dalla suizzera

Risorge il poligono del Ceneri

Si punta a una struttura coperta il cui costo è stimato in 34 milioni di franchi
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MONTE CENERI - Sabato mattina, durante l’assemblea ordinaria dei delegati della Federazione ticinese delle società di tiro, il consigliere di Stato Norman Gobbi ha ripresentato il progetto per la realizzazione di un poligono regionale di tiro sul Monte Ceneri. Sei anni fa, lo ricordiamo, il popolo aveva bocciato il credito cantonale di tre milioni di franchi per la messa in pratica dell’opera in questione.
Il direttore del Dipartimento delle istituzioni ha specificato che “si tratterà di una struttura coperta, con diverse linee di tiro, per la cui realizzazione è stata preventivata una spesa da 34 milioni di franchi, suddivisa in modo equo tra Confederazione, Cantoni e Comuni”. Con la struttura, ha tenuto a precisare Gobbi, “si offrirà uno stabile multifunzionale in grado di soddisfare le esigenze di tutti, militari e sportivi”.
A livello di tempistica si è parlato di inizio dei lavori nel 2017: “Ricorsi permettendo”, ha dichiarato il consigliere di Stato. La realizzazione dello stand permetterebbe inoltre di “giungere alla chiusura dei poligoni di Giubiasco, Bellinzona e Lugano e recuperare così aree pregiate e strategiche per lo sviluppo delle zone urbane” ha aggiunto Gobbi.
 
Centinaia di PMI scappano in Ticino

A sbarcare nel Cantone sono soprattutto piccole e medie imprese nel settore servizi
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LUGANO - Sono piccole, con pochi capitali e nel settore dei servizi: ricercatori italiani hanno contato centinaia di PMI che hanno lasciato Como e Varese per il Ticino. Ma sono rare le delocalizzazioni di capannoni con operai. Le parole del capo degli industriali della Penisola, Giorgio Squinzi («Se devo aspettare 4-5 anni per la nuova sede di Milano, allora mi trasferisco in Svizzera»), avevano riacceso nei giorni scorsi il dibattito su quanti siano pronti a lasciare l'Italia per il Cantone e quanti lo abbiano già fatto. A sentire alcuni consulenti che si occupano di facilitare la «migrazione», il fenomeno avrebbe ormai dimensioni epiche, da parecchio tempo. Incrociando invece i dati di Italia e Ticino si scopre tuttavia che il fenomeno è rilevante, ma quasi sempre riguarda solo piccole realtà. Imprenditori con la valigia al seguito o poco più, non capannoni pieni di operai. Intanto il Cantone e il Comune di Chiasso lanciano la loro parola d'ordine sui nuovi insediamenti: selezione. Chi arriva deve portare lavoro, gettito fiscale e ritorno di immagine per tutto il Cantone.

26.03.2014 - 06:00
 
"Accordo sui frontalieri da disdire"

Ora a chiederlo è anche la Commissione delle finanze degli Stati all'unanimità
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BERNA - Bisogna affrontare e approfondire il tema di un'eventuale denuncia dell'accordo sull'imposizione dei lavoratori frontalieri con l'Italia. È questa l'opinione della Commissione delle finanze degli Stati (CdF-S) che chiede alla Commissione di politica estera di trattare la questione. Secondo alcuni membri della Commissione, la pressione sul mercato del lavoro ticinese è aumentata, in particolare per il fatto che i frontalieri non sono assoggettati all'imposta sul territorio italiano. Essi versano unicamente una modesta imposta alla fonte in Ticino (certamente il riferimento è rispetto a chi è tassato in Italia, visto che l'aliquota fiscale dei frontalieri non è inferiore a quella dei domiciliati, ndr.) una parte della quale è poi trasferita all'Italia.
Siccome la CdF-S non è competente in materia di accordi internazionali, è stato deciso all'unanimità di scrivere una lettera alla Commissione della politica estera - sempre degli Stati - per chiederle di affrontare al più presto questo argomento, informandosi sul margine di manovra e sui mezzi a disposizione della Svizzera per riequilibrare la situazione. Il tema è di stretta attualità. Un'iniziativa parlamentare elaborata dalla sezione ticinese del PLR chiede infatti al Consiglio federale di rivedere l'accordo con l'Italia sul ristorno dei frontalieri. L'argomento è stato affrontato anche durante il recente dibattito in Consiglio nazionale sulle conseguenze del "sì" all'iniziativa UDC contro l'immigrazione di massa.
 
Per le aziende spostarsi è un'opzione

IL DOPO 9 FEBBRAIO - Prima Helsinn, ora anche Precicast frena sugli investimenti - DÌ LA TUA
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LUGANO - Dopo il 9 febbraio in Ticino si è fatto largo un forte clima di incertezza nel mondo industriale ticinese. A solo un mese e mezzo dalla vittoria del sì all'iniziativa dell'UDC contro l'immigrazione di massa, alcune grosse imprese del Cantone hanno reso noto di aver congelato progetti di spessore. Dopo il caso della Helsinn ora è il turno della Precicast, in effetti, ad aver annunciato la rinuncia ad un importante investimento che amplierebbe la produzione e l'occupazione.
"Da un lato - rimarca l'OCST in una sua presa di posizione - si teme la carenza di personale particolarmente qualificato poiché non sono chiari i contorni del futuro congingentamento della manodopera estera". E d'altro canto "rimane il dubbio che, qualora non si raggiunga una soluzione conciliabile con il principio della libera circolazione e perciò accettabile dall'UE, possano uscirne intaccati gli accordi bilaterali e i vantaggi che ne traggono le imprese".
Robbiani (OCST): "Evitare un clima rinunciatario"
La situazione è seria e preoccupante. Parole d'ordine sono: confronto di tutti i partner toccati - Stato, imprese e sindacati - e collaborazione. L'OCST, tramite il suo segretario cantonale Meinrado Robbiani, chiede in particolare che sia costituito un "quadro associativo capace di consolidare la volontà delle aziende industriali di puntare con convinzione sul Ticino". Secondo il Sindacato cristiano sociale, "occorre fare un tentativo per evitare che si instauri anche nel settore industriale un clima di rinuncia a puntare sul futuro del nostro Cantone che offre atout di pregio. Oggi più che mai è necessario crederci fino in fondo e lavorare insieme nella stessa direzione per non far passare messaggi rinunciatari, al di là del clima che vige nella politica ticinese in materia di libera circolazione e frontalierato, non certo dei più costruttivi, per usare un eufemismo". In effetti, chiosa Robbiani, "senza un impegno concreto in questo ambito anche sul fronte padronale, ne risulterebbe indebolito l'obiettivo comune che deve essere quello di tendere ad un rafforzamento delle prospettive di sviluppo del nostro Cantone".
Modenini (AITI): "Non tutte le aziende disposte a investire da noi"
Il direttore dell'AITI Stefano Modenini conferma che in Ticino diverse aziende starebbero attendendo di mettere in atto investimenti importanti già pianificati: "Prima vogliono vedere cosa capiterà il 18 maggio con la votazione sui salari minimi, poi decideranno". A preoccupare è l'eventuale sostegno a un minimo salariale decretato al di fuori dalla consueta contrattazione, spiega lo stesso direttore dell'Associazione industrie ticinesi. "Ci sono realtà aziendali che valutano se tutte quelle attività a minor valore aggiunto dove sono in vigore salari inferiori ai 4 mila franchi saranno mantenute in Ticino oppure spostate altrove". Inoltre, aggiunge, dopo il 9 febbraio resta forte l'incertezza per l'assunzione di personale qualificato che non si sa se potrà essere assunto qualora venissero introdotti nuovamente i contingenti". Il rischio, conclude Modenini, è che "se andiamo avanti di questo passo rischiamo di perdere un'importante parte di tessuto produttivo, che sarà inesorabilmente destinato a impoverirsi sul nostro territorio". Segnali in questa direzione, purtroppo, hanno già cominciato a rendersi visibili.

26.03.2014 - 16:03
 
I cantoni sono per una via bilaterale

La CdC ribadisce la propria linea, il Ticino mantiene la posizione
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BERNA - I governi cantonali ribadiscono il loro appoggio alla via bilaterale nelle relazioni con l'Unione europea (Ue), anche dopo il voto del 9 febbraio.
Durante un incontro plenario a Berna al quale ha partecipato anche la consigliera federale Simonetta Sommaruga, la Conferenza dei governi cantonali (CdC) ha confermato l'intenzione di partecipare ai lavori in vista dell'attuazione dell'iniziativa dell'UDC contro l'immigrazione di massa. Il Ticino ha riaffermato le proprie rivendicazioni.
In una nota odierna, la CdC afferma di voler vegliare affinché il nuovo sistema di ammissione di manodopera rispetti i principi del federalismo e sia concretamente attuabile. I governi cantonali intendono pronunciarsi in maniera più dettagliata in settembre, dopo aver esaminato una relazione del Consiglio federale sulla posizione dell'Ue in materia e il nuovo sistema di ammissione elaborato dal Dipartimento federale di giustizia (DFGP) in collaborazione con il Dipartimento dell'economia (DEFR) e quello degli affari esteri (DFAE). Quest'ultimo dovrebbe essere disponibile entro giugno.
La CdC ha anche deciso di accettare l'invito del Consiglio federale a partecipare ai lavori del gruppo di esperti incaricato di preparare l'attuazione dell'iniziativa. Oltre ai direttori dei governi cantonali vi fanno parte esponenti dell'Unione svizzera degli imprenditori, dell'Unione svizzera delle arti e mestieri, dell'Unione sindacale svizzera, di Travail.Suisse, di economiesuisse, della Conferenza dei direttori cantonali dell'economia pubblica, dell'Unione delle città svizzere e dell'Associazione dei comuni svizzeri. Il primo incontro è previsto in aprile.
Alcuni cantoni, in particolare Vaud, Ginevra e il Ticino, hanno di recente presentato le loro ricette per applicare l'iniziativa. La CdC auspica tuttavia che si trovi una posizione comune, che dovrà quindi essere approvata da almeno 18 cantoni.
Nel corso dell'incontro il Ticino si è tuttavia mantenuto sulle proprie posizioni, chiedendo un contingentamento cantonale dei lavoratori frontalieri e battendosi per il mantenimento delle misure di accompagnamento alla libera circolazione, in modo da poter lottare efficacemente contro il dumping salariale, ha dichiarato all'ats il consigliere di Stato Norman Gobbi (Lega).
La Confederazione deve affrontare il problema dei "padroncini" e dei lavoratori autonomi, che godono di un permesso di lavoro per un massimo di 90 giorni all'anno, da un punto di vista regionale: il fenomeno è decisamente più marcato in Ticino che nelle altre regioni di confine, ha aggiunto Gobbi.

21.03.2014
 
Libera circolazione, più tutele

Il Consiglio federale: misure fiancheggiatrici e contratti collettivi da rafforzare
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BERNA - Le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone saranno rafforzate, ha deciso oggi il Consiglio federale. Le multe dovrebbero essere aumentate e l'estensione dei contratti collettivi di lavoro (CCL) dovrebbe essere facilitata. Il dossier dovrebbe giungere in parlamento l'anno prossimo.
Le misure si basano sulle raccomandazioni di un gruppo di lavoro, composto di rappresentanti della Confederazione, dei Cantoni e dei partner sociali. Il gruppo chiede ad esempio di far passare da 5^.000 a 30.000 franchi il limite superiore della multa in caso di infrazioni salariali relative ai lavoratori distaccati.
Bisognerebbe pure aumentare il numero di controlli nelle regioni di frontiera e nei settori particolarmente sensibili. Il gruppo di lavoro raccomanda inoltre l'introduzione di un obbligo di annuncio o di autorizzazione dal primo giorno di lavoro per gli stranieri che offrono servizi attivi nel ramo della pianificazione e conservazione del paesaggio.
Riguardo all'estensione del campo di applicazione dei CCL, i partner sociali non hanno trovato un'intesa. Il Consiglio federale propone che sia possibile estendere, nel quadro della procedura facilitata, le disposizioni relative al tempo di lavoro, alle spese, alle vacanze e alla cauzione.
Dovrebbe pure essere possibile prolungare per una durata limitata un'estensione anche quando la condizione di un quorum di dipendenti non è più rispettata. Inoltre, le parti legate da un CCL devono poter chiedere alle autorità competenti l'estensione facilitata qualora le condizioni di lavoro e di salario sono abusive.
Il governo ritiene pure necessario agire in caso di proroga delle convenzioni tipo, che possono essere decise quando sono constatate condizioni di lavoro e di salario ripetutamente abusive.
Le misure che potranno essere adottate senza revisione legislativa saranno applicate il più presto possibile. Per le altre, il capo del Dipartimento federale dell'economia (DEFR) Johann Schneider-Ammann metterà in consultazione un progetto entro la fine di settembre.

26.03.2014
 
Elettricità: Leuthard risponde a tono

La consigliera federale pensa ad escludere le società dell'UE dal mercato elvetico
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BERNA - Le compagnie elettriche dell'UE potrebbero non essere autorizzate a vendere corrente sul mercato svizzero liberalizzato. Dopo il blocco delle trattative sull'elettricità da parte di Bruxelles, Doris Leuthard vaglia la possibilità di escludere le aziende europee.
La consigliera federale parte dal principio del "dare per avere". "Se i negoziati sull'accordo per l'elettricità continuano a segnare il passo, esamineremo se vogliamo autorizzare le compagnie europee a vendere sul mercato elvetico", ha detto al consigliere federale alla "Handelszeitung".
L'UE ha sospeso i negoziati in vista dell'accordo sull'elettricità dopo l'approvazione il 9 febbraio in votazione dell'iniziativa UDC contro l'immigrazione di massa. Secondo Leuthard, la palla è nelle mani del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso: spetta a lui sbloccare la situazione. La Germania ad esempio vorrebbe concludere rapidamente un'intesa. Le difficoltà sono dovute anche al fatto che il mandato dell'attuale Commissione si conclude a fine ottobre.
Il progetto di liberalizzazione del mercato dell'elettricità è in stadio avanzato. Deve essere sottoposto al Parlamento e a un eventuale referendum. Leuthard spera di presentare la seconda tappa dell'apertura del mercato entro la fine dell'anno. I consumatori non potranno beneficiare di ribassi, ma potranno scegliere fra diversi fornitori e le differenze di prezzo regionali dovrebbero attenuarsi.
 
Niente immunità per Borghezio

L'eurodeputato della Lega Nord affronterà "senza rete" il processo per diffamazione e diffusione di idee discriminatorie
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BRUXELLES - La Commissione affari giuridici del Parlamento europeo ha deciso di negare l'immunità all'eurodeputato della Lega Nord Mario Borghezio nel processo per "ripetuta diffamazione e diffusione di idea discriminatorie basate sulla superiorità o sull'odio razziale" aperto dal Tribunale di Milano per gli insulti ai Rom lanciati durante la puntata dell'8 aprile 2013 della trasmissione 'La Zanzara' di Radio24.
La Commissione, che ha approvato con 8 sì e 2 no il rapporto preparato dal socialdemocratico tedesco Bernhard Rapkay, ha ritenuto che "le dichiarazioni fatte nell'intervista non avevano diretta e ovvia connessione con le attività parlamentari" di Borghezio. Inoltre afferma che se le dichiarazioni fossero state fatte durante una seduta parlamentare "avrebbero potuto generare sanzioni in base all'art.153 del Codice di procedura".
Durante la trasmissione Borghezio si scagliò contro la visita di 8 giovani Rom alla Camera, invitati dalla presidente Laura Boldrini in occasione della 'Giornata internazionale dei rom dei sinti'. Dopo averli definiti "facce di c... che qualche presidente della Camera riceve" aggiunse, tra l'altro, di sperare "che non portino via gli arredi della Camera".
 
Una giornata di pesci d'aprile

Testate svizzere scatenate: dal piranha nel Ceresio a Chiasso che torna all'Italia
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BERNA - Un piranha nel Ceresio, Chiasso che torna all'Italia sulla base di una convenzione del 1512, il vescovo cattolico romando Charles Morerod e i suoi due vescovi ausiliari che pubblicano un CD, la Svezia pronta ad aiutare a risolvere i problemi di sovraffollamento delle prigioni svizzere in cambio dell'acquisto di Gripen e Zurigo che introduce un'imposta sui gatti: la stampa si è proprio scatenata questo primo d'aprile per stupire il pubblico.
Sul sito del Corriere del Ticino abbiamo segnalato la presenza - su indicazione nientemeno del WWF, anche lui in vena di scherzi - di un piranha nel Ceresio (vedi Suggeriti).
Sulla base di una convenzione del 1512, buona parte del territorio comunale di Chiasso sarà restituita all'Italia, ma "tutti coloro che saranno costretti a rinunciare alla cittadinanza elvetica verranno indennizzati con 50.000 franchi", rassicura il sindaco Moreno Colombo. Questa invece la notizia apparsa stamattina sul portale d'informazione ticinonews.
Per il loro nuovo CD i tre vescovi romandi, tra cui Charles Morerod, hanno girato una clip consultabile su Youtube, riferisce oggi il quotidiano friburghese "La Liberté". In questo nuovo album i tre religiosi canteranno tra l'altro anche la canzone "Bella Ciao".
Il quotidiano romando "Le Matin" annuncia invece che la Svezia, dove le prigioni sono vuote a causa della diminuzione della criminalità, è pronta ad offrire i posti a disposizione alle autorità carcerarie elvetiche. Il Consiglio federale dovrebbe avallare un protocollo d'intesa già oggi, sottolinea il quotidiano, il quale precisa che i negoziati sono legati all'acquisto degli aerei da combattimento Gripen.
Altro pesce d'aprile ispirato alla politica: secondo la "Basler Zeitung" la Svizzera sarà il primo Paese, dopo la Russia, a riconoscere la Crimea come Stato indipendente. La Confederazione dovrebbe così assicurarsi un approvvigionamento a più lungo termine di termocoperte e di minerali di ferro originari della nuova nazione, sottolinea il giornale.
Il "Tages-Anzeiger" da parte sua rivela che al fine di preservare la diversità delle specie di uccelli, il cantone di Zurigo ha deciso di creare un'imposta sui gatti di 50 franchi per anno e per felino. I gatti possono essere pre-registrati all'ufficio veterinario cantonale tramite il giornale, il quale assicura che basta l'invio alla redazione di due foto dell'animale "di profilo, in piedi" e "di fronte, seduto".
 
Lombardia, i licenziati fanno +45%
Nei primi tre mesi del 2014 si sono iscritti alle liste di mobilità 7785 persone

MILANO - La crisi nel mondo del lavoro non accenna a frenare: in Lombardia nei primi tre mesi dell'anno i licenziamenti con iscrizione alle liste di mobilità sono stati 7.785, con un aumento del 45,7% rispetto allo stesso periodo del 2013.

Sono dati della confederazione sindacale Cgil, secondo i quali la cassa integrazione in deroga è "esplosa" con una crescita su base annua del 78%, in quanto molte aziende hanno esaurito la possibilità di ricorrere alla "cassa" ordinaria o straordinaria.
 

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