Riapertura bordelli

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Riapertura Bordelli

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Dato l'alto tasso di disoccupazione giovanile, in Ungheria non è semplicissimo trovare lavoro. Ma se sei di sangue rom può diventare ancora meno semplice. "Sono zingara, non mi vogliono dare lavoro," mi spiega la 24enne Elizabet. "Agli ungheresi non piacciono i rom."

Dopo aver inutilmente cercato un impiego a Budapest, Elizabet ha deciso di trasferirsi ad Amsterdam, "per fare la prostituta. Non ho trovato altro. E senza soldi, non sopravvivo."

Martedì VICE ha pubblicato un'intervista a un uomo che frequenta regolarmente le prostitute del quartiere a luci rosse di Amsterdam e documenta le sue esperienze attraverso un blog. Lange, questo il suo pseudonimo, ci ha detto di aver investito molti soldi nella frequentazione di prostitute, ma parlando con Elizabet è evidente che la sua esperienza non corrisponde a quella che è la realtà della maggior parte delle lavoratrici del sesso di De Wallen. L'affitto, comprensivo della vetrina e della piccola stanza sul retro in cui lavora, le costa 100 euro al giorno. Per 20 minuti di "succhiata e scopata" chiede 50 euro, ma nei giorni più blandi scende anche a 40.

Quando va bene guadagna tra i 300 e i 400 euro a turno, ma i giorni che si chiudono con questo bilancio sono sempre più rari, e distanti dalle vite delle escort d'alto bordo di cui Elizabet aveva sentito parlare. "Sono ancora povera, ma non ai livelli di quando ero in Ungheria. E risparmio il più possibile." Continua a raccontare, spiegandomi che a volte fatica anche solo ad andare in pari: "Ci sono giorni in cui guadagno il giusto per pagare l'affitto. Ma a volte va diversamente, e altre volte ancora non viene nemmeno un cliente."

Di solito attacca alle 10 di mattina, e finisce alle 6 di sera. Cerca di evitare il turno di notte per paura dei turisti ubriachi e di ogni altro rischio che il quartiere a luci rosse offre una volta che gli spacciatori iniziano a circolare. A differenza di altre prostitute di Amsterdam non ha "buttafuori" o papponi, quindi sceglie con cura i suoi clienti.

"So capire le persone, anche se non capita sempre," spiega. "A volte ho paura, perché non c'è nessuno che possa soccorrermi."

Elizabet occupa il turno facendo il possibile per attirare quanti più clienti riesce. "Ballo, mando baci ai passanti, mi invento di tutto. A volte funziona. Altre no. Quando funziona, chiedo i soldi appena entrano e li metto via, al sicuro. Non mi fido di nessuno. Poi spoglio il cliente e mi butto sul letto."

La stanza a disposizione di Elizabet è occupata da un piccolo materasso verde lime e dalla sua cassaforte grigia. Lo spazio restante accoglie a malapena un lavandino e una sedia, con la lampadina che penzola dal soffitto e una compilation di Europop anni Novanta in sottofondo. La totale mancanza di romanticismo non la preoccupa: Elizabet mi dice che non vuole assolutamente fare la "fidanzata in affitto", e aggiunge che di solito il tempo a disposizione è talmente poco da non lasciare spazio per preliminari o una qualche conversazione.

"[Durante il sesso] non faccio facce né urlo o sospiro; me ne sto lì, sdraiata. Non mi piace, quindi perché fingere? Di norma fisso l'orologio, in modo da controllare quanto tempo rimane. Penso sia per questo che tanti non vengono, quando facciamo sesso."

Madella, un'altra prostituta che si è trasferita ad Amsterdam dal Perù con i due figli adolescenti, dice di essere disposta a fare tutto ciò che chiede il cliente, finché è per soldi. "A volte diventano un po' troppo emotivi, ma onestamente a me non interessa," mi dice. "Se pagano, a me sta bene. Possiamo fare tutto quello che vogliono—se pagano."

Quando le chiedo dei clienti abituali, Elizabet risponde così: "Non ho mai avuto lo stesso cliente per due volte. Sono per lo più turisti—inglesi, americani, australiani—quindi capita che siano in città solo per una notte."

Madella, al contrario, dice che i suoi clienti sono per la maggior parte olandesi—ma nemmeno lei sembra troppo ansiosa di farsi una clientela fissa. "Vengono principalmente olandesi," dice. "A volte hanno un pessimo odore, e se l'odore è insopportabile li mando al diavolo: non prendo chiunque." Quando le domando se qualcuno ha mai reagito negativamente alla sua richiesta di andarsene non si scompone più di tanto: "Non direi. Qui il lavoro è buono. A volte non viene praticamente nessuno, e in quei casi è terribile. Ma altre volte va bene, e faccio un po' di soldi." Quando chiedo a Elizabet se le piace il suo lavoro, la sua risposta non mi sorprende: "Mi piacciono i soldi," dice sorridendo. "A volte il lavoro in sé mi rattrista, ma che posso farci?"

Delle circa 7.000 prostitute che lavorerebbero ad Amsterdam, la maggior parte non è di nazionalità olandese; Elizabet ipotizza che almeno l’80 percento arrivi dall’Est Europa. Infatti, la via in cui lavora è stata ribattezzata “Hungarystraat” per via della massiccia presenza di donne dall’Est Europa—soprattutto da Ungheria, Romania, Bulgaria e Russia.

Elizabet ha deciso autonomamente di trasferirsi dall’Ungheria ad Amsterdam e iniziare a lavorare nel quartiere a luci rosse, ma ha sentito storie di sue connazionali—o di altre esteuropee—costrette a prostituirsi sotto minaccia di papponi e organizzazioni criminali. “Prendono i passaporti, le controllano,” mi ha detto. “ Non possono scappare, è una brutta situazione.”

Non tutti mostrano questa comprensione per le condizioni drammatiche delle donne finite nella tratta. Metje Blaak, prostituta in pensione e portavoce delle prostitute dei Paesi Bassi, si è lamentata delle restrizioni contro il traffico di persone, che a suo giudizio avrebbero portato a più burocrazia per coloro che scelgono di lavorare nel mercato del sesso. “Ci sono molte donne che scelgono di essere prostitute,” mi ha scritto in un’email. “Ma il cosiddetto ‘aiuto’ per quelle che ci finiscono dentro contro la loro volontà, con quelle stupide regole e norme, impedisce alle donne libere di lavorare.”

A proposito di regole e norme, indipendentemente dalle rispettive idee in merito, a parlare con Elizabet non sembra che queste stiano funzionando granché. Tante donne senza risorse vengono portate qui con la promessa di lavorare, per poi essere costrette a prostituirsi finendo praticamente in trappola.

Anche Elizabet si sente in trappola, ma alla prospettiva di tornare a casa e ritrovarsi senza un lavoro. Sogna di tornare in Ungheria e farsi una famiglia, ma non ha idea di quando ci riuscirà. “Voglio avere dei figli e sposarmi, ma qui non trovo nessuno—lavoro sempre,” ha detto sospirando. “Non so se ci riuscirò mai.”

“Da bambina volevo diventare un manichino di quelli che stanno in vetrina, per indossare una miriade di vestiti,” mi ha spiegato. “Mia mamma mi diceva, ‘Non puoi—i manichini non sono persone vere.’ Era una cosa che divertiva tutti. Ma ora sono una prostituta.” Amici e familiari non sanno del suo vero lavoro: l’unica persona a conoscenza della cosa è sua madre, tutti gli altri pensano lavori in un hotel.

“Mia madre è l’unica che lo sa,” mi ha confidato. “Dice che non dovrei farlo, ma ho bisogno dei soldi, li mando a casa. Non voglio che il resto della famiglia lo sappia; non penso potrei tornare se lo scoprissero.”
COM'È VERAMENTE FARE LA PROSTITUTA AD AMSTERDAM

Madella mi ha raccontato una storia simile, dicendo di spendere tutto quello che ha per la famiglia. “All'inizio, quando sono arrivata in Olanda, per un po' ho lavorato in un supermercato sistemando la roba sugli scaffali,” ha detto, “ma ho cambiato subito lavoro, perché si fanno più soldi con la prostituzione. Lavoro per guadagnare e dare soldi alla mia famiglia.”

Nonostante le preoccupazioni, Elizabet mi ha detto che alcuni aspetti della sua vita ad Amsterdam le piacciono. “È bello qui. La gente è gentile, e sia la polizia che il proprietario sono molto rispettosi.” Ultimamente però, non vede l’ora di tornare a casa dalla sua famiglia e i suoi amici. “Voglio fermarmi, ma non posso,” ha detto. “Ho sempre i soldi in mente.”


Realizzato con la collaborazione di Elko Born.
Se di "bella presenza" veniva in Italia un politico che la metteva a NOSTRO (sic) carico lo "trovava".

Se si sposava:Dcostava/spendeva di+ e :godo: di -!!! Indi chiedeva(la donna) il divorzio e.........:sad::wall::help:
 
Ultima modifica:
Misteri:help:

il vero mistero è come tu Claire sia rimasta al "bordello"

quello è lo schema classico oramai superato; ci sono i club privè, dove sotto lo scudo dell'associazione gli adulti pagano e fanno quello che vogliono, ci sono i bar, gli affittacamere, gli alberghetti, gli appartamenti, i centri di benessere, quelli per massaggi a 2 a 4 o piu' mani....insomma il mercato del sesso è multiforme, variegato, in continua espansione .....inarrestabile e produce in giro d'affari enorme tanto che in alcuni paesi sta diventando una parte importante del prodotto interno lordo....... è un aspetto dell'economia che va regolamentato con urgenza e al piu' presto senza ricorrere a falsi moralismi, facendo lo struzzo o evitando il problema.......... soprattutto in Italia dove oramai l'unica industria sopravvissuta è l'industria in nero, quella del mercato sommerso
...si deve far emergere questo nero ......o dobbiamo dire tanto sesso per nulla ?
 
Cattocomunista radical chic, sei la rovina di questo paese.
Ma ormai sei il vecchio, stai scomparendo, lo capisci vero?
Non hai più nemmeno una parte politica, sei allo sbando, sei sola. :specchio:
 
Il grande assente nel dibattito sulla prostituzione

estrapolo, ma vale la pena di leggere tutto, anche se lunghetto

Anche solo leggendo le cronache, appare evidente l’intreccio tra tratta e prostituzione con maggiore libertà di movimento, di cui parla Lydia Cacho nel suo libro inchiesta in giro per il mondo – come ad esempio nel caso del locale Pussycat di Roma, dove i gestori del locale mescolavano studentesse italiane e giovani rumene e di altre nazionalità di cui alcune “smistate” a papponi romeni per la prostituzione in strada.

Non fa notizia in Italia che a una persona come José Moreno in Spagna sia stata data la licenza per aprire un altro mega-bordello nonostante fosse sotto inchiesta per tratta di esseri umani, né che in Germania Jürgen Rudloff (nella foto) possessore di tanti bordelli legali tra cui il Paradise di Stoccarda si sia semplicemente lavato le mani e sia rimasto incensurato quando è stato scoperto un giro di tratta che coinvolgeva anche il suo locale. In quale modo il variegato mondo dei veri protagonisti che fanno i veri profitti sulla prostituzione e sulla tratta per il mercato del sesso dovrebbe starsene inerte mentre donne nella prostituzione, fuoriuscite, intellettuali, femministe, liberi pensatori e politici si affannano nel dibattito e nelle proposte di legge? E infatti zitti lo sono solo apparentemente e non sempre lo sono. Non se ne sta zitto Dennis Hof, ad esempio, magnaccia legalizzato del Nevada, uomo potentissimo e ricchissimo, che già pensa ad espandere i suoi affari in Canada approfittando della nuova legge; non se ne sta zitta la tenutaria inglese Becky Adams che fa grande campagna per l’ “assistenza sessuale” ai disabili. Persone come loro chiedono a gran voce la liberalizzazione e depenalizzazione del loro business e che la prostituzione sia riconosciuta professione come tutte le altre.
La maggior parte sta zitta ma non può che ritenersi la più grande beneficiaria occulta (o pilotatrice?) della grandissima campagna mondiale di normalizzazione-banalizzazione della prostituzione che non esita a utilizzare argomenti del femminismo e dei diritti umani per raccogliere consensi.
La regolamentazione-depenalizzazione-normalizzazione della prostituzione ha causato, dovunque sia stata adottata, la depenalizzazione dei profitti terzi sulla prostituzione, a volte nascosta e occultata dal semplice affittare delle camere d’albergo a prezzi salatissimi (come ad esempio avviene in Svizzera). Va da sé che il settore legale è poi una minima parte dell’industria che resta per lo più sommersa, ma appare legale e più “pulita” ai benpensanti, rassicurati dal fatto di non vedere in strada il mercato del sesso, o vederlo meno, a causa delle norme repressive che lo vietano.

Chi pensa che legalizzando l’industria della prostituzione e facendo finta che sia un lavoro come ogni altro si sconfiggano le mafie e la tratta “pecca di ingenuità” come dice Lydia Cacho, perché le mafie non hanno alcun interesse a rinunciare ai loro affari, né lo faranno. Ciò non potrà che aumentare invece il loro capitale di consenso e la loro impunità, perché sempre più gente penserà che le donne in prostituzione sono libere, felici e ben pagate, la domanda crescerà sempre di più e tecnicamente sarà sempre più difficile perseguire gli sfruttatori, una volta che questi siano diventati “manager”.
 

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