Sono senza parole e uno squarcio nell'anima.....secondo atto (3 lettori)

patt

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Disperato messaggio ai britannici della responsabile di 'Care International' su Al Jazeera: "Aiutatemi. Forse le mie ultime ore"
Video-appello di Margaret Hassan

"Convincete Blair a ritirarsi"
L'attacco del marito della donna al premier: "Meglio stia zitto"

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Un fotogramma
del video-appello

BAGDAD - "Aiutatemi. Dite a Blair di ritirare le truppe dall'Iraq". Visibilmente tesa, Margaret Hassan, la responsabile dell'organizzazione umanitaria 'Care International' rapita in Iraq il 19 ottobre scorso, è apparsa in un video trasmesso da Al Jazeera e ha lanciato un messaggio ai cittadini britannici per chiedere loro aiuto. "Queste potrebbero essere le mie ultime ore, aiutatemi", ha detto nel suo disperato appello la volontaria di origini britanniche e nazionalità irachena. Nel messaggio, rivolto direttamente al suo popolo, la donna che da trent'anni vive in Iraq continua: "Britannici, chiedete a Blair di far uscire le truppe dall'Iraq e di non farle venire qui a Bagdad. Questo è il motivo per cui mi hanno rapita. Per favore, per favore salvatemi aiutatemi".

La Hassan, con la voce rotta dal pianto, dice poi di non voler morire come Bigley, l'ostaggio britannico giustiziato dal gruppo terroristico guidato dal giordano Musab Al-Zarqawi. Le ultime immagini del video mostrano, come già era avvenuto nel primo filmato trasmesso il 19 ottobre, i documenti della donna. La Hassan, che indossa una tunica bianca in stile arabo, si asciuga le lacrime con un fazzoletto, continuando a piangere. Alle su spalle un fondo bianco, diverso da quello delle immagini diffuse il giorno stesso del sequestro. Nessun accenno, invece, ai rapitori. Il gruppo che l'ha sequestrata martedì scorso, infatti, non si è al momento fatto riconoscere, né ha avanzato richieste specifiche per il rilascio della volontaria.

L'appello della Hassan arriva dopo che stamane suo marito, l'iracheno Tahsine Ali Hassan, ha lanciato un duro attacco verbale contro Blair, accusandolo di aver fatto dichiarazioni che potrebbero porre sua moglie ancora più in pericolo di quanto già non sia. "Blair", ha detto l'uomo all'Independent, "non fa che ripetere che il suo governo sta cercando di far liberare Margaret. Non so proprio perché la Gran Bretagna continui ad affrontare questa vicenda pubblicizzandola così tanto. Nell'attuale situazione", ha spiegato, "non è un bene che gli individui di cui è prigioniera pensino troppo al fatto che è una cittadina britannica. Ho sempre detto che lei è nata in Irlanda, e che si considera un'irachena", ha sottolineato, ricordando come la moglie, 59 anni, abbia acquisito la nazionalità irachena dopo il matrimonio.


A parere di Hassan, le autorità di Londra "stanno facendo affermazioni, a proposito di coloro di cui Margaret è ostaggio, che potrebbero provocarli". E aggiunge: "Non credo che si tratti soltanto di lei, ha a che fare con l'agenda del governo britannico, è una specie di propaganda".

Il marito della volontaria sequestrata prosegue denuncando che, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali sul caso, il governo di Blair finora non l'ha contattato. "Se davvero i britannici stanno facendo qualcosa con la finalità di liberare Margaret", osserva, "temo proprio che nessuno mi abbia comunicato di che cosa si tratti".

L'uomo afferma che, al contrario di quelle del Regno Unito, le autorità di Dublino con lui si sono messe in contatto e seguono da vicino gli sviluppi della vicenda, dopo aver rivolto un appello ai rapitori affinchè l'operatrice umanitaria sia rilasciata.


(22 ottobre 2004)
 

patt

Forumer storico
10:30 Trovati i corpi di 49 reclute irachene morte vicino al confine iraniano I corpi di 49 soldati del nuovo esercito iracheno sono stati trovati a nordest di Bagdad. Secondo fonti della polizia e della Guardia Nazionale i cadaveri di 49 reclute, uccise a colpi di pistola, sono stati rinvenuti tra ieri e oggi su una strada vicino al villaggio di Mandali, non lontano dal confine iraniano.


11:55 Ritrovati due corpi decapitati
Il corpo senza testa di un uomo, vestito con un abito all'occidentale, è riemerso oggi dal Tigri vicino a Kirkuk, secondo fonti di polizia. Ad Hawija, a 200 chilometri a nord di Bagdad, un ufficiale di polizia ha riferito che è stato trovato il corpo di un uomo decapitato e con la testa legata ai piedi del cadavere.



11:30 Raid aereo su Falluja, cinque morti
L'aviazione statunitense ha bombardato sospetti covi di insorti a Falluja, cinque persone sono morte. Fonti ospedaliere riferiscono che si tratta di vittime civili e che l'attacco è stato portato sulla strada principale che conduce alla zona settentrionale della città.


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Il luogo della strage
si portano via i corpi




Iraq, le giovani vittime stavano tornando a casa in congedo
L'imboscata a Mandali, nei pressi del confine con l'Iran
La strage di reclute a Baquba
49 uccisi con un colpo alla nuca
Il gruppo di Al Zarqawi ha rivendicato la strage



BAQUBA (Iraq) - Stavolta non si è trattato di un attentato dinamitardo ma di una vera e propria esecuzione di massa: 44 reclute della polizia irachena e cinque autisti freddati con colpi alla nuca da distanza ravvicinata. E' il primo massacro di questo tipo nell'Iraq martoriato dalla guerra, un'azione ben organizzata che segnala un innalzamento del livello di scontro da parte della guerriglia. Una strage che, secondo un sito islamico, sarebbe stata rivendicata dal gruppo estremistico di Abou Moussab Al-Zarqawi.

La strage è avvenuta ieri sera nei pressi del villaggio di Mandali, lungo una strada poco battuta che collega Kirkuk con le città di Qazaniya e Badra, non lontano dal confine con l'Iran. Le reclute, tutte originarie di Amara e Kut, nel sud dell'Iraq, stavano tornando a casa in congedo dopo un primo periodo di addestramento a Kirkuk. Per questo erano senza uniforme e senza armi. Viaggiavano a bordo di tre minibus, senza scorta.

La dinamica dell'agguato non è chiara. Ma tutto sembra indicare che gli automezzi delle reclute siano stati bloccati da uomini che indossavano uniformi della polizia. I giovani, tutti sulla ventina, sono stati fatti scendere e divisi in gruppi, sono stati fatti sdraiare a testa in giù e uccisi uno a uno con un colpo alla nuca.

Gli abitanti della zona hanno raccontato di aver sentito gli spari intorno alle 20 (le 19 italiane) di ieri. Qualche ora dopo sono stati trovati 37 corpi. Altri 12 sono stati scoperti oggi a qualche centinaio di metri di distanza: probabilmente erano quelli di chi aveva provato a fuggire. I documenti e il denaro che le vittime avevano addosso non sono stati toccati. Erano state invece portate via le scarpe.


Un attacco a sangue freddo che non ha precedenti nell'Iraq del dopo Saddam, un durissimo colpo alla coalizione guidata dagli Stati Uniti e alle autorità di Bagdad, ai loro sforzi volti a mettere in piedi forze di sicurezza che stabilizzino il Paese in vista delle elezioni di gennaio.


(24 ottobre 2004)
 

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L'ostaggio giapponese
Shosei Koda, 24 anni

06:50 Rapito giapponese. Koizumi: "Non ci ritireremo" Il gruppo del terrorista Al Zarqawi ha annunciato con un video diffuso su Internet di aver rapito un giapponese - mostrato nella consueta scenografia - e minaccia di decapitarlo se Tokyo non ritirerà le sue truppe entro 48 ore. Ma il premier giapponese Junichiro Koizumi annuncia che il governo manterrà il suo contingente in Iraq. Il gruppo di Al Zarqawi sostiene che il sequestrato è delle forze giapponesi nel paese, ma Tokyo precisa che l'ostaggio è un civile, non dipendente del governo e si chiama Shosei Kyoda, 24 anni. Nel video il giovane lancia un appello: "Signor Koizumi, loro vogliono il ritiro delle truppe giapponesi dall'Iraq. Altrimenti, mi faranno saltare la testa. Mi scuso. Voglio tornare vivo in Giappone".


07:22 Giapponese rapito, appello ministro Esteri Tokyo
Un appello per il rilascio del connazionale sequestrato dai miliziani di Al Zarqawi è stato lanciato dal ministro degli Esteri giapponese, Nobutaka Machimura: "Il Giappone è un amico dell'Iraq, e il popolo giapponese nutre per quello iracheno sentimenti sia di rispetto sia di amicizia. Il popolo del Giapppne è sotto shock", ha detto Machimura "e auspica una liberazione dell'ostaggio il più presto possibile".
 

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Pena di morte sempre più diffusa: 10 mila vittime l'anno
Visite guidate per ragazzini delle elementari e delle medie
Cina, alunni in gita premio
per assistere alle esecuzioni


FEDERICO RAMPINI


PECHINO - Ma Weihua, 29 anni, l'hanno arrestata alla stazione ferroviaria di Lanzhou con l'eroina nascosta sotto la sua gonna gialla. Il possesso di droga è uno dei 69 reati per cui scatta la condanna a morte in Cina. Il suo era un caso speciale, però. Al momento dell'arresto Ma Weihua era incinta e il codice penale esclude dalla sentenza capitale le donne in stato di gravidanza. La polizia di Lanzhou non si è fermata per così poco.

La squadra narcotici ha trasferito Ma dal carcere all'ospedale Kangati dove un medico le ha praticato subito l'aborto. Sotto anestesia forzata "perché la paziente si rifiutava di cooperare". Un dirigente della Pubblica sicurezza di Lanzhou ha dichiarato alla stampa locale che "il codice non deve diventare un'arma in mano agli spacciatori per sottrarsi alla punizione".

Il caso di Ma rilancia il dibattito sulla pena di morte in Cina. Qui ogni anno la giustizia fa fucilare o sopprime per iniezione letale almeno diecimila persone: cinque volte più delle condanne a morte eseguite in tutto il resto del mondo, America compresa.
Nonostante il disagio degli intellettuali e dei dirigenti più illuminati, la pena di morte ha ancora un solido avvenire in questo paese. Pochi giorni fa a Changsha, capitale della provincia dello Hunan, centinaia di scolari sono stati guidati dai loro maestri in una singolare gita premio. Dentro il palazzetto dello sport di Changsha, insieme con altri 2.500 spettatori, i ragazzini delle classi elementari e medie hanno potuto assistere di persona e in diretta all'esecuzione di sei condannati.


Lo spettacolo è stato immortalato su un sito Internet: gli scolari in uniforme (dai sei ai sedici anni) ascoltano dagli altoparlanti la proclamazione dei reati commessi, poi il plotone di esecuzione apre il fuoco. Queste cerimonie pubbliche si moltiplicano in occasione delle festività nazionali. Di recente la provincia dello Yunnan ha acquistato diciotto "celle mobili" equipaggiate per l'iniezione letale, al fine di "migliorare l'efficienza e l'economicità" delle esecuzioni.

A Pechino il governo centrale sembra meno entusiasta di tanta pubblicità. Questo può spiegare il divario consistente che c'è tra le esecuzioni dichiarate e quelle reali. Nel 2003, per esempio, Amnesty International ha censito 1.639 condanne a morte ufficiali in Cina di cui 726 già eseguite. La stessa Amnesty International nel suo rapporto annuo avverte che "le cifre vere purtroppo sono molto più alte".

La stima di diecimila esecuzioni avanzata dal giurista Chen Zhonglin è considerata attendibile. Una simile strage non viene giustificata con gravi motivi di ordine pubblico. La Cina non è descritta dalle sue autorità come un paese tormentato da alti livelli di criminalità, non c'è un clima di allarme sociale per la violenza. E' il sistema giudiziario ad avere il grilletto facile.

Il professor Xiao Zhonghua dell'Accademia delle Scienze sociali invita a "vigilare contro l'abuso della pena di morte". Il giurista Liu Renwen dichiara alla rivista Huanqiu: "Nel 1910 sotto l'ultimo regime imperiale, la dinastia Qing, c'era la pena capitale per venti capi d'imputazione. Un secolo più tardi, il nostro nuovo codice penale ha triplicato i casi in cui si applica". Sono inclusi delitti non cruenti come il contrabbando, lo sfruttamento della prostituzione, la profanazione delle tombe, la falsificazione di banconote.

Di recente i reati che si pagano con la vita sono stati ancora aumentati. L'anno scorso sono stati aggiunti alla lunga lista il crimine di "diffusione deliberata della Sars", e quello di "produzione di materie prime tossiche". Anche la prevenzione sanitaria e la lotta all'inquinamento si regolano così, in un paese dove secondo Amnesty International "non esiste la presunzione d'innocenza, le confessioni ottenute attraverso la tortura valgono come prove in tribunale, gli avvocati difensori non sono tenuti ad essere presenti negli interrogatori di polizia, e il potere politico interferisce nel sistema giudiziario". Si aggiunge il sospetto che la pena di morte sia somministrata con particolare facilità ai membri di minoranze etniche non appena scatta contro di loro il sospetto di attività terroristiche (è il caso del tibetano Lobsang Dhondup fucilato a gennaio, e di diversi musulmani Uiguri in carcere).

Nelle ultime settimane qualcosa sembra muoversi. Una delle massime autorità giudiziarie del paese, il vicepresidente della Corte Suprema del Popolo Huang Songyou, annuncia che i condannati a morte dovrebbero avere diritto di appello presso la sua giurisdizione, cioè il tribunale costituzionale. Sarebbe già un progresso enorme: oggi i giudici che esaminano i ricorsi sono gli stessi che hanno inflitto la pena capitale. Il quotidiano Notizie di Pechino pubblica un appello firmato dai più celebri giuristi del paese, si intitola "Per l'abolizione della pena di morte sui reati economici". Liu Ri, vicepresidente dell'università Hebei, conferma che questo sarebbe il primo passo più ragionevole: "Eliminare la condanna capitale per i reati finanziari, poi per tutti i delitti che non comportano spargimento di sangue".

Questi esperti e magistrati hanno fatto i conti senza l'opinione pubblica. La Cina non ha libere elezioni o referendum per consultarla, ma almeno ha le rubriche di lettere ai giornali, i forum su Internet e i weblog. La loro reazione a queste proposte non si fa attendere. Sui siti Sohu. com e Sina. com piomba una valanga di proteste: 5.000 interventi contro la clemenza - o la civiltà - invocata dagli esperti. "E' irragionevole - scrive un giovane su Sohu. com - abrogare la pena di morte per i dirigenti politici che prendono le tangenti. Queste proposte ignorano il sentimento dei cittadini ordinari, offesi e danneggiati dal dilagare della corruzione".

Alcuni lettori indignati confidano ai giornali il timore che i giudici garantisti siano d'accordo con gli amministratori disonesti. Verso i corrotti nessuno è disposto a usare indulgenza. Per loro neanche l'ergastolo sembra bastare. Il giurista Li Kejie ammette che "molti cittadini sono a favore della legge del taglione, occhio per occhio dente per dente, soprattutto oggi che le riforme economiche creano conflitti e instabilità sociale. L'effetto deterrente e la punizione esemplare della pena capitale diventano ancora più importanti, sembrano dare sicurezza".

In realtà le statistiche rivelano che solo di rado chi ha intascato tangenti finisca davanti al plotone d'esecuzione. Anche quando succede, si tratta di figure di medio calibro, dirigenti provinciali gettati in pasto all'opinione pubblica per dare l'impressione che la corruzione viene combattuta senza pietà. Negli ultimi anni il più alto in grado ad aver pagato con la vita è un vice-governatore provinciale dello Jianxi, Hu Changqing, fucilato l'8 marzo del 2000 per aver preso 658.000 dollari di mazzette. Quest'anno si segnala un solo caso di pena capitale per un alto funzionario accusato di ruberie: è Wang Huaizhong, ex vice-governatore dello Anhui, la cui condanna è stata eseguita il 12 febbraio.

Sulla massa dei condannati a morte i colletti bianchi sono già oggi una minuscola eccezione. Inoltre, spiega ancora Liu Renwen, "il potere deterrente della pena capitale contro la corruzione ha dei limiti evidenti. Conosciamo dei casi in cui dopo la condanna a morte di un amministratore locale per tangenti, il suo successore si è macchiato poco tempo dopo dello stesso delitto. Questo deve metterci in allarme. La soluzione per prevenire questo genere di delitti sta nel cambiare il sistema". La migliore cura contro il giustizialismo dei cittadini, sostiene il giurista impegnato contro le condanne a morte, "è rendere pubbliche le informazioni sui numerosi errori giudiziari, illustrare la scarsa utilità pratica della pena capitale".

Forse Liu sopravvaluta la razionalità dei suoi concittadini. O sottovaluta la tensione che cova dentro la società. Pochi giorni fa nella città di Wanzhou un banale diverbio tra automobilisti è degenerato quando è intervenuta la polizia: diecimila persone hanno attaccato le forze dell'ordine e incendiato i loro automezzi, apparentemente senza una ragione, finché sono dovuti intervenire reparti anti sommossa per sedare la guerriglia. Le autorità ora minimizzano questo incidente, come le tante esplosioni improvvise di conflittualità sociale nelle campagne, fiammate di ribellione contadina contro i capi-partito che si impadroniscono delle terre comuni per venderle alle aziende o ai palazzinari. La voglia di forca probabilmente è un altro modo di dire le stesse cose. A fare le spese di questo risentimento popolare, purtroppo, non sarà la nomenklatura corrotta. Sarà Ma Weihua, che a 29 anni ha abortito su decisione di un poliziotto, perché neanche il codice penale possa sottrarre la sua vita al potere assoluto del giudice.


(28 ottobre 2004)
 

patt

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KABUL - A Kabul sono stati rapiti tre operatori Onu, che lavoravano alle operazioni di scrutinio per le storiche elezioni presidenziali. Secondo fonti del governo, i tre, due donne ed un uomo provengono rispettivamente da Filippine, Kosovo e Gran Bretagna. Un commando di uomini armati di kalashnikov e in abiti militari avrebbe dapprima bloccato la vettura sulla quale viaggiavano, costringendoli poi a salire sul loro fuoristrada. Il rapimento è avvenuto alle ore 12,30 locali.

(28 ottobre 2004)
 

patt

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12:12 Annunciato rapimento di una donna polacca Un gruppo iracheno sostiene di aver sequestrato una donna polacca che lavora per le forze Usa e in cambio del suo rilascio chiede il ritiro delle forze di Varsavia. Al Jazeera ha trasmesso un video in cui compare una donna apparentemente anziana, seduta tra due uomini con il volto coperto. Uno punta una pistola alla nuca dell'ostaggio. Sullo sfondo compare uno striscione con il nome del gruppo, finora sconosciuto, "Abi Baqr al-Siddiq al-Salafyia"
 

franci

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patatino ha scritto:
12:12 Annunciato rapimento di una donna polacca Un gruppo iracheno sostiene di aver sequestrato una donna polacca che lavora per le forze Usa e in cambio del suo rilascio chiede il ritiro delle forze di Varsavia. Al Jazeera ha trasmesso un video in cui compare una donna apparentemente anziana, seduta tra due uomini con il volto coperto. Uno punta una pistola alla nuca dell'ostaggio. Sullo sfondo compare uno striscione con il nome del gruppo, finora sconosciuto, "Abi Baqr al-Siddiq al-Salafyia"

Marechiaro è stata sepolta oggi
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patt

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14:37 35.000 corpi in fosse comuni
Il ministero per i Diritti umani iracheno ha annunciato che sono state scoperte oltre 300 fosse comuni con i resti di 35.000 persone. La documentazione fotografica al riguardo verrà portata come prova nel processo che si terrà contro l'ex dittatore Saddam Hussein. Secondo il ministero ci sono molte altre fosse che non sono ancora state trovate. Saddam, in carcere dal dicembre di un anno fa, è accusato di diversi reati fra cui genocidio e crimini contro l'umanità. Non è ancora stata fissata una data per il processo.
 

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