SE SIAMO TUTTI D'ACCORDO IO PASSEREI DIRETTAMENTE AL 2022 PER ESSERE PIU' SICURI

Mi sento di chiedere scusa a nome di tutti i miei colleghi che disseminano il terrore in questo momento così delicato…
noi che da sempre siamo chiamati a dare parole di conforto e speranza a pazienti terminali,
ora terrorizziamo perfino i “non pazienti”… siamo al paradosso!


1. È vero… nel pronto soccorso c’è il delirio… ho i volti terrorizzati dei pazienti che ho visitato in questi ultimi giorni
stampati dinanzi agli occhi e non riesco a trovare pace.. da una parte, una miriade di persone positive asintomatiche che si sono fiondate in ospedale terrorizzate…
perché impossibilitate ad isolarsi preservando i propri cari (non tutti possiedono una villa a tre piani, come biasimarli..)
e/o per paura di essere abbandonate dalla medicina territoriale ormai fallimentare e su cui non conviene intervenire..
dall’altra tutti gli altri pazienti negativi da ospedalizzare realmente, per patologie acute o oncologiche avanzate, completamente terrorizzati..
il loro unico pensiero è non avere il covid.. ho amaramente sorriso ieri dicendo ad un vecchietto in barella, che piangeva a telefono con la figlia,
“non si preoccupi, non ha il covid ma solo un polmone completamente collassato..ma non è per il covid, glielo giuro”


2. Vedo pubblicare, come ha fatto anche il nostro esimio governatore (ma quello neanche lo commento),
immagini radiologiche di polmoni devastati dal covid.. si, è vero la polmonite da covid è devastante..
ma perché non si diffondono le immagini tac di ragazzini, adolescenti devastati da leucemie/linfomi aggressivissimi,
immagini che ci gelano il sangue nelle vene quando quotidianamente le scorriamo?
Ragazzini che forse la movida non sapranno mai neanche cos’è..
Questi numeri non interessano nessuno?
Eppure la mortalità è di gran lunga superiore allo 0,4%
eppure non è necessario andare alla ricerca affannata dell’untore,
perché le responsabilità sono sotto gli occhi di tutti (mi riferisco ovviamente alla terra dei fuochi, allo smaltimento illecito dei rifiuti ecc ).



3. Mi rivolgo sempre ai miei colleghi.. torniamo ad essere medici, non sprofondiamo in questo vortice oramai più politico-economico che sanitario…
confortiamole e rassicuriamole le persone, è questo il nostro compito, lo abbiamo sempre fatto prima del covid con patologie infauste, perché ora facciamo il contrario?


Restate a casa se non necessitate di cure ospedaliere… permetteteci di curare chi ne ha necessità…
affidatevi ai medici curanti… e se non vengono a visitarvi, chiamatela questa maledetta polizia..
che una volta tanto sia al fianco di chi ha necessità e non sempre contro chi manifesta perché la propria dignità venga rispettata…
che non cerchi inutilmente camorristi nel caos di un manifestazione, ma nei silenzio dell’illegalità e dei traffici occulti.


E soprattutto… SIATE SERENI… PRUDENTI MA SERENI… sorridete per strada quando incontrate lo sguardo di qualcuno,
non guardatelo in cagnesco, che non vi sta infettando..

E ricordate che non abbiamo una vita di riserva.. e che la qualità della vita vale molto più della durata della vita stessa.
 
Causa forte emicrania :rolleyes:... stasera riciclo il 3d. Invece delle foto, Vi lascio una canzone... che secondo me va bene anche a 51 anni :d:

 
Il decreto “Cura Italia”, emesso nel marzo scorso dall’autocrate Giuseppe Conte, con l’assistenza dei pentastellati
– i quali stanno al diritto come il diavolo all’acqua santa – prevedeva che la prescrizione dei reati rimanesse sospesa durante la pandemia,
cioè in modo parallelo alla sospensione dei termini processuali ordinari.

E già questo parve assai strano, per chi godesse di un minimo di sensibilità giuridica,
in quanto si bloccava il decorso del tempo a svantaggio dell’imputato, ma senza che questi avesse un qualche minimo ruolo nelle cause del blocco, cioè la pandemia.


Oggi, la nostra Corte costituzionale è andata ben oltre nel percorso di sfaldamento progressivo dello Stato di diritto in cui è già da tempo impegnata,

stabilendo la piena legittimità addirittura della applicazione retroattiva di tale blocco, valevole cioè anche per i reati commessi in epoca antecedente alla pandemia.

Decisione aberrante, questa, e palesemente antigiuridica, in quanto in aperto conflitto con il principio della non retroattività della legge più sfavorevole per l’imputato:

l’esito è un tragico disconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana.



Probabilmente per questa ragione, il relatore designato dalla Corte per riferire a tutti i suoi componenti, il giudice Nicolò Zanon,
in aperto, ma vano, dissenso, si è rifiutato di redigere la motivazione di tale sentenza:
un fatto assolutamente inedito, che non accade mai presso i collegi giudicanti e che fa comprendere l’assurdità della deliberazione della Consulta.


Dobbiamo meravigliarci di quello che sta accadendo sotto i nostri occhi, allibiti ed increduli?

Fino a un certo punto.

Infatti, da un certo punto di vista, questa sentenza non può che qualificarsi come una gigantesca “topica”,
vale a dire come un grossolano errore di prospettiva giuridica.

Ma, da un altro punto di vista, non ci si può sorprendere oltre una certa misura, per il semplice motivo
che l’“humus” culturale di fondo sul quale si muove inevitabilmente anche la Corte costituzionale,
viene oggi emblematicamente rappresentato da Umberto Galimberti, vale a dire uno dei più noti ed influenti pensatori del nostro tempo,
spesso invitato in televisione nell’ambito di trasmissioni culturali o di semplice intrattenimento, autore di numerosi saggi
di carattere filosofico e psicologico molto conosciuti e venduti, intervistato da giornali a tiratura nazionale.


Infatti, pochi giorni or sono Galimberti, con sorpresa e perfino imbarazzo dei suoi medesimi estimatori
– ma in realtà ricalcando quanto aveva già affermato tre anni or sono nel corso di una assai seguita trasmissione televisiva –
intervistato da Walter Veltroni per il “Corriere della Sera”, ha dichiarato, come nulla fosse,

che è stato il Cristianesimo a fondare l’individualismo nella civiltà occidentale, perché ciascuno si salva l’anima da solo,
con l’esito di svalutare il senso stesso della società, incaricata non già di fondare il “bene comune”,
ma soltanto di rimuovere ogni possibile ostacolo alla salvezza dell’anima individuale.


Orbene, si tratta anche in questo caso – anche se spiace doverla registrare a carico di uno studioso come Galimberti –
di un’altra gigantesca quanto inspiegabile “topica”,
vale a dire di un grossolano errore nella ricostruzione delle coordinate storiche e culturali della civiltà occidentale.

Anche uno studente liceale sa bene, infatti, senza bisogno di compulsare testi specialistici,
che uno dei portati fondamentali del Cristianesimo è stato proprio il superamento dell’individualismo
nel verso della scoperta e della affermazione della “persona”, cioè del soggetto umano
che si costituisce a partire da un reticolo potenzialmente infinito di relazioni con i suoi simili, dalle quali germina il legame sociale.

Ne abbiamo peraltro una prova di carattere lessicale e concettuale
considerando la terminologia introdotta proprio del Cristianesimo: “ecclesia”, “comunità”, perfino “trinità”.


Insomma, una ricca costellazione ideale, espressa attraverso un lessico specifico, che tutta veicola il senso del comune destino degli uomini,
solidali fra di loro oltre ogni pur scaltrita prospettazione filosofica.

Basti pensare soltanto a due dati oggettivamente appartenenti alla specificità della cultura cristiana
e che fanno bene intendere l’assurdità e la assoluta infondatezza delle considerazioni di Galimberti.

Per un verso, si pensi a quello che viene tradizionalmente inteso e tramandato come il primo dei comandamenti, “ama il prossimo tuo come te stesso!”,
il quale certamente significa l’esigenza di proiettarsi fuori del circuito della propria egoità nel verso della salvezza dell’altro e non di sé.

Oppure si ponga mente al celebre monito di Sant’Agostino – che evidentemente Galimberti ignora – il quale, scrivendo contro Fausto Manicheo, annota che
non intratur in veritatem, nisi per caritatem”, subordinando addirittura la conoscenza del mondo alla apertura caritatevole verso gli altri.


E questo sarebbe individualismo?

Questo sarebbe mirare solo alla salvezza individuale?


Probabilmente, con imbarazzo, bisogna dedurre che Galimberti o non conosce o non ha capito nulla del Cristianesimo.
 
Pota ultimo significato......


Tutto capita nella sentenziosa Italia.

Mai con questo.

Mai con quello.

E poi, vabbè, sì con quello, sì con questo.

Silvio Berlusconi, un concentrato di Coronavirus, abbracciato e baciato, per interposto Gianni Letta, dal pentastellato Luigi Di Maio,
uno che si lavava gli occhi con l’igienizzante se solo gli capitava di vederlo in tv, l’appestato Cavaliere.

E i Democratici?

Le loro lingue sguscianti come serpi in primavera lo coprono di salivari elogi.

Che Uomo responsabile!

Che Patriota!

La Riserva della Repubblica!

Gli Italoviventi (o come diavolo chiamare i quattro gatti di Italia Viva, una sigla diventata ossimoro), alias Renziani,
che già si coricarono con l’Infetto di Arcore senza venirne contagiati, hanno ragione a vantarsi d’esserne stati il primo amore.

E il presidente Giuseppe Conte, che finalmente in pubblico può asserire “io sono mio” come una femminista del secolo scorso,
in segreto fa il vezzoso quando dal villone San Martino gli carezzano i timpani le flautate avances del mandrillone brianzolo.

Gl’innamorati Forzisti, pardon Azzurri se no il Capo scuote la testa, sono ovviamente in orgasmo.

Intonano giulivi il coretto prediletto: “Siam al centro, il centro siam, la politica facciam!”.


Il vecchio Karl Marx sbagliava anche qui.

Non è vero che la storia accade due volte: la prima in tragedia, la seconda in farsa.

Magari in Germania, nel mondo intero.

In Italia, no.

Nel Bel Paese, che ha inventato pure il teatro moderno, la farsa è ripetuta, ripetitiva, popolare, specialmente nella politica,
dove basta far ridere per avere successo, come Beppe Grillo ha dimostrato e i suoi emuli governativi confermano.

Tanti anni fa il grande Indro Montanelli, erettosi impugnando Il Giornale contro la marea dei comunisti variamente intesi,
peccò di vanità nel cedere alle loro interessate lusinghe, nell’accettarne l’invito peloso al festival dell’Unità,
nel farsene lì applaudire con ipocrito calore quando divenne avversario del loro nemico Berlusconi.

Se ne pentì amaramente, ammise l’errore e chiese scusa agli estimatori.

Per una volta aveva accettato gli applausi dei suoi detrattori di sempre.

Oggi, in modo alquanto bizzarro, gli epigoni sbiaditi dei rossi corteggiatori di Montanelli sono andati in fregola a loro volta ma proprio per Berlusconi.

Il farsesco inseguimento del Reprobo da parte della maggioranza è spudorato, istruttivo e divertente
come La Mandragola di Niccolò Machiavelli perché Berlusconi ha iniziato la recita nella parte di Callimaco
ma può terminarla nella parte di Messer Nicia.
 
Nel suo blog Gioia Locati pone alcune interessanti domande all’epidemiologo Stefano Petti,
snocciolando alcuni dati abbastanza significativi sulle varie cause di morte in Italia.


In particolare, tralasciando il fatto che secondo l’Istituto superiore di sanità

solo una piccola parte dei decessi attribuiti al Covid-19 lo sono stati per causa diretta,

anche considerando questi ultimi in toto, essi rappresentano comunque circa il 10 per cento della mortalità complessiva.



Non solo: basandoci sui dati del 2017, per ogni morto col Covid
si registrano 3,5 decessi causati da malattie cardiovascolari
e 2,7 per quelle legate ai tumori.

Ma, come ammonisce il professor Petti, tutto porta a credere che a conti fatti nel 2020 si registrerà un forte aumento della mortalità complessiva,
e non per il Coronavirus ma a causa dell’impatto negativo che quest’ultimo sta avendo nella ordinaria gestione del sistema sanitario.


Secondo lo stesso epidemiologo, riportando le analisi di molti studiosi italiani ed esteri, tale eccesso di mortalità va individuato :

“soprattutto nel sovraffollamento della sanità pubblica, nel fatto che le risorse sono state dirottate tutte sul Covid

a scapito, ad esempio, dei reparti di Cardiologia e di Oncologia.

Poi nel fatto che le persone non si recano al pronto soccorso per malattie che non siano Covid, trascurando quindi la loro salute”
.


Tant’è che per suffragare l’assunto, il nostro riporta un agghiacciante rapporto della Società italiana di cardiologia la quale,
valutando in quasi la metà il calo degli accessi al pronto soccorso per infarto al miocardio durante la pandemia, parla di una mortalità per infarto triplicata.

In estrema sintesi, e qui l’asino che ispira l’azione di chi gestisce l’emergenza sanitaria non può che cascare, il nostro sottolinea che :


le malattie cardiovascolari e i tumori rappresentavano (prima dell’arrivo del Sars-Cov-2) il 63,5 per cento di tutte le morti

e stiamo osservando ora che la Sanità pubblica si sta focalizzando sul 10 per cento delle morti, disinteressandosi del 63,5 per cento
.


Ora, di fronte a questo disastro annunciato, il quale fa il paio con quello economico
che ancora molti fortunati non avvertono in tutta la sua dimensione catastrofica,
i fautori dell’attuale dittatura sanitaria rivolterebbero la frittata, invocando ancora più chiusure,
così da consentire agli ospedali di occuparsi tanto dei malati di Covid che degli altri.

In pratica, avendo dipinto una infezione che lascia quasi indenni il 96 per cento dei contagiati peggiore dell’Ebola,
per questi novelli Savonarola, capeggiati splendidamente dal premier Giuseppe Conte (quello che ci spiega anche come comportarci durante il Natale),
la risposta all’emergenza consisterebbe unicamente nel chiudere in casa i cittadini, limitandone le attività allo stretto necessario alla sopravvivenza biologica.

Per questi geni, l’idea di potenziare la risposta sanitaria, consentendo di venire incontro ad una domanda di assistenza che non si restringa solo al Covid,
non sembra passare neppure per l’anticamera del cervello.

Non solo, dal momento che la succitata dittatura sanitaria ha stabilito per decreto divino, anche detto Dpcm,
che in Italia oramai si muore quasi esclusivamente di Coronavirus, non si comprende affatto l’allarme lanciato dal professor Petti
e da tanti medici che operano in prima linea.


Resta solo il piccolo problema dei numeri.


Numeri con la testa dura, i quali continuano a segnalare la folle gestione del Covid-19,
in relazione al vastissimo e doloroso repertorio di patologie che affliggono un Paese confuso e terrorizzato.
 
Uscire dall'Europa sinchè abbiamo "fiato". Soffrire è sempre meglio che morire.


A partire dal primo gennaio 2021 entrerà in vigore il regolamento Ue numero 171 del 19/10/2017,
relativo alla nuova classificazione europea dello stato di inadempienza per le imprese nei confronti degli istituti di credito.



Dal momento che le soglie per la qualifica dei cattivi pagatori saranno molto basse,
l'eventualità di incappare in un defalut bancario potrebbe diventare realtà per molte aziende.

Basterà infatti ritrovarsi con un arretrato nei confronti di una banca superiore ai 90 giorni,
superiore all'1% dell'esposizione complessiva verso l'istituto, per piombare sulla lista nera.



Si tratta di un nodo spinosissimo, soprattutto perché emergerà in un periodo complicato,
tra la continua emergenza sanitaria ela crisi economica provocata dalle chiusure.

Secondo quanto riportato dal quotidiano Italia Oggi, la suddetta classificazione Ue
sull'inadempienza delle aziende potrebbe provocare l'evaporazione di 42mila piccole e medie imprese.


Oltre al presidente di Confesercenti, Patrizia De Luis, anche il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, ha lanciato l'allarme.


"Le regole pensate prima della pandemia non possono essere fatte valere adesso, come se tutto fosse normale.

Ne va della salute non tanto delle banche quanto dell'economia in generale, della vita di tutti noi"
, ha sottolineato.


Le imminenti regole provenienti da Bruxelles rappresentano una sorta di

"meccanismo micidiale soprattutto in epoca di pandemia perché chi accusa quel ritardo finisce per essere inserito nella lista dei cattivi pagatori,

con tutto quello che ne consegue. Tutto ciò, in periodo di pandemia, finirebbe per strangolare l'economia"
, ha aggiunto lo stesso Patuelli.



Da un punto di vista burocratico, attualmente le norme vigenti consentono di etichettare le imprese in default
nel caso in cui presentino arretrati di pagamento rilevanti per più di 90 giorni consecutivi sulle esposizioni aperte nei confronti del proprio istituto.

Con il nuovo regolamento è stato deciso di abbassare la soglia.

Questo significa che per arretrato rilevante si intende un qualsiasi ammontare superiore a 500 euro,
inerente a uno o molteplici finanziamenti e che rappresenti oltre l'1% delle solite esposizioni totali dell'azienda verso la banca.


Decine di migliaia di aziende rischiano di non poter più andare avanti per l'irrisoria cifra di 500 euro.

Già, perché al momento il bollino nero scatta soltanto a fronte di arretrati "rilevanti".


Nell'occhio del ciclone finiranno anche le persone fisiche che abbiano esposizioni di ammontare inferiore a un milione di euro.

Qui le soglie sono ancora più risicate: 100 euro.



Il monito dell'Abi risuona forte e chiaro:

"Le imprese dovranno conoscere le nuove regole e rispettare con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente,

per non risultare in arretrato nel rimborso dei propri debiti verso le banche anche per importi di modesta entità.

E questo, per evitare che la banca sia tenuta a classificare l'impresa in default e avviare le azioni a tutela dei propri crediti".
 
Da quando l’emergenza pandemica ha fatto irruzione nella nostra quotidianità,
alla figura dell’esperto, sia esso virologo, infettivologo o medico tout court,
è stata riconosciuta una sovraesposizione mediatica assillante con un ritmo routinario che non ha precedenti.



Legittima la voce dei tecnici del virus per decifrare l’evoluzione epidemiologica,
semplificandone l’accessibilità conoscitiva al grande pubblico,
ma quando le dichiarazioni degli specialisti esondano dalle loro competenze,
per indirizzare le scelte politiche, assistiamo ad una commistione di ruoli che genera spaesamento.


La politica del governo sembra accettare tale sovvertimento di funzioni, tanto da indossare il camice medico
per distribuire ricette sanitarie sotto forma di moniti orientati alla prudenza.

Mentre i membri del Cts intervengono su materie come la scuola che dovrebbero essere appannaggio esclusivo delle scelte politiche.

Un’esemplificazione di questa permuta di mansioni è rintracciabile dall’intervista rilasciata al Corriere della Sera
dal responsabile del Cts, Agostino Miozzo, che dichiara: «Le scuole devono, non possono, ma devono, restare aperte».

Miozzo nell’intervista rivolge una pungente critica al governo per avere omesso l’applicazione dei suggerimenti del Cts al fine di mettere in sicurezza l’esercizio didattico:

«Bisognerebbe rileggere quello che avevamo suggerito per far sì che le scuole aperte non avessero particolare impatto sulla curva:
riorganizzazione del tpl, scaglionamento degli orari, monitoraggio sanitario. Siamo rimasti inascoltati e i ragazzi pagheranno gravi conseguenze».

La politica, che dovrebbe operare per recuperare l’agibilità degli spazi educativi,
è stata spodestata nella sua missione prioritaria di organizzare la speranza della ripresa con i tecnici che,
nella assidua visibilità mediatica, hanno raggiunto una tale popolarità da renderli fonte di suggestioni non solo in ambito sanitario ma anche politico.


Le debordanti dichiarazioni degli operatori scientifici, associate agli automatismi degli algoritmi

per esaminare i 21 parametri che stabiliscono la transizione dalla zona gialla alla rossa,

stanno esautorando l’autonomia della politica, riducendone il ruolo a istruttrice pedagogica e paternalistica.


Occorre fermare tale processo involutivo della democrazia
al tempo del Covid,

ripristinando il primato della politica e affrancando l’azione della rappresentanza dalla minaccia egemonica della deriva sanitocratica.
 
Sarebbe il caso di ripetere e riflettere oggi su una celebre esclamazione della classicità e in modo dubitativo attribuita a Cicerone:

“Mala tempora currunt!”


Infatti, va registrato un fenomeno sociale molto complesso, ma soprattutto delicatissimo e che ci riguarda tutti da vicino,
producendo un effetto che non è eccessivo definire di “progressivo e volontario asservimento
di tutti nei confronti di varie dominazioni che cerco ora di illustrare brevemente.

Individuo qui tre livelli differenti e successivi di dominazione (con l’ultimo sdoppiato in due rami),
gravanti insieme su tutti e su ciascuno di noi, secondo modalità che vengo ad esporre,
e con irreparabile danno inferto alla dimensione giuridica dell’esistenza,
quella cioè a partire dalla quale ogni essere umano si costituisce nelle relazioni con i suoi simili:

non a caso, una illuminante definizione di Antonio Rosmini vedeva nella persona umana “il diritto sussistente”.


La cosa che poi più dà da pensare è che tale forma dominativa viene non solo tollerata dai suoi destinatari

– cioè dalla stragrande maggioranza delle persone – ma perfino richiesta ed approvata.


Il primo livello di dominazione che l’epoca contemporanea ci presenta è quello esercitato dalla politica direttamente nei confronti e in danno proprio del diritto.


Ne è emblematico esempio lo stile autocratico adottato dal presidente del Consiglio,
il quale a getto continuo sforna decreti non più che amministrativi,
ma destinati a limitare fortemente o ad annullare gli spazi di libertà personali,
incurante delle previsioni costituzionali che richiedono allo scopo o apposite norme di legge
o addirittura specifici e motivati provvedimenti dell’autorità giudiziaria.


Qui la volontà politica spodesta in linea di fatto ogni previsione costituzionale, ogni riserva di legge, ogni cautela giudiziaria,
sovrapponendosi a tutte le norme quale unica fonte di legittimazione possibile.

Siamo ben oltre quello “stato d’eccezione” che Carl Schmitt individuava quale territorio privilegiato per l’esercizio della sovranità:

siamo alla eclissi del diritto, sostituito dalla semplice decisione politica,

siamo alla logica della forza (della politica) che spodesta la forza della logica (del diritto).



Tuttavia – secondo quanto aveva perfettamente intuito Etienne de La Boétie
i destinatari di questa pura forza, priva di legittimazione, non perdono occasione per sollecitare ulteriori misure,
parimenti sfornite di legittimazione, desiderosi – a causa del terrore in loro suscitato dai mezzi di comunicazione a larga diffusione –
di essere “salvati” dall’autocrate Conte, visto come il protettore dei deboli e degli indifesi da un nemico invisibile, il virus pandemico.


La politica, a sua volta – e questo è il secondo livello dominativo – viene sottoposta ad un’altra dominazione, ancora più indiscutibile ed esigente.

È quella esercitata dall’economia, nel senso che la politica sa bene di non essere in grado, pur scavalcando i limiti posti dal diritto,
di ignorare le esigenze della dimensione economica:
le leggi economiche si fanno strada, qualunque cosa accada, facendosi beffe di ogni autocrazia politica.

Gli autocrati lo sanno bene e perciò devono tenerne conto senza compromessi o infingimenti:
fu proprio la logica ferrea dell’economia a determinare – sia pure nel lungo periodo –
il crollo dell’impero sovietico, politicamente invece inossidabile.

Anche i nostri autocrati dovranno perciò assistere allo sfacelo completo del tessuto economico della nostra società,
il quale si verificherà nonostante ogni loro tentativo in senso contrario.


Il terzo livello di dominazione va considerato sdoppiato in due rami, fra loro paralleli ed interagenti: da un lato, la tecnocrazia; dall’altro, la finanza
.

Per un verso, la politica e perfino l’economia sanno di dovere soggiacere – e di fatto soggiacciono –
allo strapotere della tecnica applicata, cioè alla tecnologia, che, destinataria di credenze fideistiche ed antiscientifiche, diviene compiutamente tecnocrazia.

Lo prova abbondantemente quanto accade in questi giorni, fra microbiologi e virologi, in aspra polemica fra loro.



Per un verso, Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia all’Università di Padova
e direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienza ospedaliera di Padova – insomma non proprio l’ultimo arrivato –
ha dichiarato che per un vaccino serio occorrono anni di preparazione e che perciò lui non si sottoporrà al vaccino che si dice pronto a fine gennaio,
dopo appena sei o sette mesi di attività preparatorie.

Per altro verso, gli altri scienziati gli son letteralmente saltati addosso, accusandolo di ogni mancanza – perfino di attentare alla sicurezza nazionale – e censurandolo pesantemente.


Crisanti, scrivendo ieri al Corriere della Sera, ha stigmatizzato l’approccio assurdamente fideistico e sorprendentemente antiscientifico dei suoi colleghi,
osservando che essi, autoproclamatisi “custodi della ortodossia scientifica”, considerano il vaccino un “oggetto sacro”,
al quale credere in ogni caso e senza alcun dubbio.


Invece, di dubbi, lui ne ha
, da bravo scienziato:

egli afferma che le aziende multinazionali produttrici non hanno manifestato la necessaria trasparenza

nel comunicare i dati necessari alla Comunità scientifica, soprattutto per la cosiddetta “fase 3” della sperimentazione,

non supportata da sostanziali evidenze scientifiche.


Aggiunge che tali aziende, nel momento stesso in cui hanno comunicato la imminente commercializzazione del vaccino,

hanno visto lievitare il valore delle proprie azioni in misura notevolissima.


Profetizzo il finale di questa storia: Crisanti sarà messo a tacere,

mentre gli altri suoi colleghi celebreranno i fasti di una tecnologia priva di un tasso accettabile di scientificità,

alla quale la maggioranza aderirà per pura fede, divenendo così compiuta tecnocrazia.


Quanto appena detto, introduce il ramo collegato del medesimo terzo livello: quello della finanza internazionale.


È proprio questa a propiziare una sostituzione della fede alla scienza:

questa viene surrogata da quella, proprio in virtù della enorme pressione esercitata dalla dinamica finanziaria globalizzata.


Sicché, la finanza globalizzata, per un verso, e la tecnocrazia, per altro verso, dialettizzandosi e sostenendosi reciprocamente,

esercitano una autentica ed irresistibile dominazione su economia e politica, condizionandole pesantemente: e queste, a lor volta, sul diritto.



Tutte queste forze spadroneggiano in tal modo su di noi e a nostro danno: su tutti e su ciascuno.



Risultato: che lo si capisca o no, lo sia ammetta o no, non potendo nessuno resistere a simili forme dominative, ci avviamo a non esser più soggetti di diritto.



Saremo soltanto ubbidienti e pazienti esecutori di altre volontà, volontariamente asserviti alle altrui deliberazioni.



Possiamo già intonare un requiem per il diritto e la libertà.



Cioè per noi.
 
Dilaga il virus dei cretini.

Ha già vinto, nel senso che ha rincretinito vastissimi strati della popolazione, terrorizzati ininterrottamente per quasi un anno, ormai.


Salta agli occhi la sproporzione mostruosa tra la pericolosità (reale, ma relativa) di un virus para-influenzale,
che ha colpito soprattutto anziani, e le misure apocalittiche prese per contrastarlo,
disastrando l'economia,
la società,
la psicologia,
addirittura la salute (non si contano i casi di pazienti afflitti da altre patologie, trascurati da ospedali monopolizzati dall’emergenza virale
).

I cretini spopolano: riescono addirittura a incolpare i bar, i ristoranti, la movida dei giovanissimi.

Il cretino medio non riesce a vedere quello che sta succedendo: le terapie (che esistono) sono state “oscurate” per creare l’attesa messianica del vaccino, unico possibile salvatore.

E ora che il vaccino sta per arrivare, già si sente dire che – comunque – probabilmente non basterà: non potremo mai più tornare alla normalità di prima.

Niente più amici, affetti, socialità.

Una vita deturpata dal distanziamento: telelavoro, didattica a distanza.

Ma il cretino non si sveglia: pensa ancora che sia giusto morire di paura, per sempre, mentre l'economia frana e la società si disintegra.


Non vede, il cretino, che il virus è l’ultimo dei nostri problemi.


Quella del coronavirus è una nuova religione, totalitaria:
lo ribadisce efficacemente Alessandro Meluzzi (psichiatra e psicologo, oltre che criminologo e politologo).

Lo psichiatra legge bene la follia collettiva indotta dalla paura,

lo psicologo commisura il prezzo del terrore sparso a piene mani,

e il criminologo prende il posto del politologo laddove la politica non esiste più,

annichilita dalla nuova religione che bolla come eretico “negazionista” chiunque provi a ragionare,

a non fidarsi della narrazione ufficiale,

a dar retta ai tanti scienziati che denunciato l’immane raggiro planetario in corso.


Il coronavirus è certamente un problema, ma di sicuro non grande quanto le misure (aberranti) adottate col pretesto di volerne limitare la diffusione.


Purtroppo, il cretino non se ne accorge.

Non vede che dal web spariscono post e video, informazioni preziose, denunce.

Non vede, il cretino, l’opera del “ministero della verità” istituito per “depurare” Internet dalle notizie scomode.

Forse neppure sa, il cretino, che l’Ordine dei Giornalisti – ente medievale, creato dal fascismo ed esistente solo in Italia
– ha appena emanato un “protocollo” destinato ai giornalisti, espressamente invitati (sotto pena di sanzioni)
a dar credito solo alle fonti ufficiali, cioè quelle controllate dalla nuova religione.


Nei giorni scorsi è stato letteralmente massacrato uno scienziato “mainstream” come Andrea Crisanti, colpevole di lesa maestà di fronte al vaccino:

ha detto che non accetterebbe di vaccinarsi, senza prima aver verificato la sicurezza di un farmaco preparato in così poco tempo.


Avverte Massimo Mazzucco: c’è già chi festeggia l’avvento del nuovo vaccino “quantistico”,
che sostituirebbe il microchip inoculando anche una molecola “interattiva”, attivabile a distanza.

Tra le tante stranezze, anche questa:
il nuovo vaccino, per essere distribuito, avrebbe bisogno di essere conservato a una temperatura di 80 gradi sotto zero
(per preservare quale componente?, si domanda Mazzucco).


Tale Davide Faraone, parlamentare renziano, già scalpita: invoca un “passaporto sanitario integrato al vaccino anti-Covid”,
senza il quale non sarebbe più consentito prendere il treno o l’aereo, entrare in un negozio,
frequentare un bar, cenare al ristorante, visitare un museo, andare allo stadio.


Siamo a questo: ci siamo arrivati.


E non con la Mers, l’Ebola o la peste bubbonica.

Macché, è bastato il coronavirus.

Quello che si cura da casa con idrossiclorochina, o cortisone, con i farmaci a base di anticorpi.

Alla peggio, con eparina o plasma.


Ma non c’è speranza: il cretino non capisce.


E trascinerà nel disastro anche chi cretino non è.
 

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