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Mercoledì 22 Settembre 2004, 20:06
Tiscali fa fuoco e fiamme, ma fino a quando?
Di Luca Spoldi
Che succede a Tiscali (Milano: TIS.MI - notizie - bacheca) , con volumi passati dai dieci milioni scarsi di pezzi agli oltre 60 di ieri e ai 135 di oggi (pari da soli al 36% del capitale della società)? Sono in molti a chiederselo a Piazza Affari, ricordando come il titolo possa certamente aver tratto beneficio dalla partenza dei future e delle opzioni sull'indice S&P/Mib di cui à (come e.Biscom (Milano: BISC.MI - notizie - bacheca) ) uno dei 40 componenti.
Eppure, ragionano gli operatori, non vi sono motivi reali per assistere ad un simile movimento di prezzi e volumi, oltre che della volatilità del titolo, balzata all'insù e quindi tale da attrarre l'attenzione di scalper istituzionali ed hedge fund, sempre pronti a sfruttare ogni movimento “anomalo” attraverso operazioni allo scoperto.
Intanto però il titolo si è brevemente riaffacciato sulla soglia dei 3 euro, abbandonata ormai da fine luglio, portando a termine (per ora) un rialzo pari ad oltre il 33% rispetto ai minimi storici visti solo lo scorso 13 agosto, col titolo a 2,25 euro per azione: 75 centesimi di euro per titolo di progresso, dunque, che potrebbero aver contribuito a rimpolpare le plusvalenze di più di un operatore in un periodo di “vacche magre” (come ha dimostrato, peraltro, persino il bilancio di un “big” di Wall Street del calibro di Morgan Stanley). Ma fino a quanto potrà durare? Secondo quanto spiega l'operatore di una Sim italiana che non vuole essere nominato, sul titolo si sono visti in questi giorni diverse “mani forti”, impegnate tuttavia in operazioni di puro trading. Nulla a che vedere, dunque, con le presunte voci di nuove dismissioni in Francia o in Inghilterra né tantomeno con l'ipotesi dell'arrivo di un “cavaliere bianco” smentita del resto oggi stesso dalla società (che in una nota ricorda come “allo stato attuale non vi è alcuna ipotesi allo studio” in materia di alleanze strategiche). Anche perché nel caso di partner industriali come la tedesca T-online, la francese Wanadoo, la cinese Hutchinson Whampoa (già impegnata in Italia attraverso “3” nel business della telefonia mobile), o la statunitense Microsoft (NASDAQ: MSFT - notizie) , le attuali valutazioni, per un gruppo tuttora in piena ristrutturazione, appaiono ancora elevate. Né si capirebbe il senso di una partecipazione di minoranza, che potrebbe piuttosto interessare qualche investitore istituzionale (ma, di nuovo, non certo a questi livelli). Semmai viene il sospetto che il clamore suscitato dall'andamento del titolo negli ultimi giorni possa finire col giovare allo stesso Isp, che ha sempre in sospeso dallo scorso giugno una ricapitalizzazione pari al 10% del capitale “a prezzi di mercato” che se attuata prima dell'estate, col titolo intorno ai 3,6-3,5 euro, avrebbe potuto consentire di incassare intorno ai 130-140 milioni di euro, mentre ai 2,3 euro di pochi giorni or sono non avrebbe portato a più di 85-86 milioni (o forse neppure a 80, considerando la necessità di proporre uno sconto rispetto alle quotazioni). Soldi che sommati alla settantina di milioni ricavati dalle prime dismissioni porterebbe il gruppo ad incassare almeno 200 dei 250 milioni necessari a rimborsare integralmente il bond in scadenza l'anno prossimo. Sarebbe in questo caso un primo segnale di scampato pericolo, anche se molto resterebbe da fare, dato che nel 2006 scadranno ulteriori 210 milioni di euro di bond. Con i conti leggermente più in ordine e forse qualche sorpresa positiva dalle prossime trimestrali il gruppo sardo potrebbe tuttavia guardarsi intorno con minor affanno, proseguendo nel suo piano di ristrutturazione, pronto a valutare eventuali offerte che dovessero giungere da qualche concorrente di maggiore stazza (si era anche parlato di Telecom Italia (Milano: TLIT.MI - notizie) , ma la notizia non trova al momento alcun riscontro sul mercato). Intanto, a differenza di un altro protagonista dell'high-tech italiano, StM, in questi giorni bersagliato da continui downgrade da parte degli analisti (oggi è giunto l'“underweight” di Morgan Stanley, che ha tagliato anche il target price da 21 a 16,5 euro, dopo che ieri avevano emesso un “sell” Smith Barney e SocGén e che Deutsche Bank (Xetra: 514000.DE - notizie) aveva tagliato il target da 18 a 16,50 euro), Tiscali sembra trovare finalmente qualche sostenitore: si tratta di Goldman Sachs, che conferma il proprio rating “in line” sul titolo. Secondo gli esperti della banca d'affari americana l'Isp sardo riuscirà a rimborsare il prestito obbligazionario in scadenza nel 2005, senza ricorrere alla cessione di attività strategiche, precisando, anche se nei prossimi 6-12 mesi i vertici della società dovranno dare continuità alla strategia di uscita dai mercati “non core”.
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Saluti da High Tech