UDC esclusa dai lavori, è polemica
Per il presidente Toni Brunner è "un affronto inaccettabile"
BERNA - Continua a far discutere l'esclusione dell'UDC dal gruppo di lavoro sull'attuazione dell'iniziativa contro l'immigrazione di massa (
vedi Suggeriti). I rappresentanti delle associazioni economiche insistono in favore di un coinvolgimento del partito che, per bocca del suo presidente
Toni Brunner, parla di un "affronto inaccettabile". Il consigliere federale
Johann Schneider-Ammann si difende, sottolineando che il dossier è ora di competenza del governo.
Sabato, nel corso di una tavola rotonda con i rappresentanti delle associazioni economiche, al ministro è stato espresso l'auspicio che al processo di attuazione dell'iniziativa partecipi anche l'UDC. Questo fronte comune del mondo economico ha rallegrato il presidente
dell'Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), il democentrista Jean-François Rime, che ha ricordato come nel gruppo di lavoro istituito dal Consiglio federale ci siano rappresentanti dei partner sociali, dei cantoni, delle città, dei comuni, ma non dell'UDC.
In una nota diffusa venerdì, il partito si è detto "costernato" per la decisione presa dal governo venerdì 28 febbraio. Oggi, intervenendo sulle colonne di "
Le Matin Dimanche", il presidente Brunner ha definito la scelta dell'esecutivo un "affronto inaccettabile" e ricordato che dieci giorni fa il suo partito aveva scritto al Consiglio federale per chiedere che gli iniziativisti fossero integrati nelle discussioni.
"Il lavoro principale sarà effettuato dal gruppo di esperti, ma i promotori dell'iniziativa saranno consultati", si è da parte sua difeso Schneider-Ammann in un'intervista pubblicata oggi dalla "SonntagsZeitung". Il processo per giungere all'applicazione del testo è solo agli inizi, secondo il consigliere federale, ed è dunque troppo presto per speculare sui dettagli.
Tempi brevi e flessibilità, ma anche richieste specifiche
Al di là di questo aspetto, le discussioni avute sabato con Schneider-Ammann "sono state costruttive", ha affermato Heinz Karrer, presidente di Economiesuisse. "Sono state proposte molte idee per evitare che quanto approvato il 9 febbraio pesi troppo sull'economia svizzera, ha precisato, auspicando che si possa giungere rapidamente a una soluzione flessibile e non burocratica, che tenga conto della specificità dei frontalieri.
Sulla necessità di agire in tempi brevi si è espresso anche
Aymo Brunetti, intervistato dalla "
Zentralschweiz am Sonntag". Se le misure di attuazione dovessero rimanere troppo vaghe, "gli investimenti potrebbero rallentare", ha messo in guardia il professore di economia, che dirige un gruppo di esperti della piazza finanziaria elvetica.
L'apparente unità di vedute del mondo economico nasconde tuttavia una serie di richieste e inquietudini specifiche ai differenti settori. In una nota diffusa sabato, l'Associazione svizzera dei banchieri (ASB), ha per esempio chiesto al Consiglio federale di considerare gli stranieri residenti nella Confederazione come gli Svizzeri, per consentire al mercato del lavoro di continuare a funzionare e a tutti i collaboratori delle banche di cercare un impiego senza difficoltà.
In un'intervista a "
Le Matin Dimanche", il presidente di Novartis,
Jörg Reinhardt, si è dal canto suo detto preoccupato per "le ricadute a lungo termine" della votazione del 9 febbraio. "Sul nostro campus circolano persone provenienti da un centinaio di paesi e speriamo che in futuro possa essere ancora così", ha aggiunto.
Il direttore dell'Usam,
Hans-Ulrich Bigler, in un'intervista alla "
NZZ am Sonntag", ha invece lanciato un appello a una "giusta ripartizione dei contingenti", affermando di temere che le grandi industrie, in particolare farmaceutiche, vengano favorite, a scapito di settori come quello delle costruzioni o alberghiero.
In 10.000 manifestano per una Svizzera aperta
Le conseguenze della votazione continuano a far discutere non solo l'economia. Sabato pomeriggio 10.000 persone (12.000 secondo gli organizzatori) si sono riunite in Piazza federale a Berna per manifestare in favore di una Svizzera aperta e solidale. La dimostrazione è stata indetta da una sessantina fra partiti, sindacati e organizzazioni.
Oltre a mettere in guardia dai pericoli di uno smantellamento dei diritti dei migranti, i dimostranti hanno chiesto di mobilitarsi per impedire la reintroduzione dello statuto di stagionale e lanciato un appello contro l'iniziativa Ecopop, giudicata "ancora più radicale". Prima della manifestazione, circa 300 persone hanno sfilato lungo le vie della città per condannare il razzismo.
Ticino: frontaliere un occupato su 4
Nel nostro cantone si sfiorano le 60 mila unità - In Svizzera +3,8% nel 2013
NEUCHÂTEL - Cresce il numero di frontalieri. Nel 2013 i lavoratori di nazionalità straniera occupati in Svizzera sono aumentati del 3,8%. La metà di essi è domiciliata in Francia (52,4%); un quarto risiede in Italia (23,7%) e un quinto in Germania (20,5%). In proporzione al numero di frontalieri e al totale della popolazione occupata, in Ticino un lavoratore su quattro giunge da oltreconfine, per una percentuale che si attesta al 25,6%. Dal terzo al quarto trimestre dello scorso anno, si è registrata un leggera progressione: il numero di frontalieri raggiunge in effetti quota 59.807 unità, 498 in più rispetto al trimestre precedente.
62.000 frontalieri in più nell'arco di 5 anni
Alla fine del 2013 i frontalieri di nazionalità straniera che lavoravano in Svizzera erano 278.500, di cui il 64,2% uomini e il 35,8% donne. Il numero totale è aumentato di 10.200 unità, pari al 3,8%, tra la fine del 2012 e la fine del 2013, segnando un incremento inferiore all'anno precedente (+6,0%).
Nell'arco di cinque anni il numero di frontalieri è passato dalle 216.400 persone nel 2008 alle
278.500 unità nel 2013, pari a una crescita del 28,7%. La crescita ha interessato in modo simile sia i lavoratori uomini (+29,3%) che le donne (+27,7%). Nello stesso intervallo di tempo, il numero totale di attivi occupati (secondo la statistica delle persone occupate) è passato da 4,581 milioni a 4,899 milioni, segnando un aumento del 6,9%.
Aumento più o meno marcato secondo il gruppo di professioni
L'aumento del numero di frontalieri varia a seconda del gruppo di professioni: rispetto all'incremento generale del 28,7% registrato nell'arco di cinque anni, gli aumenti sono stati maggiori nei gruppi di professione «impiegati d’ufficio e di commercio» (+72,5%), «professioni non qualificate» (+56,2%) e «dirigenti» (+40,1%). Anche tra gli occupati non frontalieri, il numero di persone che esercitano la professione di dirigente è salito in maniera superiore alla media (+26,4%). Per contro, il numero di occupati attivi nella categoria «impiegati d’ufficio e di commercio» è sceso del 4,3% nell'arco di cinque anni, segnando una tendenza contraria a quella registrata tra i frontalieri in questa categoria.
I lavoratori frontalieri esercitano chiaramente più spesso professioni non qualificate rispetto al resto della popolazione attiva occupata (17,9% contro 3,7%). In generale, questa categoria di lavoratori tende a svolgere prevalentemente mansioni poco qualificate. La loro presenza è particolarmente limitata nelle professioni di tipo intellettuale e scientifico (l'11,6% dei frontalieri contro il 22,5% degli altri occupati).
I quattro quinti dei frontalieri lavorano in tre Grandi Regioni
Circa i quattro quinti dei lavoratori frontalieri sono concentrati in tre Grandi Regioni: circa un terzo nella Regione del Lemano (34,7%), un quarto nella Svizzera nordoccidentale (23,5%) e un quinto in Ticino (21,5%). Anche se il numero assoluto di frontalieri è maggiore nella Regione del Lemano, la situazione cambia se si considera la rispettiva percentuale sul totale della popolazione attiva occupata. Nella Regione del Lemano, infatti, come nella Svizzera nordoccidentale, un occupato su dieci è frontaliere. In Ticino, invece, la proporzione è molto diversa, dato che i frontalieri rappresentano il 25,6% degli occupati.
Importanza crescente nel terziario
Nel 4° trimestre 2013, la maggior parte dei frontalieri (61,0%) era attiva nel settore dei servizi. L'industria dava lavoro al 38,2% dei frontalieri e l'agricoltura soltanto allo 0,7%. Secondo la statistica delle persone occupate del 3° trimestre 2013, la percentuale di occupati raggiungeva il 3,7% nell'agricoltura, il 22,4% nell'industria e il 73,9% nel settore dei servizi. I frontalieri, dunque, lavorano prevalentemente nel settore secondario rispetto alla media degli occupati, anche se nell'arco di cinque anni si è registrato un lieve aumento del loro numero anche nel settore terziario (dal 56,6% al 61,0%) a scapito dell'industria (dove si è registrato un calo dal 42,6% al 38,2%).
Oltre la metà dei frontalieri viene dalla Francia
Oltre la metà dei frontalieri è domiciliata in Francia (52,4%). Numerosi anche i frontalieri residenti in Italia (23,7%) e in Germania (20,5%). Solo una piccola percentuale di frontalieri vive in Austria (2,9%) o in altri paesi (0,5%).
3.03.2014