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Contrabbando petrolio Isis, Saras nega le accuse ma il titolo affonda
Mercato azionario57 minuti fa (08.10.2020 12:03)
Di Mauro Speranza
Investing.com – Saras nel centro del ciclone dopo le accuse arrivate da un articolo de La Repubblica in cui si accusa la società di Massimo Moratti dell’acquisto di petrolio di proprietà di Daesh, Stato islamico dell’Iraq e del Levante (conosciuto anche come Isis) e il conseguente sospetto di frode fiscale.
L’articolo del periodico sta attirando le vendite sul titolo Saras (MI:SRS), in flessione superiore al 4% a metà mattinata, con le azioni che scendono a 0,497 euro.
Un comunicato stampa della società petrolifera ha negato ogni coinvolgimento, respingendo “fermamente ogni associazione del nome della società al contrabbando di petrolio e di carburante, in quanto del tutto priva di fondamento e lesiva della immagine propria e dei collaboratori del gruppo”
La società, inoltre, si dichiara “a disposizione nella piena consapevolezza della bontà e della trasparenza delle operazioni effettuate dal gruppo”. Infine, “Saras si riserverà di porre in essere ogni iniziativa a tutela del buon nome della società” e “ribadisce il proprio impegno nel contrasto di pratiche illecite sul mercato, anche attraverso la denuncia di comportamenti anomali e l'elaborazione di proposte di sviluppo della normativa”, conclude la nota.
Le accuse a Saras
L’articolo di Repubblica intitolato "Il petrolio dell'Isis nelle raffinerie sarde. Saras sotto inchiesta" racconta che tra il 2015 e il 2016 il petrolio dell’Isis è arrivato in Italia, in particolare in Sardegna, raggiungendo le raffinerie Saras di Sarroch. Si tratta di 25 navi con 12 milioni di oli minerali che avrebbero consentito alla società controllata per il 40 per cento dalla famiglia Moratti di ammazzare il mercato grazie a prezzi d'acquisto molto vantaggiosi.
Inoltre, spiega il quotidiano, l’operazione avrebbe permesso di frodare il fisco italiano per almeno 130 milioni di euro, mentre i terroristi di Daesh avrebbero finanziato la jihad.
Già lo scorso 30 settembre la procura antiterrorismo sarda perquisiva gli uffici Saras di Cagliari e di Milano, mentre i pm Guido Pani e Danilo Tronci indagavano il Cfo della società, Franco Balsamo, e il capo dell’ufficio commerciale Marco Schiavetti. Tra le ipotesi di reato, il riciclaggio, il falso in bilancio, oltre che a vari reati tributari.
L’operazione ruoterebbe intorno alla Petraco Oil company, società con sede legale a Londra e filiale operativa a Lugano. Dagli atti risulta che la società ha acquistato “gli oli minerali dalla Edgwaters Falls, società delle Isole Vergini”, la quale aveva comprato il carico da un’azienda turca, che a sua volta aveva acquistato il carico in Iraq, ma non si conosce la località
La Edgewater risulterebbe alla Guardia di Finanza quale “società di comodo” off shore di proprietà della stessa Petraco e il carico non sarebbe passato mai dalla Turchia come risulta dalle bolle ma è arrivato direttamente dall’Iraq dove è stato gestito prima dai curdi e poi dai terroristi di Daesh.
In questo contesto, Saras ha effettuato bonifici per circa 14 miliardi verso la Petraco Oil company e altre società gemelle compresa la Edgewaters. Inoltre, dalle Isole vergini sarebbero partite tre tranche di pagamento finite sotto l'attenzione degli investigatori: la prima di 217 milioni di dollari verso una società turca, la Powertrans, che secondo i documenti avrebbe dovuto fornire il petrolio; agli atti c'è un pagamento di 4 miliardi verso il governo federale curdo, nello specifico verso il ministero dell'Economia e delle Risorse naturali (il petrolio era loro); presso la filiale tedesca di Unicredit (MI:CRDI) è emersa un'operazione di storno di 60 milioni effettuata dalla Edgewaters al governo curdo.
Altri bonifici per 3,6 miliardi di dollari risulterebbero dai conti Edgewaters senza indicazione del beneficiario. I magistrati ipotizzano che la proprietà del greggio non era più curda, ma dell'Isis, conclude La Repubblica.
Di Mauro Speranza
Investing.com – Saras nel centro del ciclone dopo le accuse arrivate da un articolo de La Repubblica in cui si accusa la società di Massimo Moratti dell’acquisto di petrolio di proprietà di Daesh, Stato islamico dell’Iraq e del Levante (conosciuto anche come Isis) e il conseguente sospetto di frode fiscale.
L’articolo del periodico sta attirando le vendite sul titolo Saras (MI:SRS), in flessione superiore al 4% a metà mattinata, con le azioni che scendono a 0,497 euro.
Un comunicato stampa della società petrolifera ha negato ogni coinvolgimento, respingendo “fermamente ogni associazione del nome della società al contrabbando di petrolio e di carburante, in quanto del tutto priva di fondamento e lesiva della immagine propria e dei collaboratori del gruppo”
La società, inoltre, si dichiara “a disposizione nella piena consapevolezza della bontà e della trasparenza delle operazioni effettuate dal gruppo”. Infine, “Saras si riserverà di porre in essere ogni iniziativa a tutela del buon nome della società” e “ribadisce il proprio impegno nel contrasto di pratiche illecite sul mercato, anche attraverso la denuncia di comportamenti anomali e l'elaborazione di proposte di sviluppo della normativa”, conclude la nota.
Le accuse a Saras
L’articolo di Repubblica intitolato "Il petrolio dell'Isis nelle raffinerie sarde. Saras sotto inchiesta" racconta che tra il 2015 e il 2016 il petrolio dell’Isis è arrivato in Italia, in particolare in Sardegna, raggiungendo le raffinerie Saras di Sarroch. Si tratta di 25 navi con 12 milioni di oli minerali che avrebbero consentito alla società controllata per il 40 per cento dalla famiglia Moratti di ammazzare il mercato grazie a prezzi d'acquisto molto vantaggiosi.
Inoltre, spiega il quotidiano, l’operazione avrebbe permesso di frodare il fisco italiano per almeno 130 milioni di euro, mentre i terroristi di Daesh avrebbero finanziato la jihad.
Già lo scorso 30 settembre la procura antiterrorismo sarda perquisiva gli uffici Saras di Cagliari e di Milano, mentre i pm Guido Pani e Danilo Tronci indagavano il Cfo della società, Franco Balsamo, e il capo dell’ufficio commerciale Marco Schiavetti. Tra le ipotesi di reato, il riciclaggio, il falso in bilancio, oltre che a vari reati tributari.
L’operazione ruoterebbe intorno alla Petraco Oil company, società con sede legale a Londra e filiale operativa a Lugano. Dagli atti risulta che la società ha acquistato “gli oli minerali dalla Edgwaters Falls, società delle Isole Vergini”, la quale aveva comprato il carico da un’azienda turca, che a sua volta aveva acquistato il carico in Iraq, ma non si conosce la località
La Edgewater risulterebbe alla Guardia di Finanza quale “società di comodo” off shore di proprietà della stessa Petraco e il carico non sarebbe passato mai dalla Turchia come risulta dalle bolle ma è arrivato direttamente dall’Iraq dove è stato gestito prima dai curdi e poi dai terroristi di Daesh.
In questo contesto, Saras ha effettuato bonifici per circa 14 miliardi verso la Petraco Oil company e altre società gemelle compresa la Edgewaters. Inoltre, dalle Isole vergini sarebbero partite tre tranche di pagamento finite sotto l'attenzione degli investigatori: la prima di 217 milioni di dollari verso una società turca, la Powertrans, che secondo i documenti avrebbe dovuto fornire il petrolio; agli atti c'è un pagamento di 4 miliardi verso il governo federale curdo, nello specifico verso il ministero dell'Economia e delle Risorse naturali (il petrolio era loro); presso la filiale tedesca di Unicredit (MI:CRDI) è emersa un'operazione di storno di 60 milioni effettuata dalla Edgewaters al governo curdo.
Altri bonifici per 3,6 miliardi di dollari risulterebbero dai conti Edgewaters senza indicazione del beneficiario. I magistrati ipotizzano che la proprietà del greggio non era più curda, ma dell'Isis, conclude La Repubblica.