Unione Europea in recessione con la Germania?

tontolina

Forumer storico
dopo lo l'ISM manifatturiero USA passato sotto i 50 punti
Borsa Milano chiude su minimi seduta, Ism Usa affossa mercati, giù Atlantia, bene Maire
Da Reuters 01.10.2019
MILANO, 1 ottobre - Seduta negativa a Piazza Affari, sui minimi di seduta, penalizzata dal dato sull'Ism manifatturiero Usa sotto le attese emerso nel primo pomeriggio, che ha di fatto cambiato...

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Non credo ci sia bisogno di particolari commenti, se non fosse che alcuni consulenti finanziari che ragliano di economia (oltre a ragliare di finanza) sostengono che la caduta della manifattura Usa non deve preoccupare perché incide solo il 10/15% dell'economia Usa, che è tenuta in piedi dai servizi.

Lasciate che la debolezza del manifatturiero Usa (e globale) continui ancora qualche mese e poi vedete cosa resterà dei servizi.

In Europa, che ha una economia con un'incidenza della manifattura più elevata rispetto agli Usa, la debolezza del manifatturiero è iniziata a inizio anno e ora, da qualche mese, si sta trasferendo anche ai servizi. Se il ciclo globale non dovesse rimbalzare in fretta, migliorando anche la manifattura, la debolezza non esisterà a riflettersi anche nei servizi. Da lì a una recessione globale il passo è breve, anche se al momento non è il mio scenario base, come peraltro sembra suggerire l'Us Business Activity Index che ho creato https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10220774860992294&set=a.1815129268923&type=3&theater
fto Cardenà

 
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US ISM non-manufacturing index collassa a 52,6 da 55. E per Markit la lettura dei servizi (50,9) è la più bassa dal 2009. La debolezza del manifatturiero si sta estendendo anche ai servizi.

La Fed sarà aggressiva, non appena i dati si trasferiranno alla disoccupazione che si arresta ad un solo 3,5%
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Banche e industria, la possibile sorpresa per l’azionario Ue
06.10.2019 - Alessandro Magagnoli
Nonostante i dazi e l’economia globale in frenata, le azioni delle società europee potrebbero performare meglio di quelle Usa

Gli investitori che provano a delineare una strategia con la quale gestire in questo momento i propri risparmi hanno non pochi grattacapi. Non bastano le fughe in avanti e le improvvise ritirate dell’amministrazione Usa nei confronti della Cina – negli ultimi giorni è stato addirittura ventilato il delisting di società cinesi da Wall Street, poi smentito dalla portavoce del Tesoro Usa, Monica Crowley, ma la smentita non cancella i timori di una vera e propria deflagrazione nucleare, visto che negli Usa sono infatti quotate 156 società cinesi con una capitalizzazione di mercato di circa 1.200 miliardi di dollari -, è anche intervenuta Fitch, che ha tagliato la stima sulla crescita globale dal 3,2% del 2018 al 2,6% del 2019 e al 2,5% del 2020, i valori più bassi dal 2012.

Fitch lo ha detto chiaramente, il deterioramento delle prospettive per l’economia globale dipende dall’escalation della guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina.
L’agenzia di rating non fa altro che confermare quanto affermato di recente dall’Ocse, che ha ridotto le stime sull’espansione del Pil globale ai minimi degli ultimi dieci anni (+2,9% nel 2019 e +3% nel 2020), citando tra le cause del rallentamento, oltre alle tensioni commerciali, anche la Brexit.

In attesa che il 10 ottobre parta il nuovo round di trattative commerciali a Washington, che il 18 ottobre scattino i dazi per 7,5 miliardi, approvati dal Wto, sulle merci europee e che entro la fine di ottobre si sappia se e come la Gran Bretagna uscirà dall’Ue, c’è il rischio che la tattica negoziale di Trump – ormai chiara: far leva sia sulle promesse sia sulle minacce – destabilizzi ulteriormente i mercati.

Ma è così negativa, per l’investitore, questa possibilità? Infatti, mentre tutti si affannano a ridurre le stime di crescita per il futuro, Jp Morgan ha deciso di alzare il giudizio a “overweight” sull’azionario della Zona euro e ha tagliato a “neutral” quello sulle azioni di Wall Street.

Queste valutazioni sono opera di Mislav Matejka, responsabile della divisione di strategia sull’azionario globale ed europeo di Jp Morgan, che tra l’altro si sbilancia indicando anche l’Italia come uno degli elementi in favore di una buona performance delle azioni dell’Eurozona. Le banche Usa, grandi protagoniste della crescita della Borsa americana, potrebbero lasciare il testimone a quelle europee in termini di performance. Questo non vuol dire che il sistema bancario europeo sia esente da rischi, per esempio una Brexit senza accordo, ma in questo momento rappresenta comunque una buona opportunità tattica. In parte le banche sono attraenti anche perché, dopo essersi svalutate molto negli ultimi mesi come quotazione di mercato, hanno raggiunto un rapporto prezzo/utili conveniente.

Il ritorno dell’alleggerimento quantitativo della Bce a novembre (la stima flash di Eurostat mostra che a settembre il tasso di inflazione annuale è calato a 0,9% dopo l’1% di agosto, un valore basso che non impensierisce di certo la Banca centrale, lasciandole campo libero per interventi accomodanti) e l’adozione di politiche fiscali di stimolo in Germania, e magari anche in Italia, sono fra gli elementi che fanno sperare in una futura crescita del Pil della Zona euro.

Jp Morgan ritiene non solo che in generale i titoli hi-tech potrebbero continuare a sovraperformare il mercato, ma anche che proseguirà la rotazione già in atto tra titoli growth (quelli delle aziende più dinamiche, come appunto le hi-tech) e titoli value (con ritmo di crescita degli utili più lento ma più stabile), una rotazione che potrebbe favorire l’Europa, dove il mix delle azioni rispetto agli Usa è meno sbilanciato verso i titoli ad alta crescita degli utili.

Per ora, guardando i grafici del settoriale Eurostoxx Banche e dell’S&P 500 Banche (SP500-4010), l’unica evidenza resta l’estrema debolezza delle banche europee. Al 30 settembre la performance a un anno del comparto bancario dell’area euro è stata del -17% circa e del -0,85% circa per quello Usa. Nel caso del grafico Eurostoxx la media mobile esponenziale a 200 giorni, indicatore che cerca di descrivere in modo sintetico la condizione del trend di medio-lungo periodo, è ancora al di sopra dei prezzi (trend ribassista) e transita in area 91,30 (close al 30 settembre 87,70), mentre nel caso dell’S&P Banking la stessa media mobile è a 320 punti circa con le quotazioni a 335 circa (la media segnala, quindi, un trend rialzista).

Anche per il grafico del comparto banche Usa, tuttavia, non è tutto rose e fiori: i prezzi hanno tentato già per tre volte, a fine aprile, a fine luglio e a metà settembre, di lasciarsi alle spalle la resistenza dei 337 punti circa, dove si colloca il 78,6% di ritracciamento del ribasso subìto dal top di agosto 2018. Fino a che questo riferimento ricavato dalla successione di Fibonacci non sarà alle spalle, il rischio di dover considerare il rialzo disegnato dai minimi di dicembre 2018 solo una correzione della precedente discesa resterà elevato. I tre picchi allineati sulla stessa resistenza, del resto, fanno pensare a un potenziale “triplo massimo”, figura dalle implicazioni ribassiste. E’ vero che solo sotto area 320 emergerebbe il rischio di un test della base di questa figura, in area 295, e che solo con la violazione anche di quei livelli la figura verrebbe completata (implicando almeno il ritorno sui minimi di dicembre), ma fino a che i 337 punti non saranno alle spalle anche questa eventualità dovrà essere considerata.

Gli industriali hanno invece un andamento diverso, almeno in termini di performance. L’Eurostoxx Industrials (CH0003945299), i cui principali rappresentanti sono Siemens, Airbus, Vinci, Safran e Schneider Electric (ma il paniere contiene anche Atlantia, Cnh, Prysmian, Leonardo, Interpump e Nexi) nell’ultimo anno ha infatti guadagnato il 2% circa, mentre l’S&P Industrials ha ceduto il 3% circa.

Per quello che riguarda il comparto dell’industria Usa, l’Institute for Supply Management ha comunicato che a settembre l’indice ISM manifatturiero è sceso a 47,8 punti dai 49,1 di agosto, ben al di sotto delle attese degli analisti fissate a 50,4. L’indice si mantiene, quindi, per il secondo mese consecutivo (non accadeva da inizio 2016) sotto la soglia dei 50 punti, che delimita il confine tra espansione e contrazione del settore manifatturiero Usa. La manifattura rappresenta un ottavo circa dell’intero Pil statunitense, ma il suo rallentamento può contagiare in modo molto pericoloso i consumi, che sono invece il vero motore dell’economia americana.

Ma anche in Europa il rallentamento è evidente. Secondo gli studi pubblicati da Markit, peggiorano infatti a settembre le condizioni operative del settore manifatturiero dell’Eurozona. L’indice finale Markit PMI manifatturiero dai 47 punti di agosto è diminuito a settembre a 45,7, il livello più basso da ottobre 2012. Per fortuna il rallentamento dell’attività economica raffredda anche l’andamento dei prezzi e, come già detto, questo dovrebbe lasciare le mani libere alla Bce per procedere con la ripresa dell’alleggerimento quantitativo.

Il grafico dell’Eurostoxx Industrials evidenzia una forte resistenza in area 895/900, dove si collocano i massimi storici toccati a luglio. Il mancato superamento di quei livelli, nonostante il tentativo fatto a settembre, introduce un elemento di rischio: è infatti possibile che sull’indice si stia disegnando una fase di distribuzione preparatoria a una discesa consistente. Solo sotto i minimi di giugno e di agosto, allineati in area 801/807 il rischio del ritorno almeno sui minimi di dicembre a 719 circa diverrebbe molto concreto.

Il settoriale Industrials ha un andamento molto simile a quello dell’Eurostoxx 50: la violazione di area 801/807 sarebbe quindi anticipatoria a movimenti di forte ribasso anche per l’indice delle blue chip europee. Negli ultimi dieci anni circa la curva della forza relativa Industrials/Eurostoxx 50 è stata un ottimo anticipatore del sentiment di mercato: quando la curva sale, significa che il comparto degli industriali sovraperforma il mercato e questo accade di norma quando la Borsa nel suo complesso è positiva.

Recentemente sul grafico di forza relativa si è vista una brusca accelerazione al ribasso, al di sotto dei minimi di luglio, movimento che sembra anticipare un andamento simile anche per il settoriale. L’ipotesi ribassista per il mercato non solo resta quindi sul piatto, ma appare anche quella di più probabile realizzazione. Questo non vuol necessariamente dire che il suggerimento di Jp Morgan non sia da seguire, appare tuttavia prudente immaginare una strategia di attesa dove eventuali acquisti siano da rimandare alla fase successiva la probabile correzione al ribasso. La rottura dei 900 punti da parte del settoriale accenderebbe invece la luce verde per le strategie di acquisto, anche di medio termine.

Meno significativo, invece, l’andamento del grafico di forza relativa ottenuto mettendo in rapporto il settoriale S&P Industrials con l’S&P 500. Anche in questo caso, nelle fasi di forte tendenza al rialzo della Borsa nel suo complesso il comparto degli industriali sovraperforma l’S&P 500, ma il legame è meno stabile rispetto a quanto avviene nell’area euro. Se il settoriale dovesse scendere sotto i minimi di giugno, a 604 punti circa, il quadro grafico volgerebbe nettamente al ribasso, le oscillazioni viste dal top di aprile si dimostrerebbero infatti un “triplo massimo”, figura dalle implicazioni negative, e diverrebbe probabile il ritorno sui minimi di fine dicembre a 504 circa. Improbabile, in quel caso, una crescita dell’S&P 500.

Se il settoriale superasse, invece, dopo i tentativi a vuoto di luglio e di settembre, i massimi di aprile a 665 circa, la situazione si sbloccherebbe in favore di un’evoluzione positiva duratura, segnale del quale beneficerebbe sicuramente anche l’indice generale.

BORSE & MERCATI/ Banche e industria, la possibile sorpresa per l’azionario Ue
 
STAMPA TEDESCA: NON CìEì CRISI ECONOMICA, QUINDI NIENTE POLITICA ESPANSIVA.


Questo articolo, di cui vedete sopra, è apparso il 21/10 sul FAZ e mostra la serenità con cui la stampa tedesca sta prendendo la crisi economica attuale. Il discorso è semplice : non c’è nessuna crisi economica, è solo un rallentamento temporaneo, tutto va abbastanza bene, ed a fronte di questa fluttuazione di breve periodo non è necessario effettuare qualsiasi politica di carattere espansivo, sia monetario sia fiscale. A conferma di questo punto di vista vengono dati gli esempi della BCE che, nonostante l’iniezione enorme di capitali, non sia riuscita ad innalzare l’inflazione, e che Trump non sia riuscito a rilanciare l’economia USA anche aumentando il debito per i tagli fiscali.

La Germania mi ricorda, sempre di più, gli Stati Uniti del presidente Hoover che, di fronte alla crisi borsistica del 1929 , ritennero che si trattasse solo di un evento temporaneo che sarebbe stato superato in pochi mesi, come la crisi del 1920-21, per cui si preoccupò solo di tranquillizzare il mercato lasciando che il mercato ripulisse dalla speculazione. Il risultato di questa passività fu che la crisi borsistica si trasformò nella grande depressione. Allo stesso modo la Germania non vuole fare nulla come dimostra l’ultima legge finanziaria, molto “Verde” e molto povera di stimoli,anzi piena di tasse. La situazione è in realtà molto diversa da quanto descritto dal FAZ: secondo il FMI il 90% delle nazioni al mondo sta sentendo un forte rallentamento economico e se tutti si comportassero come la Germania, proseguendo con una politica restrittiva, il “Rallentamento” diventerebbe una depressione mondiale. I tedeschi vogliono non pagare dazio ed attendere che qualche altra parte del mondo diventi la nuova locomotiva mondiale, come lo è stata la Cina negli ultimi 10 anni, per poi agganciare la propria crescita, in modo parassitario, e continuare con uno sviluppo squilibrato ed eterodiretto.

Peccato che questa volta possa non andargli bene: la Cina sta rallentando e così l’India,e gli Stati Uniti sono molto più attenti e non riversare esternamente gli effetti delle proprie politiche economiche. Nello stesso tempo i paesi in via di sviluppo hanno sentito questa crisi in modo anche più sensibile rispetto ai propri equivalente più avanzati.
Le politiche della BCE non hanno effetto non perchè sbagliate. ma perchè una politica monetaria, senza braccio fiscale, ha l’effetto di una corda utilizzata per spingere, non per tirare, un carro. Proseguendo con questa mentalità la Germania aiuterà nella diffusione della crisi e fra un anno potremo parlare di depressione e pagare un prezzo economico e sociale enormemente più alto di quello che avremmo agendo ora.
 
Fielmann AG, ricavi trimestrali battono previsioni
Fielmann AG, ricavi trimestrali battono previsioni

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Mercato azionario3 ore fa (08.11.2019 07:48) © Reuters. Fielmann AG, ricavi trimestrali battono previsioni
Investing.com -
Fielmann AG ha rilasciato gli utili del terzo trimestre che hanno battuto le previsioni degli analisti in questo Venerdì, con i ricavi che mancano le previsioni degli esperti.
Il gruppo ha rilasciato anche gli utili per azione, che hanno toccato €0,63 con i ricavi che sono arrivati a €400,1M. Gli analisti interrogati da Investing.com si attendevano un utile per azione di €0,55 e un ricavo di €393,8M. Il confronto viene fatto con gli EPS del trimestre precedente, arrivati a €0,64 con ricavi di €372,04M dello stesso periodo precedente 0,63 . Gli utili per azione riportati dall'azienda erano di €0,48 e i ricavi di €385,24M nel trimestre precedente.
Le azioni Fielmann AG hanno visto un calo con il prezzo a €71,150 nel corso del pre market del giorno successivo al report.
Fielmann AG resta in linea con le aziende principali del settore Terziario nel corso di questo mese

Il Martedì, Vonovia ha rilasciato gli utili per azione del terzo trimestre, che sono risultati essere di €-0,13, e i ricavi comunicati sono di €511,5M, con le previsioni che si aspettavano EPS per €0,55 mentre i ricavi sono risultati di €514,37M.

Gli utili di Wirecard AG rilasciati il Mercoledì, hanno battuto le aspettative degli analisti, con gli EPS del terzo trimestre arrivati a €1,21, e i ricavi arrivati a €731,5M. Gli analisti interrogati da Investing.com si aspettavano che gli utili per azione arrivassero a €1,15, mentre i ricavi sono risultati essere di €726,68M.

Segui quali aziende sono attese dai dati trimestrali nel calendario economico degli utili di Investing.com.
 

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