Resta memorabile un vecchio articolo di Massimo Fini:
«Io il mio denaro ho diritto di metterlo dove mi garba,
di ficcarmelo anche nel c... se così mi piace».
Ai tempi c'erano già spionaggi e dossieraggi come quelli scoperchiati dalla procura di Perugia,
ma paradossalmente non esisteva un concetto di «privacy» o addirittura una «Authority della privacy»
in un'epoca, questa, in cui la riservatezza è diventata una chimera.
In Italia, per spesa e quantità, abbiamo intercettazioni ambientali e telefoniche
come non le aveva neanche la Germania dell'Est.
Poi ci sono gli scontrini con luogo e orario,
il fisco ci spia sui social e fa indagini,
poi ci sono i conti degli hotel o peggio motel,
i ticket autostradali,
gli sms e le email,
anche i «like» che, in concreto, permettono di profilarci secondo gusti e preferenze,
dunque le chat, Skype, Facebook, WhatsApp,
tutte le geolocalizzazioni,
la bolletta con tutte le telefonate,
il resoconto del telepass con le tratte autostradali,
i percorsi del navigatore,
il resoconto degli acquisti con la carta di credito,
telecamere e webcam dappertutto,
addirittura agenzie investigative da tre soldi e microspie acquistabili su internet,
mentre gli studenti non possono più marinare o bigiare la scuola (c'è il registro elettronico)
e il controllo tra coniugi comincia a essere regolamentato anche nei contratti prematrimoniali.