PREFERIREI MORIRE DI PASSIONE CHE DI NOIA.

Un "Presidente".


Una commemorazione ipocrita non si nega a nessuno.

Specie a chi come Francesco Cossiga, che ho avuto l’onore e il piacere di conoscere personalmente in maniera privata negli ultimi anni della sua vita,
fin quando è stato vivo veniva considerato come un politico uscito di senno.


Ora che è morto da dieci anni è facile rivalutarlo storicamente come il gigante del pensiero e lo statista che indubbiamente fu.

Ma fino a pochi giorni dal suo trapasso i pesci in faccia si sprecavano.

E non da parte dei “nemici” leali come Marco Pannella – che mai gli perdonarono le sue ambiguità, i suoi silenzi
e un bel po’ di bugie per carità di patria tese a coprire chissà quale ragione di Stato quel tragico 12 maggio 1977
quando ancora ignoti “sparatori istituzionali”, mischiati agli autonomi e come questi ultimi mascherati,
misero fine alla vita della giovane Giorgiana Masi, scesa in piazza insieme ai Radicali, nonostante i divieti antiterrorismo,
per celebrare il terzo anniversario della vittoria dei No nel referendum che voleva abolire il divorzio
– ma da parte degli ex sodali del Pci-Pds e di quelli della sinistra Dc,
cui apparteneva anche l’attuale capo dello Stato Sergio Mattarella, stufi degli attacchi a giorni alterni.

Attacchi a volte personali (come dimenticare Achille Occhetto definito “Zombie coi baffi”) e a volte politici.

Mirati proprio all’ipocrisia della classe di governo di quei primi anni Novanta.

Come dimenticare poi i ripetuti “warning” che lo stesso Cossiga poneva allo strapotere della magistratura
allora incipiente e poi dirompente durante gli anni di “Mani pulite”.


Cossiga era quello che minacciò di mandare i carabinieri a Palazzo dei Marescialli
se il Consiglio avesse osato discutere il caso degli attacchi di Craxi alla casta in toga nell’ordine del giorno che era stato già stilato.

Cossiga era quello delle polemiche sui giudici ragazzini dopo l’uccisione di Rosario Livatino,
anche qui frainteso subdolamente come se se la prendesse con il morto ammazzato e non con chi lo aveva cinicamente mandato alla sbaraglio.


Fatto sta che nel giugno del 1991 Cossiga arrivò a un passo dall’impeachment
che era sponsorizzato proprio da chi sei anni prima ne aveva favorito l’elezione a Presidente della Repubblica:

ossia il Partito comunista e buona parte della Democrazia cristiana.

Si salvò in corner, ma meno di un anno dopo fu praticamente costretto a dimettersi, era il 25 aprile del 1992, in piena Tangentopoli.

Con un breve ma commovente discorso agli italiani nel quale avrebbe potuto togliersi più di un sassolino.

Cosa che invece per spirito istituzionale non fece.


Finiti gli anni ruggenti delle picconate, Cossiga non accettò la vita da pensionato ma si imbarcò in varie avventure politiche
tra cui quella del sostegno al Governo D’Alema e della fondazione dell’Udeur.

La sua onestà intellettuale gli mise sempre contro tutto e tutti e ancora, nel 2008, venne deprecato da “urbi” e da “orbi”
per il suo siparietto televisivo da Maria Latella in cui prese letteralmente per i fondelli l’attivismo dei magistrati della pubblica accusa
contro Silvio Berlusconi e altri esponenti del centrodestra prendendo come bersaglio quel Luca Palamara,
definito “tonno Palamara” (con evidente riferimento al quasi omonimo tonno Palmera)
anche lui invitato da Sky.


Anche in quel caso coloro che oggi fanno a gara a condannare, esecrare e scaricare Palamara
eleggendolo a unico capro espiatorio delle magagne del resto della magistratura,
all’epoca emisero alti lai deprecando l’ex Presidente della Repubblica.

Che oggi tutti chiamano “emerito” commemorandolo e che ieri tutti definivano “pazzo” quando ancora non era innocuo e ben seppellito in un cimitero.


Francesco Cossiga, l’uomo che si svegliava nella notte e urlava “Moro lo ho ucciso io”,
il politico che nelle proprie audizioni alla Commissione stragi alzava la voce con l’ex presidente Libero Gualtieri
e metteva a tacere tutti semplicemente ricordano loro chi erano e di “che lacrime grondasse e di che sangue” la rispettiva carriera politica;
il politico di peso che per primo rivendicò l’innocenza degli ex Nar Francesca Mambro e Valerio Fioravanti nella strage di Bologna,
puntando invece il dito proprio sulla pista palestinese poi venuta fuori in tutta la propria evidenza, non ebbe una vita facile.


A metà tra un personaggio delle tragedie di Shakespeare e un Messia democristiano non riconosciuto come tale all’interno di quel partito,
ha passato gli ultimi anni in solitudine frequentando pochi fidati amici e pochi nuovi conoscenti

Tra cui il sottoscritto.

Filoatlantico, amerikano con il kappa e filoisraeliano, amava esporre per vezzo quelle bandiere dal balcone di casa sua in via Ennio Quirino Visconti, 77.


Sentendo le commemorazioni dei giorni scorsi dall’aldilà non so se si rivolterà nella tomba o se si farà una grassa risata.

Di certo con il suo spirito e con il suo pensiero questa Italia meschina e “borgatara”,
a trazione grillin-populista-salviniana, dovrà ancora fare i conti per lungo tempo.

Che sarà galantuomo anche nei confronti dell’ ultimo Presidente della Repubblica dotato degli attributi nei fatti mancanti a tutti i suoi successori.
 
PagoPa quest’anno si aspetta di gestirne 90 milioni - fanno una discreta cifra. Con una media di 90 centesimi a operazione - ma si può spendere anche più di due euro - si arriva a 81 milioni in un anno. Ma entro il 2023 l’obiettivo è di salire a 350 milioni di operazioni, che per gli intermediari corrispondono a oltre 300 milioni di ricavi. Commissioni che si dividono soprattutto tre soggetti: Sisalpay con la rete gestita dai tabaccai, Poste e banche.


precedentemente AVEVO SEGNALATO questa "innovazione"........ ad esempio pagando bollo auto all'ACI ci si vede 2,50 eur di commissione :eek:
BEN MAGGIORE DI QUANTO ERA PRIMA :mad:
 
Ieri mattina il ministero dello Sviluppo economico è stato completamente evacuato in fretta e in furia.

C’era forse una bomba,
una minaccia di attacco terroristico,
il pericolo di un crollo strutturale?

Niente di tutto questo.

Per svuotare il grande edificio burocratico è bastata la positività al Covid-19 di un dipendente,
peraltro già a casa da qualche giorno come misura precauzionale.

Ora, dato che i demenziali protocolli elaborati dal Comitato tecnico scientifico prevedono anche la completa sanificazione di tutti i relativi locali,
ci vorranno almeno due giorni prima di riprendere la normale attività.



A questo proposito, interpellato in diretta da una sconcertata Myrta Merlino, il professor Matteo Bassetti ha così commentato:


“Il Sars-Cov-2 non è l’Ebola, questi sono estremismi, se lo facessimo nel nostro ospedale

(Il San Martino di Genova), lo evacueremmo tutte le mattine.

Sono esagerazioni che portano la popolazione ad avere terrore di questo virus, che è sbagliatissimo”
.


Non solo, mi permetto di aggiungere, mantenendo questa folle linea prudenziale,
che ha di fatto paralizzato gran parte della funzionalità del settore pubblico,

i suoi costi diretti e indiretti saranno altissimi, andando ad aggravare ulteriormente una situazione del sistema Paese già piuttosto drammatica.


Inoltre, pur condividendo pienamente lo sconcerto della conduttrice de L’aria che tira,

non possiamo non rilevare pure in questa stimata professionista la medesima contraddizione che caratterizza molti suoi colleghi in questi tempi di pandemia.

Infatti, poco prima di affrontare il grottesco caso del Mise, la Merlino aveva dato ampio risalto al tema dei contagi,
come se questi ultimi rappresentassero la malattia grave.


Ebbene, se per pure ragioni di audience si continua ad indugiare su questo devastante equivoco,

quando i numeri ci dicono che la stragrande maggioranza dei soggetti infetti lo sono senza sintomi,

non si può poi cadere dal pero se per un positivo si sgombera d’emblée uno dei più grandi ministeri dello Stato italiano.



Sul piano delle ridicolaggini autolesionistiche l’enfasi giornalistica sui contagi, che genera una paura ingiustificata,
non è certamente da meno rispetto al “si salvi chi può” rivolto ai suoi dipendenti dal ministro grillino Stefano Patuanelli.


Ma al di là di tutto, questo ennesimo episodio di ordinaria follia sanitaria dimostra ancora una volta,

se ce ne fosse ancora bisogno, che il terrore governa da troppo tempo questo disgraziato Paese.
 
Stasera ho sentito per caso la conduttrice dire :

"però più del 70% dei nuovi positivi sono asintomatici"

Purtroppo dopo più di 10 minuti di puro terrore.
 
Nei giorni del dopo referendum in tanti si domandano se sia stata ferita la Costituzione.

Se abbia perso la politica o vinto i partiti, e se le libertà collettive (oggi globali secondo certi) stiano soverchiando quelle individuali.

Si potrebbe asserire che hanno vinto i partiti in modo trasversale, e che il singolo elettore sarebbe destinato a perdere comunque.

E perché i cittadini stanno al sistema come i giocatori al banco… e le regole sono sempre destinate ad essere fissate da pochi.

Ecco perché si fa un salto nel tempo a metà anni ‘60 dello scorso secolo, per meglio comprendere
come le libertà siano da sempre un bene prezioso, e che a dircelo siano stati i poeti.

Ma veniamo all’esempio.

Pier Paolo Pasolini era davvero poco allineato (e gestibile) da parte dell’alta burocrazia del Partito comunista italiano:
su di lui pendevano le stesse remore ed antipatie partitiche già manifestate dai dirigenti del Pci verso Ennio Flaiano e Curzio Malaparte.
Il problema era sempre lo stesso, la non acquiescenza intellettuale verso le politiche di libertà collettiva,
l’irrefrenabile egoismo dei liberi pensatori troppo sbilanciati verso le libertà individuali.


Così Pasolini fece sfregio alla dirigenza dell’allora Pci incontrando Ezra Pound e George Orwell,
autori ritenuti distanti anni luce dalle istanze d’una società che sarebbe dovuta divenire sempre più collettiva
(oggi diremmo, seppur con evidenti differenze, globalizzata).

E lo sfregio toccava vette inusitate nella nota intervista del poeta italiano di Casarsa all’esiliato Pound.

Non si fa certo peccato a ricordare che, così Pasolini s’era reso inviso a tutta la partitocrazia italiana:
il Pci di Luigi Longo lo gelava ed il Msi di Arturo Michelini non era disposto a difenderlo
(Ezra Pound era un simbolo per extra parlamentarismo neofascista).

Pasolini, non pago, filmava un suo monologo contro la società e la partitocrazia (oggi visibile in rete, ieri secretato nelle teche Rai)
accusando tutte le parti in commedia politica di omologazione culturale.

Oggi la stessa accusa d’omologazione e d’acquiescenza alla “libertà globale” andrebbe rivolta ai vari Nicola Zingaretti, Matteo Salvini e Giorgia Meloni,
rei d’aver detto e fatto le stesse scelte dei seguaci di Beppe Grillo.

Tutti colpevoli di non aver compreso i rischi a cui sono esposte le libertà costituzionali.

Colpevoli (e ciechi) acquiescenti verso la prospettiva che porterebbe la società globale a limitare le nostre libertà costituzionali.

Limiti che verrebbero imposti per difendere i grandi operatori economici e finanziari,
per difendere il potere (e non i popoli) dal terrorismo globale e, ultime arrivate,
le difese sanitarie per le sempre più frequenti epidemie e minacce varie per la salute collettiva.



In parole povere, per in bene collettivo (e globale) dovremmo rinunciare alla democrazia parlamentare ed alle libertà individuali.

E forse, con vari piccoli colpi di spugna, vedremmo estinguere cultura e dottrina giuridica costruita in secoli.

Così, scusa i vari rischi globali, l’Italia sceglie una via autocratica e prona a quel sistema
che vorrebbe sostituire i diritti costituzionali dei cittadini con le regole utili al “partenariato pubblico-privato”:
ovvero quel sistema di norme che nei fori internazionali rende gli stati soccombenti verso le multinazionali.

Un fenomeno involutivo, che genera un feudalesimo cibernetico, nel quale i tecnologici servi della gleba
vengono controllati dalle security delle multinazionali, ormai parificabili alle polizie dei singoli stati
(anzi più forti, e perché il poliziotto è un vigile urbano di paese se confrontato con un addetto alla sicurezza d’una multinazionale):
lo abbiamo già visto con le indagini della Procura di Lecce sui contadini ribelli che ostacolavano l’oleodotto Tap.

Di fatto il cittadino retrocede a suddito, perdendo così il bagaglio delle libertà individuali.



Il problema delle Libertà fondamentali è un concetto classico, dibattuto fin dall’antichità:
trova corrispondenza nella filosofia del diritto, oltre che nella storia del diritto italiano,
nel diritto costituzionale e nella sociologia del diritto.

Aristotele, Platone, Socrate hanno sentito l’esigenza di dibattere sul tema delle libertà individuali
almeno quanto Kant, Hegel, Marxs, Gentile, Croce...

Ma oggi l’uomo medio italiano (forse anche planetario) prova quasi vergogna nella difesa delle libertà individuali,
poiché convinto che le libertà globali debbano essere il fine ultimo della lotta politica.


E qui s’innesta l’impostura, infatti le libertà globali non sono altro che la base del nuovo diritto feudale:
viene espropriata la libertà dei singoli, al fine d’edificare l’esercizio del diritto da parte dei potenti della terra su tutto.

Questi ultimi pongono sullo stesso piano l’omicida e la vecchietta che non paga una tassa:
com’era costume giudiziario nelle monarchie assolute, dove la povera gente veniva punita indipendentemente dal delitto commesso.

Forca che egalitariamente poneva sullo stesso piano ladri, assassini, mendicanti e nemici del potere.

E la giustizia italiana, a cui credono sempre meno cittadini, s’è da tempo incamminata verso antichi sentieri pregiacobini.


Sempre meno gente rammenta che le libertà individuali sono l’insieme delle libertà proprie e inalienabili di ogni individuo.

Comprendono la libertà d’opinione,

la libertà di spostarsi sul suolo nazionale,

la libertà d’espressione e manifestazione del pensiero,

di religione... quindi politica e di fede.



In uno stato democratico, le libertà collettive sono comunque quelle la cui titolarità spetta comunque al singolo:
ma sono collettive perché acquistano significato attraverso l’esercizio che di esse facciamo in più soggetti.

Collettivo non significa che un singolo ci debba incarcerare per il bene del pianeta,
o schiavizzare perché la globalizzazione ne tragga beneficio.


Poi ricordiamoci che la libertà di associazione e di riunione è di tutti, e non solo di chi s’è preso la gestione del Paese.

La nostra Costituzione pone come principi fondamentali dell’uomo queste libertà fondamentali.

L’articolo 21 della Costituzione italiana sancisce che “ognuno ha diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”,
anche se troppi italiani s’autocensurano o reputano la libertà di pensiero possa renderli invisi al potere.

Certo molti articoli della Carta andrebbero aggiornati alla “rivoluzione social”: come l’articolo 15 sulla libertà e segretezza della corrispondenza
e d’ogni altra forma di comunicazione (non avevano previsto Facebook e compari).


Per noi tutti non più ragazzini le libertà fondamentali sembrerebbero scontate, inalienabili.


Ma ora qualche dubbio fa capolino, perché a mettere mani alla Costituzione saranno gli uomini di Zingaretti, Salvini, Meloni e Beppe Grillo:
e tutti, dico tutti, sarebbero capaci di mandare in galera Pasolini per le sole poesie e dichiarazioni.


Nessuno degli attuali parlamentari forse ha mai letto Pasolini, Pound, Orwell… ma non c’è eletto tra Camera e Senato

che non consideri i cittadini dei sudditi a cui andrebbero limitate libertà personali, politiche e culturali.


Quanto sta succedendo veniva preconizzato in uno storico video in cui Gianroberto Casaleggio
dava per ineluttabile la fine della democrazia così come l’abbiamo conosciuta nel passato secolo:
quindi spiegava che, perché vinca la libertà globale ci verrà chiesto (credo imposto) di rinunciare a quella individuale.

In certe parti del Pianeta ci sono da tempo forze dell’ordine (private o a contratto col pubblico)
che giurano fedeltà al potere e non certo rispetto di carte costituzionali o difesa d’istituzioni:
sempre più polizie difenderanno il potere dall’ira dei popoli.



E se scrivessimo di questi fatti all’infinito, comunque non bucheremmo la cappa indifferenza che ci avvolge.
 
Ennesimo riciclone:d:
Sono ancora in vacanza per qualche giorno :)... dovevo venire io in Sardegna per portare vento a 50 km orari, pioggia e 14 gradi di temperatura... praticamente il meteo alpino:d::wall:
Buona settimana a tutti :)
 
Sono scoppiati scontri tra le forze armene e azerbaigiane nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, con almeno un elicottero azero abbattuto.

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha detto che l’Azerbaigian ha lanciato un attacco aereo e con l’uso di artiglieria pesante,

mentre l’Azerbaigian ha affermato che stava rispondendo ai bombardamenti lungo tutto il fronte.

Entrambe le parti hanno riferito di morti civili, le vere vittime di questa guerra che appare infinita.




Il ministero della Difesa armeno ha dichiarato che un attacco agli insediamenti civili, inclusa la capitale regionale Stepanakert, è iniziato alle 08:10 ora locale di ieri.

Ha confermato di aver abbattuto due elicotteri e tre droni e distrutto tre carri armati.

“La nostra risposta sarà proporzionata e la leadership politico-militare dell’Azerbaigian ha la piena responsabilità della situazione”, si legge in una dichiarazione.

Più tardi si è anche saputo che una donna e un bambino sono stati uccisi e ulteriori rapporti di vittime sono in corso di verifica.


Intanto l’Azerbaijan ha annunciato “un’operazione controffensiva delle nostre truppe lungo tutto il fronte per sopprimere
l’attività di combattimento delle forze armate armene e garantire la sicurezza della popolazione civile”.


Il bombardamento intensivo di diversi villaggi ha portato alla morte o al ferimento di civili e gravi danni alle infrastrutture, ha detto il suo ministero della Difesa.

Ha aggiunto che un elicottero era stato perso ma l’equipaggio era sopravvissuto e 12 sistemi di difesa aerea armena erano stati distrutti.
Ha negato altre perdite riportate dall’Armenia.


La guerra va avanti, con fasi alterne, dalla fine dell’URSS nel 1991.

L’Armenia si appoggia alla Russia, con cui condivide anche la fede cristiana,

mentre l’Azerbaigian si è appoggiato alla Turchia ed agli USA per le forniture alimentari.


Dal punto di visto economico Baku ha risorse petrolifere ed energetiche che Yerevan si sogna,
ma queste, per raggiungere l’occidente, o vanno verso la Russia o verso l’Iran,
perchè il transito diretto verso occidente dovrebbe passare in Armenia.

Un caso in cui entrambe avrebbero interesse a collaborare, ma, purtroppo, non lo fanno e forse non lo faranno mai.
 
Lo scontro fra armeni ed azeri nel Nagorno Karabakh si sta allargando, e rischia di diventare l’ennesimo fronte di confronto fra Ankara e Mosca.

Ora ufficialmente la Turchia è coinvolta nella guerra Armenia-Azerbaigian.

Ieri il presidente del Nagorno-Karabakh A. Harutyunyan ha detto che gli F-16 turchi hanno bombardato le posizioni armene nell’area sin dalla mattina.


Nello specifico, ha affermato: ” Abbiamo dozzine di vittime civili. Gli F-16 turchi sono in funzione dalla mattina.
Anche agli scontri partecipano insieme ai soldati azeri e turchi, ma anche islamisti dalla Siria
!”
Nagorno-Karabakh President: Turkish F-16s from Ganja, Azerbaijan took part in the bombing. pic.twitter.com/HCbs25X9Vn
— 301 (@301_AD) September 27, 2020

Secondo Flightradar 24, domenica notte i quattro Bayraktar TB2 turchi hanno sorvolato l’Armenia,
probabilmente per colpire posizioni militari vicino all’Azerbaigian o fare da apripista ai caccia con l’individuazione dei bersagli.


Ed ecco che le divisioni già presenti in Libia ed in Siria fra potenze mediorientali si viene a riproporre anche nella regione del Caucaso:


la Turchia, attraverso il suo ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşo .lu, ha dichiarato il proprio appoggio
(le truppe turche sono già in Azerbaijan) a Baku, mentre l’Egitto ha annunciato il proprio appoggio al Cairo in Armenia.



Nel frattempo, continuano gli attacchi aerei, principalmente utilizzando UCAV turchi Bayraktar armati di missili MAM-L.

Putin esprime forte preoccupazione per l’escalation della guerra tra armeni e turchi azeri

Il presidente russo Vladimir Putin ha espresso la sua profonda preoccupazione per l’escalation nella regione dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh)
in una conversazione telefonica con il primo ministro armeno Nicole Pasinian.

Notiamo che Mosca, amica di Yerevan, chiama il presidente armeno e questo indica un progressivo allineamento fra i due paesi.

La telefonata, avviata dall’Armenia, “si è concentrata sulla situazione nella zona del Nagorno-Karabakh “, ha detto il Cremlino.

Se la situazione diventasse troppo drammatica non è impossibile un intervento diretto di aiuti dal paese fratello,
anzi colonne di camion russi sono indicate in entrata in Armenia attraverso l’Iran.

Non è ben chiaro cosa trasportino, ma sembrano mezzi pesanti.
Russia trucks are entering #Armenia via #Iran's border crossing. pic.twitter.com/z7xvKuuCi6
— Mete Sohtaoğlu (@metesohtaoglu) September 27, 2020

A questo punto la Turchia sarebbe riuscita nel grande risultato di aver aperto un nuovo fronte con Egitto e Russia.


La guerra mondiale si allarga un passo alla volta.
 
Aveva ragione il grande Pirandello, non c’è opera che abbia scritto senza uno straordinario insegnamento del senso della vita,
del resto non si prende il Nobel per caso, solo ad Obama è toccata questa fortuna.


Molte maschere e pochi volti sembra tagliato apposta per la maggioranza,
ipocrisia e falsità politica ma per il resto nulla,
a partire dalla conoscenza delle necessità,
della realtà e della verità sullo stato dell’arte di un paese
che può riprendersi e ripartire solo col contrario delle ricette giallorosse.


Del resto solo aver bruciato 100 miliardi senza ottenere non solo una inversione di tendenza
ma nemmeno un cambio di direzione nella crescita e ripresa dell’economia, della fiducia,
della soluzione dei problemi sul tavolo che anzi si sono aggravati.


L’elenco sarebbe lungo ma basterebbe pensare che sono a rischio un milione di posti di lavoro,
perché il blocco dei licenziamenti non è stata una cura ma solo la maniera per coprire con una pezza la ferita purulenta e virulenta che c’è sotto.



Così come non è stata una cura l’enormità di danaro spesa in assistenza perché come diceva Einaudi,
“sul mercato si soddisfano domande e non bisogni” e l’assistenza non è mai un modo per stimolare l’intrapresa,
la produzione, l’occupazione che genera fatturato, aumenta il Pil e il volume generale dei redditi.


Viene da mettersi le mani nei capelli infatti a sentire il Premier elogiare gli effetti del reddito di cittadinanza,
che non solo è stato un flop disastroso costato fino ad ora 10 miliardi, ma è servito a stimolare il nero
e a premiare per un verso gli sfaticati e per l’altro furbetti e delinquenti, visto che dai controlli a posteriori ne sono uscite fuori di tutti i colori.



Come viene la pelle d’oca a sentire che in questo ultimo trimestre e all’inizio del 21, ci saranno sorprese sulla ripresa rispetto alle attese, con quali dati è sconosciuto, perché come abbiamo più volte scritto basterebbe farsi un giro per l’Italia per capire il contrario.


Del resto se un milione di persone rischiano il posto vuol dire che una quantità di aziende rischiano la chiusura,
un ridimensionamento forte, un fallimento alle porte, per non dire che sarebbe utile sapere quali previsioni abbia fatto il governo
sulla stagione turistica invernale alle prese col covid, perché l’unica ripresa certa è quella dei contagi.



L’anno scorso infatti la pandemia è esplosa a marzo inoltrato salvando per intero il fatturato della stagione invernale,
parliamo di un volume grande di Pil che si è salvato, perché come è noto il mese di dicembre sulla neve è di turismo pieno
e arriva a scavalcare l’anno con le vacanze di natale.


Cosa succederà quest’anno sugli impianti, alberghi,località sciistiche?
Cosa succederà col covid sulle funivie, seggiovie, le attrezzature di risalita?

Con tutta probabilità succederà lo stesso se non in peggio, perché sulla neve è tutto più complicato,
di ciò che è successo nelle località di mare questa estate che complessivamente hanno perso un fatturato enorme.


Insomma parliamo di 4 mesi visto che la stagione invernale parte a dicembre e arriva a marzo, talvolta ai primi di aprile,
e l’Italia si sa è uno dei paesi più attrezzati al mondo per il turismo invernale, per tradizione e per le bellezze naturali dalle alpi agli appennini.


Ecco perché viene il sorriso, seppure amaro, a sentire il Premier e il Ministro Gualtieri parlare di trimestre finale sorprendente
e di inizio d’anno più che positivo.

Insomma come avverrebbe il rimbalzo?
Per via di quali stimoli?
Di quali interventi?

Forse i monopattini, il reddito di cittadinanza, i bonus, il blocco degli sfratti e dei licenziamenti?

Forse con i banchi con le ruote, lo Smart working?


Quale rimbalzo se tutti i 160 tavoli di crisi restano irrisolti,
i cantieri fermi,
gli investimenti pure,
la leva fiscale non è stata utilizzata,
anzi si profila l’invio di milioni di cartelle
e un inasprimento sugli immobili che ci chiederà l’Europa per erogare il recovery,
come se la casa non fosse già devastata dalle tasse?


Quale sarebbe il piano di rilancio per un riscontro tanto sorprendente, il cuneo sul costo del lavoro e basta?

Come se un paese come il nostro, depredato per via di una spesa pubblica fuori controllo
che obbliga ad una spremitura fiscale da aguzzini per sostenerne il peso,
tornasse in quota con un po’ di cuneo in meno, con qualche eco bonus, bicilette e monopattini.


Ma non scherziamo, qui c’è uno stato che costa un’eresia e non funziona perché è tutto una burocrazia,
c’è un leviatano da paura, tra impiego pubblico eccessivo, enti inutili, municipalizzate colabrodo,
organismi inconcludenti, costi esplosivi per l’accoglienza che non controlliamo
ma scelleratamente incentiviamo, paghiamo un botto ciò che non serve e non è mai servito.



Perché i giallorossi che sono cattocomunisti e grillini assieme, sanno bene che in Italia per colpa loro
è stato messo in piedi un mostro statale per il clientelismo elettorale specialmente al sud,
che oggi ci si rivolta contro per i costi insopportabili e le inefficienze e per metterlo in piedi
si è generato un debito pubblico che solo di oneri al servizio ci dissangua.


Il cattocomunismo ha generato per decenni un paese da socialismo reale impedendo l’opzione liberale,
che brucia risorse e succhia sangue all’economia con cifre da pazzia, per rimetterlo in riga e spingerlo
ad una crescita adeguata servirebbe una bomba atomica fiscale, una potatura generale,
una revisione dell’apparato e della spesa epocale, altroché il taglio dei parlamentari
per il risparmio mentre si aumentano stipendi, compensi, consulenti, assistenti e dipendenti.


Del resto scusate vi risulta mica che non fosse altro per pudore rispetto a chi soffre,
dalle più alte cariche dello Stato, ai ministri, ai vertici delle aziende pubbliche, qualcuno si sia ridotto lo stipendio?


Ma mi faccia il piacere direbbe Totò, infatti a tridico ci ha pensato Di Maio per regalo di bravura, che vergogna.


Ma poi tutto questo chi lo paga?

Chi paga se le aziende muoiono, chiudono, licenziano perché non ce la fanno e le tasse si mangiano i consumi?

E guardate il recovery sarà un prestito mica un regalo, dovremo restituire i soldi con la ripresa, ma quale?

Quella giallorossa fatta di chiacchiere,sprechi,navigator,monopattini e idiozie?

Sarà questo a risollevarci da un più caduto in doppia cifra e un debito al 160 percento?

Ancora Totò e ancora ma mi faccia il piacere.


Serve una diversa politica industriale, fiscale, sociale, il lavoro produttivo lo crea l’impresa e non l’assistenza trasformata in spesa,

serve la fiducia e non la paura di essere controllati, schedati come nei soviet, a partire dal contante,

serve la semplicità del fare impresa e non le leggi e i collegati di 400 pagine incomprensibili,

serve dire basta ai cattocomunisti e alla sinistra ipocrita e dannosa.

Serve un Paese più democratico, liberale, snello, semplice a viverci, ad inventarsi un lavoro, un’attività,

un Paese senza la giustizia ingiusta, il fisco Torquemada, senza uno Stato che ti frega e prende solo,

un Paese dove il cittadino è rispettato piuttosto che sottomesso.


Il contrario del Paese giallorosso, troppe maschere come quella da Joker di Beppe Grillo.


Grillo a proposito del grande Pirandello.
 
Autunno = Influenza. Più ancora in inverno.Dai tempi di Noè.
I catastrofisti vengono portati in giubilo. Dai giornalai di supporto.

Senza mascherine, in Italia, ci saranno fino a 700 morti al giorno per coronavirus prima del 2021.

Lo afferma un nuovo studio americano, disponibile sul sito ‘Worldometer’ e riportato dal ‘Fatto Quotidiano’.

Non è tutto: sempre lo stesso studio ipotizza 15mila contagi al giorno a novembre e oltre 40mila a dicembre.
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E poi abbiamo i "so tutto io". Che non hanno mai visto un malato od un letto d'ospedale.
Ma curati e tienti tutti i tuoi malati, così noi avremo più letti disponibili.

Pierluigi Lopalco è stato eletto in Puglia.
Grazie ai quasi 15 mila voti presi, è entrato nella giunta presieduta da Michele Emiliano
e, contestualmente, è nominato nuovo assessore alla Sanità.

L’epidemiologo, uno dei volti più noti agli italiani in questi sei mesi di pandemia, docente all’università di Pisa,
lo scorso inverno era già stato nominato dal governatore a capo della task force regionale.

“Se abbiamo questa ripresa del Covid è anche per effetto di una propaganda scriteriata di alcune forze politiche del Nord
che doveva dire che il virus non esiste e che quindi potevamo tornare a curarci nelle cliniche del Nord perché sono sicure”.

“Sono di sinistra da sempre. Ho votato i Verdi, i Ds e il Pd. Quando lavoravo a Stoccolma, nel 2009, venivo chiamato ‘Italiano Bunga Bunga’:
per reazione ho fondato il circolo del Pd ‘Sinistra sottozero’, in tutti i sensi”.

Tra Galli e Zangrillo, ha detto, “non c’è partita: Zangrillo non è un esperto e credo che certe frasi avessero anche finalità strumentali.
È il grosso problema dei medici, a cui manca un approccio scientifico: la realtà è solo quello che vedono loro”.
Tra i due, quindi, preferisce Massimo Galli del Sacco di Milano: “È Maradona. Anzi no, ancora meglio: Pelè“.

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“Il mio ottimismo è fondato, si deve essere realisti, non negazionisti, il virus c’è ed è molto contagioso
ma dobbiamo anche dire agli italiani che quello che stanno facendo ha portato risultati straordinari.
Il nostro sistema sanitario è migliore di altri, molto organizzato.
I numeri grezzi della mortalità dimostrano che siamo più bravi, stiamo guarendo le persone”.


“Le curve possono essere estrapolate da qualunque motore di ricerca, anche internazionale e quindi non riferibile solo all’Italia.

La paura non deve essere il motivo dominante del nostro ragionamento.

È ormai confermato che alcune persone più a rischio devono essere protette, ma questo non significa non vivere.

Bisogna fidarsi di un sistema sanitario che ha armi efficaci.
Il 15% delle forme gravi è legato ad un difetto di risposta immunitaria, è emerso da una ricerca pubblicata da Science.
Oggi siamo molto ottimisti, le cose stanno andando bene”.
 

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