TFR e previdenza integrativa: scegliere è obbligatorio (2 lettori)

idefix

Forumer attivo
ciao,

1. ......(cancellata)

2. io la decisone l'ho gia' presa. per ora tengo il TFR in azienda. in futuro si vedra'. Naturalmente cerco di accumulare e investire risparmio finalizzato all'integrazione pensionistica.

3. x giuseppe. la fase di accumulazione (fondi pensione) mi e' abbastanza chiara. qualche info si trova e la documentazione e' ampia.
viceversa
Da quello che ho "studiato", oltre alle numerose criticità nella fase di accumulo nei fondi pensione mi sembra che il piu' grosso "buco nero" sia rappresentato dalla fase di distribuzione della rendita a carico delle compagnie di assicurazione.
mi sembra che quest'aspetto e' completamente scomparso nei dibattiti televisivi e sui vari mezzi di informazione. forse perche' e' una fase che si considera lontana nel tempo.
li' e' veramente critica la situazione. non si ha certezza di quasi nulla. non si ha alcuna garanzia e ogni compagnia puo' modificare unilateralmente tutti i termini di polizza con brevissimo preavviso e SENZA che l'assicurato possa cambiare a sua volta societa' assicurativa (cosa prevista nella fase di accumulo).
Mi risulterebbe che alcuni fondi pensione che gia' raccolgono contributi non abbiano ancora definito le convenzioni con le compagnie assicurative con i termini di contratto.
Se la covip non ci mette mano con una azione di regolamentazione comune si avranno delle belle sorprese.... (in particolare con le tabelle di conversione che a mio parere dovrebbero essere uguali per tutti e stabilite da una autority pubblica).

che ne pensi?
 

giomf

Forumer storico
idefix ha scritto:
Da quello che ho "studiato", oltre alle numerose criticità nella fase di accumulo nei fondi pensione mi sembra che il piu' grosso "buco nero" sia rappresentato dalla fase di distribuzione della rendita a carico delle compagnie di assicurazione.
mi sembra che quest'aspetto e' completamente scomparso nei dibattiti televisivi e sui vari mezzi di informazione. Mi risulterebbe che alcuni fondi pensione che gia' raccolgono contributi non abbiano ancora definito le convenzioni con le compagnie assicurative con i termini di contratto.

Vedo che sui fondi pensione sei uno dei pochi abbastanza informato . . se ti facessi domande avrai tempo di rispondere . .
. . qui . o. . su . .I. C. . . .?
 

giomf

Forumer storico
Grazie a Voi inizio a far chiarezza nella mia testa . . e credo che servano
interventi degli esperti sulle mie prossime domande-affermazioni appunto
per far chiarezza sulla base della struttura con cui funzioneranno i fondi pensione . .

Lasciamo quindi subito da parte la parte ""finanziaria-performace"" della vicenda,
livelli di rischio..ecc... , e la eventuale situazione "personale" . .cioè soprattutto la distanza a cui ci si trova
dall' età pensionabile . . .

Quesiti di base . . risolti i quali si può propendere di più verso un fondo pensione
o verso il "vecchio" TFR . .

1 ) Quanta , in % , detrazione-deduzione si ha alle leggi attuali sulla cifra
eventualmente versata in un fondo pensione . .?

2 ) Fatta 100 la % massima di investimento in un fondo pensione
( = somma fra cifra del dipendente + quella del datore di lavoro )
. . Quanta è la % del datore . .e mi sembra di aver capito che la si ha solo
se si sceglie un fondo negoziale o di categoria ( accordi sindacali )
. .quante di queste 100 lire sono versate dal datore e quante dal lavoratore ..?

3 ) Altri utenti, anche in altri forum, mi hanno fattocapire che alla base di tutto
c'è già anomalia e mancanza di libertà . . in quanto la % del datore la si
ha solamente se si sceglie un fondo negoziale ( o di categoria = accordi
sindacali ) . . altrimenti la si perde e si versa solo quella del dipendente
. . sorge domanda : quella del datore se non la si può usare dove va a finire ?
Non ci sarebbe libertà al 100 % di scelta in quanto i fondi liberamente
sceglibili sarebbero quelli aperti, ma con essi si perde la quota del datore-lavoro
. . .
Invece se si sceglie uno di quelli negoziali o di categoria si ha la quota
del datore-lav , ma in questi fondi i sindacati sarebbero gli amministratori
( ? ? che significa ? ) . . quindi non si è pienamente liberi . .
perole di altri : """riforma ingessata---Se ci fosse stata liberta' di scelta ci sarebbero stati prodotti migliori a minori costi , purtroppo questo e' il sistema italia"""


4 ) Inoltre mi sembra di aver capito che, una volta scelto il fondo-pens , dopo
molti anni di versamenti . . il montante va a finire su una assicurazione
. . che deciderà . . poi .. ( all' età pensionabile ..e..non certo ora ..)
i calcoli per dare la rendita . . .

5 ) Idefix . . se hai altri contributi . . sei pregato di continuare a darli anche
. . tu . . mille grazie
 

patagus

Nuovo forumer
Il dubbio è il timore e lecito sulle capacità dei gestori di sovraperformare i mercati per rendere molto positiva la rendita del vitalizio :rolleyes: :rolleyes:

Ho trovato quest'articolo e gia mi vengono i brividi.... :sad: :sad: :sad:


Numero 59, marzo 2005

Uno dei più antichi fondi pensione italiani fallisce. E migliaia di dipendenti rischiano di perdere i contributi versati in una vita.
Una storia che, tra non molto, potrebbe riguardarci tutti

Oltre 10 mila pensionati, la metà sopra gli 80 anni, della ex Banca Commerciale Italiana (acquisita nel 2001 da Banca Intesa) hanno ricevuto in gennaio la mensilità di previdenza integrativa decurtata del 25%. In febbraio e marzo il taglio salirà al 50%. Poi le mensilità saranno azzerate, in attesa di ricevere qualcosa dalla liquidazione del Fondo pensione. Quando e quanto non si sa.

Questa triste vicenda avviene in un momento molto delicato per lo sviluppo della previdenza complementare. È stata da poco varata una nuova riforma delle pensioni pubbliche, ed è in discussione il trasferimento del trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti (la cosiddetta liquidazione o tfr) ai fondi pensione privati, che nei prossimi anni dovranno diventare una parte importante delle mensilità percepite dai pensionati, a fronte di pensioni pubbliche meno ricche. Ed è curioso notare che quasi tutti i principali mass-media italiani hanno trascurato la notizia.

Il Fondo pensione della Banca Commerciale Italiana è il primo caso di fondo pensione in liquidazione, ossia tecnicamente fallito. Nato nel 1905, il fondo oggi ha 21.935 soci e non è in grado di garantire le prestazioni previste. Per i vecchi dipendenti iscriversi al fondo era obbligatorio, all’atto dell’assunzione.

Cosa è accaduto? Da un lato la gestione del patrimonio del fondo in titoli e immobili non ha dato i rendimenti sperati. Dall’altro il rapporto tra numero di iscritti in attività e pensionati è diminuito bruscamente negli ultimi anni. Tra l’altro, a partire dagli anni ‘90, il Fondo è stato utilizzato per facilitare una politica aziendale di esodi incentivati; nel 1999 la Banca Commerciale Italiana mise a disposizione 150 miliardi di lire per controbilanciare gli squilibri causati da quelle politiche. Ma non è bastato.

Nell’esercizio 2003 il disavanzo ammontava a 28,5 milioni di euro. Ed è in continuo aumento. Il Fondo sborsa circa 60 milioni l’anno per pagare le pensioni e incassa, tra affitti e rendimenti dei titoli, circa una trentina di milioni. Il patrimonio mobiliare vale circa 350-400 milioni, fra 900 e 1.000 quello immobiliare.

Lo scorso 10 dicembre Banca Intesa e il Consiglio d’amministrazione del Fondo, formato da membri nominati dalla banca e dai principali sindacati, siglano un accordo per chiedere alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) il commissariamento del Fondo e la successiva liquidazione. Solo la Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, vota contro. L’accordo prevede il trasferimento in tempi brevi delle posizioni previdenziali dei partecipanti in servizio iscritti al Fondo dal 28 aprile 1993 al fondo pensioni di Banca Intesa, un trasferimento successivo dei partecipanti in servizio iscritti al fondo prima del 28 aprile 1993 e una offerta di una tantum agli attuali pensionati in sostituzione della rendita vitalizia, per arrivare nel tempo alla delibera di scioglimento del fondo pensioni Comit. Il ricavato delle dismissioni del patrimonio residuale sarà accantonato in attesa di essere distribuito tra i soci.

L’antivigilia di Natale la Covip risponde bocciando la richiesta di commissariamento per mancanza dei requisiti di eccezionale gravità. La Covip invita il Consiglio d’amministrazione a riconsiderare l’accordo in modo da tutelare in modo più adeguato ed equilibrato gli interessi sia dei pensionati che dei soci in attività; ricorda la possibilità del Fondo di ricorrere all’indebitamento per temporanee esigenze di liquidità; scrive che la prevista sospensione di ogni forma di erogazione a favore dei pensionati deve essere riconsiderata. Ma il Consiglio d’amministrazione prosegue col suo piano. Decurta le pensioni di gennaio del 25%; e il 12 gennaio delibera di inviare ai soci attivi una lettera di richiesta di trasferimento ai Fondi di Banca Intesa.

Nonostante il controllo di fatto da parte di Banca Intesa, il fondo ha una propria personalità giuridica e il patrimonio della banca è legalmente inattaccabile. Nessuna garanzia neanche da parte dello Stato, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti dove un’assicurazione governativa copre parzialmente i fondi pensione di aziende fallite.


Nel 2035 pensioni a metà (stipendio)
Il futuro incerto delle nostre liquidazioni
Oggi un lavoratore che va in pensione riceve un assegno mensile che corrisponde al 75-80% dello stipendio, ma è una percentuale in rapida discesa. Si calcola che nel 2035, per effetto della riforma Maroni, la pensione coprirà al massimo il 50-55% dello stipendio, e spesso resterà al di sotto della metà. Per colmare il divario, la riforma punta sulla previdenza integrativa, ossia sui fondi pensione, già previsti dalla vecchia riforma Dini ma mai veramente decollati. Per avere dai fondi un’integrazione dell’assegno mensile pari al 20% dello stipendio, ogni lavoratore, secondo le stime del Covip (il comitato di vigilanza sui fondi pensione), dovrebbe investire per 35 anni il 10-12% della propria retribuzione. È un impegno molto gravoso, se si considera il basso livello degli stipendi pagati in Italia: il 34% dei lavoratori guadagna meno di 15 mila euro all’anno, un altro 54% resta al di sotto dei 25 mila euro. Per non parlare dei precari. Perciò il futuro dei fondi pensione appare ancora incerto: quanti giovani saranno realmente in grado di destinare una quota del 10-12% dei loro magri stipendi alla previdenza integrativa?
In aggiunta, rispetto alla situazione attuale, i lavoratori si troveranno ad affrontare un inedito “rischio previdenziale”: una parte della pensione sarà legata all’andamento delle Borse, con l’addio ad ogni certezza sui rendimenti.
La riforma Maroni, con l’intento di promuovere la previdenza integrativa, ha previsto che siano destinati ai fondi pensioni i soldi del tfr (trattamento di fine rapporto, ossia la liquidazione), accantonati dalle aziende per conto dei lavoratori. Quando il governo emanerà i decreti attuativi, ci saranno sei mesi di tempo per decidere se accettare la destinazione del proprio tfr a un fondo pensione oppure se rifiutare e lasciare tutto com’è, con il diritto a ricevere la liquidazione al momento del pensionamento. In caso di mancata scelta, varrà il principio del silenzio-assenso, con il tfr dirottato sulla previdenza integrativa.
La partita legata ai tfr è enorme: sono in ballo 14 miliardi di euro all’anno, appetiti da banche e operatori finanziari, visto che la riforma Maroni ha deciso di equiparare i fondi negoziali (cogestiti da lavoratori e aziende) alle polizze private. È facile prevedere che si scatenerà una corsa al tfr a colpi di spot e promesse di “investimenti sicuri”. :specchio: :specchio: :specchio: :specchio:

Lorenzo Guadagnucci

E negli States il datore di lavoro è responsabile
Negli Stati Uniti, pionieri delle pensioni private, il datore di lavoro risponde finanziariamente quando un fondo pensione non è in grado di far fronte alle prestazioni promesse. Un anno fa il colosso automobilistico General Motors ha versato circa 10 miliardi di dollari nel fondo dei propri dipendenti, che presentava un forte disavanzo. Inoltre la Pension Benefit Guarantee Corporation, un’agenzia governativa, assicura parzialmente le pensioni dei fondi privati, in cambio di premi assicurativi pagati dalle aziende. Lo scorso 30 dicembre l’agenzia ha dichiarato che coprirà il 48% del disavanzo del fondo dei dipendenti di United Airlines, la seconda compagnia aerea più grande del mondo. United Airlines è fallita nel 2004;
il suo fondo pensione ha circa 14 mila soci.


http://www.altreconomia.it/index.php?module=subjects&func=viewpage&pageid=239&pageno=1
 

patagus

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Pensioni


Un'occasione persa

Gli asset manager italiani si stavano preparando a ricevere il flusso di fondi liberato dalle attese riforme delle pensioni, ma, a quanto pare, i progetti del nuovo governo sono diversi


Nell'anno appena trascorso il settore italiano del risparmio gestito ha riposto grandi speranze nella riforma del sistema pensionistico e, in particolare, nella possibilità che una nuova destinazione del trattamento di fine rapporto (Tfr) portasse nuova linfa alle proprie attività. L'attesa era che il governo sarebbe intervenuto per via legislativa per incentivare i lavoratori all'acquisto di pensioni private, stimolando così lo sviluppo di prodotti pensionistici innovativi.

Originariamente si prevedeva che la riforma del mercato pensionistico avrebbe preparato l'Italia ad affrontare l'annunciata crisi del sistema pensionistico, convogliando nel contempo una quota preponderante del Tfr verso il settore pensionistico privato. Tuttavia, la posizione del nuovo governo in materia è diversa da quella dell'esecutivo precedente e appare ora improbabile che le pensioni private beneficeranno di un trasferimento di fondi nel futuro immediato.

Al contrario, il governo di centro-sinistra presieduto da Romano Prodi ha presentato in ottobre una soluzione in contrasto con molti dei piani precedentemente annunciati e sembra voler convogliare parte del Tfr verso usi pubblici. Ciò si traduce in una perdita per le imprese private, che attualmente usano il Tfr quale fonte di capitale circolante, ma anche in diverse restrizioni sull'accesso ai fondi a fini di investimento, da parte dei lavoratori titolari. {E'} infine lungi dall'essere scontato che l'ampia offerta di nuovi prodotti di investimento, in precedenza prevista dai riformatori e dagli asset manager, vedrà mai la luce.

A meno che non venga sostanzialmente modificata durante il dibattito parlamentare, la proposta di riforma pensionistica contenuta nella bozza di Finanziaria appare a molti osservatori come un'occasione mancata. "{E'} una situazione deprimente," afferma sconsolato un banchiere. "Una situazione a cui gli italiani sono anche troppo abituati. Non si può escludere un'evoluzione positiva, anche se sembra che gli ostacoli continuino ad aumentare".

Il settore del risparmio gestito avrebbe guadagnato molto dalle riforme, che avrebbero convogliato nuovi fondi verso piani pensionistici privati. Ora che il governo ha deciso di evitare una riforma pensionistica vera e propria, prevale nel settore un senso di delusione, oltre al timore che l'inazione possa aggravare i problemi pensionistici del paese. "Pensavamo che il sistema pensionistico fosse già molto confuso" afferma un osservatore. "Ma ora è ancora più caotico".

Problemi spinosi

Le pensioni rappresentano un problema spinoso per quasi tutti i paesi europei. Tuttavia la situazione dell'Italia è più grave, per due motivi. Il primo dipende dal tasso di natalità, tra i più bassi nella regione: nel 2050 oltre il 61% degli italiani avrà oltre 65 anni. Il secondo è che il paese è stato spesso guidato da governi incapaci di opporsi agli interessi di gruppi di pressione (quali i sindacati) con la determinazione necessaria ad affrontare l'incombente crisi pensionistica.

Per questi motivi l'impegno dei governi italiani a favore di una riforma delle pensioni è stato nel complesso intermittente. Negli anni '90 si è riusciti ad eliminare gli adeguamenti automatici delle prestazioni pensionistiche del primo pilastro, evitando che tali impegni mettessero il paese in ginocchio nel giro di pochi anni, e sono state adottate misure per innalzare l'età pensionabile - anche se tale misura continua ad essere contestata dai sindacati al punto che il governo potrebbe ancora ritirarla.

Sempre negli anni '90, è stato creato un secondo pilastro previdenziale, i fondi pensione complementari. Questi fondi ad adesione collettiva sono di due tipi: i fondi pensione chiusi, che possono essere istituiti e gestiti da un'impresa o da un sindacato, e i fondi pensione aperti, istituiti e gestiti dalle banche e dalle compagnie assicurative. Entrambi i tipi di fondi investono prevalentemente in titoli tradizionali seguendo politiche estremamente prudenziali.

Il Tfr è un altro "contenitore" di fondi previdenziali. Viene corrisposto al lavoratore a fine rapporto e rientra nominalmente nel secondo pilastro, nonostante la sua creazione risalga a un'epoca ancora precedente. Questi fondi, in cui i datori di lavoro accantonano il 6,91% dei salari dei dipendenti, ammonteranno complessivamente a 18,93 miliardi di euro all'anno nel 2007. A condizione di garantire un rendimento annuo dell'1,5%, più il 75% del tasso di inflazione dell'economia italiana, i datori di lavoro sono liberi di utilizzare tali liquidità come meglio credono. In generale le imprese trattano tali fondi come "disponibilità liquide gratuite".

Il secondo e il terzo pilastro (la previdenza individuale) sono in qualche misura sovrapposti dato che i lavoratori possono acquistare una pensione individuale dai fondi pensione aperti oppure dotarsi di un piano pensionistico individuale denominato Pip (Piano individuale di previdenza). Nati nel 2001, i Pip sono distribuiti e gestiti da banche o compagnie assicurative e, secondo dati Covip, nel 2005 interessavano solo 811.000 lavoratori.

Buone intenzioni

In base al piano inizialmente proposto nel 2002 dal precedente Presidente del Consiglio Berlusconi, gli asset manager e i fornitori di prodotti strutturati si aspettavano che il Tfr sarebbe stato automaticamente convogliato verso piani pensionistici individuali, tra cui i Pip, conferendo ai lavoratori un controllo del tutto inedito sulle modalità di investimento del proprio risparmio previdenziale. Il settore si aspettava un aumento della domanda di prodotti a capitale garantito (per esempio) e, di conseguenza, sperava in un sostanziale incremento del lavoro per i fornitori di prodotti strutturati.

Ma l'incentivo alle pensioni individuali è largamente assente dalla Finanziaria presentata dal governo Prodi. I dipendenti avranno l'opzione fra lasciare i risparmi accantonati presso il proprio datore di lavoro e trasferirli a fondi collettivi (aperti o chiusi) o a un Pip. Con tutta probabilità, tuttavia, gran parte dei Tfr conferiti a piani pensionistici verrà convogliata a fondi collettivi.

"Un lavoratore del settore privato che accede ai fondi pensione per la prima volta avrà comunque la possibilità di conferire esplicitamente il proprio Tfr a un fornitore di servizi pensionistici privato, conservando una maggiore flessibilità in merito alla scelta degli investimenti" spiega Leonardo Arduini, senior government banker e responsabile del business fixed income presso Citigroup a Milano. "Ma l'iter appare lungo e difficoltoso, e in assenza di decisione i fondi verranno destinati a fondi collettivi. Di conseguenza, l'adesione sarà molto limitata".

Inoltre, i costi maggiori associati ai Pip potrebbero disincentivare l'adesione a tale forma di previdenza integrativa. Come osserva Marcello Chelli, co-responsabile prodotti quotati di Société Générale Corporate & Investment Banking (SG CIB) di Milano, la riforma avrà probabilmente l'effetto di aumentare la trasparenza dei costi per gli investitori. Secondo la Covip, il costo medio annuo su un periodo di investimento di 35 anni è dello 0,47% per i fondi chiusi, dell'1,2% per i fondi aperti e del 2,3% per i Pip.

Di conseguenza, è probabile che solo un'esigua quota dei fondi arriverà alle compagnie assicurative (i fornitori di prodotti più innovativi sul mercato italiano) e che il boom previsto nella vendita di prodotti strutturati non si concretizzi. "Con ogni probabilità l'allocazione dei fondi resterà pressoché invariata, e il Tfr continuerà ad essere destinato al menu tradizionale di prodotti di risparmio gestito legati a un benchmark" afferma Arduini.

Come osserva Chelli, 20 dei 30 maggiori fondi pensione chiusi offrono "un'unica linea di investimento a prescindere dalle esigenze dell'investitore e dal tempo che manca al pensionamento". Analogamente, gran parte dei fondi aperti offre agli investitori un mix di classi di attività standard. Sembra che la bozza di Finanziaria preveda che, anche se il dipendente decide di investire i propri risparmi in un Pip, i prodotti scelti dovranno essere quotati su mercati regolamentati.

Matteo Vaghi, director presso l'institutional coverage group della Deutsche Bank a Londra, è altrettanto pessimista circa la possibilità che la riforma induca un cambiamento nell'allocazione delle attività. A suo avviso, poiché non incentiva i lavoratori a scegliere una pensione privata, la riforma è un'occasione mancata.

"Con il Tfr si ottiene un rendimento pari al 75% dell'inflazione più l'1,5% annuo" aggiunge. "Nessuno dei prodotti offerti dai fornitori di soluzioni previdenziali tradizionali offrirà garanzie. Quindi la gente si chiederà: 'Qual è il mio vantaggio fiscale?'"

Corsa ai fondi

Come se tutto questo non bastasse la bozza di Finanziaria assesta un ulteriore colpo al settore del risparmio gestito e, in ultima analisi, alle imprese.

Tra il 1 degs gennaio e il 30 giugno 2007, i lavoratori dovranno decidere la destinazione del proprio Tfr. Inizialmente, era previsto che tutti i fondi "inoptati" rimanessero presso il datore di lavoro e molti operatori si aspettavano che, a un certo punto, una parte o la totalità dei fondi inoptati sarebbe finita in pensioni private. Tuttavia, nella Finanziaria 2007 il governo propone che tutti i fondi inoptati a fine luglio vengano ripartiti tra i programmi esistenti per il Tfr. Ciò significa che parte dei fondi rimarrà presso le imprese, e parte verrà convogliata a un nuovo fondo gestito dall'INPS, che investirà in infrastrutture pubbliche e progetti sociali,[size=18] garantendo gli stessi rendimenti del Tfr (l'1,5% più il 75% dell'inflazione).[/b][/size]
Dei 18,93 miliardi di euro complessivi attesi per il 2007, il governo prevede che 6.009 milioni rimarranno alle imprese, 6.009 passeranno al nuovo fondo e 6.915 confluiranno a fondi pensione privati.

Il ragionamento del governo è che i fondi del Tfr non appartengono alle aziende e che, se i lavoratori non intendono investirli per sé, allora è giusto che ne tragga giovamento l'intero paese. Ma secondo alcuni osservatori di mercato si tratta invece di una manovra cinica che contribuisce ad affossare l'obiettivo di fondo stesso della riforma, ovvero incoraggiare la responsabilità individuale. Su una nota leggermente meno aggressiva, Arduini di Citigroup ritiene che "la manovra rappresenta uno sviluppo importante e inatteso. Il settore, per sua natura, non ama le sorprese".

La creazione del nuovo fondo gestito dall'INPS non è ancora cosa certa. Come sottolinea una banca, "In pratica il governo sta prendendo dei fondi che figurano come passività nello stato patrimoniale delle imprese e li sta trasformando in attivi nel proprio stato patrimoniale". A tal fine tuttavia sarà necessario il beneplacito della Commissione europea. Il governo spera che la Commissione consideri i fondi come denaro pubblico e, di conseguenza, consenta una riduzione del disavanzo pubblico, previsto al 4,8% a fine anno. Ad ogni modo, l'approvazione non è garantita e, quand'anche fosse ottenuta, l'opposizione di datori di lavoro e sindacati potrebbe comunque far fallire il piano.

E in effetti il governo dà già segni di ripensamento su alcune delle misure in merito ai fondi del Tfr. Solo pochi giorni dopo l'annuncio della Finanziaria, la stampa italiana riferiva della possibilità che le piccole e medie imprese venissero esentate dalle nuove regole sul Tfr, così da salvaguardarle dalle gravi difficoltà indotte dall'eliminazione di questa forma di finanziamento a basso costo.

Molto potrà cambiare nei mesi a venire, a misura che la Finanziaria passa al vaglio di politici, leader sindacali, mondo degli affari e della finanza. Quasi certamente il disegno di legge subirà delle modifiche in sede parlamentare, ma è in ogni caso probabile che la tanto attesa liberalizzazione del mercato pensionistico sarà di entità limitata.

Nonostante le cattive notizie, l'umore non è così nero. Secondo Arduini "C'è la speranza che, ampliando nettamente la partecipazione dei dipendenti, e aumentando l'enfasi e le aspettative sul risparmio gestito, venga in ultima analisi incentivata l'innovazione e la ricerca di classi di attività alternative". Chelli di SG CIB aggiunge che i fondi pensione aperti potrebbero col tempo incorporare nuove classi di attività o nuovi mix di attività fra cui, per esempio, titoli dei mercati emergenti, materie prime e obbligazioni indicizzate all'inflazione.

Analogamente, per quanto discutibile, la decisione del governo di accaparrarsi il 50% dei Tfr inoptati potrebbe invece indurre i dipendenti a dirigere i propri fondi verso prodotti pensionistici, stimolando un'evoluzione del settore. "I sondaggi rilevano che oltre il 60% dei dipendenti è incline a lasciare il Tfr presso il proprio datore di lavoro" osserva Arduini. Appropriandosi del 50% di queste quote per poi investirle nel fondo INPS, il governo potrebbe contrariare i dipendenti al punto da innescare un cambiamento di comportamento. "La manovra potrebbe in ultima analisi spostare le preferenze verso il settore pensionistico privato" conclude Arduini.

Laurence Neville


http://www.risk.net/public/showPage.html?page=357303
 

giuseppe.d'orta

Forumer storico
idefix ha scritto:
mi sembra che il piu' grosso "buco nero" sia rappresentato dalla fase di distribuzione della rendita a carico delle compagnie di assicurazione


Ci abbiamo fatto già due articoli: uno qualche mese fa e l'altro addirittura nel 2004.
Molti sono i fondi che "stipuleranno convenzioni per la rendita", in pratica si aderisce al buio. Vero che si può cambiare fondo, ma cosa succederà tra 20-30-40 anni, quando milioni di persone si sposteranno verso i fondi con i coefficienti migliori? Non è difficile ipotizzare un bell'intervento legislativo, e buonanotte.
 

giuseppe.d'orta

Forumer storico
giomf ha scritto:
1 ) Quanta , in % , detrazione-deduzione si ha alle leggi attuali sulla cifra
eventualmente versata in un fondo pensione . .?

2 ) Fatta 100 la % massima di investimento in un fondo pensione
( = somma fra cifra del dipendente + quella del datore di lavoro )
. . Quanta è la % del datore . .e mi sembra di aver capito che la si ha solo
se si sceglie un fondo negoziale o di categoria ( accordi sindacali )
. .quante di queste 100 lire sono versate dal datore e quante dal lavoratore ..?

3 ) Altri utenti, anche in altri forum, mi hanno fattocapire che alla base di tutto
c'è già anomalia e mancanza di libertà . . in quanto la % del datore la si
ha solamente se si sceglie un fondo negoziale ( o di categoria = accordi
sindacali ) . . altrimenti la si perde e si versa solo quella del dipendente
. . sorge domanda : quella del datore se non la si può usare dove va a finire ?
Non ci sarebbe libertà al 100 % di scelta in quanto i fondi liberamente
sceglibili sarebbero quelli aperti, ma con essi si perde la quota del datore-lavoro
. . .
Invece se si sceglie uno di quelli negoziali o di categoria si ha la quota
del datore-lav , ma in questi fondi i sindacati sarebbero gli amministratori
( ? ? che significa ? ) . . quindi non si è pienamente liberi . .
perole di altri : """riforma ingessata---Se ci fosse stata liberta' di scelta ci sarebbero stati prodotti migliori a minori costi , purtroppo questo e' il sistema italia"""

1) Ora c'è solo il tetto di 5164,57 euro alla deducibilità. Nessun altro limite.

2) Dipende dal contratto di lavoro.

3) Se non si usa il fondo di categoria o comunque quello dove c'è accordo si perde il contributo aggiuntivo del datore di lavoro (che spetta se anche il lavoratore versa la sua parte di contributi), non c'è modo di recuperarlo.

4) Sulla rendita ho appena risposto.
 

giomf

Forumer storico
1 ) Il TFR come 6,91 % . . è questa percentuale dello stipendio lordo o netto ?
Questo 6,91 % è già la somma di lavoratore + datore di lavoro . .
. . oppure è solo la quota del lavoratore . . ?


2 ) Se si usase un fondo aperto ( quindi non quello negoziale--di categoria )
. .la parte del datore di lavoro viene persa . . ma essa dove va a finire .. ?
( se la tiene il datore di lavoro ...? Ma chi è il proprietario di quella
quota ... ? Cosa dice la legge in proposito ... ?


SEMI-CONCLUSIONE : Adesione la buio per la rendita,
fondi negoziali-di categoria con i sindacati come amministratori,
fondi aperti in cui non si può usare la quota del datore di lavoro,
poche informazioni sulla gestione dei fondi ( mancanza di benchmark
....ecc... )
scarsità di storico per le performances passate ,
concreta possibilità che il tipo di investimento sui mercati azionari
non sia sufficientemente efficiente e quindi performante ,
insomma per chi è a metà o più della vita lavorativa questi fondi
pensione sembrano più che altro una scommessa con probabilissimo
fallimento . .
forse la convenienza c'è solo per chi inizia ora il cammino lavorativo ...
 

giomf

Forumer storico
Mia domanda n° 2 qui sopra .... a proposito della % he potrebbe versare il datore di
lavoro su un eventuale fondo pensione . .
il mio contratto di lavoro dice che non sono stati ancora predisposti progetti
per un fondo di previdenza complementare . .

( il contratto è vecchio di qualche anno ed è in fase di rinnovo . . )

Tutto ciò significa che ora io non ho da scegliere un fondo negoziale
e, per eventualmente sceglirlo, devo attenderne la possibile
istituzione col prossimo rinnovo del contratto . .

. .è giusto . .ciò . . ?
 

giuseppe.d'orta

Forumer storico
Infatti conviene, anzi è un male necessario, quanto più si è giovani.

Se il fondo di categoria non c'è si può scegliere un altro fondo e poi, dato che il rinnovo del contratto prevederà certamente anche il fondo di categoria, dopo due anni si può passare al fondo di categoria.
 

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