attesta a 5 miliardi di euro.
Per Lactalis, «lo scenario della scissione potrebbe essere allettante», anche perché otterrebbe 1 miliardo dalla cessione delle attività italiane, ovvero, in proporzione, «più di quanto ha sborsato per acquisire il 29% del gigante di Collecchio». Oltre alle manovre di Intesa Sanpaolo, che secondo Les Echos, entro domani «dovrebbe fare un'offerta verbale», ci sono quelle di Lactalis a Bruxelles: il gruppo francese «negozia con l'antitrust europeo per poter esercitare tutti i diritti di voto legati al suo 29%». Una buona metà delle azioni sono in mano alle sue banche, Societé Générale e Crédit Agricole, attraverso tre contratti di "equity swap". Indipendentemente dalla data, a Lactalis serve «una deroga per poter imporre il suo punto di vista all'assemblea generale di Parmalat». C'è un certo sarcasmo nel commento intitolato «Parmalat e le illusioni del patriottismo economico». Scherzando sui cattivi gruppi francesi che ancora una volta si pappano una «povera piccola impresa italiana», Delacroix fa notare che dopo i casi FonSai, Edison e Bulgari, «la suscettibilità italiana è stata messa a dura prova», la scalata lampo di Lactalis a Parmalat «è la goccia di latte che fa traboccare il bricco». L'ipotetico salvatore italiano dovrebbe trovare tra 1,5 e 5 miliardi di euro, a seconda che riesca a convincere Lactalis a retrocedere il 29% del capitale rastrellato in pochi giorni o che debba lanciare un'Opa.
La speranza di vedere Ferrero allentare i cordoni della Borsa sarebbe «una svolta nella storia dell'inventore della Nutella e in quella del paese». Les Echos fa notare che in Italia la rete di fondazioni bancarie e complessi giochi d'influenza permettono a pochi uomini d'affari di tirare le fila con piccolissime partecipazioni nel sistema. «Decisamente – scrive Delacroix - la ‘rivoluzione liberale' promessa nel 1994 da Berlusconi non ha avuto luogo. E' l'influenza della Lega Nord, avversaria dichiarata delle multinazionali?». E' vero, ammette Les Echos, l'Enel si vide tagliare fuori dall'acquisizione di Suez nel 2006, quando Dominique de Villepin sposò a forza Suez con Gas de France, e Sncf si è alleata con Ntv per venire a far concorrenza a Trenitalia, che ha difficoltà a far circolare i suoi treni in Francia.
«Per il resto, l'Italia è in malafede». Contrariamente a quello che Tremonti vuol fare credere ai suoi concittadini, osserva Les Echos, «non esiste una linea Maginot nel settore privato». Quando il governo Villepin ha modificato le norme del Codice monetario e finanziario, lo ha fatto «per proteggere attività che riguardano, da vicino o da lontano, la difesa nazionale». L'agroalimentare non ci rientra affatto. Per semplificare, continua il quotidiano, il governo Fillon non avrebbe niente da dire se oggi Parmalat venisse a comprare Lactalis. «E vedere lo Stato francese dietro l'offensiva di Lactalis su Parmalat è pura fantasia».
C'è "mala fede", prosegue Les Echos, anche quando Tremonti paragona l'apertura delle due economie. La Francia – secondo statistiche Ice 2009 - è il secondo paese al mondo ad attirare investimenti diretti esteri, mentre l'Italia è il 22.mo. Inoltre - secondo dati Cnuced - i flussi francesi verso l'Italia sono calati recentemente. I francesi, sono solo all'ottavo posto tra gli investitori stranieri in Italia.

Ironia della sorte, i flussi italiani verso la Francia sono in aumento e hanno raggiunto 1,7 miliardi di euro» nel 2009, contro 700 milioni nel 2008. L'Agenzia francese degli investimenti internazionali fa notare che «le imprese italiane non hanno mai investito tanto» in Francia. Al di là di acquisizioni fortemente "mediatizzate" - come quella dei magasins Printemps da parte di Rinascente, di la Foncière des Régions da parte di Leonardo Del Vecchio, dei bourbon di Pernod Ricard da parte di Campari – sono una sessantina all'anno le imprese italiane che fanno shopping nell'Esagono
 

salcatal

Come i Panda
Intesa

SENZA UN'INTESA NIENTE ITALIANITÀ

di Fausto Panunzi 01.04.2011
Sono entrambe aziende quotate alla Borsa di Milano. Sono entrambe possibili bersagli di un’acquisizione da parte di gruppi stranieri. Ma in un caso si mobilitano il governo e una banca per dire che non deve passare lo straniero. Nell’altro caso lo straniero non solo non viene contestato, ma se ne va in giro per la capitale osannato dalla metà dei romani. Stiamo parlando di Parmalat e AS Roma ovviamente, il cui controllo potrebbe essere acquisito nelle prossime settimane rispettivamente dal gruppo francese Lactalis e da una cordata di investitori americani capitanata da Thomas R. Di Benedetto. La differenza di trattamento riservata ai due casi, anche sui media, è piuttosto curiosa. Certo, Lactalis non pubblica un bilancio da tanti anni, come ama ricordarci il Corriere della Sera. Ma non è che si sappia molto di più di Di Benedetto. Proprio ieri il Sole 24 ore scriveva che “mancano indicazioni sulla solidità patrimoniale e finanziaria di Di Benedetto”. Aggiungendo “Tom è sconosciuto nella sua città (Boston) e negli Stati Uniti. Possibile che abbia le credenziali per comprare la 18esima squadra di calcio d’Europa per fatturato?”. La differenza pare sia un’altra: Parmalat è un’azienda “strategica” mentre la Roma no. Certo, Parmalat è più grande di AS Roma e ha anche un indotto più significativo. E poi volete mettere l’importanza del latte con quella del calcio? Tutto chiaro, allora? Non proprio. Telecom Italia è più grande di Parmalat e le telecomunicazioni non sono certo meno “strategiche” del comparto alimentare (che, in ogni caso, nella famigerata lista dei settori strategici per la Francia non c’è). Ma Telecom è controllata da Telco, il cui azionista principale è Telefonica, azienda spagnola. Il quadro degli interventi ispirati al patriottismo economico sembra proprio un guazzabuglio senza coerenza. Ma ricordiamo che, con Telefonica, in Telco c’è una banca. La stessa che adesso difende l’italianità di Parmalat, dopo avere salvaguardato quella di Alitalia. Ecco, forse abbiamo finalmente trovato un punto d’Intesa su cosa sia veramente strategico in Italia.

http://www.lavoce.info/articoli/-300parole/pagina1002232.html
 

salcatal

Come i Panda
Buongiorno e buon week end

Facciamo cordate e non cordoni
Franco Debenedetti
 
Che danni provoca all'economia del Paese una sua azienda che cambia passaporto? Evocata dalla vicenda Parmalat, la domanda richiama problemi di fondo del nostro capitalismo. Senza farsi scoraggiare dalle iniziative di un Governo che "libera la CdP su Parmalat" vale la pena discuterne con quanti ne hanno ancora a cuore il futuro.
Innanzi tutto è un male? Sempre e in assoluto, evidentemente no: quando l'azienda alla fine è decotta, stendiamo tappeti rossi al salvatore senza andare tanto per il sottile. Ma soprattutto, per chi è male? Tanta retorica nel contrapporre economia reale ad economia finanziaria, e poi tutta questa gran discussione senza distinguere se il male di cui si parla riguarda l'azienda o la sua proprietà. Se un'azienda passa di mano, e se c'è concorrenza per il controllo, è presumibile che il prezzo pagato sia "giusto", cioè quello che riflette i redditi futuri. Questi dipendono dalle strategie che verranno adottate: saranno più prudenti o più ambiziose, comporteranno maggiori o minori investimenti, ma non c'è ragione perché sulla loro scelta influisca la nazionalità del compratore. Si teme che il compratore estero possa "svuotare" l'azienda. Ma se la possiede al 100% non si capisce che vantaggio avrebbe a svuotare un bene che ha strappato al concorrente a caro prezzo. Se ha comperato il controllo con una quota minore, potrebbe trarne beneficio privato trasferendo alcune attività e appropriandosi delle sinergie con altre aziende di sua proprietà: rischia però azioni di responsabilità da parte dei soci di minoranza, e se l'azienda è quotata, deve sottostare alle procedure previste per le trattative con parti correlate.
Quanto poi al valore di quel "peculiare made in Italy" di cui parla Giuseppe Berta (sul Sole 24 Ore del 30 marzo) come è il caso dell'alimentare «in cui convivono nicchie di qualità e prodotti rivolti al consumo di massa», un compratore straniero, proprio perché straniero, avrà interesse a raddoppiare le attenzioni per non perdere il bene immateriale per cui ha pagato. Al contrario, cercherà di sfruttarlo al massimo, realizzando sinergie nel campo commerciale e distributivo, come ha fatto ad esempio la Nestlè con l'acqua San Pellegrino, che ora ti offrono nei migliori ristoranti di New York.
Tutt'altra cosa se si parla non dell'azienda, ma della sua proprietà. È questa che i provvedimenti antiscalata intendono "proteggere": mucche e mungitori continuano a fare il loro mestiere, e pure le stalle son quelle di prima. I prodotti continuano a circolare, il mercato dove il Governo vuole limitare la concorrenza non è (vivaddio!) quello dei prodotti, bensì quello dei capitali, che devono, loro, mostrare il passaporto. Il contributo di un'azienda al Pil dipende in modo determinante da come è gestita, poco e nulla dalla nazionalità di chi la controlla. Invece il contributo che possono dare gruppi finanziari importanti e vivaci è rilevantissimo, e sarebbe importante che crescesse il numero dei protagonisti italiani nel mercato dei capitali, e l'entità delle risorse finanziarie che essi riescono a mobilitare.
Anche nell'era del web 2.0 nascono imprenditori alla Horatio Alger, che si affermano perché sanno «build a better mousetrap»: ma nell'epoca dell'economia finanziaria, sempre di più l'imprenditore è il soggetto, magari collettivo, che ricerca nuovi modi di far fruttare i capitali. Non per tenere in Italia i dividendi, ma per avere in Italia la testa che progetta avventure imprenditoriali e trova i capitali per finanziarle. Il mercato che, come dice Emma Marcegaglia «resta l'unica vera cura utile alla crescita», non è solo quello dei beni e servizi prodotti dalle aziende, è anche, e in modo sempre più importante, quello per il loro controllo. Abbiamo i nostri Ferrero e Benetton e Del Vecchio, abbiamo i fondi di Prysmian e di Moncler, vantiamo l'entità dei patrimoni delle famiglie italiane: ma sembra non sia un modo adeguato di aggregare il nostro risparmio e convogliarlo su iniziative di orizzonte mondiale.
Quella del capitalismo italiano è una storia di protezioni, le partecipazioni statali da un lato, Mediobanca dall'altro. Il primo è rimasto sostanzialmente inalterato: tolta la telefonia, un'assicurazione e una fabbrica di turbine, Tesoro e Fondazioni hanno capito che si può assicurare il controllo anche con percentuali modeste di capitale. Quanto al capitalismo privato, i metodi inventati per proteggere le grandi famiglie dallo Stato onnivoro e, sovente, dai loro errori, oggi sembrano più volti a mantenere l'esistente che ad aggregare il risparmio e accompagnarlo verso una prospettiva schumpeteriana. Ciò che si vede è lo sforzo per assemblare cordate eterogenee e svogliate, dove sull'assunzione di rischio d'impresa sembra prevalere l'obiettivo della riduzione dell'esposizione bancaria. Inevitabile pensare che il deficit d'imprenditoria finanziaria, se esiste, sia il frutto di questa storia di protezioni accordate alla proprietà.
Proporsi di fare dell'Italia un centro finanziario è peggio di un'utopia, è un errore. Ieri Intesa Mediobanca e UniCredit hanno dichiarato a Parmalat che sono pronte a sostenere un progetto industriale. Non si va certo nella direzione giusta se il sostegno è offerto a prescindere, e si va probabilmente in quella sbagliata se sono loro a formulare i piani. Ma è matematicamente sicuro che procedere sulla strada di sempre, ricominciando ad ampliare l'area occupata dal capitale pubblico (e insieme dall'ingerenza partitica, che non a caso rialza proterva la testa) e schermando dalla concorrenza il mercato del controllo, ci allontana dall'obiettivo che a parole si vorrebbe raggiungere. Farlo poi confondendo i problemi, e far passare come protezione delle aziende e dei loro prodotti quello che invece è protezione della proprietà e del suo passaporto, è pura mistificazione.

Facciamo cordate e non cordoni - Il Sole 24 ORE
 
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salcatal

Come i Panda
Nel segnalarvi un interessante articolo sul Corriere della Sera (pag. 45) in cui, finalmente, numeri alla mano si fa giustizia della preoccupazione FRANCESI PREDATORI, dimostrando come Lactalis, nonostante quel che dica il titolo dell'articolo, abbia aumentato in Italia, nonostante la crisi, l'occupazione e i salari, e cosa importante e che sgombra il campo da qualsiasi preoccupazione e fa capire quanto enorme sia la malafede che guida l'azione del GOVERNO ITALIANO o meglio degli interessi portati avanti dal GOVERNO ITALIANO, A VALORIZZARE I MARCHI ANCHE ALL'ESTERO, vi sottopongo le mie considerazioni sugli scenari relativi al titolo.

Del resto sono IMPRENDITORI NON FACCENDIERI-MERCENARI DI VENTURA COME I SEDICENTI IMPRENDITORI ITALIANI


Vorrei rispondere in maniera più articolata alla domanda, interessante, di Sulpicio, sull’effetto del rinvio dell’assemblea sul titolo.

Ieri ero convinto che avesse un effetto negativo e non ho cambiato idea. Ma riflettendo mi sono reso conto che il mio ragionamento era un ragionamento parziale in quanto valutava solo l’effetto a medio/termine.

Infatti a medio lungo termine l’effetto sarà sicuramente negativo in quanto sia che prevalga la cordata degli italiani, con abbandono da parte di Lactalis, sia che si arrivi a una sorta di coabitazione, per effetto del verificarsi del 3° scenario a breve di cui appresso.

Impossibile, a mio modo di vedere, che alla fine prevalga Lactalis e basta in quanto a questo punto la questione per Tremonti è diventata, anche, una questione di principio e quindi non vedo alcuna possibilità in tal senso.


SCENARIO A BREVE


1° Scenario OPA totalitaria Lactalis probabilità 5%;

2° Scenario OPA preventiva parziale cordata probabilità 25%;

3° Scenario Cordata acquisti fini a raggiungere una quota superiore al 20%/25% per poi prevalere in assemblea grazie al voto degli allevatori-azionisti 70%.


Come si può facilmente intuire in tutti e tre gli scenari è opportuno stare sul titolo, anche massicciamente, almeno fin quando nell’ipotesi del 3° scenario la cordata avrà completato il rastrellamento dei titoli necessario per arrivare alla quota desiderata.

Ovviamente poiché stiamo parlando di Mediobanca & C. nulla di più facile che questo rastrellamento sia facilitato e preceduto da un forte calo del titolo, in concomitanza di notizie vere o verosimili alle quali verrà associato un abbassamento del tp, da parte dei vari analisti a tanto al chilo.


Però basta guardare il dossier con occhi razionali per capire che, almeno fino a quando la cordata non avrà raggiunto una massa critica, tale da contrastare Lactalis in assemblea, il titolo è BUY, a prescindere dai fondamentali.


Riguardo ai fondamentali, e quindi, a un discorso di medio lungo termine il discorso cambia completamente ed il titolo è chiaramente SELL, poiché a questo punto con l’entrata a gamba tesa del Governo sembra tramontato, a mio modo di vedere, lo scenario delle sinergie PARMALAT-LACTALIS.

Infatti sia che si arrivi a una coabitazione, scenario probabile, che a un prevalere degli italiani, Parmalat è un’azienda destinata a soffrire.

Nel caso della coabitazione, che è il più probabile, infatti sia gli italiani che i francesi avranno la convenienza a trovare un accordo di cooperazione per succhiare da Parmalat, piuttosto che per valorizzare Parmalat.

Un po’ quello che è successo, mutatis mutandis, in Telecom Italia.
 
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dariomilano

novellino

questo articolo non evidenzia però a mio avviso la protezione e la proccupazione della Lega nei confronti degli allevatori, in termini di potere contrattuale sul prezzo di acquisto del latte, sia per la massa raggiunta sia per il potenziale aumento dell'approvigionamento dai paesi dell'est

Nel segnalarvi un interessante articolo sul Corriere della Sera (pag. 45) in cui, finalmente, numeri alla mano si fa giustizia della preoccupazione FRANCESI PREDATORI, dimostrando come Lactalis, nonostante quel che dica il titolo dell'articolo, abbia aumentato in Italia, nonostante la crisi, l'occupazione e i salari, e cosa importante e che sgombra il campo da qualsiasi preoccupazione efa capire quanto enorme sia la malafede che guida l'azione del GOVERNO ITALIANO o meglio degli interessi portati avanti dal GOVERNO ITALIANO, A VALORIZZARE I MARCHI ANCHE ALL'ESTERO, vi sottopongo le mie considerazioni sugli scenari relativi al titolo.

Del resto sono IMPRENDITORI NON FACCENDIERI-MERCENARI DI VENTURA COME I SEDICENTI IMPRENDITORI ITALIANI


Vorrei rispondere in maniera più articolata alla domanda, interessante, di Sulpicio, sull’effetto del rinvio dell’assemblea sul titolo.

Ieri ero convinto che avesse un effetto negativo e non ho cambiato idea. Ma riflettendo mi sono reso conto che il mio ragionamento era un ragionamento parziale in quanto valutava solo l’effetto a medio/termine.

Infatti a medio lungo termine l’effetto sarà sicuramente negativo in quanto sia che prevalga la cordata degli italiani, con abbandono da parte di Lactalis, sia che si arrivi a una sorta di coabitazione, per effetto del verificarsi del 3° scenario a breve di cui appresso.

Impossibile, a mio modo di vedere, che alla fine prevalga Lactalis e basta in quanto a questo punto la questione per Tremonti è diventata, anche, una questione di principio e quindi non vedo alcuna possibilità in tal senso.


SCENARIO A BREVE


1° Scenario OPA totalitaria Lactalis probabilità 5%;

2° Scenario OPA preventiva parziale cordata probabilità 25%;


3° Scenario Cordata acquisti fini a raggiungere una quota superiore al 20%/25% per poi prevalere in assemblea grazie al voto degli allevatori-azionisti 70%.



Come si può facilmente intuire in tutti e tre gli scenari è opportuno stare sul titolo, anche massicciamente, almeno fin quando nell’ipotesi del 3° scenario la cordata avrà completato il rastrellamento dei titoli necessario per arrivare alla quota desiderata.

Ovviamente poiché stiamo parlando di Mediobanca & C. nulla di più facile che questo rastrellamento sia facilitato e preceduto da un forte calo del titolo, in concomitanza di notizie vere o verosimili alle quali verrà associato un abbassamento del tp, da parte dei vari analisti a tanto al chilo.


Però basta guardare il dossier con occhi razionali per capire che, almeno fino a quando la cordata non avrà raggiunto una massa critica, tale da contrastare Lactalis in assemblea, il titolo è BUY, a prescindere dai fondamentali.


Riguardo ai fondamentali, e quindi, a un discorso di medio lungo termine il discorso cambia completamente ed il titolo è chiaramente SELL, poiché a questo punto con l’entrata a gamba tesa del Governo sembra tramontato, a mio modo di vedere, lo scenario delle sinergie PARMALAT-LACTALIS.

Infatti sia che si arrivi a una coabitazione, scenario probabile, che a un prevalere degli italiani, Parmalat è un’azienda destinata a soffrire.

Nel caso della coabitazione, che è il più probabile, infatti sia gli italiani che i francesi avranno la convenienza a trovare un accordo di cooperazione per succhiare da Parmalat, piuttosto che per valorizzare Parmalat.

Un po’ quello che è successo, mutatis mutandis, in Telecom Italia.


bravissimo!! precisamente il ragionamento che ho fatto io (io aggiungevo anche una 4 ipotesi cioè che il governo si accordi per ricomprare il 29% di lactalis ma con una % di probabilità non alta, se confrontata con il 3 punto; e il punto 2 davo molta meno probabilità sennò sarei rimasto sul titolo) ed è per questo che io sono uscito: poi il fatto che tu le cose le esplichi decisamente meglio è innegabile.. :up::up:
ah buona giornata :)
 
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curfr@

Forumer storico
questo articolo non evidenzia però a mio avviso la protezione e la proccupazione della Lega nei confronti degli allevatori, in termini di potere contrattuale sul prezzo di acquisto del latte, sia per la massa raggiunta sia per il potenziale aumento dell'approvigionamento dai paesi dell'est




bravissimo!! precisamente il ragionamento che ho fatto io (io aggiungevo anche una 4 ipotesi cioè che il governo si accordi per ricomprare il 29% di lactalis ma con una % di probabilità non alta, se confrontata con il 3 punto; e il punto 2 davo molta meno probabilità sennò sarei rimasto sul titolo) ed è per questo che io sono uscito: poi il fatto che tu le cose le esplichi decisamente meglio è innegabile.. :up::up:
ah buona giornata :)


... l'ipotesi di una nuova "IRI" appare come molto probabile: aggiungo ... era ora di tornare al protezionismo economico!
buon fine settimana a tutti ...
 

dariomilano

novellino
... l'ipotesi di una nuova "IRI" appare come molto probabile: aggiungo ... era ora di tornare al protezionismo economico!
buon fine settimana a tutti ...


si ma il problema che chi lo attua questo protezionismo è corrotto, mafioso ecc ecc e il rischio è proprio quello che venga utilizzato uno strumento, anche potenzialmente utile, per sistemare situazioni di amici di amici a scapito dei nostri soldi (come sempre aggiungerei io):sad:
 

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