Per tornare alla questione posta dall'OP, caso vuole che abbia appena letto il seguente interessante articolo sulla newsletter del CA:
Sempre meno italiani fanno domanda per “comprarsi” gli anni di studio e anticipare così la pensione. Cosa c’è da sapere, quanto costa e perché conviene farlo in fretta
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Sempre meno italiani sfruttano la possibilità di anticipare o rimpolpare la pensione riscattando gli anni di studio, che attraverso questa operazione vengono considerati come anni di lavoro ai fini previdenziali. All’
Inps nel 2008 erano arrivate 60 mila domande di riscatto. Nel 2009 le richieste sono scese a 30 mila e l’anno scorso non sono arrivate che 15 mila domande. Molti non hanno chiari i meccanismi di questa operazione.
Sono riscattabili tutti gli anni regolari del corso di laurea, sia triennale che specialistica, ma non quelli fuori corso. Anche i diplomi di laurea o universitari possono essere riscattati, così come quelli di specializzazione, i dottorati di ricerca e quelli rilasciati dagli istituti di alta formazione artistica e musicale. Sono valide anche le lauree ottenute all’estero (solo se riconosciute in Italia), quelle in teologia o in altre materie ecclesiastiche conferite da facoltà riconosciute dalla Santa Sede.
http://vocearancio.ingdirect.it/wp-content/uploads/2011/05/inps.jpgPer chiedere il riscatto bisogna in ogni caso essersi laureati e non bisogna avere lavorato durante gli anni da riscattare, perché in questo caso quei periodi sono già coperti da contribuzione.
Conviene decidere presto se si vuole sfruttare questa possibilità, perché (quasi sempre) più passano gli anni più il riscatto si fa caro. Il costo dell’operazione (tecnicamente «l’onere del riscatto») si calcola a partire dallo stipendio di chi fa richiesta nei 12 mesi precedenti alla presentazione della domanda.
Per il calcolo si utilizza il metodo retributivo per gli anni in cui era ancora in vigore (fino al 1996) e quello contributivo per gli anni successivi. Per chi si è laureato prima del ’96 l’operazione è più complicata: l’Inps tiene conto di diversi fattori come l’età, il periodo da riscattare, il sesso, l’anzianità assicurativa, le retribuzioni percepite negli ultimi anni. Per i più giovani (o per chiunque abbia iniziato a lavorare solo dopo il ’96) il calcolo è più semplice: si guarda lo stipendio degli ultimi 12 mesi e vi si applica l’
aliquota contributiva in vigore. Questa cifra deve essere moltiplicata per il numero di anni da riscattare.
L’aliquota per i dipendenti è circa del 33%, per gli autonomi del 20%. Un neo-laureato che da dipendente guadagna 20 mila euro lordi all’anno paga circa 6.600 euro di contributi ogni anno. Questa sarà la cifra base sulla quale calcolare il costo del riscatto degli anni di studio: 6.600 euro per un anno, 13.200 per due anni, 19.800 euro per tre anni e così via.
Non è obbligatorio lavorare per chiedere il riscatto. Dal giorno successivo alla laurea si può chiedere di “comprarsi” gli anni di contribuzione anche se non si ha un’occupazione. In questo caso l’Inps utilizza come riferimento lo stipendio minimo per artigiani e commercianti, che per il 2010 è pari a 14.500 euro (sempre lordi) all’anno. Il costo del riscatto (possibile solo per chi non è mai stato iscritto a nessun ente previdenziale) in questo caso è di 4.800 euro per ogni anno di studio.
Meno si guadagna, paradossalmente, meglio è. Soprattutto quando si punta al riscatto per accorciare la durata della propria vita professionale. Se invece l’obiettivo è l’aumento del valore dell’assegno di pensionamento, allora un riscatto ultra-economico potrebbe non essere molto efficace, perché con il sistema contributivo cioè che conta per l’assegno finale è l’ammontare totale dei contributi effettivamente versati durante l’intera vita lavorativa.
http://vocearancio.ingdirect.it/wp-content/uploads/2011/05/due.jpgPer chi è all’inizio della propria carriera il costo del riscatto è di solito abbastanza consistente. Lo Stato cerca di venire incontro ai contribuenti con due tipi di incentivi. Il primo è la possibilità di dedurre dal reddito l’intero importo dei contributi versati, e nel caso di giovani che non lavorano sono i genitori a potere dedurre i contributi del figlio per il 19%. Il secondo è la possibilità di pagare l’importo a rate mensili, fino a un massimo di 120 rate in 10 anni. Per risparmiare esiste la possibilità di riscatto parziale, che permette di pagare i contributi per un periodo limitato di anni di studio, anche uno solo.
Gli iscritti al portale dell’Inps possono presentare la loro domanda di riscatto direttamente on line (
il modulo è qui) e sempre on line possono procedere con i pagamenti. Chi non è iscritto può compilare il modulo che si scarica allo stesso indirizzo e spedirlo all’istituto di previdenza oppure rivolgersi a un patronato per l’assistenza.
I tempi iniziali non sono brevi. Una volta fatta la domanda bisogna restare in attesa della risposta ufficiale dell’Inps, che può arrivare anche dopo più di un anno. A questo punto c’è però un’improvvisa accelerazione: dal momento in cui si riceve la risposta dell’Istituto ci sono 60 giorni a disposizione per iniziare con pagamenti. L’Inps interpreta il mancato saldo come rinuncia al riscatto.
Se una volta ricevuta la risposta si preferisce non andare avanti con il riscatto, la rinuncia non è comunque definitiva. È sempre possibile ripresentare la domanda, ma sarà probabilmente diverso il costo dell’operazione (fanno sempre fede gli incassi degli ultimi 12 mesi).
Conviene fare il riscatto? Dipende dalle situazioni. Se l’obiettivo è anticipare l’anno del pensionamento allora praticamente non esistono alternative. Se invece si punta ad aumentare il valore della pensione conviene parlarne con il commercialista, perché è possibile che le offerte dei fondi di previdenza complementare con gli stessi costi ci garantiscano rendimenti migliori.
http://vocearancio.ingdirect.it/wp-content/uploads/2011/05/student-buecher-side.jpg«Mio figlio ha richiesto all’INPS i conteggi per il riscatto della laurea. Ha 28 anni e lavora in banca. Per 87 settimane sono stati richiesti 18.700 euro rateizzabili e deducibili in 10 anni. Alla luce delle attuali normative pensionistiche è un’operazione che ha un senso?» (lettera alla Stampa del 18/4).
Risposta di Glauco Maggi: «Le attuali normative pensionistiche potranno di sicuro cambiare nei prossimi 30-40 anni. È probabile che andranno nel senso di pensionamenti a età più alta, in linea del resto con la longevità che cresce (quasi 80 anni per gli uomini e 84 per le donne, all’ultima rilevazione). Gli anni riscattati ora, soprattutto a un costo contenuto poiché calcolato sulla paga di un ventottenne, potranno essere usati per il conteggio degli anni necessari a maturare l’anzianità lavorativa, che sarà sempre comprensiva degli anni di lavoro più quelli riscattati. Lo Stato non tradirà chi acquisisce diritti ufficiali. Se ci sono i soldi per pagare (di fatto è una forma di risparmio previdenziale), per me l’operazione ha senso».