"Inevitabile la riforma delle imprese"
Widmer-Schlumpf presenta il rapporto finale: "Altrimenti rischiamo ritorsioni"
BERNA - Anche se non sarà indolore,
la riforma III delle imprese (RIE III) è ineludibile. Lo ha dichiarato oggi la
consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, presentando il rapporto finale elaborato dall'amministrazione e dai cantoni, secondo cui il mantenimento di certi regimi fiscali privilegiati per determinate società a livello cantonale rischia di sottoporci a ritorsioni e che molte multinazionali lascino il Paese.
Stando al documento, la RIE III potrebbe generare perdite fiscali per le collettività pubbliche, più o meno "pesanti" (da 1 a 3 miliardi di franchi) a seconda dei modelli d'imposizione scelti. La Confederazione dovrebbe assumersi parte dei costi della riforma, mentre non si escludono nemmeno interventi a livello di entrate fiscali, come la tassazione degli utili da partecipazioni.
Ciò che si propone la RIE III è la classica quadratura del cerchio: adeguarsi agli standard internazionali in materia di tassazione di determinate società, mantenendo nel contempo l'attrattiva della piazza finanziaria ed economica elvetica e limitando al massimo le ripercussioni sui bilanci dei cantoni e della Confederazione.
Un concetto, quest'ultimo, ribadito anche dalla ministra delle finanze
Eveline Widmer-Schlumpf, che non ha nascosto la complessità di RIE III per le ripercussioni tanto a livello internazionale, che all'interno del Paese sulle finanze di Confederazione, cantoni e comuni e sui rapporti tra questi tre livelli (leggi perequazione finanziaria, concorrenza fiscale).
Nonostante la gravosità del compito, la ministra spera di poter preparare un messaggio per il principio del 2015. Nel frattempo, il documento verrà inviato ai cantoni, nella speranza di poter avviare una procedure di consultazione quest'estate.
La RIE III è la risposta della Confederazione alle pressioni esercitate dall'Ue e dall'OCSE affinché Berna corregga le distorsioni alla concorrenza derivanti dal trattamento fiscale privilegiato di cui godono in Svizzera determinate società (holding, società miste e di domicilio che realizzano gran parte del fatturato all'estero).
Statu quo non è alternativa
"I cantoni sono ormai consapevoli che lo statu quo non è una via percorribile", ha spiegato la ministra spalleggiata dal
presidente della Conferenza cantonale dei direttori delle finanze Peter Hegglin (consigliere di stato PPD di Zugo) .
L'incertezza del diritto e le pressioni esterne potrebbero indurre molte società a lasciare la Svizzera, con perdita del substrato fiscale. "La metà degli 8 miliardi di entrate della Confederazione sugli utili da capitale proviene da società con tassazione speciale", ha sottolineato Widmer-Schlumpf, spiegando che queste imprese non godono a livello federale di alcun privilegio diversamente dai cantoni.
Per far fronte alla forte concorrenza internazionale - molto intensa per quanto riguarda questo tipo di società - all'abolizione di determinati privilegi fiscali si deve rispondere mediante tutta una serie di provvedimenti fiscali.
Per Hegglin, i vantaggi a lungo termine della RIE III compenseranno le previste perdite fiscali. A tale proposito, Widmer-Schlumpf ha sottolineato che gli 1-3 miliardi di franchi di minori introiti riguardano i tre livelli - Confederazione, cantoni e comuni -, ma che tale cifra va presa con cautela, dal momento che molto dipenderà dal modello di imposizione fiscale scelto.
"Licence Box" o taglio aliquota tassazione utili
Il documento, un'ottantina di pagine, presenta vari scenari e le possibili ripercussioni. Tra le proposte, già note nelle loro grandi linee, figura l'introduzione dei cosiddetti "licence box" - ampiamente diffusi in altri Stati Ue e OCSE -. Si tratta di strumenti che consentono
un'imposizione privilegiata, ossia più bassa, dei redditi da beni immateriali come i brevetti, i marchi, fino ai procedimenti produttivi segreti.
Simili strumenti, a seconda di come vengono elaborati, possono compensare in parte l'abolizione dei regimi fiscali privilegiati attualmente in vigore in determinati cantoni per multinazionali o altre società, ha detto Hegglin.
In alternativa, il documento consiglia di studiare la possibilità di introdurre, sia a livello federale che cantonale, un modello di imposta sugli utili corretti degli interessi. Gli interessi teorici del capitale proprio potrebbero essere dedotti per il calcolo dell'imposta. Tale soluzione metterebbe sullo stesso piano il capitale proprio e il capitale estero di un'impresa.
In quest'ultimo caso, a seconda del modello di tassazione proposto, le perdite fiscali per l'imposta federale diretta ammonterebbe a 1 miliardo di franchi per la Confederazione e a 1,1 miliardi per cantoni e comuni. Un altro modello prevede mancate entrate oscillanti tra 300-500 milioni per la Confederazione e 330-550 milioni per i cantoni.
Sempre nell'ottica della competitività, il rapporto evoca anche la possibilità che i cantoni intervengano sull'aliquota applicata sugli utili societari (attualmente i tassi oscillano tra il 12% e il 24%). Un'altra raccomandazione include la soppressione del diritto di bollo sul capitale proprio.
Misure di compensazione
L'abbandono di un regime fiscale privilegiato per un nuovo sistema avrà ripercussioni a tutti i livelli istituzionali, specie per i cantoni, alcuni dei quali dipendono fortemente dalle entrate fiscali di società a statuto particolare (oltre 20 mila nel 2003 secondo
economiesuisse che cita dati del Consiglio federale).
La Confederazione è pronta a fare la sua parte per venire incontro ai cantoni. I provvedimenti concreti saranno presentati non appena i cantoni si saranno decisi sul modello che intenderanno applicare (licenze box, taglio aliquote sugli utili societari, ecc.).
Una cosa è tuttavia certa: la concorrenza fiscale tra cantoni va mantenuta, così come la perequazione finanziaria. La Confederazione potrebbe concedere ai cantoni alleggerimenti fiscali, oppure aumentare la quota dei cantoni all'imposta federale diretta.