PREFERIREI MORIRE DI PASSIONE CHE DI NOIA.

Questi sono completamente avulsi dalla realtà. Vivono in un loro mondo di ...sprechi.
Con quei 7 punti come fai ad incrementare il PIL ? PIL = produzione.
E con i nostri 3 punti ?????????? Sai la parità genere come aumenta il PIL ........No inutilità.


Con i “paletti” fissati dalla Commissione europea nella comunicazione del 17 settembre,

alla già appurata inconsistenza quantitativa del Recovery Fund (al netto poco più di 20 miliardi in 6 anni)

e intempestività (i primi fondi saranno erogati alla fine del primo semestre 2021)

si aggiunge la inadeguatezza dei settori d’intervento prescelti.



Come spiega nel comunicato Ursula von der Leyen:

«Gli Stati membri necessitano di orientamenti chiari per garantire che i 672,5 miliardi di euro
siano investiti sia per l’immediata ripresa economica dell’Europa, ma anche per una crescita sostenibile e inclusiva a lungo termine».


Dunque i piani di spesa nazionali, i quali saranno sottoposti passo dopo passo ad una negoziazione con un comitato ad hoc,
per essere approvati dovranno riguardare sette specifici settori:

promuovere l’energia pulita;

migliorare l’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati;

sviluppare nuove tecnologie nei trasporti;

rafforzare la rete di banda larga, in particolare 5G;

digitalizzare la pubblica amministrazione,

il settore giudiziario e sanitario;

cavalcare l’economia dei dati;

e adattare il sistema educativo alle nuove necessità.


Con il vincolo di dedicare il 37 per cento dei fondi alla transizione climatica e il 20 per cento alla transizione digitale.


Questi obiettivi, già di per sé poco inclini rispetto ai problemi reali delle economie europee,

si concretizzano in Italia in un Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) costruito sulla base del Piano Colao,


continuamente modificato per rispondere meglio alle linee guida europee,

cosa che lo rende sempre più confuso e meno utile ad affrontare la drammaticità della crisi attuale.


Le tre macro-aree individuate dal governo nelle linee guida presentate al Parlamento sono:

digitalizzazione,

green economy

e parità di genere.

Ora, prima di entrare nel merito di tali nobili indirizzi, bisogna avere chiari i termini in cui si pone tale questione:

ci andremo a fare carico di un grosso debito per finanziare una politica industriale,
il che sarebbe cosa buona e giusta se non fosse che la Commissione ci obbliga a spendere i soldi presi in prestito su investimenti
che poco hanno a che fare con le caratteristiche strutturali dell’economia italiana.

Con l’aggravante di dover in un passaggio successivo tagliare la spesa pubblica per cose invece necessarie, in modo da poter ripianare il debito creato.



Adesso, entrando nel merito, appare subito evidente che di merito c’è poco e nulla.


Una politica di spesa finanziata con debito è un ottima soluzione per uscire dalla recessione

quando ha effetti moltiplicativi sulla domanda aggregata


.
Cosa molto distante rispetto agli interventi proposti.

Promuovere l’energia pulita vuol dire nell’ottica europea defiscalizzare ipotetici consumi
che comunque non vengono fatti a causa del basso reddito.

Defiscalizzare consumi/investimenti ipotetici ha un effetto moltiplicativo irrisorio rispetto
a quello che avrebbe una spesa pubblica finalizzata all’acquisto degli stessi beni (teorema di Haavelmo).


Come evidenzia Stirati, investimenti sul settore energetico andrebbero fatti costruendo enti pubblici
capaci di svolgere autonomamente ricerca, occupando e dando reddito a personale altamente qualificato,
e producendo in tal modo beni e metodi capaci di rendere più “green” il consumo energetico pubblico e privato.

Una “IRI dell’innovazione”, per dirla con Aresu.
Perché, sia chiaro, di investimenti pubblici “una tantum” la nostra economia allo stato attuale non se ne fa nulla.


Per risolvere i problemi della scuola non serve modificare i piani di studio, come proposto,
quanto invece assumere nuovi docenti a tempo indeterminato e mettere in sicurezza le strutture esistenti
se non costruirne nuove dando impulso al settore delle produzioni edilizie.


Far funzionare la sanità non vuol dire trasformare gli ospedali in “aziende ospedaliere” e chiudere quelli in deficit,
ma vuol dire aprire nuovi ospedali e assumere nuovo personale medico.


Sviluppare nuove tecnologie dei trasporti non vuol dire nulla se nel sud Italia non ci sono strade piane,
le ferrovie hanno un binario e i treni si muovono a velocità ottocentesche.


Solo un massiccio investimento pubblico può risolvere tali problematiche.

E saranno i redditi di ricercatori, insegnanti, muratori, medici, che faranno ripartire l’economia.

E allora la spesa pubblica diventa consumi, i consumi spingono gli investimenti, la domanda aggregata resuscita e l’economia riparte.

Alla fine questo debito fa crescere il prodotto nazionale, crea lavoro e lascia ospedali, strade e scuole alle future generazioni.

Soltanto così il debito del Recovery Fund potrebbe avere un senso.


Ma questo è quanto di più distante ci sia dal debito del Recovery Fund,

un debito fatto per spese correnti, un deficit temporaneo da indirizzare su beni perlopiù di importazione,

incapace di produrre lavoro e da ripianare al più presto con tagli alla spesa.



Ci chiediamo dunque, perché dobbiamo indebitarci

per “cavalcare l’economia dei dati”,

“i big data”,

“la green economy”,

“il microcredito alle start-up aperte da donne”

(tutto ricompreso nel PNRR) ed essere per di più giudicati su tutta questa roba che con la nostra struttura economica ha poco a che fare,

quando invece potevamo indebitarci di tasca nostra e investire su ciò che siamo e sulle nostre esigenze,


come l’aerospaziale,

l’edilizia,

il farmaceutico,

la cantieristica,

la componentistica elettronica,

gli ospedali

e le scuole?


La risposta è semplice: perché ce lo vieta l’Europa.
 
Uno in meno di là ed uno in più di qua.



“A Roma porterò la bandiera della Sardegna, quella con i quattro mori.
Perché, soprattutto con la riduzione di 345 parlamentari alle porte,
per difendere gl’interessi dell’isola sarà necessario fare squadra.

E non consentirò a nessuno di trattare noi sardi come untori
visto che abbiamo controllato benissimo l’epidemia da coronavirus sull’isola,
finchè non sono arrivate da altri luoghi persone contagiate che non abbiamo potuto sottoporre a controlli per il no del governo al passaporto sanitario.


Roma non dovrà più negarci ciò di cui abbiamo bisogno, dal metano alla proroga del piano casa”.

Idee chiare per il neosenatore Carlo Doria, eletto a Palazzo Madama in seguito alle elezioni suppletive nel collegio uninominale Sardegna 3
per il centrodestra con oltre il 40% (il seggio era della senatrice del Movimento 5 Stelle Vittoria Bogo Deledda, scomparsa il 17 marzo scorso).

Un’area di quasi 430mila elettori con Comuni come Sassari, Olbia, Alghero, Porto Torres, Arzachena e parte della Barbagia nuorese, con Bitti e Orosei.
Praticamente l’intera Sardegna settentrionale.

Classe 1966, sassarese, il senatore Doria è direttore dell’unità operativa complessa di Clinica Ortopedica presso l’ospedale di Sassari
e docente universitario di ortopedia e traumatologia presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’università turritana.


Al presidente del Consiglio Giuseppe Conte proverà a tirare uno scherzo politico?
“Certamente al Senato, dove i numeri per il governo non sono confortanti, avrà un oppositore in più.
Ma ripeto, io vado a Roma per dare più voce alla Sardegna”.
 
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Ricordate sempre che abbiamo 10.103.969 abitanti.
 
Se restavamo con la lira ci avrebbero schiacciati...tassi alti...materie prime care... cavallette e grandine come bocce.....ecco leggete questo che chiarisce quale caxxata e' stata fatta pro germania contro italiani rinunciando alla valuta sovrana.
In attesa dei miliardi annunciati senza poter svalutare cosa pensate ci aspetta se non calo export crisi occupazionale fallimenti ect ect?
Mangeremo PAGANDO CON MATTONI E MATTONELLE TANTO CARI A MONTI DA AVERNE FATTO IL PRIMONINTROITO FISCALE...VISTO VALGONO TANTO CHE DIVENTINO VALUTA LE MATTONELLE....azz ho 110mq casa e due bagni...sto a posto

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In cambio dei soldi del Recovery Fund l’Italia diventerà l’hotspot d’Europa.

Il grave rischio causato dalla politica portata avanti dal governo Conte è proprio questo.

Nelle segrete stanze dei Palazzi, è ferma la consapevolezza che l’Italia conta poco e niente sui tavoli internazionali
al punto che numerosi osservatori e analisti vedono proprio nei 209 miliardi che l’Europa ha messo a disposizione per la crisi legata alla pandemia,
la strategia di Bruxelles per risolvere il problema dell’immigrazione, a svantaggio del nostro Paese.


Le condizioni poste dall’Ue, dove in queste ore è stato presentato il piano della Commissione dal titolo “Nuovo patto sulle migrazioni e sull’asilo”,

a parte l’impiego del denaro proveniente dal Recovery Fund, prevederebbero anche che i porti di sbarco dei clandestini saranno sempre e solo quelli italiani,

le regole di Dublino non verranno verosimilmente mai cambiate

e il nostro Paese sarà destinato a soccorrere e tenere sul territorio nazionale migliaia di migranti.



Nonostante il progetto della Commissione, appunto, che ha manifestato l’intento di superare il Trattato di Dublino,
le opposizioni a questa possibilità arrivano da più parti, non solo dagli Stati aderenti al cosiddetto patto di Visegrad.

L’Italia, con i suoi rappresentanti in Europa e non solo, si opporrà al nuovo piano sui migranti soltanto a parole.


Nei fatti, il governo guidato da Giuseppe Conte sa benissimo che non ci sono margini per ottenere modifiche sostanziali.


E la situazione è già chiara scorrendo le dichiarazioni di commento al piano migranti arrivate in giornata che elogiano la proposta della Commissione Ue.


Uno per tutti, Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Politiche europee alla Camera, ha parlato di

“passo in avanti decisivo per una gestione condivisa del fenomeno migratorio e per la costruzione dell’Europa del futuro”.

Ma la realtà è ben diversa. Su ricollocamenti, rimpatri e porti di sbarco l’Europa continua a parlare di “solidarietà”

da parte degli Stati membri che nel piano presentato diventa “flessibile”.



L’Europa, soprattutto a causa del coronavirus, ha sfruttato le nostre debolezze legate ad una classe dirigente incapace

a cui si sono uniti i gravi problemi economici esistenti prima dell’arrivo del Covid-19.

In questo modo, la questione dell’immigrazione clandestina che si riversa sulle nostre coste, con la speranza di raggiungere altri Paesi Ue, è chiusa.

Nessun ricollocamento obbligatorio sarà attuato dagli Stati membri, se non poche decine di unità per salvare le apparenze.

E se l’Italia protesterà su questo punto, la pena sarà la dissoluzione dei soldi promessi con il Recovery Fund.


La prova di tutto questo è, tra le altre cose, nella gestione della Libia, dove ormai abbiamo perso ogni influenza.

Ad esempio, Onu e Germania lavorano ad una conferenza virtuale sulla Libia che dovrebbe tenersi il 5 ottobre.

Una sorta di “Berlino II”, dove però l’Italia non compare tra gli organizzatori e parteciperà incidentalmente,
al pari di altri Stati che non hanno interessi vitali nel paese nordafricano.

E ancora.

Sempre per quanto riguarda la Libia, Russia e Stati Uniti tentano di “parlare” con la Turchia per arrivare a ridimensionare
(o quantomeno gestire) la presenza di Ankara nell’area.

Probabilmente, ancora una volta sarà l’America di Trump a trovare la soluzione al caso
che si tradurrà necessariamente in denaro investito in Turchia per far fronte alla grave crisi economica.

Anche Putin cerca di avere un ruolo nel Mediterraneo attraverso la stabilizzazione della Libia.

In tutto questo l’Italia sta a guardare, incapace di mettere in campo una strategia efficace che riporti il nostro Paese nei salotti internazionali che contano.


Quello che siamo diventati, ad esempio, è espresso dall’incapacità di liberare gli equipaggi deipescherecci italiani sequestrati da Haftar

già nei primi giorni di settembre.

Cosa vuole davvero l’uomo forte della Cirenaica?

Oltre alle richieste ufficiali (la liberazione di alcuni libici arrestati per traffico di essere umani),
il generale ha ingaggiato un braccio di ferro forse per dimostrare la sua forza?

O per arrivare a ottenere alleanze per la sua scalata al potere?

Non lo sappiamo.

In ogni caso, in altri tempi tutto questo non sarebbe accaduto.

Senza andare troppo lontano, già nel periodo in cui Marco Minniti era a capo del ministero dell’Interno
(con a corredo il supporto dell’intelligence) l’Italia riusciva almeno a dialogare con le parti in campo.

Poi, lentamente ma inesorabilmente, il nostro Paese ha perso influenza e credibilità.

Troppo volte, ad esempio, Fayez al Sarraj (il capo dimissionario del governo di unità nazionale voluto dall’Onu),
ha chiesto aiuto all’Italia per arginare le mire espansionistiche di Haftar senza ricevere alcuna risposta.

E alla lunga, l’interlocutore che ha risposto alla chiamata è stato Erdogan.

Un errore clamoroso da parte del governo italiano che adesso si trova ai margini del Mediterraneo.


Gli interessi economici in Libia avrebbero dovuto mobilitare l’esecutivo,
ma Conte ha preferito concentrarsi su altro immaginando che la soluzione ai problemi si trovasse nelle nomine ai vertici dei servizi segreti.

Ma gli 007, di qualunque Nazione, seguono le indicazioni della politica.

E se questa non fornisce obiettivi strategici da tutelare o conquistare, anche l’intelligence non riesce a operare in modo efficace.

L’esito delle elezioni regionali e del referendum restituisce un panorama desolante.


Gli accordi sul Recovery Fund, è bene ricordarlo, possono essere portati avanti solo da questo gruppo politico che oggi governa,

avendo accettato di trasformare l’Italia in un hotspot in cambio di soldi per evitare la banca rotta.

Ma il prezzo che pagheremo sarà altissimo. Il flusso migratorio infatti, non si fermerà così facilmente.

E fino a quando la Libia vivrà nell’instabilità politica, i barconi continueranno a partire.

Anche la Tunisia non offre più alcun appoggio politico e operativo all’Italia,

lasciando che dalle proprie coste partano quotidianamente barchini diretti verso la Sicilia e Lampedusa.

L’Italia, inoltre, è fuori dai tavoli che riguardano il Libano, l’Egitto, ma anche la Palestina e la Turchia.



E gli Stati Uniti, che da sempre hanno dimostrato interesse per il nostro Paese
non fosse altro che per la posizione strategica che territorialmente occupiamo nel Mediterraneo,
hanno per il momento tirato i remi in barca perché stufi della politica filo-cinese del M5S.

Mike Pompeo
, il segretario di Stato Usa, tra qualche giorno sarà in Italia.

Prima tappa il Vaticano per tirare le orecchie al Papa proprio riguardo ai rapporti con Pechino.

L’amministrazione Trump non gradisce certe aperture, neanche da parte della Santa Sede
che in questo momento appare indebolita al suo interno a causa di lotte intestine forse senza precedenti
.

Bergoglio pare non dorma sonni tranquilli e la visita di Pompeo potrebbe ulteriormente affollare di incubi le sue notti,
ma anche quelle di Luigi Di Maio e Giuseppe Conte.

I due, infatti, dovranno rendere conto agli Usa di una politica eccessivamente aperta verso la Cina.

Trump ha fretta di chiudere certe situazioni.

Le elezioni di avvicinano e la sua rielezione passa anche attraverso la gestione dell’affaire Pechino.
 
Vuoi più bene a mamma o a papà?

La domanda fa il paio con quella stampata sulla scheda elettorale.

Siete favorevoli alla riforma sul taglio dei parlamentari?

Nuda e cruda, posta così, come si fa ad esser contrari?

La banalizzazione di un passaggio costituzionale assai complesso è stato l’uovo di Colombo di Luigi Di Maio.

L’esito della risposta, ponendo così la domanda, era scontato.

La legnata alla casta.

Sbaraccare poltrone e burattini, il sogno proibito finalmente a portata di mano degli italiani.

Anzi a portata di matita e di scheda elettorale.

Ma l‘ex capopolo dei 5stelle, che poi sia veramente ex è tutto da vedere (il povero Crimi sta lì a far tappezzeria),
si è guardato bene dallo spiegare agli elettori tutti gli annessi e connessi della riforma appena confermata dalla tornata referendaria.

E la legge elettorale?

E le liste bloccate?

E i privilegi di deputati e senatori, li lasciamo intonsi?

E la riforma sul taglio dei parlamentari ne seguiranno altre o lasciamo il lavoro a metà?


A dar manforte allo scugnizzo campano ci si sono messe di buzzo buono le opposizioni.

Che in nome della “coerenza” al voto favorevole alla riforma in aula, hanno cavalcato l’onda del sì.

Spiazzando e disorientando gli elettori.


E a nulla sono servite le inversioni di marcia dei vari Giorgetti, Borghi, Crosetto e Storace.

Tanto per citarne solo alcuni.


E che queste questioni, non trattandosi di temi etici ma legislativi, vadano sbrogliate nelle aule parlamentari e non nelle cabine elettorali è fuori di dubbio.

Comunque, il vero perché di quel sì per coerenza, senza chiarire, loro sì che avrebbero dovuto, gli annessi e connessi agli elettori, non ci è dato sapere.

Lo scopriremo solo vivendo.
 
Il caro amico Gentiloni, su ordine di Dombrovskis, scrive una gentile lettera al nostro ministro delle finanze,
Roberto “Tappetino” Gualtieri, per aggiornarlo sulle ultime novità dalla Commissione.


Leggiamo





Sig. Roberto GUALTIERI Ministro dell’Economia e delle Finanze Via XX Settembre 97
IT-00187 Roma




Paolo GENTILONI
Membro della Commissione Europea Economia


Bruxelles, 11. fiI, IIII
PL // come Ares (2020) S- 5606858


Caro Ministro,


Dall’inizio della crisi COVID-19, abbiamo adottato misure senza precedenti sia a livello nazionale che dell’UE, agendo in solidarietà e unità.
Sono state istituite tre reti di sicurezza dell’UE per proteggere i lavoratori e le imprese.
Gli Stati membri hanno adottato considerevoli misure di bilancio che hanno contribuito ad affrontare efficacemente la pandemia,
sostenere l’economia e sostenere la conseguente ripresa.

Le discussioni sul quadro finanziario pluriennale per il 2021-2027 e sulla nuova generazione dell’UE sono a buon punto
e ci auguriamo che gli strumenti chiave saranno operativi dall’inizio del prossimo anno.



I nostri dibattiti all’Eurogruppo e all’Ecofin dell’11 e 12 settembre hanno riconfermato un ampio consenso
sugli orientamenti di politica fiscale appropriati per il 2021.

Facendo seguito a questi dibattiti e alla Strategia annuale di crescita sostenibile 2021,
la presente lettera fornisce ulteriori indicazioni per la preparazione di i progetti di bilancio per il 2021.



Le politiche di bilancio degli Stati membri dovrebbero continuare a sostenere la ripresa per tutto il 2021.

Alla luce di questa esigenza e dell’elevata incertezza prevalente sia sullo sviluppo della pandemia che sulle sue conseguenze socio-economiche,
la clausola di salvaguardia generale, attivata la Commissione e il Consiglio a marzo e non sospende le procedure del Patto,
rimarrà attivo 1n 2021 come indicato nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2021.

Quando le condizioni economiche lo consentiranno, sarà il momento di perseguire politiche fiscali volte al raggiungimento di medie prudenti posizioni fiscali a termine.



Poiché esistono notevoli differenze per quanto riguarda la situazione economica, sociale e fiscale tra gli Stati membri,
le misure di sostegno dovrebbero essere adattate alla situazione specifica.

Dovrebbero essere ben mirati e temporanei e il loro utilizzo e l’efficacia dovrebbero essere regolarmente riesaminati.

A seconda dello sviluppo della pandemia, potrebbero essere necessarie misure di emergenza
aggiustate e combinate
con misure che migliorano i fondamentali delle nostre economie, sostengono la transizione verde e digitale e hanno un impatto positivo sulla domanda.


La pianificazione della politica fiscale per il 2021 dovrebbe tener conto nella misura più ampia possibile
dell’attuazione delle riforme e degli investimenti previsti nell’ambito del meccanismo di recupero e resilienza (RRF).

Date queste interazioni, vi invitiamo a fornire informazioni sulle entrate e le spese relative al RRF incluse nei vostri piani di bilancio.



Suggeriamo di mantenere i nostri orientamenti di politica fiscale sotto regolare revisione.

Una prima occasione per farlo sarà entro la fine dell’anno, quando la Commissione
monitorerà l’andamento del disavanzo e del debito delle amministrazioni pubbliche,
sulla base delle sue previsioni d’autunno, e quando discuteremo i pareri sui documenti programmatici di bilancio
degli Stati membri della zona euro e le raccomandazioni della zona euro.

La Commissione presterà particolare attenzione alla qualità delle misure di bilancio adottate e pianificate
per attutire l’impatto della crisi, sostenere la ripresa e rafforzare la resilienza,
tenendo conto nel contempo di considerazioni di sostenibilità di bilancio.

La valutazione riguarderà anche il possibile impatto delle garanzie fornite dal governo.



Nella primavera del 2021, tenendo conto delle proiezioni macroeconomiche aggiornate,
rivaluteremo la situazione e faremo il punto sull’applicazione della clausola di salvaguardia generale.


Ci auguriamo che questi chiarimenti faciliteranno la preparazione dei vostri bilanci
e contribuiranno a un forte e costante coordinamento delle politiche di bilancio nel 2021.


Distinti saluti,






Traduciamo dall’Euro-Burocratese:


Cari Italiani, fate pure tuta la programmazione di spesa che volete con il Recovery Fund, ma, prima di spendere,
dovete ricordarvi che sono TUTTE CIFRE CHE SPEDERETE A DEBITO , e che noi, da qui a fine anno,
CONTROLLEREMO CHE IL VOSTRO DEBITO NON SIA ECCESSIVO.


Inoltre vi ricordiamo che avete solo una libera uscita dalla gabbia europea e che tutto tornerà come prima,
con tutti i vincoli di bilancio e di debito, a partire dal 2022.

Inoltre se le misure che prederete per il Recovery Fund e per limitare la spesa, cioè fare austeritrà a spese dei cittadini,
non saranno sufficienti, ci riserviamo il diritto di giudicarvi e, eventualmente a primavera, di non pagarvi più nulla,
per cui le vostre spese resteranno come vostri puri debiti.

Per l’intanto però dovrete pagare le tasse europee (Plastica, carbon tax etc) e magari anche contributi incrementati a bilancio


Ah, per finire, come ci fa sapere Zanni l’esborso del Recovery Plan per il 2021 è solo pari al 6% del totale,
cioè 45 miliardi per tutta l’Unione Europea. Praticamente una mancia….



Fine delle trasmissioni
 
vi ricordiamo che avete solo una libera uscita dalla gabbia europea e che tutto tornerà come prima,
con tutti i vincoli di bilancio e di debito, a partire dal 2022.

Beppe Grillo, in un post del suo blog del 9 marzo 2014, ha scritto che il Movimento 5 Stelle «cancellerà» il Fiscal Compact


Fiscal Compact, un trattato per stabilire norme e vincoli validi per tutti i paesi firmatari e intervenire in particolare sulla politica fiscale dei singoli paesi.
Il Fiscal Compact è stato firmato da tutti i 17 paesi che all’epoca facevano parte dell’eurozona e da 7 altri membri dell’Unione Europea non appartenenti all’eurozona, cioè Bulgaria, Danimarca, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania, Svezia. Non è stato firmato da Gran Bretagna e Repubblica Ceca.

Fra le molte cose contenute nel trattato, le più importanti sono quattro:

– l’inserimento del pareggio di bilancio (cioè un sostanziale equilibrio tra entrate e uscite) di ciascuno Stato in «disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale» (in Italia è stato inserito nella Costituzione con una modifica all’articolo 81 approvata nell’aprile del 2012);

– il vincolo dello 0,5 di deficit “strutturale” – quindi non legato a emergenze – rispetto al PIL;

– l’obbligo di mantenere al massimo al 3 per cento il rapporto tra deficit e PIL, già previsto da Maastricht;

– per i paesi con un rapporto tra debito e PIL superiore al 60 per cento previsto da Maastricht, l’obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20esimo all’anno, per raggiungere quel rapporto considerato “sano” del 60 per cento. In Italia il debito pubblico ha sforato i 2000 miliardi di euro, intorno al 134 per cento del PIL. Per i paesi che sono appena rientrati sotto la soglia del 3 per cento nel rapporto tra deficit e PIL, come l’Italia, i controlli su questo vincolo inizieranno nel 2016.

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Camera: prestiti fuori dal debito (MF) 24/09/2020 09:55 - MF-DJ
MILANO (MF-DJ)--Per i deputati e'' auspicabile una sterilizzazione dei prestiti concessi dal Recovery Fund ai fini del rapporto debito-pil. Anche a prescindere da questa eventualita'' "da definire nell''ambito dell''Unione europea", i parlamentari chiedono comunque di definire una piano di rientro credibile sul medio e lungo periodo e prevedere meccanismi che contemplino "adeguati strumenti" per affrontare la crisi finanziaria di alcuni enti locali, come ad esempio una revisione dei fabbisogni standard. quanto si legge nello schema di relazione sulle priorita'' nell''utilizzo del Recovery Fund approvato ieri dalla commissione Bilancio della Camera, presieduta dal Dem Fabio Melilli. inviato alla commissioni di merito per i pareri. La valutazione dell''impatto sullo stock di debito pubblico sara'' chiarita da Eurostat a conclusione di "opportune consultazioni", spiega lo stesso governo nelle Linee guida consegnate al Parlamento. " ragionevole ritenere che le sovvenzioni che i Paesi membri riceveranno nel corso del programma non contribuiranno alla formazione dell''indebitamento netto", aggiunge. Di contro i prestiti "se non compensati dalla riduzione di altre spese o aumenti delle entrate" andranno ad appesantire il carico che gia'' grava sui conti italiani. Il tema e'' quello del giorno. Da Bruxelles Beppe Grillo non risparmia critiche al Recovery Fund, che poche ore prima il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, aveva definito come un''occasione da non sprecare. Secondo lui il sistema e'' basato di fatto sul debito pubblico. "Chi decide e'' la politica e la politica non puo'' piu'' essere assente e sotto scacco del debito. Bisogna cambiare modello di sviluppo, ma abbiamo un problema: le idee vecchie non vogliono morire", ha spiegato, invitato a parlare dal presidente dell''Eurocamera David Sassoli. Un''occasione che il fondatore del Movimento Cinque Stelle ha colto anche per criticare la democrazia parlamentare, cui contrappone la democrazia diretta. Sono trascorsi appena quattro giorni dal referendum per la riduzione di un terzo del numero di deputati e senatori e dalle elezioni Regionali, voto il cui strascico per i partiti sconfitti e'' stato il commissariamento del leader leghista Matteo Salvini, che sara'' affiancato da una segreteria politica, e una crisi di nervi interna al pentastellati che oggi si riuniscono in assemblea pronti a processare il capo politico Vito Crimi.
fch
 

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