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Pensioni
Un'occasione persa
Gli asset manager italiani si stavano preparando a ricevere il flusso di fondi liberato dalle attese riforme delle pensioni, ma, a quanto pare, i progetti del nuovo governo sono diversi
Nell'anno appena trascorso il settore italiano del risparmio gestito ha riposto grandi speranze nella riforma del sistema pensionistico e, in particolare, nella possibilità che una nuova destinazione del trattamento di fine rapporto (Tfr) portasse nuova linfa alle proprie attività. L'attesa era che il governo sarebbe intervenuto per via legislativa per incentivare i lavoratori all'acquisto di pensioni private, stimolando così lo sviluppo di prodotti pensionistici innovativi.
Originariamente si prevedeva che la riforma del mercato pensionistico avrebbe preparato l'Italia ad affrontare l'annunciata crisi del sistema pensionistico, convogliando nel contempo una quota preponderante del Tfr verso il settore pensionistico privato. Tuttavia, la posizione del nuovo governo in materia è diversa da quella dell'esecutivo precedente e appare ora improbabile che le pensioni private beneficeranno di un trasferimento di fondi nel futuro immediato.
Al contrario, il governo di centro-sinistra presieduto da Romano Prodi ha presentato in ottobre una soluzione in contrasto con molti dei piani precedentemente annunciati e sembra voler convogliare parte del Tfr verso usi pubblici. Ciò si traduce in una perdita per le imprese private, che attualmente usano il Tfr quale fonte di capitale circolante, ma anche in diverse restrizioni sull'accesso ai fondi a fini di investimento, da parte dei lavoratori titolari. {E'} infine lungi dall'essere scontato che l'ampia offerta di nuovi prodotti di investimento, in precedenza prevista dai riformatori e dagli asset manager, vedrà mai la luce.
A meno che non venga sostanzialmente modificata durante il dibattito parlamentare, la proposta di riforma pensionistica contenuta nella bozza di Finanziaria appare a molti osservatori come un'occasione mancata. "{E'} una situazione deprimente," afferma sconsolato un banchiere. "Una situazione a cui gli italiani sono anche troppo abituati. Non si può escludere un'evoluzione positiva, anche se sembra che gli ostacoli continuino ad aumentare".
Il settore del risparmio gestito avrebbe guadagnato molto dalle riforme, che avrebbero convogliato nuovi fondi verso piani pensionistici privati. Ora che il governo ha deciso di evitare una riforma pensionistica vera e propria, prevale nel settore un senso di delusione, oltre al timore che l'inazione possa aggravare i problemi pensionistici del paese. "Pensavamo che il sistema pensionistico fosse già molto confuso" afferma un osservatore. "Ma ora è ancora più caotico".
Problemi spinosi
Le pensioni rappresentano un problema spinoso per quasi tutti i paesi europei. Tuttavia la situazione dell'Italia è più grave, per due motivi. Il primo dipende dal tasso di natalità, tra i più bassi nella regione: nel 2050 oltre il 61% degli italiani avrà oltre 65 anni. Il secondo è che il paese è stato spesso guidato da governi incapaci di opporsi agli interessi di gruppi di pressione (quali i sindacati) con la determinazione necessaria ad affrontare l'incombente crisi pensionistica.
Per questi motivi l'impegno dei governi italiani a favore di una riforma delle pensioni è stato nel complesso intermittente. Negli anni '90 si è riusciti ad eliminare gli adeguamenti automatici delle prestazioni pensionistiche del primo pilastro, evitando che tali impegni mettessero il paese in ginocchio nel giro di pochi anni, e sono state adottate misure per innalzare l'età pensionabile - anche se tale misura continua ad essere contestata dai sindacati al punto che il governo potrebbe ancora ritirarla.
Sempre negli anni '90, è stato creato un secondo pilastro previdenziale, i fondi pensione complementari. Questi fondi ad adesione collettiva sono di due tipi: i fondi pensione chiusi, che possono essere istituiti e gestiti da un'impresa o da un sindacato, e i fondi pensione aperti, istituiti e gestiti dalle banche e dalle compagnie assicurative. Entrambi i tipi di fondi investono prevalentemente in titoli tradizionali seguendo politiche estremamente prudenziali.
Il Tfr è un altro "contenitore" di fondi previdenziali. Viene corrisposto al lavoratore a fine rapporto e rientra nominalmente nel secondo pilastro, nonostante la sua creazione risalga a un'epoca ancora precedente. Questi fondi, in cui i datori di lavoro accantonano il 6,91% dei salari dei dipendenti, ammonteranno complessivamente a 18,93 miliardi di euro all'anno nel 2007. A condizione di garantire un rendimento annuo dell'1,5%, più il 75% del tasso di inflazione dell'economia italiana, i datori di lavoro sono liberi di utilizzare tali liquidità come meglio credono. In generale le imprese trattano tali fondi come "disponibilità liquide gratuite".
Il secondo e il terzo pilastro (la previdenza individuale) sono in qualche misura sovrapposti dato che i lavoratori possono acquistare una pensione individuale dai fondi pensione aperti oppure dotarsi di un piano pensionistico individuale denominato Pip (Piano individuale di previdenza). Nati nel 2001, i Pip sono distribuiti e gestiti da banche o compagnie assicurative e, secondo dati Covip, nel 2005 interessavano solo 811.000 lavoratori.
Buone intenzioni
In base al piano inizialmente proposto nel 2002 dal precedente Presidente del Consiglio Berlusconi, gli asset manager e i fornitori di prodotti strutturati si aspettavano che il Tfr sarebbe stato automaticamente convogliato verso piani pensionistici individuali, tra cui i Pip, conferendo ai lavoratori un controllo del tutto inedito sulle modalità di investimento del proprio risparmio previdenziale. Il settore si aspettava un aumento della domanda di prodotti a capitale garantito (per esempio) e, di conseguenza, sperava in un sostanziale incremento del lavoro per i fornitori di prodotti strutturati.
Ma l'incentivo alle pensioni individuali è largamente assente dalla Finanziaria presentata dal governo Prodi. I dipendenti avranno l'opzione fra lasciare i risparmi accantonati presso il proprio datore di lavoro e trasferirli a fondi collettivi (aperti o chiusi) o a un Pip. Con tutta probabilità, tuttavia, gran parte dei Tfr conferiti a piani pensionistici verrà convogliata a fondi collettivi.
"Un lavoratore del settore privato che accede ai fondi pensione per la prima volta avrà comunque la possibilità di conferire esplicitamente il proprio Tfr a un fornitore di servizi pensionistici privato, conservando una maggiore flessibilità in merito alla scelta degli investimenti" spiega Leonardo Arduini, senior government banker e responsabile del business fixed income presso Citigroup a Milano. "Ma l'iter appare lungo e difficoltoso, e in assenza di decisione i fondi verranno destinati a fondi collettivi. Di conseguenza, l'adesione sarà molto limitata".
Inoltre, i costi maggiori associati ai Pip potrebbero disincentivare l'adesione a tale forma di previdenza integrativa. Come osserva Marcello Chelli, co-responsabile prodotti quotati di Société Générale Corporate & Investment Banking (SG CIB) di Milano, la riforma avrà probabilmente l'effetto di aumentare la trasparenza dei costi per gli investitori. Secondo la Covip, il costo medio annuo su un periodo di investimento di 35 anni è dello 0,47% per i fondi chiusi, dell'1,2% per i fondi aperti e del 2,3% per i Pip.
Di conseguenza, è probabile che solo un'esigua quota dei fondi arriverà alle compagnie assicurative (i fornitori di prodotti più innovativi sul mercato italiano) e che il boom previsto nella vendita di prodotti strutturati non si concretizzi. "Con ogni probabilità l'allocazione dei fondi resterà pressoché invariata, e il Tfr continuerà ad essere destinato al menu tradizionale di prodotti di risparmio gestito legati a un benchmark" afferma Arduini.
Come osserva Chelli, 20 dei 30 maggiori fondi pensione chiusi offrono "un'unica linea di investimento a prescindere dalle esigenze dell'investitore e dal tempo che manca al pensionamento". Analogamente, gran parte dei fondi aperti offre agli investitori un mix di classi di attività standard. Sembra che la bozza di Finanziaria preveda che, anche se il dipendente decide di investire i propri risparmi in un Pip, i prodotti scelti dovranno essere quotati su mercati regolamentati.
Matteo Vaghi, director presso l'institutional coverage group della Deutsche Bank a Londra, è altrettanto pessimista circa la possibilità che la riforma induca un cambiamento nell'allocazione delle attività. A suo avviso, poiché non incentiva i lavoratori a scegliere una pensione privata, la riforma è un'occasione mancata.
"Con il Tfr si ottiene un rendimento pari al 75% dell'inflazione più l'1,5% annuo" aggiunge. "Nessuno dei prodotti offerti dai fornitori di soluzioni previdenziali tradizionali offrirà garanzie. Quindi la gente si chiederà: 'Qual è il mio vantaggio fiscale?'"
Corsa ai fondi
Come se tutto questo non bastasse la bozza di Finanziaria assesta un ulteriore colpo al settore del risparmio gestito e, in ultima analisi, alle imprese.
Tra il 1 degs gennaio e il 30 giugno 2007, i lavoratori dovranno decidere la destinazione del proprio Tfr.
Inizialmente, era previsto che tutti i fondi "inoptati" rimanessero presso il datore di lavoro e molti operatori si aspettavano che, a un certo punto, una parte o la totalità dei fondi inoptati sarebbe finita in pensioni private. Tuttavia, nella Finanziaria 2007 il governo propone che tutti i fondi inoptati a fine luglio vengano ripartiti tra i programmi esistenti per il Tfr. Ciò significa che parte dei fondi rimarrà presso le imprese, e parte verrà convogliata a un nuovo fondo gestito dall'INPS, che investirà in infrastrutture pubbliche e progetti sociali,[size=18] garantendo gli stessi rendimenti del Tfr (l'1,5% più il 75% dell'inflazione).[/b][/size]
Dei 18,93 miliardi di euro complessivi attesi per il 2007, il governo prevede che 6.009 milioni rimarranno alle imprese, 6.009 passeranno al nuovo fondo e 6.915 confluiranno a fondi pensione privati.
Il ragionamento del governo è che i fondi del Tfr non appartengono alle aziende e che, se i lavoratori non intendono investirli per sé, allora è giusto che ne tragga giovamento l'intero paese. Ma secondo alcuni osservatori di mercato si tratta invece di una manovra cinica che contribuisce ad affossare l'obiettivo di fondo stesso della riforma, ovvero incoraggiare la responsabilità individuale. Su una nota leggermente meno aggressiva, Arduini di Citigroup ritiene che "la manovra rappresenta uno sviluppo importante e inatteso. Il settore, per sua natura, non ama le sorprese".
La creazione del nuovo fondo gestito dall'INPS non è ancora cosa certa. Come sottolinea una banca, "In pratica il governo sta prendendo dei fondi che figurano come passività nello stato patrimoniale delle imprese e li sta trasformando in attivi nel proprio stato patrimoniale". A tal fine tuttavia sarà necessario il beneplacito della Commissione europea. Il governo spera che la Commissione consideri i fondi come denaro pubblico e, di conseguenza, consenta una riduzione del disavanzo pubblico, previsto al 4,8% a fine anno. Ad ogni modo, l'approvazione non è garantita e, quand'anche fosse ottenuta, l'opposizione di datori di lavoro e sindacati potrebbe comunque far fallire il piano.
E in effetti il governo dà già segni di ripensamento su alcune delle misure in merito ai fondi del Tfr. Solo pochi giorni dopo l'annuncio della Finanziaria, la stampa italiana riferiva della possibilità che le piccole e medie imprese venissero esentate dalle nuove regole sul Tfr, così da salvaguardarle dalle gravi difficoltà indotte dall'eliminazione di questa forma di finanziamento a basso costo.
Molto potrà cambiare nei mesi a venire, a misura che la Finanziaria passa al vaglio di politici, leader sindacali, mondo degli affari e della finanza. Quasi certamente il disegno di legge subirà delle modifiche in sede parlamentare, ma è in ogni caso probabile che la tanto attesa liberalizzazione del mercato pensionistico sarà di entità limitata.
Nonostante le cattive notizie, l'umore non è così nero. Secondo Arduini "C'è la speranza che, ampliando nettamente la partecipazione dei dipendenti, e aumentando l'enfasi e le aspettative sul risparmio gestito, venga in ultima analisi incentivata l'innovazione e la ricerca di classi di attività alternative". Chelli di SG CIB aggiunge che i fondi pensione aperti potrebbero col tempo incorporare nuove classi di attività o nuovi mix di attività fra cui, per esempio, titoli dei mercati emergenti, materie prime e obbligazioni indicizzate all'inflazione.
Analogamente, per quanto discutibile, la decisione del governo di accaparrarsi il 50% dei Tfr inoptati potrebbe invece indurre i dipendenti a dirigere i propri fondi verso prodotti pensionistici, stimolando un'evoluzione del settore. "I sondaggi rilevano che oltre il 60% dei dipendenti è incline a lasciare il Tfr presso il proprio datore di lavoro" osserva Arduini. Appropriandosi del 50% di queste quote per poi investirle nel fondo INPS, il governo potrebbe contrariare i dipendenti al punto da innescare un cambiamento di comportamento. "La manovra potrebbe in ultima analisi spostare le preferenze verso il settore pensionistico privato" conclude Arduini.
Laurence Neville
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