PREFERIREI MORIRE DI PASSIONE CHE DI NOIA.

Un recente scandalo ha coinvolto la Deutsche Bank.
Si parla di un giro di riciclaggio di denaro sporco per oltre 10 miliardi di dollari che vedrebbe coinvolti persino i vertici della banca tedesca.
Non è però la prima volta che questa banca è risultata essere al centro di scandali simili.
E così viene meno il modello virtuoso della Germania?
Di quel Paese efficiente, irreprensibile ed estraneo a qualsiasi fenomeno di corruzione?
Su #Byoblu24 il commento dell’economista Alberto Micalizzi.

Tutti in Svizzera a comprare liberamente l’idrossiclorochina
Il farmaco rimane vietato in Italia ma si può acquistare in altri Paesi, anche molto vicini ai nostri.
Parliamo dell’idrossiclorochina facilmente reperibile in Svizzera, dal Nord Italia pensate
sono stati organizzati persino dei pulmini per partire verso Lugano, Chiasso, Bellinzona e le altre città elvetiche per assicurarsi più dosi possibili.
Sulla reale efficacia di questo farmaco contro il Covid-19 su #Byoblu24 è intervenuto il ricercatore Pasquale Mario Bacco.

La Convenzione di Faro che mina la nostra eredità culturale
Può essere limitata la fruizione dei beni culturali e del patrimonio artistico di una nazione?
Il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione di Faro sull’eredità culturale e sui beni culturali che ha fatto sorgere un’aspra polemica.
Nel nostro Tg l’intervento del critico d’arte Vittorio Sgarbi.

Vladimir Putin candidato al Premio Nobel per la Pace
Dopo la candidatura di Donald Trump al premio Nobel per la Pace del 2021 ne arriva un’altra particolarmente roboante: quella del presidente russo Vladimir Putin.
Queste le motivazioni alla base della candidatura del presidente russo:
“per gli sforzi fatti per mantenere la pace nel mondo e gli aiuti che la Russia ha fornito a vari Paesi colpiti dall’emergenza Covid19,
tra cui anche l’Italia con l’invio di gruppi di medici specialisti a Bergamo”.
 
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Il Parlamento amputato diventerebbe pure oligarchico e autocratico

se eletto con metodo proporzionale, soglia di sbarramento e liste bloccate!


L’opinione pubblica deve essere mobilitata e i media dovrebbero perciò farsi campioni del collegio uninominale a doppio turno,
nella variante perorata dal principe dei politologi, Giovanni Sartori.

All'eventuale ballottaggio dovrebbero partecipare non i primi due candidati ma i primi tre,
assicurando così rappresentatività, governabilità, scelta.


L'ideale, quasi, della democrazia rappresentativa.


La frittata è fatta.

Ora è indispensabile evitare che bruci.

Una legge elettorale che combinasse il riparto proporzionale dei seggi,

ridotti a quattrocento deputati e duecento senatori elettivi,

con una soglia di sbarramento ipotizzata al cinque per cento

e con le liste bloccate dei candidati, costituirebbe una miscela esplosiva.


Vogliamo credere che neppure i più convinti sostenitori del Sì possano approvare che il Parlamento amputato
venga affittato a quattro/cinque locatari che decidano insindacabilmente chi alloggiare.

L’amputazione ha già prodotto e produce di per sé un effetto di schiacciamento delle minoranze elettorali,
cioè delle correnti di pensiero e dei gruppi politici, restringendo pericolosamente la rappresentanza democratica.

Se vi si aggiunge una soglia di sbarramento della percentuale prospettata,
lo schiacciamento viene amplificato ed aggravato, esasperando il tasso oligarchico delle elezioni generali.

Diminuiranno gli eleggibili a petto degli elettori.

Il valore del rapporto elettori/eletti calerà.

Un maggior numero di elettori sentirà l’amaro sapore dell’esclusione.

Il distacco dell’elettore diventerà ineluttabilmente frustrazione politica allorché constaterà che le liste bloccate,
seppure gli consentano di scegliere un partito, tuttavia non lo lasciano libero di scegliere un eletto in carne ed ossa,
nel che alla fin fine consiste la rappresentanza parlamentare rettamente intesa.

Se l’elettore sceglie il partito, sarà il partito a scegliergli l’eletto,
mettendo in ordine di preferenza, in rapporto ai voti e a criterio proprio, gli eligendi
.

In tal modo il connotato oligarchico dell’elezione, già inaccettabile, sarà viepiù rafforzato dal carattere autocratico delle candidature, non meno inaccettabile.


Tutto questo vero e proprio obbrobrio della democrazia parlamentare,
al momento è un reale pericolo che incombe sulla politica, non un semplice timore ipotetico
e può essere scongiurato se le forze politiche vengano indotte, con i mezzi tipici della discussione e della ragione,
ad abbandonare il progettato sistema elettorale e ad abbracciare l’alternativa che può scongiurarne gli effetti deleteri implicati e connessi.

L’alternativa esiste ed è inoppugnabile, avallata da Giovanni Sartori.

Si tratta del sistema maggioritario di collegio, nel quale, se nessun candidato consegue la maggioranza assoluta dei voti,

è previsto il ballottaggio non tra i primi due candidati più votati, ma tra i primi tre.


La “variante Sartori” dell’elezione con collegi uninominali ha numerosi vantaggi evidenti.

Il primo, l’elettore conosce fisicamente i candidati, può valutarli in quanto tali e in relazione al partito di candidatura.

Il secondo, nel ballottaggio non si troverà davanti all’alternativa secca tra due candidati, ma potrà scegliere tra tre partiti e tre candidati.

Il terzo, la rappresentatività e la governabilità del sistema saranno esaltati e rafforzati dal fatto
che l’elettore sentirà molto meno lontana la maggioranza parlamentare venutasi a creare.

Se non è l’ideale puro della democrazia rappresentativa, gli somiglia abbastanza.


Diversamente, il Parlamento amputato si pervertirà pure in uno sgorbio politico e costituzionale.
 
Forse....c'è un Giorgetti troppo allineato con il berlusca......
ma arrivare a dire che sia vantaggioso e desiderabile un sistema economico sociale
centrato sul neo-liberasmo, può far piacere solo a chi vive di denaro pubblico e lavurà minga.


Ha cominciato Angelo Panebianco con un articolo sul Corriere della Sera dello scorso 3 agosto, dal titolo “Ritorna il partito del debito di Stato”.
Nello scritto non si parla esplicitamente di Lega o di Salvini.


Il tema è una reprimenda contro i “Keynesiani de’ noantri”, cioè i neo-statalisti
giudicati responsabili dello sperpero di denaro pubblico e dei “numerosissimi e gravissimi fallimenti dello Stato”.

Il professore la prende alla larga per concludere su quanto sia vantaggioso e desiderabile
un sistema economico-sociale centrato sull’applicazione delle ricette neo-liberiste
.

A un certo punto del ragionamento inserisce una considerazione che sembrerebbe fuori contesto.

Scrive Panebianco:” È stato istruttivo leggere che il responsabile economico del Pd,
Emanuele Felice (lui, per lo meno, Keynes lo ha letto), considera “di destra” due esponenti del suo stesso partito,
il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.
La loro colpa è di essere rappresentanti di una parte del Paese di cui non possono non interpretare umori e preoccupazioni:
soprattutto, la paura che lo Stato continui a dissipare risorse in assistenzialismo anziché impegnarsi per ridare slancio all’economia di mercato”.

È un messaggio in codice destinato all’ala liberista della Lega, di stretta derivazione bossiana,
a disfarsi dell’ingombrante “Capitano” per dare vita a una transizione moderata in accordo con i liberisti accampati a sinistra.


La decodifica è in un gustoso articolo di Alessandro Giuli dal titolo:
“Da Panebianco a Mieli e Giorgetti. Gattopardi in arrivo?” pubblicato il 26 settembre sul sito “Liberiamo l’Italia”.


Dopo Panebianco Paolo Mieli, che si fa più diretto nel “consigliare” alla Lega un cambio a U di strategia.

In un’intervista all’Huffington Post del 25 settembre l’ex direttore del Corsera asserisce che il Covid sia stato il Big bang che ha cambiato la Storia.

Anche l’Europa è cambiata e da matrigna si è fatta zattera per i popoli in difficoltà. Italiani compresi.

Di tale mutazione, prosegue Mieli, i sovranisti nostrani dovrebbero prendere atto e, a loro volta, cambiare registro.

Accertato che per approdare nella stanza dei bottoni le “spallate” non funzionano,
i sovranisti a giudizio di Mieli devono fare una rivoluzione importantissima sul terreno della politica internazionale.

In particolare la Lega deve chiedere l’iscrizione al Partito popolare europeo per
“mettersi nel solco dei partiti moderati e conservatori europei e rinunciare…
”.

Giacché non vi sono politici buoni per tutte le stagioni, Mieli suggerisce a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini un dignitoso cambio di mestiere:

“Salvini e Meloni dovrebbero candidarsi rispettivamente a sindaco di Milano e sindaco di Roma.
Lo facciano fin da subito dentro un contesto di rivoluzione culturale e poi coglieranno i risultati”.


Un modo elegante per dire ai due di togliere il disturbo consentendo ad altri di raccogliere i frutti dell’albero elettorale che loro hanno scosso.

Giorgetti ripete alla lettera le parole di Mieli nell’affermare che sia stato un errore strategico
non aver votato la mozione contro il dittatore Lukashenko all’Europarlamento.

Ora, non siamo nella testa di Salvini per dirvi cosa farà.

Tuttavia, il “Capitano” accetti un consiglio.

Prima di compiere mosse avventate rifletta su un dato incontrovertibile:

nella storia della Seconda Repubblica vi sono stati casi di partiti che muovendo da posizioni di forte critica

o antagonistiche verso lo strapotere in Europa della Germania

hanno invertito la rotta ponendosi sotto l’ala protettrice della forza continentale dominante.


La conseguenza della loro giravolta è stata la caduta verticale del consenso.

In Italia c’è un nocciolo consistente di filo-europeisti felici di vedere consegnato il Paese alla leadership franco-tedesca.

Essere colonizzati ammazza l’orgoglio nazionale ma ha i suoi vantaggi.

Questa parte di connazionali, culturalmente progressista, non ha bisogno di imbarcarsi in dubbie avventure partitiche
giacché ha un solido punto di ancoraggio nel Partito democratico, garante del filoeuropeismo subordinato ai poteri eurocratici.



Se anche la Lega dovesse piegarsi al dominio franco-germanico, come di recente ha fatto il Cinque stelle,
sconterebbe un’emorragia di consensi che la farebbe regredire elettoralmente ai numeri della Lega bossiana.

E, visto che in politica gli spazi vuoti si occupano, farebbe un grosso favore a Fratelli d’Italia lasciando alla Meloni, già in crescita di suo, una prateria di voti.

Ma farebbe un grosso regalo anche all’ala radicale dei Cinque stelle che con Alessandro Di Battista
troverebbe nell’euroscetticismo abbandonato da Salvini il leitmotiv per un “grillismo 2.0”
da opporre alla componente governista pro-establishment del Movimento, destinata a estinguersi.

Si potrebbe dire che, in fondo, sono problemi di Salvini e della Lega: che se la sbrighino tra loro. Ma non è così.

Il crollo del primo partito della coalizione della Destra plurale non si tradurrebbe in un totale travaso di voti agli altri partner.

Ne beneficerebbero i pentastellati radicali, gli anti-europeisti di Gianluigi Paragone,
accreditati da un sondaggio di Piepoli di un 6,9 per cento di consensi nelle intenzioni di voto e crescerebbe l’astensionismo.

Ciò provocherebbe un allontanamento della coalizione dalla soglia di autosufficienza parlamentare necessaria per governare il Paese.

Si dice che la Lega sia un partito “leninista” perché decide tutto il capo.

Se è così, Salvini ci pensi bene prima di combinare il “Papeete 2”.

Chi rompe paga. E i cocci stavolta non sarebbero soltanto i suoi.
 



Ci sono eventi che riescono a concentrare buona parte della cattiva conoscenza in Italia.

Quando un evento para-culturale viene ad essere pagato da contributi di enti pubblici potete essere sicuri
che ciò che ne risulterà non sarà frutto di una discussione scientifica, ma dei desiderata dei paganti.


Così è per il “Festival dell’economia di Trento”, ennesima passarella di volontà distruttive del nostro paese.

Al coro di voci pro MES si è aggiunta quella di Vincenzo Visco, governatore della Banca d’Italia,
che entra in gamba tesa su questo tema scottante, con considerazioni politiche che vanno ben oltre il suo compito.


Per questo vi proponiamo un riassunto di tutti i motivi per il NO al Mes,
ottimamente riassunti da Giuseppe Liturri su Startmag.

Non potremmo fare di meglio. Buona lettura.


  1. Il Mes finanzia SOLO spese sanitarie direttamente ed indirettamente connesse al Covid.

  2. Quindi non c’è spazio per chi si illude di finanziarci qualsiasi altro capitolo, peraltro preponderante, della spesa sanitaria in Italia.

  3. In dettaglio: la dotazione annua del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) è di circa 120 miliardi.
  4. Basta avere un minimo senso delle proporzioni tra tutte le altre patologie purtroppo esistenti ed il Covid,
  5. per rendersi conto che non potremmo mai giustificare spese per 36 miliardi connesse al Covid.

  6. Non a caso, il Governo ha inserito solo 1,7 miliardi di maggiori spese sanitarie in uno dei decreti di primavera.

  7. Solo quelle potremmo eventualmente rendicontare al Mes, qualora accedessimo al finanziamento.

  8. Si potrà inoltre rendicontare una quota dei costi del sistema sanitario che è stato dirottato a sostegno del Covid,
  9. per esempio i reparti di altre patologie riconvertiti per poche settimane in reparti Covid; ma parliamo sempre di somme modeste.

Chi invoca il Mes, improvvisamente preso da amore per la nostra sanità,
deve avere l’onestà intellettuale di ammettere che serve una nuova legge di spesa,
in quanto a legislazione vigente c’è ben poca cosa, per poter accedere con successo al prestito del
Mes.

Purtroppo si tratta quasi sempre degli stessi soggetti politici che, a partire dal 2011, hanno impedito, a colpi di tagli,
una fisiologica crescita del FSN consentendo di tenere appena il passo dell’inflazione,
quando seguire il progresso della ricerca e della tecnologia avrebbe richiesto tassi di crescita a doppia cifra.

Sono i campioni dei piani di rientro che tanto male hanno fatto alla nostra sanità.

Il fatto che il prestito del Sure sia stato molto richiesto è una conferma della tossicità del Mes:

come mai sono accorsi ben 17 Paesi (l’Italia dovrebbe ricevere 27 miliardi) e nessuno ha chiesto il Mes?

Da notare che il Sure finanzia spese già previste a legislazione vigente (Cassa integrazione, indennità 600 euro, ecc…)
e quindi non fa aumentare il deficit/Pil già autorizzato.

Il Mes, come spiegato, comporta una preventiva decisione di spesa e quindi aumento del deficit.



  1. Il prestito del Mes non arriverebbe subito.

  2. Infatti è noto dai documenti ufficiali che sarà erogato in quote mensili non superiori al 15% del totale quindi,
  3. nella migliore delle ipotesi, ci vorranno almeno 7 mesi per ricevere l’intera somma.
  4. Qualcuno in questo Paese ritiene seriamente che si debbano attendere i soldi col contagocce
  5. per avviare un robusto programma di potenziamento del sistema sanitario, peraltro necessario a prescindere dal Covid-19?

  1. Il tema della convenienza economica dato dalla presunta differenza tra tasso del BTP a 10 anni
  2. ed il probabile tasso di interesse del Mes intorno allo 0/0,10% è frutto di una sottrazione senza senso,
  3. da bocciatura a qualsiasi corso base di finanza dove insegnano a paragonare i tassi di strumenti finanziari omogenei per condizioni, durata e garanzie.
    1. Non c’è omogeneità di condizioni.
    2. L’indebitamento con titoli pubblici non ne prevede.
    3. Il Mes prevede invece uno specifico vincolo di destinazione alle spese connesse al Covid-19.
    4. Inoltre prevede, cosa ancora più grave, l’obbligatorio (mentre in altri casi resta una facoltà)
    5. assoggettamento a misure di sorveglianza rafforzata
    6. (dal momento della richiesta fino alla completa erogazione)
    7. e sorveglianza post-programma (fino al rimborso almeno del 75% del prestito),
    8. così come dettagliatamente spiegato al punto 4.

    9. Non c’è omogeneità di garanzie.
    10. Il Mes, per Trattato istitutivo è creditore privilegiato,
    11. mentre tutti gli altri creditori dello Stato sono “pari passu”.
    12. Tutti (Gualtieri in testa) svicolano di fronte alla domanda finalizzata a conoscere
    13. l’ipotetico tasso di un prestito sindacato (sottoscritto cioè da pochi grandi investitori istituzionali)
    14. richiesto sul mercato dallo Stato italiano, offrendo ai creditori lo status di creditore privilegiato.

    15. Sulla scadenza di 10 anni, alcuni operatori di mercato ritengono si possa spuntare un tasso intorno allo 0,10%.

    16. A questo punto la differenza col tasso del Mes diventerebbe inesistente e si volatilizzerebbero i presunti miliardi di risparmio.

    17. In alternativa, se il privilegio non fosse un problema, Gualtieri avrebbe il coraggio di chiedere il prestito al Mes,
    18. specificando che non si applica lo status di creditore privilegiato?

    19. Davvero improbabile che il direttore Regling applicherebbe ancora un tasso intorno allo zero.

    20. Sorvoliamo sul probabile peggioramento del rendimento dei tassi della massa dei titoli pubblici
    21. in conseguenza dell’ingresso di un creditore privilegiato nel rimborso.

    22. Ci sono tesi contrastanti a questo proposito.
    23. Si noti però che, su una massa di debito di 2500 miliardi, bastano pochi punti base di aumento dei tassi,
    24. per vanificare l’eventuale beneficio ricevuto dal prestito del Mes.

    25. Non c’è omogeneità di durata.
    26. Il tasso del Mes è variabile
    27. e dipende dal loro costo di raccolta nel momento in cui si finanzieranno emettendo obbligazioni,
    28. quindi non è comparabile col tasso del BTP 10A.

    29. Facendo libere scelte di raccolta per durata e valuta che hanno ovviamente un rischio,
    30. il Mes ha detto chiaramente che ribalta automaticamente sui Paesi debitori il relativo costo,
    31. così come è già accaduto con Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro.

    32. Nel caso della linea Pandemic Crisis Support, per fortuna,
    33. il costo medio (più commissioni) di queste emissioni, da ribaltare sul debitore,
    34. scaturirà da un “magazzino” separato e dedicato.

    35. Ed allora perché farsi intermediare dalle scelte del Mes, quando abbiamo la possibilità di andare autonomamente sui mercati?

    36. Se il Tesoro italiano ritenesse più opportuno finanziarsi con un Bot a 12 mesi (oggi al -0,22%),
    37. correndo il relativo rischio di tasso e liquidità (peraltro oggi abbastanza trascurabili) rispetto ad un BTP a 10 anni?

    38. Oppure emettere bond in dollari USA su altre scadenze (ancorché oggi più costosi)?

    39. Fare una differenza oggi tra il tasso del BTP ed il tasso del Mes e proiettarlo per 10 anni per calcolare il risparmio di interessi,
    40. è un esercizio che restituisce un risultato diverso ogni giorno.

    41. E questo è sufficiente per dichiararne l’inconsistenza.

    42. E se il tasso BTP 10A, come probabile dati gli ingenti acquisti della BCE,
    43. scendesse intorno allo 0%, dove finirebbero i fantastiliardi di risparmi sugli interessi?

    44. Gli acquisti della Bce in corso e programmati fino a metà 2021 con il programma PEPP
    45. (con i reinvestimenti dei titoli in scadenza almeno fino al termine del 2022),
    46. e fino al momento in cui saranno rialzati i tassi con il programma APP
    47. (con reinvestimenti per un periodo sufficientemente lungo successivo al rialzo dei tassi) sono ingenti.

    48. Nel periodo marzo/luglio le emissioni nette del Mef sono state pari a 108 miliardi,
    49. mentre gli acquisti netti della Bce sono stati pari a 109 miliardi (36 Pspp e 73 Pepp).

    50. Ciò significa che tutto il maggior fabbisogno del Tesoro è stato assorbito dalla Bce che continuerà a farlo al ritmo di 25 miliardi al mese.

    51. In pratica sul mercato, gli altri operatori (banche soprattutto) sanno già che basterà comprare BTP in asta
    52. e poi cederli alla BCE e, se volessero aumentare le loro consistenze si troverebbero di fronte ad un’offerta insufficiente,
    53. con conseguente rialzo dei prezzi e discesa dei tassi.

    54. Cosa che si sta regolarmente verificando da maggio.

    55. Inoltre il costo di quei 109 miliardi (per un totale di circa 500 miliardi detenuti al 31/7),
    56. di titoli di Stato italiani acquistati da Bce/Bankitalia è pari sostanzialmente a zero.
    57. Infatti quegli interessi torneranno da Banca d’Italia al Tesoro sotto forma di dividendi del bilancio 2020.
    58. In definitiva, il costo marginale del debito italiano acquistato da BCE è zero e lo sarà a lungo,
    59. finché continueranno i rinnovi. E continueranno, altrimenti si dissolverà l’eurozona.

  1. Il Mes è l’anticamera della Troika e di misure macroeconomiche correttive.

  2. Infatti, la lettera di Gentiloni e Dombrovkis del 7/5 ha natura di mero impegno politico e nessun valore giuridico.


  3. Premesso che nulla cambia nel Trattato del Mes (in cui gli articoli 13 e 14 tracciano la strada che porta ad un programma di aggiustamento macroeconomico),
  4. con essa si promette di disapplicare l’articolo 3 (commi 3, 4 e 7), l’articolo 7 e 14 del regolamento 472/2013
  5. che disciplinano la sorveglianza rafforzata e post-programma.
  6. Tale missiva, non a caso, ha solo dato luogo alla modifica di un regolamento delegato (877/2013)
  7. che dispone la reportistica per lo Stato membro soggetto a monitoraggio (ex art. 10 del Regolamento 473/2013).
  8. Nessuna modifica è stata invece apportata al Regolamento 472/2013.
  9. Perché hanno ritenuto di modificare con un atto legislativo un aspetto tutto sommato residuale
  10. come una tabellina per il report delle spese, ed hanno lasciato immutato il 472/2013?
  11. Forse perché la Commissione intendeva lasciarlo esattamente così com’è?
  12. Con la minaccia di misure correttive ben in vista nell’articolo 14(4)?

La Troika c’è, esiste, e potrebbe essere presto tra noi, egregio signor Governatore della Banca d’Italia.
 
Chi è esentato dal pagamento del canone Rai

Secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio 2020 è stata riconfermata l'esenzione del canone per le persone over 75 anni
con un limite di reddito fissato agli 8mila euro. Inoltre sono esonerati gli anziani conviventi con collaboratori domestici, colf e badanti.

Tra le altre categorie escluse ci sono coloro i quali ne usufruiscono per effetto di convenzioni internazionali:
  • gli agenti diplomatici, ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961;
  • i funzionari o gli impiegati consolari, ai sensi dell'articolo 49 della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963;
  • i funzionari di organizzazioni internazionali, esenti in base allo specifico accordo di sede applicabile;
  • i militari di cittadinanza non italiana o il personale civile non residente in Italia di cittadinanza non italiana appartenenti alle forze NATO di stanza in Italia, ai sensi
  • dell'articolo 10 della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951.
Aspetto abbastanza particolare riguarda i possessori di tablet e pc. La nota dell'Agenzia esclude,
difatti, tutti quegli strumenti che non sono televisioni ma da cui è possibile, comunque, vedere tutti i contenuti trasmessi in chiaro.
Quindi, in questo caso per il consumatore è possibile non pagare il canone Rai ma deve essere presentata una dichiarazione di non detenzione di un apparecchio tv.

Come chiarisce l'Agenzia, "per avere effetto per l’intero anno, deve essere presentata a partire dal 1° luglio dell’anno precedente ed entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento.
La dichiarazione presentata dal 1° febbraio ed entro il 30 giugno dell’anno di riferimento ha effetto per il canone dovuto per il semestre luglio-dicembre del medesimo anno".

Quindi, la dichiarazione presentata:
  • dal 1° luglio 2019 al 31 gennaio 2020 esonera dal pagamento per l’intero anno 2020
  • dal 1° febbraio al 30 giugno 2020 esonera dal pagamento per il secondo semestre (luglio-dicembre 2020)
Il periodo di validità è "per l’anno in cui è stata presentata", quindi va ripresentata ogni anno, per sempre.
La stessa dichiarazione deve essere inoltrata quando sussiste la titolarità di più contratti per utenza elettrica residente, nella stessa abitazione o in abitazioni diverse.
È il caso di seconde case non residenti, per cui non va pagato il canone in quanto questo, come stabilito dalla legge, è dovuto una sola volta per ogni famiglia anagrafica,
cioè "un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincolo affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune"
(art. 4 D.p.r. 223/1989).
Nel caso in cui le famiglie abbiano presentato la dichiarazione ma si siano viste addebitare più volte il canone, può essere presentata domanda di rimborso di cui parleremo dopo.

Come richiedere il rimborso del canone e per quali motivi?
È possibile richiedere il rimborso se si è in una delle condizioni indicate precedentemente, e per ognuna delle fattispecie deve essere indicato, come riportato dalla Rai, un codice specifico:
  • Codice 1 se "il richiedente o un altro componente della sua famiglia anagrafica è in possesso dei requisiti di esenzione relativi ai cittadini che hanno compiuto il 75° anno di età con reddito complessivo familiare non superiore a 6.713,98 euro ed è stata presentata l'apposita dichiarazione sostitutiva. Per l’esenzione relativa all’anno 2018 il reddito complessivo familiare dell’anno precedente (2017) deve essere non superiore a 8mila euro";
  • Codice 2 se "il richiedente o un altro componente della famiglia anagrafica è esente per effetto di convenzioni internazionali (ad esempio, diplomatici e militari stranieri) ed è stata presentata l’apposita dichiarazione sostitutiva";
  • Codice 3 se "il richiedente ha pagato il canone mediante addebito sulle fatture per energia elettrica, e lui stesso o un altro componente della famiglia anagrafica ha pagato il canone anche con modalità diverse, ad esempio mediante addebito sulla pensione";
  • Codice 4 se "il richiedente ha pagato il canone mediante addebito sulle fatture per energia elettrica e lo stesso canone è stato pagato anche mediante addebito sulle fatture relative ad un'utenza elettrica intestata a un altro componente della stessa famiglia anagrafica";
  • Codice 5 se "il richiedente ha presentato la dichiarazione sostitutiva di non detenzione di apparecchi televisivi da parte propria o dei componenti della sua famiglia anagrafica";
  • Codice 6 per motivazioni differenti dalle precedenti, riassumendo sinteticamente le motivazioni.
Le domande di rimborso, devono essere inviate, congiuntamente alla copia di un valido documento di riconoscimento,
con una raccomandata all'indirizzo Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale I di Torino - Ufficio Canone TV - Casella Postale 22 – 10121 Torino (TO).


Moduli e istruzioni per richiedere il Rimborso Rai
Le domande più frequenti
 
Non si sa cosa abbia spinto nel 2005 una ventina di Paesi nell’ambito del Consiglio d’Europa a riunirsi a Faro (Portogallo)
e sottoscrivere un accordo sui beni culturali di cui all’apparenza non vi era proprio bisogno.


Tra questi l’Italia, ministro degli Esteri era Gianfranco Fini, quello dei Beni culturali Rocco Buttiglione,
che ora, dopo 15 anni, ha ratificato la Convenzione facendola così entrare in vigore anche nel nostro Paese.


L’ovvietà dei principi recati dal testo già è evidente dall’articolo 1 che rimarca i
l valore potenziale del patrimonio culturale sottolineando l’importanza della sua conservazione e il suo ruolo nella costruzione di una società pacifica e democratica
.


Tra le altre banalità la Convenzione afferma “il diritto al patrimonio culturale” da parte dei cittadini e invita perciò i Paesi sottoscrittori
a “promuovere azioni per migliorare l’accesso al patrimonio culturale, in particolare per i giovani e le persone svantaggiate”.

Cerca di dare un’ulteriore definizione di patrimonio culturale, inteso non come insieme di “oggetti”
ma come “risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà,
come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione”.


La definizione, che si aggiunge a quelle già esistenti a livello Unesco e a quelle offerte dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio,
di fatto ci ricorda che il patrimonio culturale è la nostra eredità e che bisogna cercare di renderlo fruibile a tutti.

Tale profonda quanto ovvia riflessione induce a chiederci cosa si nasconde di nuovo tra le righe dell’articolato, che sia sfuggito ai parlamentari di oggi e ai negoziatori del 2005.


L’articolo 4, ad esempio, prevede che le parti firmatarie

“riconoscono che l’esercizio del diritto al patrimonio culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica,
per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà”.

In che modo la fruizione del patrimonio culturale sarebbe incompatibile con la democrazia, l’interesse pubblico, i diritti altrui e la libertà non si comprende.

La sensazione che si tratti di qualcosa di incomprensibile è confermata dalla lettura del successivo articolo 7 della Convenzione,
secondo il quale le parti firmatarie si impegnano a stabilire procedimenti di conciliazione per gestire equamente
le situazioni dove allo stesso patrimonio culturale siano attribuiti da comunità diverse valori contraddittori
.


Altrettanto indefinito l’obiettivo che si prefigge la creazione di un apposito comitato preposto al monitoraggio
che sembra pensato proprio per svolgere funzioni di polizia culturale,
una sorta di censura
si spera non nei confronti di quella parte cospicua della nostra arte costituita dalla raffigurazione del sacro,
qualcosa che per molte denominazioni religiose costituisce anatema.


Un patrimonio culturale non deve essere oggetto di negoziazione e di mediazione,
ancor meno di meccanismi di conciliazione o di monitoraggio.
Esso è, prima di tutto, un fattore identitario che non può in alcun modo subire limitazioni o conciliazioni!



In questo senso è venuto in soccorso un emendamento al disegno di legge di ratifica volto ad affermare
che dall’applicazione della Convenzione non potranno derivare limitazioni rispetto ai livelli di tutela,
fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale garantiti dalla Costituzione e dalla vigente legislazione in materia.


Di fronte a un lessico così anodino è naturale che ai più diffidenti il pensiero sia andato al 2016,
quando in occasione della visita del Presidente della Repubblica islamica dell’Iran, si coprirono statue di nudi con schermi di cartone.


È vero che questo è avvenuto pur in assenza dell’attuale Convenzione in nome di un relativismo culturale provinciale.

Comunque i diffidenti si chiedono cosa cambierà se qualcuno ci chiederà di oscurare le immagini di Dio
oppure se qualcuno sarà urtato dalla raffigurazione della nudità, dalla quale è iniziato il nostro Rinascimento e della quale è impregnata tutta la classicità?

Si coprirà tutto?

Siamo inoltre sicuri che, ratificando una Convenzione del genere, non si dischiuda la via a ridicoli e gravi esercizi di autocensura preventiva?


L’accordo non pone obblighi agli Stati, è un cosiddetto “accordo quadro”.

Una cosa è chiara: il patrimonio culturale non è di destra né di sinistra e tantomeno deve essere soggetto al politically correct.
Esso, stratificatosi nei secoli, non dovrà mai essere oggetto di limitazioni, di conciliazioni, di mediazioni
da parte di comitati che procedano a cessioni identitarie o a sbianchettamenti della nostra cultura
.


Negoziato da un Governo di destra e ratificato da uno di centrosinistra si spera che l’accordo abbia come obiettivo
l’affermazione del valore intangibile della cultura e non altro.

Una norma di chiarimento però sarebbe più che mai utile.
 
Ma vi rendete conto che nelle farmacie non si trovino i vaccini per l’influenza perché sembra che le scorte siano insufficienti?

Noi abbiamo fatto la prova ed effettivamente in parecchie farmacie dove siamo andati la risposta è stata non ci sono,
ogni commento è superfluo, ci vorrebbe il tribunale.

Diteci voi se in un Paese dove i cittadini da mesi e mesi vengono impauriti col Covid-19
e contemporaneamente rimbambiti dall’invito, quasi dall’obbligo, a vaccinarsi contro l’influenza stagionale,
non si provvedano poi nelle farmacie le dosi necessarie, roba da matti.



Ma fosse questo, perché, dopo il successo del sì al referendum, ottenuto con l’ipocrisia del risparmio e della velocizzazione in parlamento,

fatevi un giro per camera e senato, tutti i giorni praticamente vuote, aule deserte, come se non ci fosse nulla da fare, un clima da vacanza generale.



Eppure nella modifica costituzionale approvata c’era l’indicazione ordinatoria di procedere entro 60 giorni alla riscrittura dei collegi e della legge elettorale,
dunque dal giorno dopo la vittoria onestà e dignità, specialmente dei promotori grillini, avrebbe imposto di mettersi all’opera.

Al contrario è tutto fermo, alle camere per trascuratezza e per mancanza di rispetto del voto referendario,
al governo perché gli scontri e le minacce fra Pd e grillini, sulla scuola, sul Nadef e soprattutto sul Mes, immobilizzano i lavori.


Nel mentre i figliocci del comico di corte, quelli che avrebbero dovuto attaccare la casta ed aprire il sistema come una scatola di tonno,

fanno festa e si ritrovano in un bucolico agriturismo, con tanto di scorte, auto blu, servizi ed assistenze, per decidere del futuro del Paese in mano loro.



Dentro questo quadretto da operetta d’appendice, il premier e il ministro super dell’economia,
annunciano che la ripresa sarà più forte del previsto, che saremo sorpresi dalla crescita, c
he sui progetti del Recovery fund siamo i più veloci d’Europa, tutto bene madama la marchesa.


Eppure l’Italia cola a picco, corre il rischio di nuove chiusure da covid, su atlantia autostrade si sta andando allo scontro totale,
lo stesso sull’ex Ilva, su Alitalia è tutto fermo come su Whirlpool e su una quantità indefinita di crisi aziendali emergenti.


Però il governo si sbraccia a difesa del presidente dell’Inps, che dovrebbe essere cacciato non per lo stipendio subdolamente aumentato,

ma per i casini che ha combinato, dalla Cig, al click day, alle dichiarazioni contro le aziende a quelle sui soldi che mancavano.


Per non parlare della difesa del commissario a tutto, parliamo di Arcuri, che non ne ha azzeccata una dall’inizio della pandemia,
basterebbe pensare alle mascherine, così come quella della ministra Lucia Azzolina, che tra dichiarazioni e provvedimenti sbagliati
ha trasformato l’inizio dell’anno scolastico in una barzelletta amara.

Perfino sul concorso per l’assunzione di 32mila docenti c’è da mettersi le mani nei capelli,
anche perché parliamo di un fardello di spesa statale che diventerà strutturale,
quando al contrario su tutto l’apparato pubblico servirebbe una revisione puntuale per la verifica degli sprechi e degli eccessi.

Dell’apparato pubblico tutto si può dire anziché sia striminzito nel suo complesso,
tra diretto e indiretto siamo allo stato ovunque, milioni e milioni di bonifici garantiti tutti i mesi,
mentre il segmento produttivo rischia la fame, licenziamenti e fallimenti.


Eppure al posto di pensare a sostenere chi la ricchezza la produce si pensa alle assunzioni di quelli che la ricchezza la consumano,

si pensa al reddito di cittadinanza per i nullafacenti, ai bonus per i furbetti e i delinquenti, incredibile ma vero.



Con questo governo manca proprio la contezza di come un Paese possa stare in piedi,
perché senza produzione di ricchezza da distribuire resta solo nuovo debito da fare,
tanto è vero che siamo arrivati al 160 percento sul Pil, e continuando ad aumentare la spesa
anziché il fatturato produttivo si corre incontro ad un botto complessivo.


Ecco perché bisognerebbe destinare le risorse al sostegno dell’impresa, delle attività, dei consumi,

intervenire poderosamente sulla leva fiscale anziché aumentare la spesa statale come se fossimo dentro un processo di crescita forte e generale.


Qui non ci si rende conto che il Paese è fermo,

che il Pil piomberà in doppia cifra,

che la gente risparmia su tutto sia per paura e sia per mancanza di lavoro e di futuro,

che andiamo incontro ad un consuntivo economico pauroso,

che è il mercato è bloccato perché mancano le condizioni di stimolo e sostegno fiscale e generale,

che quando tireremo la linea dei conti impallidiremo tutti quanti.


Eppure maggioranza, governo e premier vanno in televisione a farsi l’autocelebrazione,

a farsi belli in telecamera azzimati, a dirci che è tutto a posto e siamo un modello mondiale

solo perché l’ha scritto qualche giornale e l’Oms che è un carrozzone l’ha confermato,

i giallorossi hanno trasformato l’organizzazione mondiale della sanità in una nuova agenzia di rating
.


Ovviamente non è così e con questa maggioranza stiamo precipitando

e se ne accorgeremo presto anche gli statali che si sentono sicuri al caldo del bonifico e del lavoro a casa,

perché i loro stipendi non sono pagati coi risparmi dei giallorossi, ma col sudore del lavoro delle aziende,

dei lavoratori in fabbrica, in negozio, in laboratorio, con le attività d’impresa, col rischio di chi investe e produce,

col fatturato del privato che oggi teme il collasso, altroché successo.


Del resto Winston Churchill diceva che i comunisti quando partono non sanno dove vanno,
quando arrivano non sanno dove sono e tutto quello che fanno lo fanno coi soldi degli altri.


Siamo al si salvi chi può, ecco perché delle due l’una, o si cambia governo e si mette il Paese in mano a chi è capace,

oppure diamoci pace e magari la prossima volta prima di votare sarà meglio ricordare il governo giallorosso, intelligenti pauca.
 

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