SE SIAMO TUTTI D'ACCORDO IO PASSEREI DIRETTAMENTE AL 2022 PER ESSERE PIU' SICURI

Ahahahahah e noi garantiamo i debiti ahahahah


Cade anche l’ultima maschera sull’accordo fra Fca e Psa, che con l’inizio del nuovo anno darà il via alla nascita del colosso automobilistico italo-francese Stellantis.

Più francese che italiano, in realtà, dato che la retorica della “fusione alla pari” (che alla pari non è mai stata)
viene letteralmente smontata dal prospetto di quotazione presentato ai mercati finanziari.



Il documento fuga ogni dubbio in proposito, in quanto parla esplicitamente di acquisizione di Fca da parte di Psa.


Stellantis, insomma, sarà l’esito di una fusione per acquisizione da parte transalpina.

La dizione “alla pari” viene proprio omessa, rimanendo solo nei titoli di chi, nei mesi scorsi, è arrivato addirittura a presentare l’operazione come un “matrimonio”.


Non poteva, d’altronde, essere altrimenti.


Nonostante la dirigenza dell’ex Fiat neghi la circostanza


“Come abbiamo sempre chiarito, Stellantis sarà il risultato di una combinazione 50:50 di FCA e Groupe PSA”, spiegano in una nota.
I numeri parlano, da sempre, abbastanza chiaro: da almeno un anno, infatti, è noto che
il Cda sarà composto in maggioranza da esponenti scelti oltralpe, con Psa che nominerà anche l’amministratore delegato
mentre a Fca spetterà una poco più che simbolica presidenza.


Se il peso specifico dei contraenti, insomma, era ben conosciuto sin dall’inizio,
le scelte conseguenti non potevano che certificare la lunga marcia di addio all’Italia della storica casa di famiglia Agnelli.


E così, mentre la celebre dinastia torinese si mette in tasca qualcosa come quasi un miliardo di euro,
è più che lecito pensare che i risparmi derivanti dalla fusione (si parla di 3/4 miliardi di potenziali sinergie) saranno a nostro discapito.


Ne hanno già fatto le spese i fornitori dell’indotto, cui è stato dato il benservito
nello stesso momento in cui il gruppo chiedeva (e otteneva) 6,3 miliardi di prestito con garanzia statale.


Magari per delocalizzare in Polonia la linea di produzione della nuova Punto.
 
Il COVID è stata una crisi rivelatrice.

Ha smascherato i veri sovranisti, ovvero gli europeisti a singhiozzo.

Ha smascherato la UE, incredibilmente inutile.

Ha smascherato la politica italiana, fatta di protagonisti piccoli, piccoli.

Ha smascherato la classe dirigente di questo paese, rivelatasi, all'improvviso, assolutamente inadeguata.

Un sistema di matrice staliniana: questa è la democrazia stallocomunista.
 
Posso permettermi di dire che mi preoccupa un po’, questa proliferazione di “infermierine” e “dottorini” bacchettoni,
immancabilmente glorificati dal giornale unico del virus?


Per carità, ai sanitari, che si sono fatti in quattro, va tutta la nostra gratitudine.

E spiace che, dalla riconoscenza, qualcuno sia passato alla diffidenza nei loro confronti:

malauguranti come il medico della peste, trattati, insieme alle loro famiglie, da potenziali untori.


Però non riesco a non provare un fastidio istintivo, quando vedo signorini e signorine,
quasi sempre giovani, quasi sempre avvenenti, ma con il volto sfatto al punto giusto
per dimostrarci che vengono dal turno di notte, dall’occhiale protettivo indossato a oltranza,
e per esigere dall’arena del Web la palma del martirio.


Non riesco a non sentire un brivido lungo la schiena, quando vedo l’ultima infermiera da quarto d’ora di celebrità,
la quale, ai “negazionisti” (Dio mi perdoni se mi tocca usare questa parola), si rivolge così:


“Se ti ammali non venire in ospedale, non perché non ti curerei, ma perché non te lo meriti”.


Non voglio fare il pippone sul giuramento d’Ippocrate.

Capisco che, nell’era dell’aborto e dell’eutanasia, la medicina come missione possa apparire una polverosa romanticheria.


Però, questo concetto per cui le cure te lo do perché sono costretto, ma te le dovresti meritare,

magari a colpi di professioni di fede nella scienza caricaturale dei Burioni e dei Galli,

o a furia di retweet a beneficio dell’ego di qualche neolaureato, be’, proprio non mi va giù.



Mi pare la deriva uguale e contraria a quella dei “non c’è Coviddi”: da un lato gli allocchi del complotto, dall’altro i fondamentalisti del positivismo d’accatto.

No. Non mi sta bene.

I medici veri stanno in corsia, non su Internet e men che meno, 24 ore su 24, in televisione.

Anzi, meno stanno nei nosocomi, meno sono bravi.

Ne conosco bene qualcuno:
mai desideroso di passerelle,
mai vestito da predicatore della Rete,
mai ospite di qualche salottino catodico, dal quale pontifica su quanto non gliene freghi una ceppa che la gente sta perdendo il lavoro.

E allora, cari camici bianchi – mi rivolgo anzitutto a quelli più mediatici – se proprio Ippocrate ve lo siete scordato,
almeno attaccatevi questo post in bacheca:

meno ospitate, più ospedale.
 
Oggi ho cercato il mio medico di famiglia.........mi rispondono che sarà assente fino al 4 dicembre.
...però c'è il sostituto. Tempo perso.

Ero in ospedale per una visita.
Ho cercato il cardiologo che mi segue........assente. Forse ci sarà settimana prossima.
 
00:00 Questi cialtroni ci dicono di restare a casa a Natale,
ma in realtà sono loro che dovrebbero andare a casa a Natale.
Nessun giornale contesta l’assunto: con 50 mila morti non si può andare a sciare.
E invece è un’attività – al pari di altre – che andrebbe rivendicata.
Non dobbiamo sentirci in colpa. Con la Seconda ondata altro che Modello Italia…

04:25 Il governo in ritardo su tutto, ora è ufficiale anche sul Recovery Fund.
Per questo Berlusconi non dovrebbe “aiutarli”.

06:40 Vaccini, arriva quello inglese e Crisanti ci ripensa.
Un grande Nordio che spiega perché il prof ha detto una scemenza.

08:05 Modello Italia? La Seconda ondata sta dimostrando che, al contrario, siamo tra i peggiori d’Europa.

08:57 L’arrogante Morra “cucinato” da Buccini. Questo articolo dovrebbe far riflettere Forza Italia.

12:23 La follia dello sciopero dei dipendenti pubblici.

14:25 Credit Agricolè mette mano al portafoglio per comprare Creval.

15:15 Il giallo dei servizi segreti che “seguivano” Lucio Battisti: ne scrive un favoloso Paolo Giordano
 
Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro della voglia di dittatura dei nuovi democratici.

Comincia il sindaco meneghino Sala, che dal primo gennaio prossimo proibisce ai milanesi di fumare per la strada:
e a me viene in mente quella povera sconvolta che, per ammazzare le zanzare, sparava vigorose spruzzate di insetticida en plen air.

Domanda: a che serve un provvedimento così demenziale, a parte spalmarsi sulla problematica sensibilità gretina?

Serve solo a marcare il territorio, a ribadire un potere, qui si fa come diciamo noi.

Chissà se il primo cittadino estenderà il veto anche al fumo di canne che avvolge,
in una confortevole atmosfera cospiratoria, le vie dove albergano i centri sociali,
chissà se varrà anche per le risorse migrantiste che bighellonano h24,
e vai a capire se il divieto di inquinamento olfattivo e ambientale
prevede pure le zaffate che appestano chi passa davanti a certi Kebab.



Numero due, il parlamentare piddino Davide Faraone, già mozzo di Carola Rakete,
la umanitaria appena arrestata dalla pragmatica polizia tedesca in quanto disobbediente vestita da pinguina (giuro),
ha stilato un duro attacco contro gli antivaxcovid:

la genialata consiste in un curioso passaporto sanitario che in realtà è una radiografia alle intenzioni: non ti ciucci il vax?
Bene, non puoi curarti, salire su un autobus, entrare in un cinema, mangiare al ristorante, pigliarti un caffè al bar e un milione di eccetera.


Praticamente la morte civile.

La lettera scarlatta c’è già, manca solo la stella gialla ma ci si arriva in fretta. E non è che un debutto.

Voilà i nuovi democratici, i post comunisti sempre un po’ tanto comunisti:
la smania di controllo, di gulag, di polizia che bussa alla porta non si smentisce.

Tu lasciali fare e ti ritrovi a vivere felice come a Praga, purtroppo quella degli anni Sessanta.

Trattasi di misure puerili, vane, pretestuose o semplicemente offensive;
ma per i nostalgici del Muro, tutto fa brodo per tornare a quei formidabili anni in bianco e nero.


O, come dice l’immunologo Galli, immunologo contro il buon senso, ur-sessantottino:
ma quale Natale, quali cenoni, quali regali, tutto deviazionismo borghese, morigeratezza ci vuole.


E non è questione di Covid, quello è un pretesto.


Ha detto il comico di partito Zoro, in arte Diego Bianchi:

“Cosa mi manca del Pci? La convinzione di essere migliori degli altri e di fare sempre la cosa giusta”.

Il berlinguerismo peggiore, che le ha sempre sbagliate tutte e se ne vanta,
che a lasciarlo fare saremmo finiti come siamo finiti oggi, ma senza la scusa del virus pipistrello.

Hanno perso su tutta la linea, hanno lasciato macerie di muri travolti dall’orrore, ma continuano a riscrivere la storia:

Berlusconi da mafioso, pedofilo, stragista, megaladrone, psicopatico, nano deforme
(perché hanno detto e scritto questo ed altro)
a statista illuminato con cui si deve dialogare nel segno della Ue, che poi è i soviet più la finanziarizzazione.


Tu chiamali, se vuoi, nuovi democratici, nuovi liberali.
 
Sento dire che la disponibilità di remdesivir è in costante peggioramento.

Però facciamo notizia, se non proprio i titoli di testa.

Quando si tratta di vaccini si mette il carro avanti ai buoi senza pensarci troppo, e quindi è facile capire la levata di scudi contro Crisanti:
Astra Zeneca consegnerà all'Italia 16 milioni di dosi del suo vaccino, 4 milioni a gennaio, e 12 milioni da febbraio ad aprile.
E a gennaio arriveranno 3,4 milioni di dosi di vaccino Pfizer.

Ricordo che nessuno dei due vaccini ha concluso la fase III e nessuno dei due vaccini è approvato.

E non ci sarà alcuna approvazione a gennaio, a meno di forzature inaudite:
al di là dei risultati preliminari di efficacia non sappiamo quanto duri la protezione
e se possano dare immunità di gregge (ancora non sappiamo se un vaccinato a contatto con il virus possa poi diffonderlo).



Questo mentre la stampa nazionale annuncia che "Il piano italiano per la vaccinazione dal Covid ancora non c’è, ma già parte con i primi ritardi"
(https://www.ilsole24ore.com/…/coronavirus-piano-vaccini-ita…)


Speriamo che EMA approvi prima della data di scadenza dei vaccini, perché tutto è stato fatto senza considerare i tempi del regolatore
(e con la vicenda del vaccino AZ potranno solo allungarsi).


Ma Repubblica ci fa sapere che, a quanto sembra, al ministero intendono fregarsene di fasi III da concludere e approvazioni:

"al ministero stanno progettando una campagna di test a campione ...
si faranno esami serologici per capire se il vaccinato ha sviluppato gli anticorpi
ed in caso negativo si farà una nuova vaccinazione con un prodotto diverso"

(https://rep.repubblica.it/…/si_fara_un_altro_vaccino_se_il…/).


Allucinante.
 
Eccolo qui l'ateo comunista. Stanza dei truffoni al completo.

L’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus non è finita e di sicuro inciderà sui comportamenti degli italiani per molto tempo ancora.

Vivere le festività in modo più spirituale è un bene ma paradossalmente il governo potrebbe mettere dei paletti proprio a quanti vogliono partecipare ai riti religiosi.

È possibile, infatti, che ci siano ostacoli per la Messa della Vigilia.

Il motivo è legato al coprifuoco che dovrebbe essere confermato anche a Natale.


Come ha dichiarato il ministro della Salute, Roberto Speranza, l'argomento terrà banco oggi pomeriggio nella riunione di Conte con i capi delegazione.
L’esponente del governo, però, dagli schermi di La7 ha lanciato un'anticipazione:

"Allo stato, il coprifuoco alle 22 vale anche per la Messa della vigilia. Una valutazione sarà fatta nei prossimi giorni".


Certo è che così facendo l’invito del premier a trascorrere il Natale in modo più spirituale pare sia destinato a saltare.

La Messa di mezzanotte è uno dei riti più importanti per i cristiani.

Non si capisce se i fedeli che non potranno presenziare alle celebrazioni, potranno recarsi con tranquillità il 25 dicembre mattina in chiesa.
In questo caso il coprifuoco potrebbe rivelarsi deleterio.

I fedeli che non si recheranno alla Messa di mezzanotte potrebbero affollare i luoghi di culto il giorno seguente creando, così, assembramenti.

Un potenziale pericolo perché il Covid-19 non ha orari e non va in vacanza.


Purtroppo l'incertezza nel governo regna ancora sovrana.

Oltre alla Messa della Vigilia vi sono tanti dubbi anche sugli altri appuntamenti tradizionali, meno spirituali ma pur sempre importanti per gli italiani.

Tra questo vi è il cenone che, forse, non ci sarà: "Bisognerà limitarsi agli affetti più stretti", sottolinea il ministro della Salute.

Non si parla con esattezza di numeri ma si ipotizza che a tavola ci si potrà sedere al massimo in sei, oltre ai conviventi.


Sarà, invece, agevolato lo shopping: i negozi, a partire dal 4 dicembre, dovrebbero allungare l'orario per evitare assembramenti.

Non è chiaro se il coprifuoco subirà uno slittamento.

Gli spostamenti saranno limitati allo stretto necessario, con criteri da decidere.

Ma gli italiani dovranno rinunciare agli sport in montagna: gli impianti sciistici rimarranno chiusi.

Al momento l’unica certezza è che il Natale 2020 sarà celebrato in modo diverso.

Come ancora non si sa.
 
Direi che sta esagerando.

Ormai viviamo come nella ex DDR che tanto piaceva a questo soggetto.

Ma se non vuole vivere così esistono ancora paesi come Cuba, Venezuela, Corea del Nord che potrebbe tranquillamente trasferirsi.

Si porti dietro anche Vauro e Saviano.

Eletto con numeri da prefisso telefonici, il cui unico sogno è la delazione, la schedatura delle persone, la limitazione delle liberà personali e delle opinioni
presto questo governo e questo regime minoranza nel paese - una vera armata brancaleone
che governa con DCPM nel silenzio assordante delle istituzioni e di una magistratura delegittimata - dovrà renderne conto agli elettori.

Dire no alla messa della vigilia di Natale per un paese come il nostro è insultare 95% della popolazione cristiana.

Alle origini del cristianesimo presenziare a una messa esponeva a rischi ben più gravi di quelli previsti nei ridicoli DPCM.

Parafrasando una frase famosa, o il cristianesimo non vale più nulla o non valgono più nulla i cristiani di oggi,
se basta uno Speranza qualsiasi a proibire un culto con 2000 anni di storia alle spalle.
 
L’Italia del ventennio berlusconiano, anzi, per la precisione, l’Italia berlusconiana del ventennio
in cui il cavaliere ha dominato da protagonista le scene della politica nazionale,
è cresciuta e ha prosperato anche e soprattutto in forza di questa fallacia: la falsa analogia.


Abbiamo una falsa analogia quando due fenomeni, due soggetti, due aspetti diversi tra loro presentano qualche proprietà in comune.

Questo qualcosa di comune, di analogo, si può anche indebitamente estendere, oltre i limiti del logico e del consentito.

In tal modo, si stiracchia l’analogia per trarne delle conclusioni del tutto errate, o comunque indimostrate e quindi infondate.


Nel caso di Berlusconi e dell’epopea di Forza Italia, la falsa analogia riguardava lo Stato
(inteso come persona giuridica incarnantesi nella Pubblica Amministrazione) e una qualsiasi società per azioni.

Lo Stato, infatti, era equiparato a un’azienda dai sostenitori di Silvio.

È un po’ la versione ante litteram dell’equivalenza complessa.

In effetti, sia un’azienda che uno Stato sovrano hanno un bilancio di fine anno e sono tenuti a redigere dei preventivi e dei consuntivi.

Tuttavia, da tale proprietà comune non si può arguire che uno Stato è tout court assimilabile a un’azienda.


Il primo, infatti, è costituito da una comunità di cittadini radicata su un territorio ed esprimente,
tramite libere elezioni (ove organizzata secondo criteri democratici) un governo dotato di poteri di imperio.
Il suo fine ultimo non è quello di fare profitti, ma di provvedere alla sicurezza e al benessere dei suoi abitanti.

L’azienda, o la S.p.A., invece, è un’impresa destinata alla produzione o al commercio di beni o di servizi con il preciso obiettivo di macinare utili.

Ebbene, dalla falsa analogia tra Stato e azienda, i fan di Berlusconi (e moltissimi tra gli italiani che, anche con minor entusiasmo, gli diedero tuttavia fiducia)
trassero la seguente conclusione:

se Berlusconi ha fatto bene come imprenditore non potrà che riuscire anche come politico.
Infatti, gestire uno Stato è come gestire un’azienda.


La falsa analogia in chiave europeista, invece, è sempre consistita nell’equiparare i rapporti geopolitici mondiali
a una sorta di arena in cui si scontrano squadre bellicose, l’una contro l’altra armate,
una specie di Champions League universale in cui i partecipanti non sono team calcistici, ma nazioni sovrane, o presunte tali.


Che cos’hanno in comune queste due situazioni (rapporti geopolitici e agonismo calcistico)?

Qual è la proprietà condivisa da entrambe in grado di far scattare il meccanismo dell’analogia?

Per esempio, sia nel caso della Coppa dei Campioni sia nel caso delle relazioni politiche e commerciali internazionali si confrontano dei competitors.
Nella prima ipotesi, avremo il Real Madrid, il Bayern Monaco, il Manchester United, la Juventus, eccetera.
Nel secondo caso, avremo gli USA, la Cina, la Russia, l’Italia, la Francia, eccetera.

Fin qui, l’analogia fila.


E allora, quand’è che essa diventa falsa e si trasforma in una trappola dialettica?

Nell’istante in cui pretendiamo di sopravvalutare (gonfiandola oltre misura) questa analogia parziale tra due settori completamente diversi tra loro,
come quello sportivo del calcio di altissimo livello e quello politico e commerciale internazionale.


Infatti, mentre il primo è concepito e tarato, per naturale vocazione agonistica,
sulla reciproca e continua competizione tra partecipanti chiamati a sfidarsi in match “all’ultimo sangue”
(con lo scopo di conquistare un ambitissimo trofeo),

il secondo invece riguarda entità eminentemente “politiche” come gli Stati nazionali.
Il cui fine ultimo non dovrebbe certo essere quello di gareggiare con gli altri Stati per vincere una “partita”,
ma semmai di cooperare per garantire la pace e la giustizia nel mondo.

Insomma, l’esatto contrario.

E ciò, almeno, finché ragioniamo in una logica di democrazia pacifica e ispirata al rispetto imprescindibile dei diritti fondamentali dell’uomo.

Cioè secondo la “filosofia” a cui, fino a prova contraria, fa riferimento la Costituzione della Repubblica italiana.


Dunque, l’analogia tra Stati e squadre di calcio è fallace.

Eppure, costituisce la base di moltissimi ragionamenti filoeuropeisti.

Essi muovono dal presupposto che la parzialissima analogia in questione giustifichi una estensione illimitata delle logiche,
delle strategie, delle tecniche agonistiche alla sfera della politica internazionale.


Un esempio su tutti riguarda i potenziali vincitori di un torneo molto importante, diciamo pure la Champions League.

All’inizio dell’annata calcistica, si contano sulle dita di una mano le compagini in grado di ambire al traguardo più prestigioso del nostro continente.

E perché ciò accade?

Perché vincono i più forti, quelli con più risorse, i club più ricchi di storia, di tradizione e soprattutto di denaro,
in grado di attirare le mire degli emiri o di qualche fondo straniero dalle capacità di fuoco (finanziarie) illimitate
o di qualche multinazionale o di una catena cinese del business, eccetera.


Provate a pensare quante volte vi sarete sentiti propinare il concetto che l’Unione europea è indispensabile,
se non altro e soprattutto, perché altrimenti finiremmo schiacciati dalla competizione globale.


Oppure che l’Italia è destinata a soccombere se non si adegua alle mutate condizioni geopolitiche e alle dinamiche del commercio transnazionale.

O, ancora, che è indispensabile un forte polo europeo, coeso e unito, per far fronte alle “sfide” emergenti dei nuovi giganti come Cina, India, Brasile, Russia.

O l’Europa si unisce o verrà fagocitata, comprata, invasa e chi più ne ha più ne metta.


Ovviamente, questa fallacia si presta a essere impiegata in combinato disposto con altre fallacie che esamineremo più avanti come la fallacia ad metum.



Tuttavia, essa funziona benissimo anche da sola. Ha una potenza evocativa primordiale.

L’uomo è un animale per natura bellicoso – insegnava il filosofo Thomas Hobbes –
e la storia dell’umanità non sembra fornire molti esempi in grado di contraddire questa verità auto-evidente:
homo homini lupus, cioè l’uomo è lupo per il suo simile.

Inoltre, questa fallacia sollecita moltissimo anche l’istinto basico alla competizione
e alla supremazia insito in tutti gli sportivi del mondo, praticanti o semplici spettatori.

Si gareggia sempre per vincere, a dispetto dello slogan autoconsolatorio di De Coubertin secondo cui l’importante è vincere e non partecipare.


Per tutti questi motivi, la fallacia della falsa analogia agonistica fa presa in modo così diretto ed efficace.

Talmente diretto e talmente efficace da convincere, come abbiamo già detto, sia il colto sia l’ignorante.


I tempi sono cambiati, signori miei, ci dicono: nell’economia mondiale del XXI secolo o ci si adegua o si viene sopraffatti.

Quindi, meglio che i popoli e le nazioni europee si unifichino – ma che dico, si cementino! –
al più presto onde evitare di essere triturati dai cinesi, dagli indiani, dagli americani e via discorrendo.
 

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