Parmalat (PLT) Parmalat (a) III cosa sarà da grande ?

Se volete potreste scrivere uno o più articoli sulla vicenda e li pubblichiamo sul sito, nella sezione Magazine. :)
Ve la sentite?
 
Buonasera.

Allora ho approfondito la questione degli obblighi rivenienti dal concordato e stasera se ho tempo vi posto le mie considerazioni al riguardo.

Quello che posso senz'altro anticipare è che le mie conclusioni non cambiano.

Quindi, mi sia consentita la polemica, è confermata l'inutilità della norma proposta dal c.d. governo liberista, che da un lato dice di voler modificare l'art. 41 della Costituzione, causa di tanti mali, allo scopo di limitare l'intervento dello Stato nell'economia, dall'altro interviene a piedi uniti in una materia squisitamente privatistica quale quella della Parmalat, cercando maldestramente e in modo subdolo di modificare il corso degli eventi a favore della tesi di una parte.:down::down:

Consentitemi di esternare anche tutta la mia delusione per il comportamento del Sig. Bondi che, se avesse avuto un minimo di coerenza con quanto ha sempre dichiarato, mai avrebbe dovuto sollecitare la subdola e maldestra emanazione di una norma chiaramente volta ad accreditare la tesi di una parte, la sua (quella sulla interpretazione da dare all'art.27 dello Statuto Parmalat) decisamente insostenibile.:down::down:

Subdola perchè inserita nel corpo di un maxiemendamento al disegno di legge di conversione del decreto legge milleproroghe, sul quale è stata posta la fiducia.

Maldestra perchè da un lato la norma non ha alcun senso da un punto di vista giuridico, dall'altro è una norma inutile in quanto facilmente aggirabile.

Facilmente aggirabile come, direte Voi ?

Semplice.

Con una combinazione delle seguenti operazioni:

a) buy back (acquisto azioni proprie) nei limiti consentiti dal c.c. (10%);

b) facendo affluire una ingente mole di dividendi dalle controllate estere in maniera da far lievitare l'utile della capogruppo Parmalat SpA (società quotata) e poi distribuire il 50% di quest'utile (ed ecco il famoso maxidividendo).:cool::cool:
 
Buonasera.

Allora ho approfondito la questione degli obblighi rivenienti dal concordato e stasera se ho tempo vi posto le mie considerazioni al riguardo.

Quello che posso senz'altro anticipare è che le mie conclusioni non cambiano.

Quindi, mi sia consentita la polemica, è confermata l'inutilità della norma proposta dal c.d. governo liberista, che da un lato dice di voler modificare l'art. 41 della Costituzione, causa di tanti mali, allo scopo di limitare l'intervento dello Stato nell'economia, dall'altro interviene a piedi uniti in una materia squisitamente privatistica quale quella della Parmalat, cercando maldestramente e in modo subdolo di modificare il corso degli eventi a favore della tesi di una parte.:down::down:

Consentitemi di esternare anche tutta la mia delusione per il comportamento del Sig. Bondi che, se avesse avuto un minimo di coerenza con quanto ha sempre dichiarato, mai avrebbe dovuto sollecitare la subdola e maldestra emanazione di una norma chiaramente volta ad accreditare la tesi di una parte, la sua (quella sulla interpretazione da dare all'art.27 dello Statuto Parmalat) decisamente insostenibile.:down::down:

Subdola perchè inserita nel corpo di un maxiemendamento al disegno di legge di conversione del decreto legge milleproroghe, sul quale è stata posta la fiducia.

Maldestra perchè da un lato la norma non ha alcun senso da un punto di vista giuridico, dall'altro è una norma inutile in quanto facilmente aggirabile.

Facilmente aggirabile come, direte Voi ?

Semplice.

Con una combinazione delle seguenti operazioni:

a) buy back (acquisto azioni proprie) nei limiti consentiti dal c.c. (10%);

b) facendo affluire una ingente mole di dividendi dalle controllate estere in maniera da far lievitare l'utile della capogruppo Parmalat SpA (società quotata) e poi distribuire il 50% di quest'utile (ed ecco il famoso maxidividendo).:cool::cool:

Attendo il tuo approfondimento sugli obblighi derivanti dal concordato. A quanto ho letto anch'io, la norma (?) del governo sembra anche a me una stupidaggine. Risparmio i miei commenti sulla volontà di intervenire sull'art. 41 Cost. (è pura propaganda da ventennio, inutile in quanto l'art. 41 Cost. di certo non costituisce ostacolo alle politiche liberali che dovrebbe -ma non compie- operare il governo).

Finora il mercato, tuttavia, non sembra aver reagito con forza, e siamo ancora su livelli bassi, dettati da incertezza...
 
Attendo il tuo approfondimento sugli obblighi derivanti dal concordato. A quanto ho letto anch'io, la norma (?) del governo sembra anche a me una stupidaggine. Risparmio i miei commenti sulla volontà di intervenire sull'art. 41 Cost. (è pura propaganda da ventennio, inutile in quanto l'art. 41 Cost. di certo non costituisce ostacolo alle politiche liberali che dovrebbe -ma non compie- operare il governo).

Finora il mercato, tuttavia, non sembra aver reagito con forza, e siamo ancora su livelli bassi, dettati da incertezza...

Buongiorno.

Stasera penso di farlo.

Devo trovare 5 minuti per valutare la portata di quella che dovrebbe essere l'inefficacia di una modifica statutaria e le eventuali conseguenze, ma soprattutto mi sto arrovellando il cervello circa il/i soggetti che sarebbero legittimati/interessati a farla valere.

Su questo tema avrei piacere di sentire un parere della PECORA ARCOBALENO, che mastica molto di diritto.

Intanto hanno buttato delle sostanze nel pozzo, chi si prenderà la briga di bere l'acqua per vedere se e' veleno o no?

Per me Bondi chiude nella maniera più indecorosa possibile questa avventura che pure ha molte luci.

Ma e' pur sempre il frutto di un paese in cui il liberismo lo si predica ma non lo si pratica mai.

E in cui le leggi si applicano o si interpretano a seconda che il soggetto destinatario della norma sia un nemico o un amico.

Mi amareggia constatare che Bondi nemmeno a 70 anni e' riuscito a togliersi dalla maglietta la targhetta della parte peggiore di Mediobanca.:down:

Ora diranno che sono intervenuti per evitare un spezzatino, ma a me lo spezzatino piace molto.:sad::D
 
Buonasera.

Spero abbiate passato un buon week end.

Non ottempero alla promessa ed ometto, per ora, i paragrafi 3.2 e 3.3, per evidenti motivi di opportunità.

Però vi do tutti gli elementi per inquadrare il problema e pervenire alla soluzione.:sad::sad:

1. Premessa;

2. L’origine della questione;

3. Il concordato Parmalat

- 3.1 Gli effetti e gli obblighi propri del concordato;
- 3.2 Gli obblighi impropri (omissis);
- 3.3. L’intervento del governo e le possibili conseguenze (omissis).



1. Premessa


A fine gennaio i Fondi azionisti di Parmalat annunciano la costituzione di un Patto Parasociale “il patto” con cui si sono impegnati ad individuare ed a presentare congiuntamente una lista di undici candidati per l’elezione del consiglio di amministrazione ed una lista di cinque candidati per l’elezione del collegio sindacale di Parmalat (congiuntamente, le “Liste”) e a votare le Liste in Assemblea (l’“Accordo”).
Scopo dell’accordo è quello di mettere la parola fine alla gestione del Dott. Bondi “dominus”, fin dalla sua nascita, della nuova Parmalat e già Commissario Straordinario di tutte le Società del vecchio gruppo Parmalat in stato di insolvenza.

Il 15 febbraio il titolo Parmalat subisce un improvviso e repentino tracollo in borsa.

Poco dopo le Agenzie di stampa battono la notizia che l’improvviso tracollo del titolo era dovuto a un emendamento del Governo relativo all’inserimento, nel disegno di legge di conversione del decreto legge c.d. milleproroghe in discussione al Senato, di una norma di interpretazione autentica dell’art.4 bis del D.L. 347/2003 c.d. decreto Marzano recante “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza”.

E che, in particolare, l’emendamento era una vera e propria norma “ad Parmalatam”.

Infatti, secondo quanto era spiegato nella relazione tecnica all’emendamento, «sancisce l'inefficacia di eventuali modifiche della clausola concordataria di Parmalat, che prevede l'obbligo di distribuzione degli utili agli azionisti per una percentuale non superiore al 50%», impedendo un pay-out superiore per 15 anni dal concordato, cioè fino al 2020.

L’obiettivo sarebbe quello di «mantenere una equa distribuzione degli utili a garanzia dell'interesse dei soci e dell'interesse dell'impresa all'autofinanziamento e più in generale alla stabilità dell'impresa.

Quindi una norma, per esplicita dichiarazione del Governo, unicamente volta a blindare il c.d. tesoretto di Parmalat, costituito da una liquidità di circa 1,4 miliardi di euro, impedendo la distribuzione del famoso maxi dividendo agognato dai fondi attivisti presenti nell’azionariato di Parmalat.


2. L’origine della questione.


Quella della contrapposizione tra i Fondi azionisti di Parmalat e il Dott. Bondi è ormai una vicenda che si trascina da qualche anno.

Il conflitto, latente da tempo, è balzato agli onori della cronaca quando, a febbraio 2010, David Tiley, rappresentante del fondo, ha spiegato all’agenzia Bloomberg che «Mackenzie Cundill preferirebbe una restituzione della liquidità agli azionisti nella forma di un acquisto di azioni o di un dividendo» anziché l’utilizzo della somma per fare "shopping", come in passato l’amministratore delegato Enrico Bondi ha dichiarato di voler fare. Per Tiley la liquidità (al 30 settembre quasi 1,4 miliardi) potrebbe essere distribuita attraverso un dividendo straordinario. In ogni caso la restituzione della somma ai soci deve avvenire «velocemente» e Parmalat deve limitarsi a trattenere quella parte della liquidità necessaria per l'attività industriale.

«La società è chiaramente sovracapitalizzata e questo è ben noto a tutti, azionisti, management, concorrenti e fondi di private equity», ha detto Tiley. Quasi un’allusione alla possibilità, in passato oggetto di rumor, di attacchi da parte di fondi speculativi allettati proprio dalla cassa di Parmalat.


Del resto è il senso comune a suggerire che, in effetti, appare uno spreco tenere tanta liquidità in cassa, anziché impiegarla in progetti di investimento redditizi e, in mancanza, distribuirla ai soci ovvero impiegarla in operazioni di buy back (acquisto di azioni proprie).


Sul tema la posizione del Dott. Bondi, prima Commissario Straordinario delle aziende insolventi e poi Amministratore Delegato della nuova Parmalat fin dalla sua nascita, è sempre stata la stessa e ripetuta fino alla noia:

a) Riguardo ai dividendi che lo Statuto Parmalat non consente di distribuire più del 50% degli utili in quanto la percentuale prevista dallo Statuto è da intendersi come una misura fissa, non suscettibile di variazioni né in aumento né in diminuzione;

b) Riguardo la gestione industriale in generale, le acquisizioni e l’ingresso in nuovi settori a più elevato valore aggiunto in particolare, che vale di più “un ducato in tasca che 10 mal spesi”, con ciò volendo intendere che non avrebbe mai utilizzato la cassa per lanciarsi in acquisizioni dispendiose, a multipli elevati e quindi diluitive per gli azionisti.

c) Che aveva dato mandato a vari advisor, tra cui Mediobanca da sempre nume tutelare del Dott. Bondi, per trovare opportunità di impiego delle ingenti disponibilità e che c’erano diversi dossier allo studio, con un interesse particolare per alcuni settori specifici a elevato valore aggiunto, quali quello degli alimenti per l’infanzia e dei gelati.

Gli anni sono passati, la cassa ha continuato a lievitare anche e soprattutto per effetto dei vari accordi transattivi conclusi con le banche.

Nel frattempo nessuna acquisizione di rilievo è mai stata fatta, né si è avuta notizia di qualche trattativa avviata.

Un altro fronte di forte polemica tra gli azionisti e Bondi è stato quello della insoddisfacente redditività della gestione industriale.

I fondi azionisti sono arrivati al punto di prendere carta e penna per contestare a Bondi i cattivi risultati, ottenendo una parziale soddisfazione con la nomina a Direttore Generale del Dott. Vanoli.

Questo stato di cose ha da un lato inasprito i rapporti del manager con gli azionisti principali, dall’altro determinato una stasi del titolo in Borsa che da circa 3 euro è precipitato a circa 1,2 a dicembre 2008, data dalla quale il titolo ha fatto registrare un netto recupero, anche grazie alla distribuzione di dividendi corposi, senza però toccare nemmeno lontanamente le quotazioni post collocamento, come si evidenzia dall’andamento del titolo.








3. Il concordato Parmalat


La nuova Parmalat nasce nel 2005 in seguito all’omologazione del concordato proposto dal Commissario Straordinario, a norma del D.L. 347/2003 c.d. legge Marzano, delle seguenti Società appartenenti al gruppo Parmalat:

I. 01/2003 di Parmalat s.p.a.
II. 01/2004 di Parmalat Finanziaria s.p.a.
III. 02/2004 di Eurolat s.p.a.
IV. 03/2004 di Lactis s.p.a.
V. 09/2004 di Parmalat Netherlands BV
VI. 10/2004 di Parmalat Finance Corporation BV
VII. 11/2004 di Parmalat Capital Netherlands BV
VIII. 12/2004 di Dairies Holding International BV
IX. 14/2004 di Parmalat Soparfi SA
X. 15/2004 di Olex SA
XI. 16/2004 di Geslat s.r.l.
XII. 17/2004 di Parmengineering s.r.l.
XIII. 18/2004 di Contal s.r.l.
XIV. 21/2004 di Panna Elena C.P.C. s.r.l.
XV. 22/2004 di Centro Latte Centallo s.r.l.
XVI. 23/2004 di Newco s.r.l.

Il concordato consisteva sostanzialmente, cioè omettendo alcuni passaggi tecnici, nella creazione di una new company alla quale venivano trasferiti tutti i beni delle Società insolventi e nell’attribuzione ai creditori chirografari, previa falcidia, delle azioni di questa new company, che poi è l’attuale Parmalat.


3.1. Gli effetti e gli obblighi propri del concordato


In particolare, e nello specifico, gli effetti del concordato erano i seguenti:

I. trasferimento all’Assuntore, Parmalat s.p.a., di tutte le attività delle società interessate dalla proposta di concordato, attività comprensive di tutti i diritti su beni mobili ed immobili, materiali ed immateriali, aziende, contratti in essere e di ogni diritto ed azione già spettanti alle società interessate dalla proposta di concordato;

II. cessione all’Assuntore, Parmalat s.p.a., di tutte le azioni revocatorie promosse dal Commissario Straordinario entro la data di pubblicazione della sentenza di omologazione del concordato;

III. cessione all’Assuntore, Parmalat s.p.a, delle azioni di responsabilità promosse dal Commissario Straordinario nei confronti degli organi di amministrazione e di controllo, ivi compresi le società di revisione;

IV. cessione all’Assuntore, Parmalat s.p.a.,di ogni altra azione, ivi comprese le azioni risarcitorie già promosse dal Commissario, spettanti alle società interessate dalla proposta di concordato.

Gli obblighi del concordato, che chiameremo obblighi “propri” del concordato, invece, erano i seguenti:

a) obbligo di provvedere entro 180 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza, al pagamento dei creditori prededucibili e dei creditori privilegiati, in quanto ammessi e non contestati, con accollo del debito relativo al T.F.R. e di ogni altra spettanza maturata dai lavoratori subordinati delle società interessate dal concordato, in ragione del trasferimento all’Assuntore dei contratti di lavoro, secondo le modalità precisate nel programma di ristrutturazione;

b) obbligo di provvedere al soddisfacimento dei creditori chirografari nella misura e secondo le modalità dedotte nella proposta di concordato, con conseguente liberazione delle società partecipi del perimetro concordatario;

c) obbligo di soddisfacimento dei creditori chirografari secondo le modalità descritte nella proposta di concordato (attribuzione ai creditori di ciascuna Società di azioni e warrant della new Company secondo i recovery ratio determinati in base alla situazione patrimoniale di ciascuna Società oggetto del concordato – NdA).

Successivamente l’assuntore Parmalat SpA ha comunicato di avere adempiuto a tutti gli gli obblighi c.d. “propri” del concordato che, quindi, almeno a dar retta a quanto comunicato dalla Parmalat stessa deve ritenersi completamente eseguito e, pertanto, non soggetto a revoca.

Il Concordato ad oggi risulta ancora aperto e le Società ancora in Amministrazione Straordinaria in quanto la sentenza che ha omologato il concordato non è ancora passata in giudicato in quanto gravata da un’opposizione. Il giudizio pende in Cassazione dopo che l’opposizione è stata rigettata sia in primo grado che in appello.


*********************************************************


ALLEGATO

DOCUMENTI



1) EMENDAMENTO PARMALAT


2-octies. L’articolo 4-bis del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, si interpreta nel senso che le modificazioni degli obblighi assunti attraverso il concordato dall’ente assuntore,ovvero dai suoi successori o aventi causa, sono inefficaci, anche se contenuti in emendamenti statutari, prima della decorrenza dei termini previsti nel concordato».




2) OBBLIGHI RIVENIENTI DALLA SENTENZA CHE HA OMOLOGATO IL CONCORDATO


a) obbligo di provvedere entro 180 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza, al pagamento dei creditori prededucibili e dei creditori privilegiati, in quanto ammessi e non contestati, con accollo del debito relativo al T.F.R. e di ogni altra spettanza maturata dai lavoratori subordinati delle società interessate dal concordato, in ragione del trasferimento all’Assuntore dei contratti di lavoro, secondo le modalità precisate nel programma di ristrutturazione;

b) obbligo di provvedere al soddisfacimento dei creditori chirografari nella misura e secondo le modalità dedotte nella proposta di concordato, con conseguente liberazione delle società partecipi del perimetro concordatario;

c) obbligo di soddisfacimento dei creditori chirografari secondo le modalità descritte nella proposta di concordato (attribuzione ai creditori di ciascuna Società di azioni e warrant della new Company secondo i recovery ratio determinati in base alla situazione patrimoniale di ciascuna Società oggetto del concordato – NdA).



3) DISTRIBUZIONE UTILI


Punto 5.2 della proposta di CONCORDATO recepito integralmente dall’art. 26 dello Statuto nuova Parmalat

Anche a fronte degli eventuali proventi derivanti da azioni revocatorie e risarcitorie (anche in eventuale sede transattiva) al netto degli eventuali costi, la società sarà obbligata a distribuire agli azionisti una percentuale pari al 50% degli utili distribuibili risultanti da ognuno dei primi 15 bilanci annuali d’esercizio. Nel caso in cui l’utile distribuibile relativo ad un esercizio sia inferiore all’1% del capitale sociale, non si farà luogo ad alcuna distribuzione ma lo stesso sarà riportato a nuovo per essere distribuito con l’utile degli esercizi successivi, fino al raggiungimento della percentuale sopraindicata.



4) VINCOLI (DECADUTI) A MODIFICHE STATUTARIE DELLA PARMALAT


Art.10 ultimo comma Statuto Parmalat

Per la regolare costituzione e validità delle deliberazioni dell’assemblea, sia ordinaria, sia straordinaria,
così in prima e successive convocazioni, si applicano le disposizioni di legge, salvo per le delibere dell’assemblea straordinaria relative alla modifica degli Articoli 10, 11, 12, 15, 16, 17 e 18 del presente Statuto, le quali verranno adottate, fino all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2009, così in prima che nelle successive convocazioni, con il voto favorevole di tanti soci cha rappresentano almeno il 95% del capitale sociale.
 
Ultima modifica:
Buongiorno.

Segue da post precedente.

Vediamo perchè furono inseriti quegli articoli dello Statuto, oggetto di intervento legislativo.

Nel prossimo paragrafo vedremo l'interpretazione da dare alla norma, nella speranza che venga approvata in fretta in maniera tale da avere un elemento oggettivo di cui discutere.

Intanto il titolo langue, ma ritengo come già detto che si tratti di una buona occasione per accumulare, anche perchè le azioni attribuiscono il diritto di voto e, quindi, potranno essere utilizzate per votare la lista che riterremo possa meglio rispondere ai nostri legittimi interessi.

Buona lettura per chi ha la pazienza di leggere.;);)

*********************************************

Segue da post precedente


3.2. Gli obblighi c.d. “impropri” del concordato.


Nella proposta di concordato l’assuntore si assunse altri obblighi travasati nello Statuto della nuova Parmalat, non strettamente collegati al concordato.

Definiamo questi obblighi “impropri” in quanto non direttamente collegati alla struttura del concordato in termini di percentuale di soddisfazione dei creditori sociali, ma volti in maniera specifica a renderlo più appetibile per i creditori chirografari diversi dalle BANCHE.

Questi obblighi consistevano in particolare e per quello che qui interessa:

i) nell’adozione di una “governance evoluta”, cioè con un elevato numero di amministratori indipendenti (non meno di 6 su 11);

ii) nell’introduzione di vincoli stringenti per la gestione, ed eventuale soluzione in via transattiva del contenzioso relativo alle revocatorie ed ai risarcimenti delle vecchie Società del gruppo (in estrema sintesi ai sensi dell’art. 17, ultimo comma, dello Statuto ogni decisione in materia di transazioni avente ad oggetto azioni giudiziarie relative alla Società in concordato non è materia delegabile a norma dell’art. 2381 e ogni decisione deve essere presa con il voto favorevole di 8/11 degli Amministratori in carica);

iii) nell’introduzione di una clausola di blindatura delle previsioni statutarie di cui ai punti precedenti (clausola prevista dall’art. 10, ultimo comma Statuto in base alla quale si rendeva di fatto impossibile, per 5 anni, apportare modifiche agli Articoli 10 (Funzionamento dell’assemblea), 11 (Consiglio di Amministrazione), 12 (Requisiti degli Amministratori indipendenti), 15 (Riunioni del CdA), 16 (Deliberazioni del Cda) , 17 (Poteri e deleghe del Cda) e 18 (Comitati del Cda) dello Statuto; per modificare questi articoli era necessario, fino all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2009, così in prima che nelle successive convocazioni, il voto favorevole di tanti soci cha rappresentano almeno il 95% del capitale sociale.);


iv) nell’introduzione dell’obbligo di distribuire il 50% degli utili distribuibili risultanti dai bilanci dei primi 15 esercizi.

Ed è proprio intorno a quest’ultimo obbligo, come vedremo più in dettaglio al par. 3.3, che il legislatore ha sostanzialmente deciso di intervenire.

Infatti, come detto sopra, quelli c.d. “propri” sono stati da tempo assolti dalla nuova Parmalat ed in parte sono tuttora, in maniera fisiologica, in corso di esecuzione.


La Società, infatti, provvede tutt’ora ad attribuire nuove azioni man mano che emerge un “nuovo” creditore delle vecchie Società, o perché lo stesso provvede a identificarsi nominativamente ( ex obbligazionista) o in seguito alla definizione dei contenziosi pendenti con quei creditori che hanno impugnato la mancata ammissione al passivo, ovvero l’ammissione per importi inferiori a quelli da loro richiesti.

Tali obblighi “propri”, comunque, sono immodificabili in quanto derivanti dal patto concordatario, sanciti in un provvedimento giurisdizionale, la sentenza che ha omologato il concordato, che per sua natura è intangibile da parte del legislatore.


Invece gli obblighi indicati dal i) al iv), quegli obblighi che abbiamo definito “impropri”, sono per loro natura modificabili, in quanto non attinenti in via diretta ed immediata al nocciolo del concordato, cioè alla soddisfazione dei creditori delle Società insolventi.

E il fatto che questi obblighi fossero liberamente modificabili emerge chiaramente dal fatto che a suo tempo furono introdotte delle clausole statutarie volte a rendere queste modifiche in concreto impossibili per un certo periodo di tempo, ancorchè teoricamente possibili (vedi clausola descritta al punto ii) che precede).

Per comprendere appieno il motivo per cui furono inseriti questi obblighi nella proposta di concordato è necessario fare un passo indietro.

Comprendere le motivazioni dell’inserimento di questi obblighi nel concordato appare, infatti, un passaggio indispensabile per valutare la portata dell’intervento del legislatore.


All’indomani del crack Parmalat apparve subito chiaro, non fosse altro perché questa fu fin dall’inizio la tesi sostenuta dal dominus del vecchio gruppo, il Sig. Tanzi, che alcuni o tutti gli Istituti di credito, con i quali la Parmalat aveva intrattenuto rapporti di affari, potessero essere individuati tra i responsabili del dissesto o, comunque, corresponsabili dell’aggravamento del dissesto.

Emerse infatti, anche all’esito indagini giudiziarie quale quella Eurolat, vicenda che si intreccia con il crack del gruppo Cirio di Cragnotti, che probabilmente le banche da tempo avessero cognizione delle precarie condizioni finanziarie e patrimoniali del gruppo guidato da Tanzi.

E che, nonostante ciò, avevano continuato a finanziare, e in alcuni casi “spingere”, progetti di espansione e a gestire complesse operazioni di finanziamento, anche attraverso l’emissione di obbligazioni, poi puntualmente finite nelle tasche dei risparmiatori italiani.

Emerse, ancora, che per queste attività avevano lucrato nel tempo corposi interessi e commissioni, per un importo complessivo di oltre 5 miliardi di euro (Fonte: Relazione del Commissario Straordinario Parmalat).

Per il Commissario delle imprese insolventi si apriva, quindi, la possibilità di citare in giudizio le suddette banche al fine di far valere la loro responsabilità per l’aggravamento del dissesto, oltre che per le canoniche azioni di reintegrazione proprie delle procedure fallimentari, le c.d. azioni revocatorie.

Infatti molte banche avevano ridotto in maniera sostanziale la propria esposizione nei confronti del gruppo proprio nel periodo immediatamente precedente la dichiarazione di insolvenza, c.d. “periodo sospetto” previsto dalla Legge Fallimentare per l’esercizio dell’azione revocatoria.

In base a questi elementi il Commissario, Dott. Bondi, attivò un ingente numero di azioni revocatorie e risarcitorie, ingente per numero, ma anche e soprattutto per gli importi miliardari richiesti.

Ma proprio questo cospicuo numero di azioni giudiziarie intentate contro le banche creava degli intoppi sulla strada che avrebbe dovuto condurre al concordato.

Infatti c’era il pericolo concreto che proprio le BANCHE, in base al meccanismo del concordato, per effetto della conversione dei loro crediti in azioni, sarebbero state in grado di esercitare un’influenza notevole sulla nuova Società, in quanto avrebbero costituito un blocco di “interessi” forte e compatto.

C’era, quindi, la certezza che questo blocco di interessi, grazie alla polverizzazione e dispersione della restante compagine sociale, fosse in grado di imprimere un indirizzo alla nuova Società in contrasto con gli interessi degli altri azionisti (ex creditori anch’essi).

C’era il rischio concreto, in altre parole, che l’influenza esercitata dalle BANCHE finisse per confliggere con gli interessi degli altri azionisti, poiché le BANCHE avevano tutto l’interesse a far naufragare le azioni giudiziarie avviate nei loro confronti.

Le Banche avrebbero potuto realizzare questa strategia sostanzialmente in due modi, attraverso due azioni congiunte:

a) attraverso la nomina di amministratori “accondiscendenti” a soluzioni transattive vantaggiose per le banche;

b) attraverso un’azione che mirasse a svilire il valore del titolo della nuova Società in maniera da indurre gli altri azionisti a liberarsene velocemente; in questo modo le banche avrebbero assunto il pressoché pieno controllo della Società, facendo rientrare dalla finestra quello che in ipotesi poteva uscire dalla porta;

E’ proprio per scongiurare in radice questi rischi che nella proposta di Concordato furono introdotti quegli accorgimenti, che abbiamo definito obblighi “impropri” descritti ai punti da i) a iv) volti in buona sostanza:

1) a garantire una “governance” blindata, in quanto di fatto immodificabile per 5 anni, costituita in maggioranza da Amministratori indipendenti e particolarmente rigida in materia di gestione del “contenzioso”;

2) a incentivare gli ex creditori delle Società del gruppo, ora diventati piccoli azionisti, a mantenere i titoli confidando sulla monetizzazione dei loro crediti non tanto attraverso la vendita dei titoli, quanto attraverso la percezione di un dividendo pari almeno al 50% degli utili; dividendo che si prevedeva particolarmente corposo perché particolarmente corposi si preannunciavano i proventi derivanti dalle azioni giudiziarie.

Segue ….
 
Incredibile questa situazione della Borsa Italiana.

Cosa dire?

Niente se non che per fortuna, come più volte detto, in Italia compro solo Parmalat e qualche banca quando crollano a livelli inferiori a quanto valgono (poco).

E che la diversificazione paga sempre.

Sono riuscito a chiudere stamattina parte delle mie K+S uno dei pochi titoli in verde nel panorama europeo ed ora sono molto liquido.

Ora spero, sono sincero, di racimolare qualche altra Parmalat a prezzi di saldo oppure Ubi sotto i 7.:):)
 
Incredibile questa situazione della Borsa Italiana.

Cosa dire?

Niente se non che per fortuna, come più volte detto, in Italia compro solo Parmalat e qualche banca quando crollano a livelli inferiori a quanto valgono (poco).

E che la diversificazione paga sempre.

Sono riuscito a chiudere stamattina parte delle mie K+S uno dei pochi titoli in verde nel panorama europeo ed ora sono molto liquido.

Ora spero, sono sincero, di racimolare qualche altra Parmalat a prezzi di saldo oppure Ubi sotto i 7.:):)


Caro salcasello, innanziuttto grazie per il tuo prezioso lavoro...l'ho letto tutto, attendendo il proseguio.

Pazzesco ciò che sta accadendo in Borsa Italiana, speriamo il nostro titolo non ne risenta...benché non esposto sui fronti libici, non vorrei che la paura si diffondesse.

A presto :up:
 

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